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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
18/04/2024
Responsabilità condivisa e sicurezza macchine: una sentenza rilevante per gli imprenditori
In un recente verdetto della IV Sezione penale della Corte di Cassazione, emerge un chiaro messaggio per gli imprenditori e i fornitori del settore delle macchine industriali: la sicurezza deve essere ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
28/03/2024
La sostenibilità ambientale diventa obbligo per le aziende: cosa cambierà per i dirigenti?
Il panorama normativo europeo si prepara a vivere importanti cambiamenti sul piano ambientale: la proposta di direttiva europea del 22 febbraio 2022 sull’obbligo del rispetto dei parametri di so ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
14/03/2024
Nuovo bando 2023-2024 per finanziamenti a fondo perduto alle imprese: ecco a chi si rivolge e le modalità di accesso
A dicembre 2023, l’INAIL ha pubblicato il nuovo Bando ISI 2023 – 2024 che permette alle imprese italiane di ottenere finanziamenti a fondo perduto da investire in progetti di miglioramento ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
29/02/2024
Classificazione zone ATEX: cos’è cambiato dal 23 gennaio 2024
A partire dal 23 gennaio 2024, le aziende con zone a rischio esplosione devono aggiornare obbligatoriamente il documento di classificazione dei luoghi per adeguarsi alla nuova normativa vigente. &nbs ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
15/02/2024
Valutare il sovraccarico biomeccanico: la metodologia check-list OCRA
Come alcuni tra i nostri lettori di vecchia data ricorderanno a maggio 2023 abbiamo condiviso con voi la notizia della recente pubblicazione terzo volume INAIL di schede per la valutazione del rischio ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
25/01/2024
Come valutare la qualità dell’aria nei luoghi di lavoro
Ormai sappiamo bene che la presenza di condizioni ambientali non ottimali può interferire negativamente con le attività lavorative, portando a maggiori distrazioni, rallentamenti, errori ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
11/01/2024
Emissioni di gas serra in calo: a che punto siamo con gli obiettivi 2030?
Per alleggerire il rientro dalle feste e iniziare con il piede giusto, mtm news inaugura l'anno con una buona notizia: stando al rapporto "Trends and Projections" dell'AEA (Agenzia Europea per l'Ambie ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
14/12/2023
Aggiornamento Testo Unico 81/2008: le novità di Novembre 2023
Come noto, il D.Lgs. 81/2008 è detto anche “Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, poiché unifica e raccoglie tutte le norme vigenti per la tutela della sa ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/11/2023
Esposizione occupazionale al benzene: nuova direttiva cancerogeni e monitoraggio biologico
Il benzene è un idrocarburo aromatico volatile, prodotto dalla combustione di sostanze organiche e presente anche nel petrolio, nella benzina e nel fumo di tabacco. Viene principalmente assorbi ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
09/11/2023
Crescere la consapevolezza della dimensione sociale della sostenibilità
Oggi sempre più persone stanno prendendo coscienza dell'importanza della sostenibilità, che non riguarda più solo l'ambiente, ma anche l'economia e l'intera dimensione sociale. La ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
26/10/2023
Infortuni e malattie professionali: gli open data Inail del primo semestre 2023
Sappiamo da tempo quanto la sicurezza sul lavoro sia fondamentale per tutelare la salute dei lavoratori e garantire il rispetto delle norme vigenti in materia. Per questo motivo, oltre a discutere di ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/10/2023
La revisione della EN ISO 10218 e i requisiti di sicurezza per i robot
Da quasi cinque anni è in corso la revisione della norma EN ISO 10218 in merito ai requisiti di sicurezza per i robot industriali, la cui versione attuale risale al 2011. Lo scopo è quel ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
28/09/2023
Nuove tecnologie per la sicurezza nelle segherie
Le nuove tecnologie basate sull'intelligenza artificiale e la robotica avanzata sono ancora inesplorate per la maggior parte delle aziende produttive, ma offrono l'opportunità di innovare e mig ...
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MARCATURA CE
14/09/2023
Sicurezza macchine: l’essenziale per la valutazione e riduzione del rischio
Nel corso degli anni e degli articoli abbiamo più volte ripetuto che la Direttiva Macchine 2006/42/CE richiede ai produttori una valutazione e una riduzione del rischio. Il senso e lo scopo del ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
27/07/2023
Il Decreto Lavoro 40/2023: novità e modifiche al Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/2008)
Il 5 maggio 2023 è stato pubblicato il Decreto Lavoro n.48/2023 dal titolo “misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”. Da quel giorno &egr ...
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MARCATURA CE
13/07/2023
Nuovo Regolamento Macchine dell’Unione Europea (Reg. UE 2023/1230): entrata in vigore e principali novità
Dopo anni dalla pubblicazione della prima bozza ufficiale, il 29 Giugno 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Nuovo Regolamento Macchine 2023/1230, che a ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
29/06/2023
Come gestire la salute e sicurezza dei lavoratori con i robot collaborativi?
Il continuo e rapido mutamento tecnologico degli ultimi decenni ha visto la comparsa di nuovi strumenti e sistemi di produzione che, assieme a numerosi vantaggi sotto molteplici punti di vista, hanno ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
25/05/2023
Esplosioni da polvere: rischio, prevenzione e protezione
Come purtroppo molti incidenti ci hanno mostrato negli anni, ogni materiale disperso in aria sotto forma di polvere può provocare, in presenza di un innesco, un’ esplosione.   ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
11/05/2023
Valutare il sovraccarico degli arti superiori nella piccola industria: le nuove schede INAIL
Come è stato sottolineato dalla campagna “Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!” promossa dall’EU-OSHA, i disturbi muscoloscheletrici – e dunque anch ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
27/04/2023
Rischio rumore: normativa e valutazione
Il D.Lgs. 81/2008 (ovvero il testo unico per la sicurezza sul lavoro) prevede un ruolo forte di Regioni e Province Autonome per l’attuazione della legge, anche attraverso l’elaborazio ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/04/2023
Rischio chimico e MSDS: le novità del 2023
Le schede di dati di sicurezza (o comunemente dette MSDS, Material Safety Data Sheet) sono quei documenti contenenti tutte le informazioni sulle proprietà fisico–chimiche, tossi ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/03/2023
Manutenzione in sicurezza: la procedura LOTO
Come già detto più volte nel corso dei vari articoli di MTM news, la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature e impianti è importantissima per la tutela della sicurezza neg ...
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MARCATURA CE
09/03/2023
La responsabilità in caso di infortunio su macchina marcata CE
L’articolo di oggi riguarda l’esito della sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 44561 del 23 novembre 2022, che ribadisce e definisce le responsabilità e prassi nel caso in c ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/02/2023
Analisi e gestione dei near miss: i fattori di rischio
È detto near miss (in italiano o “mancato infortunio”) un qualsiasi evento correlato al lavoro che, pur avendo in sé le potenzialità di produrre un infortunio, per pur ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
09/02/2023
Carbon footprint: cos’è e perché è importante per le aziende
Il carbon footprint (letteralmente “impronta di carbonio”) è la stima delle emissioni di gas serra causate da un prodotto, servizio, organizzazione, evento o individuo, permettendo ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
26/01/2023
La conformità delle macchine da imballaggio: guida all’accertamento tecnico
Le macchine da imballaggio sono tra le più diffuse in ambito industriale, in quanto impiegate in molti settori industriali differenti: imballaggio cavi, incartatrici di cioccolatini, fasciatura ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/01/2023
Movimentazione manuale dei carichi: le principali novità della ISO 11228-1:2022
Stando all’allegato XXXIII del Testo Unico per la salute e la sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/2008), per quanto riguarda la prevenzione dei rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
15/12/2022
Scale portatili: caratteristiche e guida ad un utilizzo sicuro
Nonostante le numerose guide e documenti esistenti sull’argomento, la caduta dall’alto dovuta ad un cattivo utilizzo delle scale è ad oggi tra le cause di infortunio più diff ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
24/11/2022
Tecnologie additive e misure di sicurezza nel settore manifatturiero
Con il temine tecnologie additive s’intendono tutti quei processi che partono da modelli matematici e aggregano materiali secondo la tecnica di sovrapposizione di strati (layer by laye ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/11/2022
Sicurezza delle attrezzature: la classificazione dei trabattelli
L’argomento di oggi riguarda la sicurezza dei trabattelli, a partire dalla nuova guida INAIL dal titolo “Trabattelli. Guida tecnica per la scelta, l’uso e la manutenzione”, pub ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
27/10/2022
Radiazioni ionizzanti e sicurezza sul lavoro: le figure professionali coinvolte
L’articolo di oggi vede al centro il d.lgs. 101/2020, entrato in vigore lo scorso autunno. Si tratta di un decreto molto vasto che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla pro ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/10/2022
I nuovi decreti antincendio: entrata in vigore e principali novità
In questi giorni stanno entrando in vigore tre importanti Decreti Ministeriali emanati lo scorso anno con lo scopo di rinnovare la gestione della prevenzione incendi all’interno delle aziende. N ...
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MARCATURA CE
22/09/2022
Marcatura CE e dispositivi medici in UE : iter e responsabilità del fabbricante secondo il Reg. 2017/745
Nell'Unione Europea, i dispositivi medici sono soggetti ad una valutazione di conformità per garantire che soddisfino i requisiti essenziali di sicurezza e prestazione.   Tale valutazion ...
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MARCATURA CE
08/09/2022
BREXIT e UKCA: qualche chiarimento
  AGGIORNAMENTO! A Novembre 2022, il governo britannico ha annunciato di aver posticipato di due anni l’obbligo di utilizzo della marcatura UKCA per la maggior parte dei prodotti ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
28/07/2022
Sicurezza e settore tessile: rischi e misure di prevenzione
L'articolo di oggi tratta i pericoli e i rischi specifici del settore tessile e le relative misure di prevenzione specifiche per ogni area.      La fonte in matria è ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
14/07/2022
La sicurezza dei ponti mobili sviluppabili: la scheda tecnica
La scheda tecnica è quel documento che fa parte della documentazione a corredo dell’attrezzatura di lavoro che ha lo scopo di identificarla e la descriverla per poter: -  ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/06/2022
L’avviamento intempestivo delle macchine: i fattori di rischio
L’articolo di oggi vuole mettere in luce la diffusione di incidenti sul lavoro – spesso gravi o mortali – causati dall’avviamento intempestivo o inopportuno di macchine e attre ...
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MARCATURA CE
09/06/2022
La certificazione acustica e vibratoria delle macchine
L’articolo di oggi si occupa di valutazione e prevenzione dei rischi correlati all’esposizione a rumore e vibrazioni nei luoghi di lavoro.   A tal proposito, un’interessante s ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
26/05/2022
Attività lavorativa in ambienti confinati: i rischi e le misure preventive
Nonostante i numerosi incidenti avvenuti negli anni, gli spazi confinati continuano ad essere causa di numerosi infortuni gravi e mortali avvenuti in “ambienti sospetti di inquina ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/05/2022
Disturbi muscoloscheletrici sul luogo di lavoro: come prevenirli secondo l’EU-OSHA
Dal 2020 l'Agenzia europea EU-OSHA sta svolgendo una serie di ricerche incentrate sul rapporto tra disturbi muscoloscheletrici (o dms) e attività lavorativa, inserite nell’ambito della ca ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
28/04/2022
Carrelli industriali e sollevamento di carichi oscillanti: quali norme?
In occasione della Giornata Mondiale per la Sicurezza sul Lavoro, oggi torniamo a parlare del Documento INAIL dal titolo “Apparecchi di sollevamento materiali di tipo mobile. Istruzioni per la p ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
14/04/2022
L’iter di acquisto e inserimento di una nuova attrezzatura nel proprio ambiente di lavoro
Tra i momenti significativi per la riduzione del rischio sul luogo di lavoro spicca sicuramente la fase di immissione di una nuova macchina in un ambiente di lavoro, in quanto permette di ag ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
24/03/2022
Carbon Credits: come compensare le emissioni di CO2 della tua azienda
L’importanza strategica di prodotti e servizi sostenibili   Oggigiorno la sostenibilità del proprio prodotto o servizio risulta sempre più rilevante, poiché semp ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/03/2022
Inserire le problematiche legate al genere nella valutazione dei rischi
  Per migliorare le condizioni di lavoro delle persone sono necessari sforzi continui ad ogni livello e su ogni fronte.   Tuttavia, in occasione della Giornata Internazionale della Donna ...
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MARCATURA CE
24/02/2022
Regolamento (UE) 2019/1020: cosa cambia per gli importatori
Con l’entrata in vigore del regolamento (UE) 2019/1020, da Luglio 2021 l’importazione di svariati prodotti all’interno dell’Unione Europea è soggetta ad importanti ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/02/2022
Decreto Minicodice e sicurezza antincendio: novità e chiarimenti
Dopo gli scorsi articoli riguardanti i decreti Controlli e GSA (te li sei persi? Li trovi QUI e QUI), oggi ci occupiamo del cosiddetto Decreto Minicodice, ultimo dei tre decreti che dal prossimo autun ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
27/01/2022
Gestione della sicurezza antincendio: nuovo decreto per i luoghi di lavoro
Dopo lo scorso articolo sul Decreto Controlli, oggi presentiamo invece il secondo dei tre Decreti del Ministero dell’Interno in materia di sicurezza e prevenzione antincendio previste dal Testo ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/01/2022
Decreto Controlli e misure antincendio: La figura del tecnico manutentore qualificato
Nell’ormai noto Testo Unico per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro (o più brevemente D.Lgs. 81/2008) veniva già nominata la prevenzione incendi come funzione di grande i ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
08/12/2021
Le macchine alimentari sicure: criteri di sicurezza e conseguenze di non conformità
L’argomento di oggi riguarda la sicurezza macchine in ambito alimentare, argomento trattato in modo specifico dal documento INAIL intitolato “L’accertamento tecnico per la sicurezza ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
24/11/2021
Macchine movimento terra: dalla verifica periodica alla scheda tecnica
L’articolo art.71 prescrive che le attrezzature di lavoro elencate nell’allegato VII siano sottoposte a verifiche periodiche per valutarne lo stato di conservazione e di efficien ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/11/2021
La manutenzione delle attrezzature di lavoro
Le attrezzature di lavoro sono un elemento fondamentale per l’attività lavorativa. Per questo, lavorare in sicurezza vuol dire, tra le altre cose, lavorare con attrezzature a norma di leg ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
27/10/2021
Nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili
Le scale portatili sono attrezzature ampiamente diffuse e utilizzate nell’ambiente di lavoro e nell’ambiente di vita. Tuttavia, pur venendo adoperate da moltissime persone, tali scale ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/10/2021
Microclima: come valutare lo stress termico negli ambienti freddi?
Il metodo IREQ per gli ambienti freddi In merito agli ambienti freddi, la normativa tecnica fa riferimento al metodo IREQ (Insulation REQuired), trattato nella norma UNI EN ISO 11079:2 ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/09/2021
Come valutare la qualità delle procedure di emergenze negli ambienti confinati
Il documento “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento” prodotto nel 2019 e aggiornato nel 2020 dal Consiglio Na ...
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MARCATURA CE
07/07/2021
UTILIZZO IN SICUREZZA DELLE MACCHINE - Guida per le imprese
Gestire adeguatamente tutto il processo che va dall’acquisizione di una macchina, all’installazione, all’uso sicuro e all’eventuale vendita/dismissione può risultare di ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/06/2021
La valutazione del rischio vibrazioni
“L’esposizione professionale a vibrazioni meccaniche può presentare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, se non è correttamente valutata e se non vengono messe ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
09/06/2021
Infortuni e malattie professionali: i dati Inail del primo quadrimestre 2021
Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e aprile sono state 171.870 (-0,3% rispetto allo stesso periodo del 2020), 306 delle quali con esito mortale (+9,3%). In a ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
26/05/2021
Come valutare la qualità delle procedure di emergenze negli ambienti confinati
Gli aspetti organizzativi e procedurali per la gestione dell’emergenza   Il documento “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a r ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/05/2021
Manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione
Vi presentiamo il documento INAIL in merito alla “manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione”.   Di seguito il documento per intero.
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
14/04/2021
Attrezzature di lavoro: informazione, formazione e addestramento
Il datore di lavoro (art. 71, comma 7, lett. a) “deve prendere le misure necessarie affinché l’uso delle attrezzature di lavoro sia riservato ai lavoratori incaricati per tale compi ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
31/03/2021
La manutenzione delle attrezzature di lavoro
Le attrezzature di lavoro sono un elemento fondamentale in molte attività lavorative. Il legislatore italiano in diversi articoli del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicu ...
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MARCATURA CE
10/03/2021
Decisione di esecuzione (UE) 2021/377 della commissione del 2 marzo 2021
Di seguito la decisione di esecuzione (UE) 2021/377 della commissione del 2 marzo 2021 che modifica la decisione di esecuzione (UE) 2019/436 relativa alle norme armonizzate per le macchine redatte a s ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
24/02/2021
Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava, dall’analisi alla prevenzione
Di seguito riportiamo il documento Inail in merito alle “illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava, dall’analisi alla prevenzione”.   I punti fondamentali del docu ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/02/2021
Il rischio chimico e la fornitura delle schede dei dati di sicurezza
Grazie al Regolamento n. 830/2015 della Commissione del 28 maggio 2015 (modifica del regolamento CE n. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle s ...
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SISTEMI DI GESTIONE
27/01/2021
Una guida per sviluppare il documento ex articolo 25 del GDPR
Il GDPR impone ai titolari del trattamento di redigere un documento, che illustri i criteri utilizzati per la protezione dei dati da trattare.   L’articolo 25 del regolamento europeo most ...
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MARCATURA CE
13/01/2021
Aggiornamento Brexit: standard designati nel Regno Unito per i macchinari
In data 1 gennaio 2021, il governo del Regno Unito ha pubblicato un elenco consolidato di standard per i macchinari. Tale documento è da supporto alla normativa sulla fornitura di macchine (sic ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
16/12/2020
Nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili
Le scale portatili sono attrezzature ampiamente diffuse e utilizzate nell’ambiente di lavoro e nell’ambiente di vita.   Vengono adoperate da moltissime persone e comportano rischi e ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
02/12/2020
La valutazione del microclima
Vi presentiamo di seguito il documento Inail in merito alla “valutazione del microclima”.   Il documento spiega quando l’esposizione al caldo o freddo diventa un fattore di di ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
18/11/2020
Microclima: come valutare lo stress termico negli ambienti freddi?
Il metodo IREQ per gli ambienti freddi In merito agli ambienti freddi, la normativa tecnica fa riferimento al metodo IREQ (Insulation REQuired), trattato nella norma UNI EN ISO 11079:2007.   Q ...
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MARCATURA CE
04/11/2020
Verifiche periodiche dei forni per le industrie chimiche e affini
Il campo di applicazione e la periodicità delle verifiche L’allegato VII del d.lgs. 81/2008, tra le attrezzature/insieme contenenti fluidi del gruppo 1 (D.lgs. 93/2000 art. 3), prevede c ...
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MARCATURA CE
21/10/2020
Modifica, adeguamento e miglioramento di un'attrezzatura di lavoro
Il processo di modifica, adeguamento e miglioramento presenta fasi comuni alle diverse tipologie di attrezzature di lavoro, come: il controllo dell’efficienza, la manutenzione, o la valutazione ...
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MARCATURA CE
07/10/2020
Manutenzione, controllo e verifica di un'attrezzatura
Il mantenimento del livello di sicurezza garantito al momento dell’immissione sul mercato o messa in servizio di un’attrezzatura di lavoro, risulta essere uno dei principali strumenti per ...
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MARCATURA CE
24/09/2020
Come rendere sicure le macchine usate
L’evoluzione normativa e il problema delle macchine usate La situazione sicurezza delle macchine rispetto al passato è cambiata notevolmente, questo è stato possibile grazie all&r ...
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MARCATURA CE
22/04/2020
Decisione di esecuzione (UE) 2020/480 della commissione del 1 aprile 2020
Di seguito la decisione di esecuzione (UE) 2020/480 della commissione del 1 aprile 2020 che modifica la decisione di esecuzione (UE) 2019/436 relativa alle norme armonizzate per le macchine redat ...
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MARCATURA CE
25/03/2020
La valutazione del rischio di un'attrezzatura
Nel momento in cui un datore di lavoro sceglie un’attrezzatura deve realizzare la valutazione dei rischi di tale attrezzatura, prendendo in considerazione (d.lgs. 81/08, art. 71):   1. i ...
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MARCATURA CE
26/02/2020
Attrezzature non marcate CE: le scale
Gli infortuni legati all’impiego di scale portatili sono frequenti; questi ultimi derivano principalmente da un utilizzo scorretto, dalla scelta di tipologie di scale non idonee in base alla tip ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/02/2020
Consigli pratici su come prevenire i dolori alla schiena
I disturbi muscoloscheletrici da sovraccarico biomeccanico, il cosiddetto “mal di schiena”, sono molto diffusi nel mondo del lavoro, motivo per cui sono le principali cause di assenza dal ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
29/01/2020
Lavori in quota: come affrontare cadute e sindromi da sospensione
Le conseguenze delle cadute nei lavori in quota I dispositivi di protezione individuale se utilizzati correttamente riducono i traumi derivanti dalle cadute dall’alto, le quali possono essere c ...
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MARCATURA CE
15/01/2020
Sorveglianza del mercato nel campo di applicazione della Direttiva Macchine
L’INAIL ha pubblicato il “10° Rapporto sull’attività di sorveglianza del mercato ai sensi del d.lgs. 17/2010 per i prodotti che fanno parte del campo di applicazione della ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
04/12/2019
Industrie cartarie: emissioni di polveri e gas pericolosi per la sicurezza
Nell’industria cartaria oltre al rischio incendio derivante dall’impiego di materie prime e dalla natura dei prodotti finiti, sono presenti rischi riguardanti le emissioni di gas combusti ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
20/11/2019
Il primo soccorso nei luoghi di lavoro: folgorazioni e ustioni
Per “contatto elettrico diretto” si intende quando il lavoratore entra in contatto con una parte dell’impianto in tensione. Un’analisi operata qualche anno fa dal Sistema di so ...
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MARCATURA CE
08/11/2019
Decisione di esecuzione (UE) 2019/1863 della commissione del 6 novembre 2019
Di seguito la decisione di esecuzione (UE) 2019/1863 della commissione del 6 novembre 2019 che modifica e rettifica la decisione di esecuzione (UE) 2019/436 per quanto riguarda il ritiro dei rife ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
06/11/2019
Rischio chimico e metalmeccanica: ci sono criticità per la sicurezza?
Il convegno “REACH Metalmeccanica, l'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nel comparto metalmeccanico” ha messo in luce alcune criticità presenti nel settore metalmeccanico. &n ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/10/2019
Rischio caduta: sistema di accesso su fune e sistema di salvataggio
L’art.115 del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) fa riferimento ai sistemi di protezione individuale dalle cadute nei lavori in ...
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SISTEMI DI GESTIONE
25/09/2019
Decisione dell’ufficio di presidenza del Parlamento europeo (17 giugno 2019)
Di seguito la decisione dell’ufficio di presidenza del Parlamento europeo del 17 giugno 2019 sulle norme di attuazione relative al regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consigl ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
11/09/2019
Come movimentare e trasportare manualmente i carichi in sicurezza?
La movimentazione e il trasporto manuale dei carichi sulla base delle condizioni ergonomiche e delle caratteristiche dei carichi, possono comportare dei rischi per l’apparato muscolo scheletrico ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
31/07/2019
Cosa dice la normativa sulla valutazione dello stress termico da caldo?
La normativa per la valutazione dello stress termico Negli ambienti definiti caldi esistono vincoli inevitabili che impongono uno stato di squilibrio termico nel quale i guadagni energetici superano ...
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MARCATURA CE
15/07/2019
Decisione di esecuzione (UE) 2019/1202 della commissione (12 luglio 2019)
È stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea la decisione di esecuzione (UE) 2019/1202 della commissione del 12 luglio 2019, relativa alle norme armonizzate su ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
03/07/2019
La sicurezza dei transpallet
Per transpallet si intende un carrello elevatore con guidatore a piedi o a bordo dotato di forche e destinato alla movimentazione di merci, non al sollevamento né alla impilatura.   &n ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
18/06/2019
Sicurezza nella manutenzione e manutenzione per la sicurezza
L’attività di manutenzione con gli anni è diventata un’attività sempre più complessa, comportando necessariamente una formazione adeguata per i lavoratori. &nb ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
08/10/2018
La valutazione del rischio incendio: il D.M 10 marzo 1998 è prossimo alla sua abrogazione e sostituzione
La nuova normativa che definisce i criteri generali di sicurezza e prevenzione in materia antincendio ed evacuazione nei luoghi di lavoro è prossima alla sua emanazione ed entrata in vigore. I ...
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MARCATURA CE
14/09/2018
Sicurezza e affidabilità del sistema di comando della macchina
Nella valutazione dei rischi richiesta dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE è di primaria importanza l’analisi della sicurezza e affidabilità del sistema di comando della macchina i ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
04/09/2018
Le distanze di sicurezza sulle macchine: aperture in protezioni fisse e distanza barriere fotoelettriche
La distanza di sicurezza tra un’apertura in un riparo e un punto pericoloso, o tra una barriera fotoelettrica e un punto pericoloso, è spesso argomento di dibattito tra fabbricanti e clie ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
03/07/2018
Confidenza nell’utilizzo delle macchine
L’utilizzo continuativo e prolungato nel tempo della macchina, da parte dell’operatore, fa maturare, in quest’ultimo, una certa confidenza legata allo stesso utilizzo della macchina ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/06/2018
La Valutazione del Rischio di Esposizione ad Agenti Biologici nelle aziende produttive
L’INAIL ha reso disponibile nell’anno 2017 un applicativo software per la valutazione del rischio biologico presso gli ambienti sanitari. Le attività svolte nei servizi sanitari (os ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/04/2018
La scelta e l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)
I Dispositivi di Protezione Individuale, oggetto del nuovo Regolamento (UE) 2016/425 che sostituisce la direttiva 89/686/CEE, devono essere messi a disposizione dei lavoratori, da parte del datore di ...
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MARCATURA CE
09/03/2018
Le registrazioni aziendali in merito ai macchinari industriali
Collaudo iniziale, verifica delle dotazioni di sicurezza e di eventuali manomissioni, manutenzione programmata e interventi entro / oltre la straordinaria manutenzione sono eventi che se sottovalutati ...
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MARCATURA CE
17/11/2017
La manomissione di un dispositivo di interblocco associato ad un riparo
La manomissione di un dispositivo di interblocco associato ad un riparo è un tema di particolare importanza poiché secondo la Direttiva Macchine il fabbricante deve rendere impossibile l ...
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MARCATURA CE
16/10/2017
La gestione della distanza di sicurezza sui macchinari industriali
La gestione delle distanze di sicurezza è una tematica comune alla quasi totalità dei macchinari industriali, allo scopo di garantire un’efficace protezione del lavoratore che oper ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
15/09/2017
Ricarica di batterie stazionarie e di trazione e creazione di zone potenzialmente esplosive
  Introduzione Nel presente articolo si vuole affrontare la problematica legata alla possibile formazione di zone potenzialmente esplosive presso i locali di ricarica delle batterie stazionarie ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/07/2017
La Valutazione del Rischio di Esposizione ad Agenti Biologici nel settore manifatturiero
Il rischio di esposizione agli agenti biologici è potenzialmente sempre presente in tutti gli ambienti di vita e di lavoro e il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 vi dedica un intero titolo, il Titolo ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
11/07/2017
La Movimentazione Manuale dei Carichi in ambiente di lavoro: Tiro e Spinta, la Norma ISO 11228 -2
  Le attività di movimentazione dei carichi in ambito lavorativo comprendono anche, come appunto esplicitato da Testo Unico D.Lgs. 81/2008, le azioni di tiro e spinta di carichi, ovvero a ...
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SISTEMI DI GESTIONE
09/06/2017
La Norma ISO 9001:2015 e il transitorio
Il 15 settembre del 2015 è stata pubblicata la nuova revisione della Norma ISO 9001 da parte dell’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO). La Norma che regola la realizzazi ...
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MARCATURA CE
24/10/2016
La nuova Direttiva Bassa Tensione
L’anno 2016 ha segnato l’entrata in vigore di molte nuove edizioni di Direttive già esistenti, tra cui le più importanti e conosciute sono Direttiva Bassa Tensione, Direttiva ...
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MARCATURA CE
03/10/2016
Arresto di emergenza delle macchine: 
la norma UNI EN ISO 13850:2015
La nuova edizione della norma UNI EN ISO 13850: 2015 specifica i principi di progettazione dell’arresto di emergenza indipendentemente dal tipo di energia usata (elettrica, pneumatica oppure idr ...
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MARCATURA CE
21/06/2016
La Marcatura CE ai sensi della Direttiva ErP 2009/125/CE
La Direttiva 2009/125/CE “relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia” si ...


ALTRE NEWS
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MARCATURA CE
31/03/2016
Progettazione e costruzione dei ripari sulla macchina: la norma UNI EN ISO 14120: 2015
Alla fine del 2015 è stata pubblicata anche in Italia la norma EN ISO 14120: 2015 relativa alla progettazione e costruzione dei ripari fissi e mobili su una macchina. Questa norma, che garant ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
16/02/2016
La Valutazione del Rischio Chimico: il rinnovato metodo Inforisk
La letteratura in merito ai metodi analitici quantitativi per la valutazione preliminare del rischio di esposizione ad agenti chimici è molto estesa e propone varie metodologie, di derivazion ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
25/01/2016
Utilizzo delle banche dati nella valutazione del rischio rumore
Nell’ambito della valutazione di tutti i possibili rischi correlati alle mansioni lavorative e alle attività presenti in azienda, la valutazione del rischio rumore comporta la necessit& ...
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MARCATURA CE
17/12/2015
Passaggio dalla Direttiva Atex 94/9/CE alla nuova 2014/34/UE
Da più di un anno è stata pubblicata la nuova Direttiva Atex 2014/34/UE che risulterà applicabile a partire dal 20 aprile 2016. Fino a questa data resta applicabile l’attu ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/12/2015
Prevenzione delle patologie muscolo-scheletriche: la Linea Guida di Regione Lombardia
Nel settembre 2015 è stata pubblicata la Linea Guida di Regione Lombardia per la prevenzione delle patologie muscolo scheletriche connesse con movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
09/12/2015
La valutazione dei rischio di esposizione a Radiazioni Ottiche Artificiali
Le Radiazioni Ottiche Artificiali sono sempre più presenti all’interno delle nostre aziende, moltiplicandosi appunto l’impiego di sorgenti laser e LED per l’effettuazione de ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
04/12/2015
Scelta dei Dispostivi di Protezione Individuale (DPI) per la protezione delle vie respiratorie
Il datore di lavoro è tenuto a mettere a disposizione dei lavoratori specifici Dispositivi di Protezione Individuale quando i rischi non possano essere ridotti mediante misure tecniche di pre ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
04/12/2015
Analisi del Rischio Esplosione per le operazioni che impiegano polveri combustibili o elettrostatiche
Diversamente da quanto si può pensare i dati storici evidenziano una costante presenza di incidenti in attività produttive causati dall’esplosione di polveri combustibili o elett ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
25/11/2015
Nuova definizione di “operatore” secondo il D.Lgs. 81/2008
Il Decreto Legislativo 14 Settembre 2015, n. 151 ha modificato in alcuni punti il Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolare, la principale mo ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
02/10/2015
Obbligo del datore di lavoro: valutazione dei rischi sulle macchine in uso
In accordo a quanto riportato nell’art. 28 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. il datore di Lavoro deve considerare e analizzare tutti i rischi a cui possono essere esposti i propri lavoratori durante ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
08/09/2015
Le novità introdotte dalla nuova versione della norma CEI 11-27 “Lavori su impianti elettrici”
Già in altri passati comunicati ci siamo soffermati sull’importanza di avere una procedura aziendale in merito alla corretta effettuazione di attività di manutenzione su impianti ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
02/09/2015
Come gli studi di Life Cycle Assessment sono percepiti dalle organizzazioni stesse che li conducono
Gli studi di LCA, sui quali scopi ci siamo già ampiamente dilungati in precedenti comunicati, offrono molteplici benefici all’azienda che li conduce, visti i numerosi utilizzi che possono ...
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MARCATURA CE
28/08/2015
Responsabilità di progettisti, fabbricanti, fornitori e installatori
Progettare, realizzare e installare un macchinario industriale secondo i requisiti della Direttiva Macchine 2006/42/CE permette di assolvere obblighi ed evitare quindi sanzioni, non solo correlati al ...
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MARCATURA CE
28/08/2015
Direttiva Atex 94/9/CE: certificazione degli assiemi
La Direttiva Atex 94/9/CE, si applica agli apparecchi destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. Nella definizione di “apparecchi” sono inclusi anche più ...
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MARCATURA CE
28/08/2015
La valutazione dei rischi secondo la Direttiva Atex 94/9/CE
Il processo di certificazione che porta alla marcatura CE Atex di un prodotto secondo la Direttiva 94/9/CE cambia a secondo del gruppo e della categoria di protezione del prodotto. Tuttavia la necessi ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
27/08/2015
La gestione integrata degli infortuni
La gestione degli infortuni che occorrono in azienda riveste un aspetto molto importante poiché incorpora in sé numerosi obblighi, ma anche numerose opportunità di miglioramento ...
NEWS
SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
03/07/2015
Noleggio o comodato d’uso di attrezzature assoggettate a verifiche periodiche
L’obbligatorietà delle verifiche periodiche è prevista dall’art. 71, comma 11 del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. per quelle attrezzature di lavoro riportate nell’elenco dell ...
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MARCATURA CE
01/07/2015
Classificazione attrezzature a pressione secondo la Direttiva 2014/68/UE (PED)
Dal 1 giugno 2015 è entrato in vigore nell’intero mercato unico europeo e, pertanto, anche in Italia, l’articolo 13 (classificazione delle attrezzature a pressione) della nuova Dire ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
15/06/2015
Il rischio chimico e cancerogeno dell’attività di saldatura
La saldatura di metalli è un’attività lavorativa che si ritrova in numerose aziende italiane, sia all’interno di reparti manutenzione, ove viene eseguita saltuariamente per ...
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SISTEMI DI GESTIONE
04/05/2015
La Nuova Norma ISO 14001 : 2015
Nel corso dell’anno 2015 è prevista la pubblicazione della nuova Norma ISO 14001:2015 da parte dell’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO). La versione odierna del ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
04/05/2015
Dispositivi di Protezione Individuale per le mani
Per quanto riguarda la scelta e l’utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), il datore di lavoro è tenuto a rispettare gli obblighi riportati all’art. 77 del D.Lgs. ...
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SISTEMI DI GESTIONE
01/04/2015
La Nuova Norma ISO 9001 : 2015 e la gestione del transitorio
Nel corso dell’anno 2015 è prevista la pubblicazione della nuova Norma ISO 9001:2015 da parte dell’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO). La Norma che regola la r ...
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MARCATURA CE
27/03/2015
Uso scorretto ragionevolmente prevedibile di una macchina
Secondo quanto richiesto dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE, il Fabbricante di una macchina deve garantire che sia effettuata una valutazione dei rischi esistenti considerando l’uso previsto e ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
17/03/2015
Nuovo Regolamento sui dispositivi di protezione individuale (DPI)
A breve la Commissione Europea pubblicherà un nuovo Regolamento inerente i Dispositivi di Protezione Individuale che andrà a sostituire l’attuale Direttiva 89/686/CEE. A riguardo ...
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MARCATURA CE
09/03/2015
Parti del sistema di comando legate alla sicurezza: una nuova norma supererà a breve le attuali EN ISO 13849 e IEC 62061
Due importanti norme inerenti la progettazione delle parti del sistema di comando legate alla sicurezza, EN ISO 13849 e IEC 62061, a breve saranno accorpate. Cosa significa questo per i costruttori di ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
02/03/2015
Il report di sostenibilità
Negli ultimi anni è in continuo aumento la richiesta di strumenti che permettano alle aziende di comunicare il proprio impegno verso le tematiche ambientali. Le aziende infatti, trainate dal ...
NEWS
SVILUPPO SOSTENIBILE
19/02/2015
LAUNCH OF CHINA CARBON MARKET RESEARCH REPORT 2015
The Environomist China Carbon Market Research Report 2015 was launched at the United Nations Development Programme (UNDP) compound.   The report has thoroughly examined all official documents ...
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SISTEMI DI GESTIONE
10/02/2015
Nuovi obblighi per le aziende e nuove opportunita' nel campo delle diagnosi energetiche e sistemi di gestione della energia
Nel corso del mese di luglio 2014 è stata recepita la Direttiva Europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica. Il Decreto italiano di recepimento, D.Lgs. 102/2014, propone un esteso qua ...
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MARCATURA CE
07/01/2015
Direttiva 2014/34/UE, la nuova Atex di prodotto
Sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea, è stata pubblicata la nuova Direttiva Atex 2014/34/UE. Questa Direttiva è inerente i prodotti (apparecchi e sistemi di protezione) destinat ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/12/2014
Le responsabilita' nello acquisto e utilizzo di una macchina non sicura
L’acquisto di un nuovo macchinario industriale comporta ingenti spese per l’azienda che l’affronta; la garanzia quindi delle migliori prestazioni in termini di salute e sicurezza & ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/12/2014
Luoghi confinati e gestione del rischio
Un significativo numero di gravi infortuni sul lavoro si verifica in luoghi confinati in cui sono presenti, o si formano accidentalmente, atmosfere pericolose: asfissianti, tossiche, infiammabili o ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
19/12/2014
CHINA RELEASES BASIC RULES FOR THE NATIONWIDE EMISSIONS TRADING SCHEME
China’s top economic planning agency has released basic rules for a nationwide emissions trading scheme, expected to be launched in 2016.   The regulations published by the National Devel ...
NEWS
SVILUPPO SOSTENIBILE
10/12/2014
COP20: Is Voluntary Action the New Normal?
We know that the outcomes from the COP20 climate negotiations in Lima are going to be critical to the deal that nations hope to conclude in Paris this time next year. In our preview of Lima, I laid ou ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
02/12/2014
Gestione aziendale dei carrelli industriali semoventi
Il D.Lgs n.81/2008 e s.m.i., relativamente agli obblighi del Datore di Lavoro, richiede che le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori siano “sicure”, vale a dire rispon ...
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MARCATURA CE
13/11/2014
Additional benefits of carbon offsetting valued at $664 per credit
Si riportano di seguito i risultati di un interessante studio condotto dall'Imperial College London in collaborazione con l'International Carbon Reduction and Offsetting Alliance (ICROA).   &nb ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/11/2014
Introduzione in azienda di nuovi macchinari
Introdurre un nuovo macchinario industriale nella propria azienda comporta una serie di obblighi ed adempimenti pratici e formali che devono essere messi in atto dal Datore di Lavoro. Questi obbligh ...
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MARCATURA CE
11/11/2014
Nuova Direttiva PED, 2014/68/UE
Sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea del 27/06/2014 è stata pubblicata la nuova Direttiva inerente la messa a disposizione sul mercato delle attrezzature a pressione, Direttiva 2014/68 ...
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MARCATURA CE
07/10/2014
Obbligo di Marcatura CE per elementi strutturali in acciaio e alluminio La Norma EN 1090-1
Dal luglio 2014 è obbligatoria la Marcatura CE di elementi strutturali in acciaio e alluminio per l'immissione sul mercato degli stessi in Italia ed in Europa. La Marcatura deve avvenire do ...
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MARCATURA CE
24/09/2014
Nuova Direttiva Bassa Tensione, 2014/35/UE
Recentemente è stata pubblicata la nuova Direttiva inerente la messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione, Direttiva ...
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MARCATURA CE
03/09/2014
Attrezzature intercambiabili ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE: quali sono e cosa fare
Le attrezzature intercambiabili rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE; in particolare, prima di immettere sul mercato o mettere in servizio un’attrezzatura inte ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
01/09/2014
Polveri e rischio esplosione
Il pericolo di esplosione dovuto alla presenza di polveri combustibili viene spesso sottovalutato rispetto a quello dovuto ai liquidi e gas infiammabili, ove il pericolo è reso palese dalla e ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
07/08/2014
Valutazione dei rischi per attività di installazione e montaggio macchinari presso i locali del cliente
MTM Consulting lavora da anni nel campo della Marcatura CE e parte della nostra attività si sviluppa seguendo i fabbricanti di macchinari industriali nel corso di tutto l’iter CE, dalla p ...
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MARCATURA CE
15/07/2014
Direttiva 2014/29/UE inerente i Recipienti Semplici a Pressione
Sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea del 29/03/2014 è stata pubblicata la nuova Direttiva inerente la messa a disposizione sul mercato dei Recipienti Semplici a Pressione, Direttiva 20 ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
04/07/2014
Scelta e utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale
Secondo le disposizioni dell’art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. il Datore di Lavoro è tenuto a valutare tutti i rischi a cui sono esposti i lavoratori, elaborando il documento di valut ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
01/07/2014
Ricarica di batterie e problematiche ATEX
La zonizzazione ATEX è un argomento che tocca tutti i Datori di Lavoro e le aziende, indipendentemente dall’attività lavorativa svolta. Infatti il D.Lgs. 81/2008 richiede che obb ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
01/07/2014
Scaffalature statiche in metallo: utilizzo e manutenzione
La gestione dei sistemi di immagazzinamento statici è uno degli aspetti più comuni e maggiormente diffusi nelle aziende di qualsiasi settore. Le implicazioni legate alla sicurezza sono ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
06/05/2014
Sicurezza e valutazione dei rischi sulle macchine utilizzate in azienda
In accordo a quanto richiesto dall’art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. il Datore di Lavoro è tenuto a valutare tutti i rischi a cui sono esposti i propri lavoratori, nelle diverse mansi ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
06/05/2014
Lavoratrici Madri e sicurezza sul lavoro
In merito alla valutazione dei rischi vi sono spesso aspetti sottovalutati dai Datori di Lavoro. Uno di questi riguarda in generale la considerazione degli addetti di sesso femminile presenti in azi ...
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MARCATURA CE
02/04/2014
Elusione dei ripari e dei dispositivi di protezione di una macchina
La scelta dei ripari e dei dispositivi di protezione di una macchina rientra nel processo di valutazione dei rischi che il Fabbricante è tenuto ad effettuare con lo scopo di dimostrare come la ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
01/04/2014
La Valutazione del Rischio di Esposizione a Agenti Biologici
Per rischio biologico si intende la probabilità che un individuo entri in contatto con un organismo patogeno, si infetti e contragga una malattia. Questo tipo di rischio, indipendentemente da ...
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MARCATURA CE
25/03/2014
Uso scorretto ragionevolmente prevedibile di una macchina
In accordo alla Direttiva Macchine 2006/42/CE, il Fabbricante di una macchina deve effettuare una valutazione dei rischi che permetta di dimostrare come la stessa macchina sia conforme ai requisiti di ...
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MARCATURA CE
07/03/2014
Direttiva Macchine: la nuova norma UNI EN 280:2013 relativa alle piattaforme di lavoro mobili elevabili
Le piattaforme di lavoro mobili elevabili sono macchine, ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE, e rientrano nell’elenco di macchine particolarmente pericolose raccolte in Allegato IV per ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/02/2014
La manutenzione elettrica sui macchinari industriali
Le attività lavorative su impianti elettrici sono tra le attività con il più alto contenuto di specificità e di rischiosità, dove spesso una procedura scritta e ap ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
12/02/2014
Sovraccarico biomeccanico: il sollevamento di carichi
La movimentazione dei carichi eseguita in modo non corretto risulta essere una delle più frequenti fonti di malattia professionale. Mappare in modo puntuale tutti i carichi movimentati manua ...
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MARCATURA CE
03/02/2014
Direttiva Macchine: la nuova norma UNI EN ISO 14119 relativa ai dispositivi di interblocco associati ai ripari
Recentemente è disponibile anche in Italia, grazie al recepimento da parte dell’UNI, la nuova norma tecnica relativa alla progettazione e alla scelta dei dispositivi di interblocco associ ...
NEWS
SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/01/2014
Abilitazione all’uso di specifiche attrezzature di lavoro secondo D.Lgs. 81/2008 - MTM Consulting s.r.l.
Per talune attrezzature di lavoro è richiesta una specifica abilitazione all’uso in accordo a quanto indicato dall’art. 73 comma 5 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. In particolare, l&rs ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
23/12/2013
Adeguamento macchine secondo D.Lgs. 81/2008 - MTM Consulting s.r.l.
Le attrezzature di lavoro utilizzate in azienda devono essere rispondenti ai requisiti di sicurezza di cui all’art. 70 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Questo vale sia per le attrezzature marcate C ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
20/12/2013
Ergonomia del posto di lavoro
La progettazione ergonomica dell’interfaccia uomo-macchina e in generale della postazione di lavoro riveste un’importanza fondamentale nella gestione delle attività lavorative con ...
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MARCATURA CE
20/12/2013
Attrezzature in pressione
La presenza di attrezzature in pressione impone al Datore di Lavoro di verificare l’applicazione delle specifiche Direttive di Prodotto e di intraprendere, in funzione dei casi, procedure di mes ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
13/11/2013
Sicurezza e Agenti chimici
L’esposizione ad agenti chimici è un aspetto trasversale nel panorama aziendale, risultando presente per la quasi totalità dei lavoratori, indipendentemente dal tipo di attivit&agr ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
10/10/2013
Responsabilità del Datore di Lavoro sulla sicurezza delle macchine marcate CE - MTM Consulting s.r.l.
Tra gli obblighi del Datore di Lavoro, in merito alle attrezzature di lavoro utilizzate in azienda, vi è quello di mettere a disposizione dei propri lavoratori attrezzature che siano sicure con ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
25/09/2013
Le modifiche al DUVRI e le Procedure Standardizzate
Il 21 giugno 2013 è stato pubblicato il Decreto Legge 69/2013 "Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia", ovvero il cosiddetto Decreto "del fare". Oltre alle disposizioni contenute in ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
24/09/2013
Regolamento REACH e utilizzatore finale
Negli ultimi anni sono state introdotte numerose novità in merito alla immissione sul mercato e all’utilizzo delle sostanze e dei preparati chimici. Una delle novità riguarda l& ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
17/09/2013
Verifiche sulle attrezzature di sollevamento secondo D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. - MTM Consulting s.r.l.
Le attrezzature di sollevamento, come tutte le attrezzature di lavoro utilizzate in azienda, devono essere sottoposte a verifiche e interventi di manutenzione idonei a mantenere nel tempo i requisit ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
03/09/2013
Modifiche apportate dal decreto -Del Fare- in merito alla verifiche periodiche secondo art.71 del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. - MTM Consulting s.r.l.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della legge di conversione del decreto-legge 21 giugno n. 69 (cosiddetto Decreto “Del Fare”), sono in vigore, definitivamente, le ultime modif ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
29/07/2013
La Compensazione della CO2
Negli ultimi anni prendono sempre più piede strumenti correlati al marketing che propongono prodotti e servizi verdi personalizzati. L’ecosostenibilità si sta infatti trasformand ...
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MARCATURA CE
29/07/2013
Benne miscelatrici per calcestruzzo, attrezzature intercambiabili ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE - MTM Consulting s.r.l.
Le benne miscelatrici per la produzione di calcestruzzo montate sui caricatori compatti rappresentano attrezzature intercambiabili ai sensi delle Direttiva Macchine 2006/42/CE. Recentemente, il Minist ...
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MARCATURA CE
01/07/2013
Immissione sul mercato e messa in servizio di macchine- MTM Consulting s.r.l.
La Direttiva Macchine 2006/42/CE richiede che, prima di effettuare l’immissione sul mercato o la messa in servizio di una macchina, vengano svolti, da parte del Fabbricante o del Mandatario, una ...
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MARCATURA CE
28/06/2013
Nuova Direttiva RAEE e obblighi per il produttore
Nel luglio del 2012 è stata pubblicata la nuova Direttiva RAEE, ovvero la Direttiva 2012/19/UE “sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)”. Questa Direttiva s ...
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MARCATURA CE
30/05/2013
Importazione di macchine nell’UE - MTM Consulting s.r.l.
La Direttiva Macchine 2006/42/CE definisce il Fabbricante come la figura fisica o giuridica che progetta e/o realizza una macchina e che, dunque, deve provvedere a realizzare l’intero iter che p ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
28/05/2013
Decreto 231 e sistemi di gestione per la sicurezza e l’ambiente - mtm consulting s.r.l.
Dal 2007 per la sicurezza e dal 2011 per l’ambiente il campo di applicazione del D.Lgs. 231/01 è stato esteso ai reati commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutel ...
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MARCATURA CE
30/04/2013
Rischio esplosione all’interno delle macchine - MTM Consulting s.r.l.
La Direttiva Atex 94/9/CE disciplina la progettazione e realizzazione di apparecchiature, tra cui le macchine, che sono installate in ambiente classificato potenzialmente esplosivo e che, dunque, sia ...
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MARCATURA CE
24/04/2013
Nuova Direttiva RoHS e Marcatura CE
Nel gennaio del 2013 è entrata in vigore la nuova Direttiva RoHS o RoHS 2, ovvero la Direttiva 2011/65/UE “sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle appare ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
11/04/2013
Nelle città sostenibili la soluzione alla crisi economica
Dal 17 al 19 aprile, l'Europa si interroga a Ginevra sul futuro della sostenibilità urbana e rapporto tra finanza e pubbliche amministrazioni.   Si svolgerá a Ginevra dal 17 al 19 ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
11/04/2013
Emirati: inaugurato più grande impianto solare a concentrazione del mondo
Con i suoi 100 MW di potenza e un’estensione di due chilometri e mezzo, è di proprietà della società arabo-franco-spagnola Masdar. Pecoraro Scanio: "In italia, sul solare a ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
11/04/2013
L'Iccg lancia l'osservatorio partecipato sulle buone pratiche
Il Best climate practices mira a fornire una panoramica completa delle piú innovative ed efficaci buone pratiche in campo climatico ponendo l'accento sulla vasta gamma di azioni che possono dav ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
11/04/2013
Sicilia: da Sace 31 mln per il parco FV Librandello
Si tratta di un impianto da circa 9 MW di potenza, situato a Chiarimonte Gulfi (Ragusa), in una delle aree con miglior irraggiamento solare della Sicilia.   Sace, gruppo assicurativo-finanziari ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
11/04/2013
La Danimarca trae il 25% della propria energia dal vento
La Danimarca ha appena varcato la soglia del gigawatt di potenza complessiva installata, un quantità sufficiente a dare al Paese un quarto dell'energia di cui ha bisogno.   La Danimarca ...
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MARCATURA CE
26/03/2013
Valutazione dei rischi secondo la Direttiva Macchine 2006/42/CE - MTM Consulting s.r.l.
La Direttiva Macchine 2006/42/CE attualmente vigente impone che il Fabbricante di una macchina effettui una valutazione dei rischi che permetta di stabilire quali requisiti essenziali di sicurezza del ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
22/03/2013
Dichiarazioni Ambientali di Prodotto: uno strumento in forte crescita
Nonostante il periodo economico difficile e delicato sono in forte crescita, in particolare in Italia, le aziende che intraprendono la strada per la certificazione ambientale di un prodotto / servizio ...
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MARCATURA CE
20/03/2013
Le quasi-macchine in accordo alla Direttiva Macchine - MTM Consulting s.r.l.
Ad oltre tre anni di distanza dall’entrata in vigore, in Italia, della Direttiva Macchine 2006/42/CE ancora non è ben chiaro cosa si intenda per quasi-macchina, concetto introdotto propri ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
28/02/2013
Sicurezza macchine secondo D.Lgs. 81/2008 - MTM Consulting s.r.l.
Quando si parla di sicurezza macchine si intende, in primo luogo, la sicurezza delle macchine rientranti nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE e che dunque devono rispettare ta ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
26/02/2013
Dallo Studio del Ciclo di Vita al Carbon Footprint - mtm consulting s.r.l.
Lo Studio del Ciclo di Vita di un prodotto / servizio (in lingua inglese Life Cycle Assessment, LCA) è la base scientifica per quantificare impatti di diverso genere creati dai processi azienda ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
06/02/2013
Italiani sempre più "green": il 12% sceglie le rinnovabili
Gli ultimi dati dell’Osservatorio SuperMoney, portale per il confronto dell’energia, rivelano che negli ultimi sei mesi i consumatori alla ricerca di una fornitura di elettricità da ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
06/02/2013
Più di 480 mila impianti fotovoltaici attivi in Italia
Secondo gli ultimi dati forniti dal Gse, nel 2012 gli impianti in Italia sono cresciuti del 44%, per una potenza fotovoltaica installata di 17.047.613 kW. Mentre il costo annuo degli incentivi ha ragg ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
06/02/2013
In funzione il parco eolico di Deliceto con turbine Leitwind
Si tratta di un impianto da 24 MW dotato di 16 aerogeneratori gearless LTW80 da 1,5 MW di potenza nominale.   Leitwind ha annunciato oggi la messa in funzione del parco eolico di Deliceto, in P ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
06/02/2013
Usa: emissioni in atmosfera scese ai livelli del 1994
Secondo l'ultima analisi di Bloomberg, commissionata dal Business Council on Sustainable Energy, l'anno scorso le emissioni di climalteranti sono scese a 5,67 Gt, con un calo del 5% rispetto al 2011 d ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
04/02/2013
Comune di Milano: contributi per la riqualificazione estetica ed ambientale a favore delle attività del commercio, artigiane, turismo e servizi dei distretti urbani del commercio
I soggetti promotori dei Distretti del Commercio di Milano intendono destinare risorse di fonte regionale e comunale a sostegno di progetti di riqualificazione estetica e ambientali di attività ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
04/02/2013
INAIL: contributi per interventi per migliorare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro
L'Inail intende incentivare le imprese a realizzare interventi finalizzati al miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Le risorse economiche a disposizione delle imprese ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
31/01/2013
Bando di finanziamento per lo sviluppo di progetti di Carbon Footprint applicato ai prodotti di largo consumo
Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 468 del 19 maggio 2011, ha emanato un bando pubblico per finanziare, in regime di &ldquo ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
24/01/2013
wwf: "L'1% di superficie FV darebbe energia al mondo"
L'ultimo rapporto dell'associazione mostra attraverso sette casi come meno dell'1% della massa totale della terra sarebbe necessaria per soddisfare il 100% della domanda di energia elettrica prevista ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
24/01/2013
Un cittadino europeo su tre punterebbe sull'auto ecologica
Secondo l'ultima ricerca presentata da Ford, il 35% dei cittadini europei, anche con la crisi, sarebbe disposto a pagare di piú per un'auto piú ecologica.   Un'inchiesta realizzat ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
24/01/2013
La zonizzazione ATEX di mtm consulting s.r.l.
Grazie all’esperienza maturata negli anni nel campo della sicurezza sul lavoro e dei macchinari industriali MTM Consulting offre un servizio di consulenza completo alle aziende in materia di zon ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
16/01/2013
A fine 2012 il fotovoltaico mondiale tocca i 100 GW
Secondo l'associazione solare tedesca BSW, il fotovoltaico è la fonte energtica a più rapida crescita a livello mondiale e la Solarpraxis di Berlino ritiene che il settore potrebbe cresc ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
16/01/2013
Nel 2012 l'eolico mondiale ha raggiunto i 270 GW
Negli ultimi dodici mesi sono stati prodotti 500 TWh, una quantità pari al consumo di 450 milioni di abitanti. Il trend di crescita ha rispettato le previsioni del Gwec.   Nel 2012 l'ene ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
16/01/2013
Europa a buon punto sulla riduzione dei gas serra
Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, la maggior parte dei Paesi in linea con gli impegni per raggiungere gli obiettivi di Kyoto.   In base alle stime dell'Agenzia europea per l'Ambiente l' ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
16/01/2013
Inquinamento globale: ci salverà l'energia dell'aria liquida
Case, auto e persino fabbriche che impiegano energia prodotta con l'aria che respiriamo.   Non è un romanzo di Jules Verne ma il frutto degli studi di uno scienziato britannico. Peter De ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
14/01/2013
Bando Inail per la sicurezza sul lavoro
155 milioni di euro per gli investimenti delle imprese; contributo fino al 50% dei costi del progetto, per un massimo di 100.000 euro.   Si apre domani 15 gennaio 2013 la finestra temporale di ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
18/12/2012
Clini e l’Ue giudicano poco soddisfacenti gli esiti di Doha
Per il ministro dell’Ambiente “Il bicchiere dopo la conferenza di Doha è pieno per un quarto”. Per la Commissione europea il risultato della Conferenza sul clima è un & ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
18/12/2012
A novembre le rinnovabili hanno prodotto il 27% dell'energia
Questi i dati di Terna: l’energia elettrica richiesta in Italia ha fatto registrare una flessione del 5,6% rispetto a novembre dello scorso anno.   A novembre le rinnovabili hanno soddisf ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
18/12/2012
Eolico e solare, entro il 2030, potrebbero alimentare la rete al 99%
Secondo uno studio dell'Università del Delaware, le rinnovabili, combinate ad un adeguato sistema di immagazzinamento dell'energia, potrebbero fornire elettricità alla rete per quasi tut ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
20/11/2012
Rinnovabili: attesa crescita del 60% entro il 2017
Lo dice il Medium-Term Renewable Energy Market Report 2012, presentato nei giorni scorsi dalla Iea, secondo cui la produzione elettrica da fonte rinnovabile su scala globale passerà dai 4.540 T ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
20/11/2012
Mercato globale eolico potrebbe triplicare entro il 2012
Secondo il Global Outlook Wind Energy 12 l'energia eolica potrebbe fornire fino al 12% dell'elettricità mondiale, la creazione di 1,4 milioni nuovi posti di lavoro e la riduzione delle emission ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
20/11/2012
Verifica emissioni CO2: cresce l'impegno delle aziende
Ancora pochi però gli obiettivi di riduzione a lungo termine. Pubblicato oggi il "CDP Italy 100 Climate Change Report 2012", dal Carbon Disclosure Project e da Accenture.   Le aziende it ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
20/11/2012
Create prime celle solari al 100% carbonio
Un team di ricercatori dell’Università statunitense di Stanford ha sviluppato le prime celle solari interamente in carbonio. Potrebbero essere un’alternativa molto più conven ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
03/08/2012
Aumenta energia da fonti rinnovabili: lo dice l'Istat
L'istituto statistico ha pubblicato l'indagine 'Dati ambientali nelle città'.   Sono 88 i comuni che, secondo l'Istat, dichiarano di ricorrere all'impiego del fotovoltaico, con una poten ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
03/08/2012
In Brasile più grande parco eolico Sud America
Produrrà una quantità di energia sufficiente a rifornire una città di due milioni di abitanti.   E' in Brasile il più grande parco eolico del Sud America: il progett ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
27/07/2012
Calcio: un ritiro green per l'Inter in Trentino Alto Adige
Strutture in legno smontabili, divieto di utilizzare l'auto, solo energie rinnovabili, cibo a km zero.   Corriere.it di qualche giorno fa riporta la notizia del ritiro "verde" che Inter ha fatt ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
27/07/2012
Cinque azioni per ecoinnovare l'Italia
Il documento dall'assemblea programmatica 'Sviluppo dell'Ecoinnovazione.   Cinque punti per affrontare e vincere la sfida di uno sviluppo sempre più green. E' la ricetta che arriva dall' ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
23/07/2012
Deliberazione della Giunta Provinciale Nr. 939
Prestazione energetica nell’edilizia.   È stata approvata dalla Provincia Automa di Bolzano la deliberazione nr. 939 che ha come oggetto l’attuazione della direttiva 2010/31/ ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
20/07/2012
Dal 27 agosto entra in vigore il V Conto Energia
Pessimiste le associazioni di categoria delle aziende che operano nel campo del fotovoltaico.   Il 27 agosto entra in vigore il V Conto Energia. Il GSE ha infatti comunicato all'Autorità ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
20/07/2012
Certificati Verdi 2011: le indicazioni per la fatturazione
La nota operativa del GSE.   In una nota di questi giorni il GSE informa gli operatori che per le richieste di ritiro dei Certificati Verdi (CV) del 2011, la fatturazione dovrà essere ef ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
13/07/2012
Green Economy: Stati Generali a novembre
Il 7 e l'8 novembre a Rimini verrà elaborato un Programma per lo sviluppo dell'Economia Verde.   Si terranno a Rimini il 7 e l'8 novembre prossimo gli Stati Generali della Green Econom ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
06/07/2012
Rinnovabili: entro il 2020 il 45 per cento dell'energia dalle campagne
I dati della Cia-Confederazione italiana agricoltori.   Nella sfida del 202020 (-20% di emissioni inquinanti, +20% di energia alternativa entro il 2020), "l'agricoltura italiana si candida ad e ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
29/06/2012
SISTRI: confermata la sospensione al 2013
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Sviluppo che nell'art. 52 prevede la  sospensione “non oltre” il 30 giugno 2013 del  termine  di  entrata &nb ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
29/06/2012
Il sole batte il vento: fotovoltaico prima fonte energetica alternativa
I dati diffusi dall'Ufficio studi di Confartigianato.   Il fotovoltaico supera l'eolico e diventa la prima fonte energetica rinnovabile d'Italia, ad eccezione dell'idroelettrico. Un sorpasso st ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
29/06/2012
Pannelli fotovoltaici, obbligo di riciclo per i produttori
Dal primo luglio entra in vigore quanto stabilito dal Quarto Conto energia   Dal primo luglio, per accedere agli incentivi, tutte le aziende produttrici di moduli fotovoltaici dovranno garantir ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
29/06/2012
Energia: fonti rinnovabili in aumento e boom del fotovoltaico
I dati della relazione annuale dell'Autorità per l'Energia   I dati della relazione annuale dell'Autorità per l'Energia La produzione da fonti rinnovabili è aumentata nel ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
22/06/2012
Umbria, 20 milioni di investimenti nelle rinnovabili
Presentati due bandi rivolti ai Comuni.   La Regione Umbria investe oltre tredici milioni di euro per il risparmio energetico. Risorse regionali che svilupperanno sul territorio umbro più ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
19/06/2012
Sistri: in arrivo la sospensione fino al 2013
Il Ministro Corrado Clini ha proposto la sospensione del Sistri per verificare la funzionalità del sistema.   Il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha proposto al Consiglio dei M ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
15/06/2012
Decreti rinnovabili: dalle Regioni parere favorevole ma con modifche
Soddisfazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico   Via libera condizionato delle Regioni ai due decreti rinnovabili elettriche e fotovoltaico. La Conferenza Stato Regioni ha dato p ...
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SISTEMI DI GESTIONE
14/06/2012
CCIAA FE: contributi per l'introduzione di sistemi di qualità, di gestione ambientale e di responsabilità sociale
Nell'ambito delle iniziative promozionali volte a favorire lo sviluppo del sistema economico locale, la Camera di Commercio di Ferrara in collaborazione con l'Associazione per l'Innovazione ha stanzia ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
08/06/2012
Detrazioni per le ristrutturazioni al 50% e proroga di 1 anno del 55%
I provvedimenti dovrebbero essere contenuti nel dl sviluppo.   Elevazione dal 36% al 50% delle detrazioni per interventi di ristrutturazione edilizia e innalzamento del limite di importo detrai ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
08/06/2012
Fino a 60mln di nuovi posti di lavoro con l'economia verde
Sono le conclusioni di uno studio commissionato dall'ILO.   Si intitola "Lavorare per uno sviluppo sostenibile. Opportunità di lavoro dignitoso e inclusione sociale nell'economia verde" ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
08/06/2012
Allarme di Ernst & Young: calano gli investimenti nelle rinnovabili
Segno meno nonostante tutti concordino sui vantaggi che la green economy apporterebbe.   Secondo l'ultimo Country Attractiveness Indices di Ernst & Young, nel primo trimestre 2012 si sarebb ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
01/06/2012
Quinto Conto Energia e Decreto Rinnovabili Elettriche, ancora un rinvio
Spostato l'incontro della Conferenza Stato Regioni   Il Quinto Conto Energia e il decreto rinnovabili elettriche rimangono in attesa. Sembrerebbe spostato alla prossima settimana, l’incon ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
01/06/2012
Dal 2020 al 2030, la Commissione Europea a lavoro
Nuovi obiettivi per far crescere le rinnovabili   In previsione della scadenza del 2020, la Commissione europea sta preparando un documento dove vengono identificate le possibili tappe della pr ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
01/06/2012
Certificati Verdi: dal Gse le modalità per il ritiro
Le indicazioni e il modulo per fare la richiesta   Di seguito la nota del Gse per informare gli operatori sulle modalità di ritiro dei Certificati Verdi (CV) rilasciati per le produzioni ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
25/05/2012
Il sondaggio di CE&Co, pubblicato su Ecoseven.net
L'eolico piace agli italiani. A dirlo è un sondaggio condotto dalla CE&Co che è pubblicato su Ecoseven.net. L’indagine condotta dall’Istituto di ricerca milanese mostra c ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
25/05/2012
Nuovi obiettivi per far crescere le rinnovabili
In previsione della scadenza del 2020, la Commissione europea sta preparando un documento dove vengono identificate le possibili tappe della prossima road map che dovranno seguire gli Stati dell'Union ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
25/05/2012
Approvata la mozione di Grande Sud
L'Aula di Palazzo Madama ha approvato, a larga maggioranza e con parere favorevole del governo, la mozione di Grande Sud in tema di energie rinnovabili.  Il documento impegna il Governo "a defin ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
25/05/2012
Il comunicato congiunto di Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente, Symbola e WWF
In un momento così delicato per il Paese in cui appare indispensabile rilanciare l'economia e creare nuovo lavoro, è importante che si definiscano prospettive chiare per i comparti delle ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
25/05/2012
Lo schema di proposta legislativa nel corso di un convegno dell'Enea
Uno schema di proposta legislativa che prevede l'istituzione di un'assicurazione obbligatoria che sollevi lo Stato dalle spese di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi e di un Fondo per la Sicu ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
22/05/2012
Le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi
La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro istituita presso il Ministero del Lavoro ha approvato il 16 maggio le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi, ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
16/05/2012
Valutazione dei rischi: ennesimo rinvio per il decreto 81
Roma, 16 Maggio 2012   È stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il DECRETO-LEGGE 12 maggio 2012, n. 57 contenente “Disposizioni urgenti in materia di tutela della salute e della si ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
27/04/2012
DVR: stop all'autocertificazione dal 1° Luglio
Dal 1° Luglio p.v. tutte le aziende, indipendentemente dal numero di lavoratori occupati, dovranno essere in possesso del Documento di Valutazione dei Rischi   L'articolo 29 del D.lgs. 81/2 ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
26/04/2012
Valutazione del rischio da esposizione ai campi elettromagnetici (CEM): rinvio al 31 ottobre 2013
Il Parlamento europeo con Direttiva 2012/11/UE del 19 aprile 2012 rinvia al 31 ottobre 2013 l'entrata in vigore della Direttiva 2004/40/CE sui “Campi elettromagnetici"L'art.1 della suddetta dire ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
26/04/2012
Sistri, slitta al 30 novembre il pagamento delle quote 2012
Comunicato del Ministero dell’ambiente del 20 aprile 2012: il ministero sta procedendo ad una revisione del sistema per rendere più semplici ed efficienti le procedureFonte: Ministero del ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
17/04/2012
Regione Lombardia: dote impresa - salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Obiettivo dell’intervento è sostenere il miglioramento e l’innalzamento del livello delle conoscenze e competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (SSL), ai sen ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
02/02/2012
Ridurre i costi della sicurezza con il modello OT24 INAIL
Entro il 28 febbraio le aziende che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro possono presentare domanda di riduzione del tasso medio di t ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
26/01/2012
Rinvio per le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro
Ulteriore rinvio per l’entrata in vigore del decreto dell’11 aprile 2011 relativo alla disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
29/12/2011
Dall'INAIL incentivi alle imprese per 205 milioni
Pubblicato in G.U. il bando del regolamento per l'assegnazione degli stanziamenti mediante procedura valutativa a sportello. Da domani fino al 7 marzo sarà possibile presentare la richiesta sul ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
19/12/2011
La sicurezza a “COSTO ZERO”
Il 2012 vede ancora una volta le Istituzioni intenzionate a stimolare le aziende per migliorare gli standard di sicurezza. Con gli incentivi previsti dall’INAIL sarà possibile, pianifican ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
16/12/2011
In arrivo l'Accordo Stato-Regioni per la formazione sulla sicurezza
Convocata la Conferenza Stato-Regioni che dovrà esprimersi sull'accordo relativo alla formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro RSPP.Si riunirà mercoledì 21 dicembre 2011 l ...
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SISTEMI DI GESTIONE
24/11/2011
OHSAS 18001:2007: Finanziamenti INAIL
È di prossima pubblicazione, il bando  l'INAIL per incentivare le imprese ad  implementare e certificare il sistema di gestione per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro OHSAS ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
17/11/2011
Iscrizione obbligatoria all'elenco pubblico per newslot e videolottery
Per effetto  di recenti provvedimenti finanziari adottati dal Governo, proprietari, detentori, possessori, concessionari e ogni altro soggetto che svolga sulla base di un contratto stipulato con ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
10/11/2011
Progetti per l’analisi dell’impronta di carbonio (Carbon Footprint) per la produzione di prodotti di largo consumo
Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 468 del 19 maggio 2011, emana un bando pubblico per finanziare, in regime di “de m ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
24/10/2011
Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro
Dal 24 al 28 ottobre 2011 si celebra la Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro nel corso della quale sono previste conferenze, mostre e dibattiti.Tema prioritario è quello la ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
13/10/2011
Eurotrans-Bio: MSE partecipa a bando di progetti di ricerca e sviluppo
Il Ministero dello Sviluppo Economico partecipa al programma europeo EUROTRANS-BIO che si propone di sostenere la crescita delle piccole e medie imprese nel settore delle biotecnologie in Europa e coi ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
13/10/2011
MSE: assegnati 20 milioni di euro alle PA sulla linea di attivita’ 1.3., per progetti innovativi di impianti a fonti rinnovabili nel Sud
In arrivo 20 milioni di euro per finanziare interventi per energie rinnovabili e risparmio energetico nel Mezzogiorno. Al termine della valutazione tecnica, la Direzione generale per l'energia nuclear ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
13/10/2011
Aumenta il budget del fondo europeo per l’efficienza energetica (EEEF)
Lanciato nel Luglio 2011, il Fondo Europeo per l'efficienza energetica ha l'obiettivo di promuovere un mercato dell'energia sostenibile con una più efficace protezione dell'ambiente.La Commissi ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
13/10/2011
Il Comitato delle Regioni sostiene i piani europei per un'industria più competitiva e più verde
In October 2010, the European Commission set out a strategy for boosting growth and jobs by maintaining a competitive industrial base in Europe offering well-paid jobs while becoming less carbon inten ...
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MARCATURA CE
30/09/2011
Norme armonizzate Direttiva Compatibilità Elettromagnetica (Direttiva 2004/108/CE)
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Compatibilità Elettromagnetica (Direttiva 2004/ ...
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MARCATURA CE
09/09/2011
Norme armonizzate Direttiva Attrezzature a Pressione (Direttiva 97/23/CE)
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Attrezzature a Pressione (Direttiva 97/23/CE).Cliccare ...
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MARCATURA CE
31/08/2011
Norme armonizzate Direttiva Bassa Tensione (Direttiva 2006/95/CE)
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Bassa Tensione (Direttiva 2006/95/CE).Cliccare qui per v ...
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MARCATURA CE
24/08/2011
Norme armonizzate Direttiva Prodotti da Costruzione (Direttiva 89/106/CEE)
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Prodotti da Costruzione (Direttiva 89/106/CEE).Cliccare q ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
02/08/2011
Formazione in materia di sicurezza svolta da enti bilaterali e organismi paritetici
Circolare n. 20 del 29 luglio 2011Con la Circolare n. 20 del 29 luglio 2011 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce chiarimenti in merito all’attività di formazione svo ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
02/08/2011
Verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro
Proroga dell'entrata in vigore del decreto 11 aprile 2011L’entrata in vigore del Decreto 11 aprile 2011 recante disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cu ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
29/07/2011
Rinviato l'Accordo Stato-Regioni per la formazione
Roma, 29 Lug - Gli schemi di accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, riguardanti i corsi di forma ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
29/07/2011
Regolamento per la semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi
il Consiglio dei Ministri del 22 luglio u.s. ha approvato in via definitiva (in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale) il   Decreto del Presidente della Repubblica  recante "Reg ...
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MARCATURA CE
20/07/2011
Norme armonizzate Direttiva Macchine (Direttiva 2006/42/CE)
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Macchine (Direttiva 2006/42/CE).Cliccare qui per visualizza ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
11/07/2011
Responsabilità delle persone giuridiche: approvato il 231 Ambiente
Il consiglio dei Ministri ha approvato il recepimento delle direttive 2008/99 e 2009/123 a tutela dell’ambiente.Roma, 11 Lug - Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 07 luglio 2011 il provved ...
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MARCATURA CE
08/07/2011
Apparecchiature elettriche ed elettroniche: nuova Direttiva
Il Parlamento e il Consiglio dell'Unione Europea, hanno emanato la direttiva 2011/65/UE sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elet ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
24/06/2011
Recepimento ADR 2011
Roma, 24 Giu - Sulla GU n. 39 del 17 febbraio 2011 è stato pubblicato il Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 3 gennaio 2011 recante il recepimento nell’ordinamento nazi ...
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SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
20/06/2011
Sulle modalità di misurazione del rumore
La Corte di Giustizia UE in una recente sentenza ha espresso il proprio parere sul rispetto dei limiti di esposizione dei lavoratori al rumore. Il DdL deve ridurre il rumore alla fonte senza tenere co ...
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SVILUPPO SOSTENIBILE
15/06/2011
Rinviata al 1° settembre la partenza del SISTRI
E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il decreto del ministero dell'Ambiente con il quale vengono prorogati i termini di operatività del sistema di tracciabilità dei rifiuti origina ...
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MARCATURA CE
06/04/2011
Countdown to end of EN 954-1
There are now around 180 working days until EN 954-1 ceases to provide a presumption of conformity to the Machinery Directive. Although it may seem like a long time until 31 December (269 days), we sh ...
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MARCATURA CE
02/03/2011
Machinery safety - an evolution
It is now more than a year since the new Machinery Directive (2006/42/EC) came into force, but the situation is still fairly fluid in some respects. The EC Machinery Working Group meets regularly to d ...
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MARCATURA CE
01/12/2010
Revised standard for risk assessments
ISO 12001:2010 'Safety of machinery. General principles for design. Risk assessment and risk reduction' will combine the old ISO 12100 (parts 1 and 2) and ISO 14121. This should simplify the process o ...


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Responsabilità condivisa e sicurezza macchine: una sentenza rilevante per gli imprenditori
18/04/2024

In un recente verdetto della IV Sezione penale della Corte di Cassazione, emerge un chiaro messaggio per gli imprenditori e i fornitori del settore delle macchine industriali: la sicurezza deve essere una priorità condivisa e la responsabilità non è limitata all'operatore che ha messo in funzione la macchina, ma si estende anche a tutti coloro coinvolti nella costruzione, installazione, vendita o cessione della stessa.

 

Fatto e iter giudiziario

 

Il fatto riguarda un incidente su un cantiere edile: un lavoratore è rimasto ferito in un cantiere edile dopo che un pannello coibentato si è staccato dalla presa di una ventosa utilizzata per il sollevamento con una gru.

 

Questa dinamica conduce quindi ad analizzare le seguenti responsabilità:

·   il cedente della ventosa, ossia la società che ha fornito l’attrezzatura al lavoratore, poiché non ha verificato le condizioni di sicurezza prima della consegna;

·     il lavoratore, che ha utilizzato l'apparecchio senza una preventiva verifica dello stato delle guarnizioni o delle superfici applicative.

 

Il legale rappresentante della società è stato accusato di lesioni colpose. Dopo aver esaminato gli elementi e respinto le difese che imputavano il danneggiamento a cause alternative come un errore umano o un danneggiamento durante il trasporto dopo l'infortunio, il giudice ha confermato la colpevolezza del rappresentante della società.

 

Il Tribunale si è espresso sulla base delle testimonianze, della documentazione e di consulenze tecniche, a partire dalle quali è stato stabilito che la ventosa aveva difetti preesistenti che non erano conseguenza di un utilizzo nei giorni precedenti l'incidente e che non sono state fornire istruzioni adeguate ai lavoratori prima dell’uso.

 

La Corte d'Appello ha poi confermato la sentenza, ritenendo che vi fosse stata negligenza nella manutenzione della ventosa e che le difese presentate fossero irrilevanti rispetto all'accusa di cattivo stato di manutenzione, che ha portato alle lesioni del lavoratore.  

 

Conclusioni

 

Questa sentenza ribadisce che la responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro è multidimensionale e coinvolge molteplici attori.

 

In particolare il messaggio per le imprese è inequivocabile: la collaborazione nella sicurezza non è solo una prassi etica ma anche una necessità giuridica, poiché un’inadempienza può portare a sanzioni penali e civili.

 

Per questo motivo, tutte le aziende coinvolte nel ciclo di vita di una macchina devono attuare tutte le azioni necessarie per garantire che possa essere utilizzata senza porre in pericolo la salute dei lavoratori e, di conseguenza, anche la propria posizione legale.

 

Per maggiori dettagli riguardanti questo caso giudiziario, al link qui sotto è possibile scaricare la sentenza integrale. Se invece hai dubbi sulla sicurezza delle tue macchine, contattaci subito CLICCANDO QUI e raccontandoci brevemente la situazione. Buona lettura!



- Cassazione Penale, Sez. 4, 14 marzo 2024, n. 10665 - Posizioni di garanzia_ fabbricante_venditore_noleggiatore_concedente del macchinario e utilizzatore_datore di lavoro.pdf
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La sostenibilità ambientale diventa obbligo per le aziende: cosa cambierà per i dirigenti?
28/03/2024

Il panorama normativo europeo si prepara a vivere importanti cambiamenti sul piano ambientale: la proposta di direttiva europea del 22 febbraio 2022 sull’obbligo del rispetto dei parametri di sostenibilità ambientale per tutte le grandi aziende diventerà una direttiva effettiva nel 2024.

 

La direttiva è intitolata "Corporate Sustainability Due Diligence" o CSDD e ha lo scopo di imporre ai dirigenti aziendali di essere più attenti e responsabili nei confronti dell'impatto ambientale delle proprie attività. La direttiva si rivolge alle grandi aziende, che saranno obbligate ad adottare un piano in grado di garantire che la loro strategia sia compatibile con una limitazione ad 1,5° centigradi del riscaldamento globale, così come previsto dall’accordo di Parigi.

 

Il 1° giugno 2023, il Parlamento Europeo ha votato sulla bozza della CSDD, apportandovi parziali modifiche. A metà dicembre, il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo provvisorio che definisce i punti essenziali della CSDD, il quale deve ora essere approvato anche dalla Commissione Europea per la sua adozione formale.

 

Sebbene il testo definitivo della direttiva non sia ancora disponibile, dall'accordo provvisorio emerge chiaramente che l'argomento chiave è il concetto di due diligence – ossia l'analisi preventiva della conformità ambientale di una proprietà coinvolta in un investimento economico.

 

La nuova direttiva richiederà quindi alle aziende di identificare, prevenire e mitigare le conseguenze negative delle proprie azioni sull'ambiente e sui diritti umani. I dirigenti saranno quindi incentivati a contribuire agli obiettivi di sostenibilità e a promuovere azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici. A tal proposito, è importante sottolineare che i fornitori dovranno adeguarsi alle stesse regole della direttiva: le aziende coinvolte dovranno non solo rispettare le normative ambientali della direttiva CSDD, ma anche collaborare con partner commerciali che facciano altrettanto, indipendentemente dal loro diretto coinvolgimento nella direttiva.

 

A livello europeo, la Commissione metterà a punto una rete europea delle autorità di supervisione per garantire un approccio coordinato. Tuttavia, per garantire il rispetto di questa futura direttiva, gli Stati dell’Unione Europea designano un’autorità nazionale che svolgerà i controlli adeguati e potrà imporre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per chi non rispetta tali obblighi.

 

L'entrata in vigore di questa direttiva comporterà una profonda e complessa trasformazione nell'approccio aziendale alla sostenibilità ambientale, obbligando le aziende a implementare processi interni di verifica e a rivedere i propri capitolati di fornitura, coinvolgendo anche i fornitori nella catena di rispetto delle normative ambientali.

 

Proprio per l’ampia portata di questi cambiamenti, la direttiva CSDD prevede:

 

§        un periodo di due anni per trasformare le sue indicazioni in disposizioni di legge nazionale;

§        il sostegno tecnico ed economico da parte dei singoli paesi per le piccole e medie imprese coinvolte nell'applicazione della direttiva.

 

In attesa dell’entrata in vigore effettiva al link a fondo pagina potete scaricare gratuitamente il testo integrale della proposta di direttiva del 2022, compresa di allegato. Buona lettura! 

 

PS: Con l'obbligo della sostenibilità ambientale per le aziende in arrivo, mtm vi invita a partecipare al corso sul carbon footprint di organizzazione che si terrà il prossimo l'8 aprile 2024 su zoom per compiere un primo passo verso la valutazione strategica dell’impatto ambientale della propria azienda. Clicca QUI per conoscere i dettagli e la modalità di iscrizione.



- “PROPOSTA DI DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937”
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Nuovo bando 2023-2024 per finanziamenti a fondo perduto alle imprese: ecco a chi si rivolge e le modalità di accesso
14/03/2024

A dicembre 2023, l’INAIL ha pubblicato il nuovo Bando ISI 2023 – 2024 che permette alle imprese italiane di ottenere finanziamenti a fondo perduto da investire in progetti di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

A chi è rivolto?

 

Il bando si rivolge a tutte le imprese italiane operanti nei settori del commercio, industria, artigianato, agricoltura e del terzo settore, ad esclusione di:

§      quelle aziende che hanno già partecipato al Bando INAIL 2020, 2021 e 2022, fatta eccezione per quelle che avevano presentato un progetto per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale.

§     le micro e piccole imprese agricole che hanno già ricevuto l’incentivo ISI Inail 2021 e 2022 per l’Asse 5, o l’incentivo ISI Inail Agricoltura 2019/2020.

 

In cosa consiste il contributo ottenuto?

 

La misura del contributo varia da un importo minimo di 5.000 euro fino a un massimo di 130.000 euro e corrisponde al 65% della spesa d'investimento ammissibile, fino a un massimo di 200.000 euro. Ad esempio, per una spesa di investimento di 200.000 euro, il contributo massimo ammissibile sarà di 130.000 euro.

 

È importante sottolineare che si tratta di un finanziamento a fondo perduto e non di un credito d'imposta, pertanto l'importo assegnato verrà direttamente accreditato sul conto corrente dell'impresa beneficiaria.

 

Quali sono le spese ammissibili? 

 

Gli interventi che rientrano nel Bando riguardano principalmente tre ambiti:

ü  Investimenti in attrezzature e macchinari nuovi, come macchinari a controllo numerico, impianti di aspirazione di fumi, insonorizzazione di pareti, gru, macchinari per la movimentazione di carichi, escavatori e altro ancora.

ü  Impianti che migliorano le condizioni di salute per i lavoratori, come ad esempio aspirazione di fumi, insonorizzazione, e attrezzature che riducono la movimentazione manuale, le vibrazioni e il rumore.

ü  Rimozione dell'amianto, comprensiva delle spese di rifacimento del tetto.

 

Requisiti e modalità di accesso

 

Per accedere al bando è necessario:

ü  verificare di rientrare nei requisiti di accesso

ü  presentare domanda a partire dal 15 aprile 2024 e non oltre il 30 maggio 2024 ore 18:00 seguendo l’iter indicato.

 

È inoltre importante tenere a mente che:

§  Le imprese possono presentare un solo progetto riguardante una sola unità produttiva per una sola tipologia di progetto

§  Il progetto non deve essere già in corso d’opera

§  sono ammesse a finanziamento anche le spese direttamente necessarie alla realizzazione del progetto e le spese accessorie o strumentali funzionali e indispensabili per la realizzazione dello stesso.

 

Per maggiori informazioni rimandiamo alla pagina dedicata del sito dell’INAIL. Buona lettura!



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Classificazione zone ATEX: cos’è cambiato dal 23 gennaio 2024
29/02/2024

A partire dal 23 gennaio 2024, le aziende con zone a rischio esplosione devono aggiornare obbligatoriamente il documento di classificazione dei luoghi per adeguarsi alla nuova normativa vigente.

 

A tal proposito è bene specificare che questo aggiornamento riguarda la norma CEI EN 60079-10-1, che tratta la zonizzazione degli ambienti in cui c'è o ci può essere presenza di atmosfere potenzialmente esplosive per via di gas, vapori o nebbie. Per gli ambienti classificati a causa della presenza di polveri che possono generare atmosfere potenzialmente esplosive si mantiene invece come norma di riferimento la CEI EN 60079-10-2, la cui ultima edizione risale al 2015.

 

Di seguito elenchiamo quindi in modo sintetico i vari passaggi evolutivi del quadro normativo e i cambiamenti introdotti per quanto riguarda la classificazione degli ambienti in cui è o vi può essere presenza di atmosfere potenzialmente esplosive dovute a gas, vapori o nebbie.

 

Evoluzione normativa

 

Fino al 2016, per la classificazione di questo tipo di zone pericolose si è fatto riferimento alle linee guida CEI 31-35 e 31-35/A, che si basavano sulla norma CEI EN 60079-10-1 del 2010. Nel 2016 è stata poi pubblicata la nuova edizione della norma, che il 14/10/2018 ha definitivamente sostituito la precedente. Tuttavia, le guide CEI non sono mai state aggiornate di conseguenza, generando incertezza normativa.

 

La situazione è in parte stata mitigata dal rapporto tecnico UNI CEI TR 11798 del 2020, che forniva esempi applicativi per la classificazione dei luoghi a rischio esplosione per la presenza di gas sulla base della norma CEI EN 60079-10-1 del 2016.

 

La normativa oggi: cos’è cambiato il 23 gennaio 2024?

 

Anche se ad oggi i lavori per aggiornare le linee guida abrogate non sono ancora iniziati, nel 2021 è stata rinnovata la norma CEI EN IEC 60079-10-1, che segna l’abrogazione definitiva della versione 2016 in data 22 gennaio 2024. Dunque, a partire dal 23 gennaio 2024, è applicabile solo l'edizione 2021 della norma, che contiene le procedure aggiornate per calcolare le dimensioni delle zone pericolose. Sempre a gennaio 2024 è stato allineato a quest’ultima edizione della norma anche il rapporto tecnico del 2020 sopra citato.

 

Ad ogni modo, a partire dal 23 gennaio scorso è obbligatorio aggiornare la documentazione di valutazione del pericolo di esplosione alle ultime disposizioni normative. In particolare, per quanto riguarda gas, vapori e nebbie infiammabili l’edizione del 2021 della norma CEI EN IEC 60079-10-1 ha aggiornato le procedure per calcolare le dimensioni delle zone pericolose, il che richiede un’adeguata modifica dei documenti aziendali per evitare le sanzioni previste dalla normativa.

 

Siete sicuri che la vostra classificazione delle zone in cui è probabile si formino atmosfere potenzialmente esplosive sia aggiornata e conforme alla nuova normativa? Se la risposta è no non aspettare oltre, clicca qui e contattaci per una consulenza dedicata, oppure chiamaci al +39 039 28 48 437. Ti aspettiamo!



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Valutare il sovraccarico biomeccanico: la metodologia check-list OCRA
15/02/2024

Come alcuni tra i nostri lettori di vecchia data ricorderanno a maggio 2023 abbiamo condiviso con voi la notizia della recente pubblicazione terzo volume INAIL di schede per la valutazione del rischio di sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: tali schede hanno l’obiettivo di migliorare l’approccio alla valutazione di questo specifico rischio, che rappresenta una delle più diffuse cause di malattia professionale.

 

Se l’articolo dello scorso anno (che trovate QUI) si soffermava sui compiti trattati nelle singole schede e i contenuti da esse riportati, oggi ci soffermiamo invece su una delle metodologie utilizzate per valutare tali compiti: la check list OCRA derivata dal metodo OCRA Index (Occupational Ripetitive Action Index) e riportata dalla norma tecnica UNI ISO 11228-3:2009, poi integrata dalla ISO/TR 12295:2014.

 

Rispetto ad altre metodologie, la check list OCRA è considerata un riferimento internazionale in quanto tiene conto di tutti i fattori correlabili al sovraccarico biomeccanico degli arti superiori evidenziati dalla letteratura di settore. Nello specifico, considera i seguenti fattori di rischio:

ü  carenza di periodi di recupero;

ü  frequenza di azione;

ü  applicazione di forza;

ü  assunzione di posture incongrue e/o presenza di stereotipia;

ü  fattori complementari, come vibrazioni meccaniche al sistema mano-braccio, esposizione a basse temperature, effettuazione di lavori di precisione, ecc.

 

Inoltre specifica che, per rendere confrontabili le stime valutative ottenute e facilitarne l’utilizzo, sono state considerate le seguenti modalità operative:

ü  operatore destrimane;

ü  svolgimento del compito in esame per una giornata lavorativa di 8 ore;

ü  presenza di 2 pause da 10 minuti ciascuna – la prima inserita a metà mattinata e la seconda a metà pomeriggio – in aggiunta alla pausa mensa, che è comunque esterna all’orario di lavoro.

 

Si sottolinea poi come i risultati stimati siano riferibili alle specifiche caratteristiche descritte per ciascun compito: layout, macchinari e attrezzature utilizzate, organizzazione del lavoro, ciclo di lavoro, etc. Per questo motivo, per un corretto utilizzo dei dati illustrati nelle schede è necessario tener conto delle particolarità di ogni singola realtà lavorativa esaminata.

 

Ulteriori vantaggi della metodologia check list OCRA sono:

ü  fornisce una previsione dell’insorgenza di disordini muscolo-scheletrici lavoro-correlati degli arti superiori (UL-WMSD) nella popolazione lavorativa;

ü  ai fini della stima del rischio, prende in esame anche la durata netta giornaliera del lavoro ripetitivo;

ü  offre la possibilità di progettare preventivamente una postazione di lavoro e un metodo di lavoro che possa al meglio tutelare la salute del lavoratore.

 

Il valore ottenuto dall’applicazione di tale metodologia corrisponde poi a una delle fasce di rischio riportate nella seguente tabella del documento.


 

Per approfondimenti in merito alla metodologia check list OCRA di analisi del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nei compiti sulle schede INAIL, al link qui sotto potete scaricare gratuitamente la versione integrale del terzo volume INAIL fin qui analizzato. Buona lettura!



- “Schede di rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nei comparti della piccola industria, dell’artigianato e dell’agricoltura – Volume III”, INAIL, Febbraio 2023.
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Come valutare la qualità dell’aria nei luoghi di lavoro
25/01/2024

Ormai sappiamo bene che la presenza di condizioni ambientali non ottimali può interferire negativamente con le attività lavorative, portando a maggiori distrazioni, rallentamenti, errori e quindi incidenti. Anche se può sembrare banale o scontato, tra i vari fattori che concorrono a definire la qualità di ambiente di lavoro quello dell'aria respirata è fondamentale, in quanto influisce ampiamente sul benessere e la produttività dei lavoratori.  

 

Ed è con queste premesse che nasce la recente pubblicazione dell'Inail intitolata "La valutazione della qualità dell'aria nei luoghi di lavoro. Benessere, performance", il cui scopo è fornire una valida sintesi delle conoscenze e della legislazione attuale in materia, in modo da agevolare le aziende nella valutazione di questo aspetto all’interno dei loro ambienti lavorativi.

 

Valutare la qualità dell'aria nei luoghi di lavoro è infatti una sfida complessa, poiché l’aria presenta molte e diverse sostanze al suo interno, provenienti sia dalla respirazione umana che da materiali o agenti esterni. Ciò comporta la necessità di adottare approcci e metodologie specifiche per una corretta valutazione.

 

In particolare, il Documento si concentra principalmente su un approccio prestazionale – ovvero basato sulla misurazione delle concentrazioni di inquinanti – piuttosto che su quello prescrittivo, basato sulla portata d’aria immessa nell’ambiente. Questa scelta è legata al fatto che, sebbene la ventilazione di un ambiente sia importante per evitare il ristagno di sostanze dannose nell’aria, da sola non rappresenta l’approccio più coerente per valutare la qualità dell’aria in un ambiente e i rischi per la salute che ne derivano.

 

Dal punto di vista legislativo, il documento rimanda all’Allegato IV del D.Lgs. 81/2008, che contiene indicazioni riguardo alla valutazione della qualità dell'aria. In particolare, dice che:

 

1.     Nei luoghi di lavoro chiusi sia garantita un'aria salubre in quantità sufficiente, anche attraverso impianti di areazione, che devono essere sempre mantenuti funzionanti, periodicamente controllati e sottoposti a pulizia e sanificazione per tutelare la salute dei lavoratori;

 

2.     Devono essere evitati flussi d'aria fastidiosi per i lavoratori e deve essere eliminata rapidamente qualsiasi sporcizia che possa rappresentare un pericolo per la salute;

 

3.     La valutazione della qualità dell'aria deve essere inserita nel documento di valutazione dei rischi per la salute e sicurezza (DVR) e devono essere indicati tutti gli elementi rilevanti: la data della valutazione, i dati del personale qualificato che ha effettuato la valutazione, i dati del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza consultato, i risultati delle misurazioni eseguite e le misure tecniche e organizzative da adottare per eliminare o ridurre eventuali disagi;

 

4.     La relazione tecnica va conservata dall'azienda e resa disponibile agli organi di vigilanza.

 

Il documento Inail fornisce infine informazioni sulle legislazioni e le normative tecniche degli altri Paesi europei, offrendo una panoramica più ampia sul tema.

 

Se vuoi approfondire l’argomento, qui sotto trovi la versione integrale del documento in questione, che come sempre è scaricabile gratuitamente. Buona lettura!  



- "La valutazione della qualità dell'aria nei luoghi di lavoro. Benessere, performance" - Inail: direzione regionale Campania, 2023.
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Emissioni di gas serra in calo: a che punto siamo con gli obiettivi 2030?
11/01/2024

Per alleggerire il rientro dalle feste e iniziare con il piede giusto, mtm news inaugura l'anno con una buona notizia: stando al rapporto "Trends and Projections" dell'AEA (Agenzia Europea per l'Ambiente) lo scorso ottobre 2023, le emissioni di gas serra dell'Unione Europea nel 2022 hanno registrato una riduzione del 2% rispetto all'anno precedente.  Se si esclude qualche picco legato alla ripresa post-pandemica, questo dato conferma la tendenza verso una progressiva riduzione delle emissioni, che registrano un -24% rispetto al 2005 e un -30% rispetto al 1990.

 

È quindi evidente che l’UE e i suoi Stati membri stanno lavorando sodo per procedere in direzione della sostenibilità ambientale, anche in virtù dell'implementazione del pacchetto "Fit for 55" - un insieme di proposte e iniziative volte a rivedere e aggiornare la legislazione dell'UE al fine di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto al 1990, avvicinando così l'Unione agli obiettivi per il decennio.

 

Sebbene questi progressi siano molto incoraggianti, il rapporto evidenzia anche che gli sforzi devono almeno raddoppiare per raggiungere l'obiettivo entro il 2030: l'UE dovrà infatti accelerare il ritmo di riduzione annuale delle emissioni di gas serra, in particolare nei settori del trasporto stradale, dell'edilizia, dell'agricoltura, dei rifiuti e delle piccole industrie. Inoltre, dovranno accelerare anche la riduzione del consumo energetico e la sua percentuale di provenienza da fonti rinnovabili.

 

Il rapporto sottolinea anche che al momento esiste un divario significativo tra gli obiettivi climatici preposti dall'UE e le politiche attualmente in atto al suo interno. Tuttavia, gli stati membri stanno progressivamente aggiornando e rendendo più incisivi i loro piani nazionali per l'energia e il clima, il che combinato con l'attuazione delle misure a livello UE si spera porti a un’accelerata verso gli obiettivi del decennio. 

 

In conclusione, sebbene le emissioni di gas serra dell'UE abbiano registrato una riduzione, occorrono ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi del 2030. L'UE e i suoi Stati membri devono accelerare l'azione e adottare politiche più forti per raggiungere la neutralità climatica e affrontare efficacemente il cambiamento climatico.

 

Se vuoi avere maggiori dettagli sui dati fin qui citati, al link qui sotto puoi scaricare gratuitamente il rapporto completo in lingua originale. Buona lettura!



- "Trends and projections in Europe 2023", European Environment Agency, 2023.
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Aggiornamento Testo Unico 81/2008: le novità di Novembre 2023
14/12/2023

Come noto, il D.Lgs. 81/2008 è detto anche “Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, poiché unifica e raccoglie tutte le norme vigenti per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Nel corso degli anni, MTM news ha spesso fatto riferimento al Testo Unico nei suoi articoli per approfondire argomenti legati alla salute e sicurezza sul lavoro.

 

Tuttavia, l'articolo di oggi non riguarda un rischio lavorativo specifico, ma si occupa delle novità introdotte nel Testo Unico con l'ultimo aggiornamento di novembre 2023, curato dal Dott. Ing. Gianfranco Amato (ITL Verona) e dal Dott. Ing. Fernando Di Fiore (ATS Pavia).

 

Prima di procedere ad elencare tali novità nel dettaglio ricordiamo che, anche se si tratta di un aggiornamento che di per sé non riveste carattere di ufficialità, questo documento risulta utilissimo per chi opera nella sicurezza sul lavoro, poiché fornisce una versione chiara e recente del Testo Unico alla luce di tutte le normative che nel corso del tempo lo hanno modificato e integrato.

 

L’aggiornamento in questione comprende non solo correzioni di errori e refusi, ma anche l’inserimento di nuove disposizioni normative. Nello specifico:

 

·        Sono stati inseriti i 3 decreti legislativi del 1999 riguardanti la sicurezza e la salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili e delle navi da pesca, così come la salute e sicurezza degli operatori nei servizi portuali (D.lgs. 27 luglio 1999 n. 271 e n.272, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298);

 

·        Sono state introdotte le disposizioni sulle procedure semplificate per l'organizzazione e la gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese (DM 13 febbraio 2014, art. 30, comma 5-bis);

 

·        Sono state inserite le indicazioni per la gestione e l'aggiornamento telematico dei registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici (Circolare INAL n. 43 del 12/10/2017);

 

·        È stata inserita la nota INL del Luglio 2023, prot. 4817 relativa all'abilitazione alla conduzione dei generatori di vapore, che fornisce indicazioni sui requisiti per l'ammissione agli esami e le modalità di svolgimento delle prove, anche telematiche.  

 

·        È stata inserita la nota INL del Luglio 2023, prot. 5291 relativa alle richieste di integrazione salariale per eventi meteo e temperature elevate.

 

·        È stato aggiornato l’elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro all’ultimo (n.43) adottato, con Decreto Direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 123 del 24 ottobre 2023.

 

·        È stata inserita la modifica all’art. 6 del DM 1/09/2021 in merito alla proroga per la qualifica dei tecnici manutentori antincendio operata dal d.m. del 31/08/2023.

 

·        È stata inserita la rivalutazione delle sanzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che incrementano del 15,9% tutte le ammende per violazioni commesse a partire dal 6 ottobre 2023 (Decreto Direttoriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 111 del 20/09/2023). l'incremento non si applica alle "somme aggiuntive" che occorre versare ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, previste per contrastare il lavoro irregolare e tutelare la salute e la sicurezza, poiché non costituiscono «propriamente sanzione» (Circolare INL del 22 giugno 2018, prot. n. 314).

 

Sono disponibili ulteriori informazioni e approfondimenti all'interno del documento completo, che come sempre disponibile gratuitamente al link qui sotto.

 

Con questo ultimo articolo dell’anno mtm news vi dà appuntamento a giovedì 11 gennaio per un altro anno di informazioni e novità di settore. Buona lettura e buone feste!



- "D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Testo coordinato con il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 – versione novembre 2023"
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Esposizione occupazionale al benzene: nuova direttiva cancerogeni e monitoraggio biologico
23/11/2023

Il benzene è un idrocarburo aromatico volatile, prodotto dalla combustione di sostanze organiche e presente anche nel petrolio, nella benzina e nel fumo di tabacco. Viene principalmente assorbito per inalazione o contatto cutaneo ed è metabolizzato dal fegato. Il benzene è noto per le sue proprietà solventi ed è stato ampiamente utilizzato nell'industria fino a quando la sua tossicità e cancerogenicità sono state accertate. Una volta classificato come sostanza cancerogena, le normative sempre più stringenti ne hanno ridotto l’impiego.

 

La nuova normativa UE in Italia

 

La recente direttiva UE 2022/431 - recepita in Italia dal 2024 - tra le altre cose riduce i valori limite di esposizione occupazionale al benzene, introducendo valori limite di esposizione occupazionale che non potranno superare gli 0,2 ppm. Tale abbassamento della soglia richiederà una più accurata valutazione del rischio espositivo e una corretta metodica per il monitoraggio biologico, che non sempre possono essere adattate in tempi brevi, motivo per cui si prevedono valori limite transitori fino al 2026.

 

Cos'è il monitoraggio biologico?

 

Basato sulla misura di biomarcatori nelle urine, Il monitoraggio biologico è uno strumento complementare al monitoraggio ambientale per valutare l'esposizione al benzene. Tra i biomarcatori utilizzati per il benzene si trovano l'acido S-fenilmercapturico (SPMA) e l'acido trans, trans-muconico (t,t-MA), che possono essere misurati usando diverse tecniche analitiche. Tuttavia, pur essendo una pratica fondamentale per evitare la sovraesposizione dei lavoratori al benzene, è bene indicare che la sua standardizzazione presenta ancora qualche sfida, poiché i suoi risultati possono essere parzialmente influenzati da fattori come la variabilità genetica e il fumo di tabacco.

 

Benzene e salute dei lavoratori: le conclusioni

 

La nuova normativa europea sulla protezione dei lavoratori dal benzene richiede un monitoraggio biologico accurato per valutare l'esposizione occupazionale. È importante adottare tecniche analitiche appropriate e adeguate al nuovo limite di esposizione poiché, nonostante le sfide che ancora comporta, il monitoraggio biologico - insieme al monitoraggio ambientale - offre una valutazione completa dell'esposizione essenziale a garantire la sicurezza dei lavoratori.

 

Per approfondire e meglio comprendere l’argomento si consiglia di consultare la documentazione integrale fornita dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell'INAIL da cui è tratto l’articolo, che come sempre trovate scaricabile gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura!



- “ Monitoraggio biologico dell'esposizione occupazionale a benzene e relativo valore limite biologico, alla luce della nuova direttiva cancerogeni UE 431/22” - E. Paci, D. Pigini e G. Tranfo, Factsheet edizione, 2023.
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Crescere la consapevolezza della dimensione sociale della sostenibilità
09/11/2023

Oggi sempre più persone stanno prendendo coscienza dell'importanza della sostenibilità, che non riguarda più solo l'ambiente, ma anche l'economia e l'intera dimensione sociale. La sostenibilità sociale risulta infatti essere centrale per gli italiani: questa è una delle principali conclusioni di una ricerca promossa da Ipsos Italia e presentata durante il World meeting on human fraternity, un incontro ispirato all'Enciclica "Fratelli tutti" organizzato dall'omonima Fondazione il lo scorso 10 giugno.

 

Secondo i dati di questa ricerca, nel nostro Paese l'consapevolezza circa il concetto di "sostenibilità" è in continua crescita: nel 2011, solo il 7% degli italiani conosceva bene il significato di questo termine, mentre nel 2018 la percentuale è salita al 20% e nel 2023 ha raggiunto addirittura il 39%. Si tratta di un risultato significativo, soprattutto se si considera anche che, sempre secondo la ricerca di Ipsos, un altro 39% "conosce discretamente" il concetto, il 17% "lo conosce superficialmente" e solo il 5% dichiara di non conoscerlo affatto.

 

A quale tipo di sostenibilità danno più importanza gli italiani?

 

Sempre secondo Ipsos, la sostenibilità sociale è al primo posto (37%), seguita da quella ambientale (34%) ed infine da quella economica (29%). La gente è dunque consapevole delle disuguaglianze esistenti, come quelle generazionali, territoriali, di genere e di retribuzione e ritengono l’impegno individuale centrale per nel raggiungimento della sostenibilità. In particolare, tra i maggiori sostenitori attivi nell’impegno individuale per la sostenibilità si collocano gli studenti e i giovani, mentre nel resto della popolazione questo impegno risulta più contenuto.

 

Nonostante ciò, la ricerca indica che in molti ritengono che raggiungere gli Obiettivi di sostenibilità fissati per il 2030 sia compito principalmente del settore pubblico e delle aziende.

 

Riconoscere le aziende realmente sostenibili

 

Un altro risultato della ricerca riguarda la difficoltà delle persone nel riconoscere quali aziende siano realmente sostenibili da quelle che invece abbracciano la questione solo superficialmente.  

 

Nel 2022, ancora il 60% degli italiani ha dichiarato di avere difficoltà a comprendere le politiche green di un'azienda. Nonostante il calo di 14 punti percentuali rispetto al 2018, questa percentuale rimane elevata e impedisce alle persone di effettuare scelte sostenibili in modo autonomo.

 

Molte aziende, infatti, sembrano concentrarsi maggiormente sulla narrazione di una sostenibilità che non si traduce in azioni concrete: l'87% delle aziende intervistate ritiene importante comunicare una narrativa sostenibile, ma solo il 68% ritiene importante investire in azioni concrete di sostenibilità. Questo divario del 19% è alla base di fenomeni di greenwashing che confondono i consumatori.

 

La sostenibilità secondo gli italiani: conclusioni

 

In sostanza, dalla ricerca emerge quanto sia fondamentale puntare sull'impegno individuale e collettivo per raggiungere gli Obiettivi al 2030 e una sostenibilità autentica per tutti a tutti i livelli. Tuttavia emerge anche che, sebbene la consapevolezza e il desiderio di agire in modo sostenibile stiano crescendo, sono ancora necessari parecchi sforzi per educare le persone sulle strategie e le politiche sostenibili e per promuovere la trasparenza da parte delle aziende.

 

Come sempre, al link qui sotto è possibile scaricare gratuitamente il testo integrale della ricerca di Ipsos Italia su cui si basa l’articolo. Buona lettura!



- "Fraternità e sostenibilità: le opinioni degli italiani", Ipsos e Fondazione fratelli tutti, 2023.
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Infortuni e malattie professionali: gli open data Inail del primo semestre 2023
26/10/2023

Sappiamo da tempo quanto la sicurezza sul lavoro sia fondamentale per tutelare la salute dei lavoratori e garantire il rispetto delle norme vigenti in materia. Per questo motivo, oltre a discutere di rischi, normative e casi studio, ogni tanto è bene anche trattare il tema del monitoraggio dell'andamento degli infortuni e delle malattie professionali, in modo da avere un quadro generale della situazione sempre aggiornati.

 

Con tali premesse, l’articolo di oggi riguarda la sezione open data del sito dell’Inail, sul quale sono stati recentemente resi pubblici i dati analitici relativi al primo semestre del 2023.

 

Prima di procedere con l’analisi dei dati in sé, è bene ricordare che tali dati sono provvisori e richiedono alcune cautele nell'interpretazione e nel confronto, poiché possono essere influenzati da punte occasionali e dai tempi di trattazione delle pratiche. Sarà dunque necessario osservare un lasso di tempo più ampio per avere una valutazione più accurata dell'andamento degli infortuni sul lavoro.

 

Le denunce di infortunio

 

Le denunce di infortunio presentate nel primo semestre di quest'anno sono state 296.665, registrando un calo del 22,4% rispetto allo stesso periodo del 2022. Nello specifico, il decremento riguarda i casi avvenuti in occasione di lavoro, mentre quelli in itinere – ovvero occorsi nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro – hanno registrato un aumento del 6,0%, da 41.504 a 43.990.

 

I settori che maggiormente impongono questo calo delle denunce di infortunio sono nell’ambito dell’industria e dei servizi (-24,8%) e nei settori Sanità e assistenza sociale (-71,4%) e Pubblica Amministrazione (-61,9%). Si tratta di un calo omogeneo per genere e regione e fascia d’età, ad eccezione di quella under 20, che si pone in controtendenza registrando un +13,1% di denunce di infortunio rispetto allo stesso periodo nel 2022.

 

Questa diminuzione è in controtendenza con i progressivi aumenti registrati nel primo semestre degli anni precedenti ed è in parte attribuibile al minor numero di casi di contagio da Covid-19.

 

I casi mortali

 

Rispetto ai casi mortali, le denunce presentate all'Inail nel primo semestre del 2023 sono state 450, registrando una leggera diminuzione rispetto al periodo gennaio-giugno 2022, che conferma la diminuzione progressiva registrata negli anni precedenti. Anche in questo caso, è importante considerare che i dati sono ancora provvisori e potrebbero subire modifiche durante l'iter amministrativo e sanitario relativo a ogni denuncia.

 

Il calo maggiore ha riguardato l’Agricoltura, che scende da 57 a 47 casi, seguito dal Conto Stato che passa da 18 a 15, mentre nell’Industria e servizi i decessi sono stati 388 in entrambi i periodi.

 

Dall’analisi territoriale emerge un calo omogeneo, ad eccezione del Nord-Ovest, dove si registra un incremento da 120 a 130 casi di infortunio mortale, mentre un’analisi dei dati per genere rivela che il calo registrato è legato solo alla componente femminile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 55 a 34, mentre per quella maschile si registra un aumento, da 408 a 416 casi.

 

Denunce di malattia professionale

 

Per quanto riguarda le denunce di malattia professionale, nel primo semestre del 2023 si registra un aumento del +22,4% rispetto allo stesso periodo del 2022. Questo incremento interessa tutte le aree del Paese, anche se il maggior aumento percentuale è rilevato nel Sud del Paese con un incremento del 29,6%.

 

Le malattie professionali più frequentemente denunciate riguardano il sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, il sistema nervoso e l'orecchio. Seguono i tumori e le patologie del sistema respiratorio.

 

In conclusione, gli open data Inail del primo semestre 2023 offrono un'importante fonte di informazioni sulla sicurezza sul lavoro e numerosi spunti di riflessione sul tema. Tuttavia, ribadiamo che è fondamentale tenere presente che tali dati sono provvisori e potrebbero subire modifiche durante l'iter amministrativo. Pertanto, una valutazione accurata del fenomeno richiede una visione a lungo termine e l'attesa dei dati consolidati dell'intero anno.

 

Nel frattempo, qui sotto trovate il link dal quale è possibile consultare gratuitamente i dati citati nell’articolo e altri dati periodicamente raccolti e resi pubblici dall’Inail in merito alle denunce di infortunio e di malattia professionale. Buona lettura!

 

https://dati.inail.it/opendata/default/Qualidati/index.html" 



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La revisione della EN ISO 10218 e i requisiti di sicurezza per i robot
12/10/2023

Da quasi cinque anni è in corso la revisione della norma EN ISO 10218 in merito ai requisiti di sicurezza per i robot industriali, la cui versione attuale risale al 2011. Lo scopo è quello di adeguarla ai recenti progressi tecnologici e scientifici e migliorare così la valutazione dei rischi.

 

La EN ISO 10218 si divide in 2 parti: la prima parte riguarda i robot industriali, mentre la seconda si concentra su applicazioni come i sistemi di robot e le celle robotizzate. Entrambe le parti sono armonizzate e soddisfano i requisiti essenziali di sicurezza stabiliti dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE.

 

La revisione in corso ha diversi obiettivi:

        Mantenere lo status di norme armonizzate per l'Unione Europea, al fine di soddisfare le richieste dei fabbricanti di robot e degli integratori.

        Correggere errori e tenere conto degli sviluppi tecnologici e scientifici.

        Migliorare i requisiti per le applicazioni collaborative.

        Fornire requisiti flessibili per la sicurezza funzionale in modo da adattarsi ai diversi livelli di rischio delle applicazioni.

 

Nonostante siano passati 5 anni, ad oggi i lavori sono ancora in corso e non è possibile indicare una finestra di tempo per la pubblicazione della revisione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE. L’articolo di oggi vuole quindi essere una raccolta schematica delle principali novità che ad oggi è noto saranno presenti nella nuova versione ed è eccezionalmente privo di documentazione da scaricare. 

 

Le principali novità

 

Con la revisione in corso è inevitabile che entrambe le parti vengano estese e approfondite. A oggi è noto che:

 

  1. Sono stati aggiunti nuovi requisiti che riflettono i requisiti essenziali di sicurezza della direttiva Macchine.

 

  1. Nella seconda parte della norma sono stati inclusi documenti di supporto per la progettazione sicura di organi di presa e punti di carico e scarico manuale dei sistemi robotici.

 

  1. La revisione della norma non dovrebbe imporre un livello preciso di efficienza delle funzioni di sicurezza, che dovrà essere determinato attraverso una valutazione del rischio che tiene conto degli elementi di rischio definiti nella norma ISO 12100 (vedi allegato C).

Questo perché:

        data l'ampia gamma di applicazioni dei robot industriali, non sempre è possibile elencare tutti i rischi e le situazioni pericolose specifici;

        una stessa applicazione può presentare livelli di rischio differenti a seconda della progettazione e della situazione d’impiego.

 

  1. La revisione delle norme include anche nuovi requisiti per la progettazione dei robot, tra cui resistenza meccanica, manipolazione sicura, limitazione della temperatura delle superfici, uso di energia elettrica, pneumatica e idraulica, regolazione del centro utensile e attrezzatura speciale.

 

  1. Un altro aspetto preso in considerazione dalla revisione è la cybersicurezza, in merito alla quale sono richieste misure di protezione specifiche per gestire il rischio derivante dall'accesso non autorizzato al sistema di comando. A tal proposito, la norma fa riferimento alle norme IEC 62443.

 

  1. Sono presenti nuovi requisiti per il sistema di comando e i modi operativi dei robot. A tal proposito la norma stabilisce che:

        deve essere attiva solo una stazione operativa alla volta e i modi operativi devono essere chiaramente descritti.

        sono introdotti requisiti specifici per ogni stazione operativa portatile, come un dispositivo di arresto d'emergenza e un pulsante di consenso a tre livelli.

 

  1. Per quanto riguarda le applicazioni collaborative, con la revisione sono stati rimossi alcuni termini, in quanto non descrivono la modalità del robot e vengono descritte tre funzioni di sicurezza per le applicazioni collaborative: conduzione a mano, monitoraggio di distanza e velocità, e limitazione di forza e pressione.

 

Nota Bene! Alcuni requisiti supplementari del Nuovo Regolamento Macchine in materia di macchine sembra siano inclusi nelle bozze, ma non tutti sono concretizzati, come quelli relativi alla cybersicurezza dell'hardware e all'applicazione dell'IA evolutiva.


In attesa della pubblicazione ufficiale, vi aspettiamo alla prossima



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Nuove tecnologie per la sicurezza nelle segherie
28/09/2023

Le nuove tecnologie basate sull'intelligenza artificiale e la robotica avanzata sono ancora inesplorate per la maggior parte delle aziende produttive, ma offrono l'opportunità di innovare e migliorare la sicurezza sul lavoro in modi unici. La promozione di una cultura dell'innovazione in materia di sicurezza è infatti cruciale per sostenere le aziende che cercano soluzioni innovative per i problemi di sicurezza e salute sul lavoro.

 

Per questo motivo che l'articolo di oggi riprende la serie di casi studio sulle nuove tecnologie pubblicata dall' EU-OSHA, già citata nell'articolo dedicato ai COBOT. Il caso studio preso in esame oggi si intitola “Cognitive and physical automation in a sawmill production line (ID2)” e riguarda l'automazione cognitiva e fisica in una linea di produzione di una segheria e i suoi risvolti per la sicurezza sul lavoro.

 

La segheria in questione ha implementato un sistema robotico avanzato per gestire le tavole difettose nella linea di produzione, che vengono rilevate e rimosse automaticamente grazie a un software basato sull'intelligenza artificiale sviluppato dall'azienda.

 

Il componente che riguarda l’ispezione visiva delle tavole è supervisionato da operatori in una sala di controllo, offrendo i seguenti vantaggi:

 

✓    Riduce la monotonia dell'attività e il carico di lavoro fisico dell'operatore, scongiurando l'insorgere malattie professionali derivanti da movimenti ripetuti o di tipo psicosociale;

✓    offre un ambiente di lavoro protetto dai pericoli senza che il robot renda l'attività umana obsoleta;

✓    la presenza di un sistema di visione automatizzato permette anche a lavoratori con problemi di vista di svolgere la loro attività senza che la prestazione lavorativa e la sicurezza del lavoratore ne risentano.

 

Tuttavia, l'integrazione di queste nuove tecnologie presenta anche dei rischi e delle sfide da considerare, tra cui:

 

✓    la presenza di macchinari pesanti in prossimità dell'area di lavoro, che potrebbe comportare un rischio fisico per i lavoratori;

✓    il rischio per la salute dell'operatore generato da un potenziale malfunzionamento dei sistemi software per la guida e la visione del robot.

 

Nel caso studio in esame, al fine di mitigare questi rischi sono state implementate misure di sicurezza per garantire la protezione dei lavoratori, come ad esempio l'impossibilità di accedere alla zona di lavoro del robot quando è attivo e l'introduzione di alcune barriere fisiche, anche se permangono alcuni rischi residui.

 

In sintesi, le nuove tecnologie nelle segherie offrono opportunità significative per migliorare la sicurezza sul lavoro, ridurre i rischi e promuovere un ambiente di lavoro più sano e produttivo. Tuttavia, è importante affrontare le sfide e i rischi con cautela e adottare un approccio collaborativo che coinvolga aziende, istituzioni e lavoratori per garantire una corretta implementazione e massimizzare i benefici delle nuove tecnologie nel settore delle segherie.

 

Come sempre, al link qui sotto è possibile scaricare gratuitamente il documento del caso studio in esame nella sua versione originale e integrale. Buona lettura!  



- “Cognitive and physical automation in a sawmill production line (ID2)” , Eva Heinold, Federal Institute for Occupational Safety and Health (BAuA), Patricia Helen Rosen, Federal Institute for Occupational Safety and Health (BAuA), Dr Sascha Wischniewski, Federal Institute for Occupational Safety and Health (BAuA), 2023.
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Sicurezza macchine: l’essenziale per la valutazione e riduzione del rischio
14/09/2023

Nel corso degli anni e degli articoli abbiamo più volte ripetuto che la Direttiva Macchine 2006/42/CE richiede ai produttori una valutazione e una riduzione del rischio. Il senso e lo scopo della direttiva è infatti di eliminare i pericoli mediante dispositivi di protezione, in modo da garantire la sicurezza degli utilizzatori.

 

Aspetti come terminologia di base, principi e metodologia per il raggiungimento della sicurezza nella progettazione del macchinario sono poi affidati alla norma EN ISO 12100, che specifica i principi per la valutazione e la riduzione del rischio con l’obiettivo di aiutare i progettisti nel raggiungere l’obiettivo.

 

Dopo la lunga pausa estiva, il team di mtm news vuole inaugurare questa nuova stagione insieme offrendo un ripasso dell’argomento, grazie alla guida compatta pubblicata dal SUVA – l’Istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni. A tal proposito, prima di procedere è bene tenere a mente che, sebbene la guida offra una chiara e semplice panoramica del contenuto della EN ISO 12100, essa non sostituisce in alcun modo la lettura della norma.

 

In questa guida SUVA, la valutazione e la riduzione del rischio vengono schematizzati secondo un metodo a tre stadi che comprende:

 

·        Misure di protezione integrate della progettazione: misure che eliminano i pericoli o riducono i rischi associati mediante una costruzione adeguata della macchina;

 

·        Protezioni e/o misure di protezione complementari:protezioni appropriatamente selezionate e misure di protezione complementari che riducono il rischio quando non è possibile eliminare un pericolo o ridurre sufficientemente il rischio ad esso associato utilizzato misure di protezione integrate nella progettazione;

 

·        Informazioni per l‘uso: se i rischi rimangono nonostante le misure di protezione integrate nella progettazione, le protezioni e l’adozione di misure di protezione complementari, i rischi residui devono essere identificati nelle informazioni per l’uso;

 

La parte verbale della guida SUVA è accompagnata da rappresentazioni schematiche che chiariscono i contenuti, come lo schema che mostra graficamente il processo di valutazione del rischio tramite l'analisi fino alla riduzione del rischio.

 

Come sempre a fondo pagina trovate il link alla guida in questione da scaricare gratuitamente.  

 

E se il ripasso non basta?

Se avete bisogno di conoscenze più approfondite su Direttiva Macchine, Marcatura CE, valutazione e riduzione del rischio, ricordiamo che a novembre torna il corso di formazione Direttiva Macchine e Marcatura CE, con un modulo di aggiornamento frequentabile anche singolarmente relativo al Nuovo Regolamento Macchine 2023/1230 (ti sei perso la novità dell’anno? Trovi il nostro articolo QUI).

 

Per saperne di più contattaci e… Buona lettura!



- "Sicurezza per le macchine: l'essenziale per la riduzione del rischio. Informazioni generali sul contenuto della norma EN ISO 12100" - SUVA, 2019.
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Il Decreto Lavoro 40/2023: novità e modifiche al Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/2008)
27/07/2023

Il 5 maggio 2023 è stato pubblicato il Decreto Lavoro n.48/2023 dal titolo “misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”. Da quel giorno è iniziato l’iter legislativo che ha portato ad alcune revisioni ulteriori e, finalmente, alla pubblicazione della Legge n.85 in data 3 luglio 2023 dal titolo “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro”.

 

Il La legge in questione è strutturata nel seguente modo:

§  Capo I: Nuove misure di inclusione sociale e lavorativa;

§  Capo II: Interventi urgenti in materia di rafforzamento delle regole di sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni, nonché di aggiornamento del sistema di controlli ispettivi;

§  Capo III: Ulteriori interventi urgenti in materia di politiche sociali e di lavoro;

§  Capo IV: Misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale;

§  Capo V: Disposizioni finali;

 

In particolare, l’articolo di oggi si concentra le novità introdotte dal Capo II in materia di salute e sicurezza sul lavoro e le relative modifiche al Testo Unico D.Lgs. n.81/2008. Il Decreto Lavoro 48/2023, così come convertito con Legge 85/2023, contiene infatti diversi provvedimenti volti a migliorare la salute e ridurre gli infortuni  sui luoghi di lavoro.

 

Senza pretese di esaustività, di seguito sono quindi elencate le principali novità introdotte dal Decreto Lavoro in materia di salute e sicurezza sul lavoro:

 

ü  Il medico competente è tenuto a richiedere al lavoratore la cartella sanitaria rilasciata dal precedente datore di lavoro in occasione delle visite di assunzione e a tenerne conto ai fini della formulazione del giudizio di idoneità;

 

ü  Il medico competente è tenuto ad indicare un sostituto in caso di impedimento grave e per motivate ragioni;

ü  Il datore di lavoro è tenuto a nominare il medico competente se richiesto dalla valutazione dei rischi, anche se non rientra tra i casi previsti dal D.Lgs.81, all’art. 41;  

 

ü  E’ previsto l’obbligo di formazione specifica in capo al datore di lavoro nel caso di utilizzo di attrezzature di lavoro per attività professionali, con conseguenti sanzioni in caso di inosservanza.

 

ü  Sono estese ai lavoratori autonomi di alcune misure di tutela previste nei cantieri;

 

ü  Viene rafforzata l’obbligatorietà di formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti grazie ad un più attento controllo e monitoraggio dell’applicazione degli accordi in materia di formazione da parte dei soggetti erogatori e dei destinatari.  

 

ü  I noleggiatori e i concedenti in uso di attrezzature hanno l’obbligo di acquisire e conservare una dichiarazione auto-certificativa dell’avvenuta formazione e addestramento specifico dei soggetti individuati per l’utilizzo.

 

ü  Sono definite disposizioni specifiche in materia di condivisione dei dati per il rafforzamento della programmazione dell’attività ispettiva e di vigilanza nella Regione siciliana e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

ü  Si aggiungono nuove prescrizioni per le aziende ospitanti percorsi di alternanza scuola-lavoro. In particolare:

®     le attività svolte dovranno essere coerenti con il percorso di studi dello studente

®     potranno partecipare solo imprese iscritte all’apposito registro istituito presso il Ministero dell’Istruzione

®     le imprese saranno tenute ad aggiornare la propria DVR includendo misure di sicurezza e DPI specifici per l’inserimento di studenti nel contesto lavorativo.

®     Viene istituito il fondo per i familiari degli studenti vittime di infortuni in occasione delle attività formative.

 

Per maggiori approfondimenti o chiarimenti in riferimento a tali novità si rimanda al testo integrale del Decreto Lavoro 48/2023 così come convertito con Legge 85/2023 - che come sempre potete scaricare gratuitamente al link qui sotto – oppure non esitate a contattarci per un consulto mirato e professionale.

 

Cogliamo infine l’occasione per ricordarvi che la pubblicazione di mtm news è sospesa per il mese di Agosto e che gli uffici di mtm consulting srl resteranno chiusi dal 7 al 18 agosto 2023 compresi.

 

Buona lettura e buone vacanze!



- TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 4 maggio 2023, n. 48
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Nuovo Regolamento Macchine dell’Unione Europea (Reg. UE 2023/1230): entrata in vigore e principali novità
13/07/2023

Dopo anni dalla pubblicazione della prima bozza ufficiale, il 29 Giugno 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Nuovo Regolamento Macchine 2023/1230, che andrà a sostituire l’attuale Direttiva Macchine 2006/42/CE.

 

Già dal suo stesso nome, questo nuovo atto legislativo introduce delle novità: essendo un regolamento, non necessita di essere recepito dai singoli stati dell'Unione, assicurando così una rapida e uniforme attuazione e una maggiore certezza del diritto.

 

Per quanto riguarda invece l’entrata in vigore, anche se mancano più di 3 anni, è bene iniziare a comprendere le principali novità introdotte dal Regolamento fin da subito, poiché con la sua pubblicazione è già iniziata una complessa fase di transizione che investirà tutto il settore delle macchine, attrezzature e impianti industriali in Unione Europea.

 

Tuttavia, a differenza di quanto avviene per la Marcatura UKCA, il periodo di transizione non prevede alcuna sovrapposizione normativa:

 

fino al 19 gennaio 2027, le macchine dovranno essere conformi ai requisiti della Direttiva 2006/42/CE e dichiarate conformi a tale direttiva: non sarà possibile applicare il Regolamento UE 2023/1230 né emettere dichiarazioni di conformità UE ai sensi di tale regolamento;

 

a partire dal 20 gennaio 2027 invece, le macchine, vendute oppure messe in servizio nell’Unione Europea dovranno obbligatoriamente essere conformi al Regolamento 2023/1230 ed accompagnate da una dichiarazione di conformità UE ai sensi di tale regolamento. In questa data la Direttiva 2006/42/CE sarà quindi abrogata e tutta la documentazione prodotta ai sensi di tale direttiva non sarà più utile a dichiarare la conformità delle macchine vendute o messe in servizio a partire dal 20 gennaio 2027. 

 

Ciononostante, alcune parti del Regolamento entreranno in vigore prima del 20 gennaio 2027.

Nello specifico, la versione rettificata in data 4 Luglio 2023 dell’articolo 45 del Regolamento stabilisce che:

 

a)       gli articoli da 26 a 42 si applicano a decorrere dal 20 gennaio 2024;

b)      l'articolo 50, paragrafo 1, si applica a decorrere dal 20 ottobre 2026;

c)       l'articolo 6, paragrafo 7, e gli articoli 48 e 52 si applicano a decorrere dal 19 luglio 2023;

d)      l'articolo 6, paragrafi da 2 a 6, paragrafo 8 e paragrafo 11, l'articolo 47 e   l'articolo 53, paragrafo 3, si applicano a decorrere dal 20 luglio 2024.

 

Di seguito riportiamo alcune informazioni relative alle principali novità presenti nel Regolamento Macchine 2023/1230 rispetto all'attuale Direttiva Macchine 2006/42/CE, che avremo cura di monitorare e approfondire più nel dettaglio nel corso del tempo:

 

1) Il Regolamento si applica anche alle modifiche sostanziali apportate a un prodotto dopo che è stato immesso sul mercato, se tali modifiche influiscono sulla sicurezza.

 

2) Vengono introdotte le figure dell'importatore e del distributore, che hanno responsabilità specifiche per garantire la conformità del prodotto.

 

3) I componenti di sicurezza, inclusi i componenti digitali come il software, rientrano nel campo di applicazione del regolamento e devono essere marcati CE.

 

4) Le informazioni e la documentazione devono essere facilmente comprensibili per gli utilizzatori e le autorità di sorveglianza, e ogni Stato membro deve definire la lingua in cui devono essere fornite.

 

5) Le istruzioni per l’uso e relativi allegati può essere fornita in formato digitale, ma deve essere accessibile, stampabile e scaricabile per l'utente finale.

 

6) Il Regolamento si applica anche ai sistemi che utilizzano l'intelligenza artificiale, considerando l'impatto sulla sicurezza delle macchine.

 

7) Vengono introdotte disposizioni specifiche per le macchine mobili autonome, come gli AGV (automated guided vehicle), per garantire la sicurezza nelle applicazioni collaborative con esseri umani.

 

8) Si pone maggiore attenzione alla cybersicurezza, richiedendo che i circuiti di comando siano progettati per prevenire attacchi malevoli.

 

9) La dichiarazione CE di conformità è sostituita da una dichiarazione di conformità UE, che comprende tutti gli atti dell'Unione europea applicabili a un prodotto.

 

10) L'elenco dei prodotti ad alto rischio (ex allegato IV della precedente Direttiva) diventa l'allegato I del Regolamento, comprendendo anche quei componenti di sicurezza e quelle macchine contenenti sistemi con comportamento auto-evolutivo.

 

11) Per alcune categorie di prodotto, sarà sempre necessaria l'assistenza di un organismo notificato per il controllo della conformità, a prescindere dal rischio implicato.

 

12) I singoli Stati Membri stabiliscono le norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazione del presente regolamento da parte degli operatori economici e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’attuazione. Entro il 20 ottobre 2026 gli Stati membri notificano tali norme e tali provvedimenti della commissione. 

 

In mtm consulting srl siamo già all’opera per analizzare nel dettaglio l’intero Regolamento, in modo da potervi fornire una consulenza con lo stesso livello di accuratezza di sempre e aiutarvi ad affrontare questa nuova fase transitoria in tutta tranquillità.

 

Nel frattempo, come sempre al link qui sotto è possibile scaricare gratuitamente la versione integrale in italiano del Nuovo Regolamento Macchine 2023/1230. Buona lettura!



- Regolamento Macchine dell'Unione Europea Reg.UE 2023/1230, 29 Giugno 2023 (versione in italiano).
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Come gestire la salute e sicurezza dei lavoratori con i robot collaborativi?
29/06/2023

Il continuo e rapido mutamento tecnologico degli ultimi decenni ha visto la comparsa di nuovi strumenti e sistemi di produzione che, assieme a numerosi vantaggi sotto molteplici punti di vista, hanno inevitabilmente generato nuovi rischi negli ambienti lavorativi e, di conseguenza, anche nuove sfide per la gestione della salute e la sicurezza dei lavoratori.

 

Tra questi troviamo i robot collaborativi (o più brevemente cobot), robot industriali concepiti e progettati per lavorare insieme all'uomo senza barriere di protezione o altri elementi fisici di separazione.

 

Già da questa prima definizione emerge chiaramente la portata delle sfide che l’introduzione dei cobot negli ambienti di lavoro porta con sé in termini di sicurezza sul lavoro. Ed è proprio per mettere meglio a fuoco le opportunità, le novità e le difficoltà di questi cambiamenti che l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (o più brevemente EU-OSHA) ha pubblicato diversi documenti e casi studio, tra cui “Collaborative robot lifting parts in an automotive and industrial supplier (ID1)” (in italiano “Robot collaborativo che solleva componenti presso un fornitore del settore automobilistico e industriale”), a cura di Eva Heinold, Patricia Helen Rosen e Sascha Wischniewski.

 

Il documento si riferisce a quanto accede in un’impresa slovena specializzata nel settore delle tecnologie automobilistiche e industriali, dove gli operai sono stati affiancati da un robot collaborativo in compiti di sollevamento e spostamento di componenti tra le postazioni di lavoro.

 

SSL e COBOT: i benefici

 

Il documento mostra che l’applicazione pratica di sistemi basati sulla robotica collaborativa e sull’intelligenza artificiale ha vari vantaggi sotto molteplici punti di vista. Tra questi, il beneficio più importante derivante dall’introduzione di cobot è la riduzione del carico di lavoro fisico dei lavoratori e, in particolare, dei movimenti ripetitivi per gli operai. Nel lungo periodo ciò porta infatti a:

 

ü  la riduzione delle lesioni da sforzo nei lavoratori, in particolare quelle a carico di spalle, braccia, dita e schiena;

ü  la possibilità dei lavoratori di ricoprire ruoli con una maggiore varietà di compiti nella loro attività, generando maggiore benessere fisico e mentale;

ü  la riduzione delle attività lavorative ad alto rischio di incidenti e lesioni fisiche.

 

SSL e COBOT: le sfide 

 

L’introduzione dei cobot nell’ambiente lavorativo può comportare anche alcune difficoltà. In particolare, le prime criticità già note da tempo riguardano:

 

ü  i rischi fisici derivanti da un uso improprio del cobot;

ü  la paura dei lavoratori di essere sostituiti dai cobot e perdere il lavoro;

ü  l’aumento di rischi legati alla sicurezza informatica dell’azienda, fondamentale soprattutto quando si tratta di robot produttivi interconnessi; 

 

Si tratta di questioni molto ampie e variabili di caso in caso, sia nell’entità che nella soluzione. Per questo motivo lasciamo l’approfondimento di questo aspetto alla lettura integrale del documento. Quello che è bene segnalare sono invece le conseguenze impreviste che sono emerse nel corso dell’analisi del caso specifico in questione.

 

Il Documento riporta infatti che, a seguito dell’implementazione dei cobot:

 

ü  ci sono lavoratori che hanno continuato a svolgere compiti sempre fisici ma più disgiunti, il che ha aumentato il loro carico di lavoro complessivo e facendo quindi venire meno i vantaggi auspicati in materia di salute fisica e mentale;

 

ü  alcuni lavoratori hanno riscontrato un peggioramento delle condizioni lavorative dal punto di vista sociale, poiché la modifica delle loro mansioni originarie ha ridotto la loro possibilità di interazione con altri colleghi.

 

A tal proposito è bene ricordare che, come tutti i percorsi di innovazione, quello verso l’automazione produttiva è inevitabilmente lastricato da ostacoli ed errori, che possono essere risolti solo grazie al monitoraggio continuo degli sviluppi e all’attenta valutazione delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori. 

 

Il caso studio precisa infine che i rischi e le opportunità introdotti dall’uso dei cobot in materia di sicurezza sul lavoro sono state comunicate agli operatori attraverso specifici programmi di istruzione e formazione e che qualsiasi cambiamento o modifica al cobot è stato comunicato immediatamente dopo l'implementazione.

 

In attesa del prossimo articolo ti lasciamo alla lettura integrale del documento fin qui analizzato, che come sempre puoi scaricare gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura! 



- “Collaborative robot lifting parts in an automotive and industrial supplier (ID1)” - Eva Heinold, Patricia Helen Rosen, Sascha Wischniewski - EU-OSHA, 2023.
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Esplosioni da polvere: rischio, prevenzione e protezione
25/05/2023

Come purtroppo molti incidenti ci hanno mostrato negli anni, ogni materiale disperso in aria sotto forma di polvere può provocare, in presenza di un innesco, un’ esplosione.

 

Questa potenziale esplodibilità è riscontrabile sia in sostanze che la normativa classifica come pericolose – polvere di alluminio e altri metalli, preparati farmaceutici, ecc. – sia in altre sostanze di per sé non considerate esplosive, come ad esempio farina, granaglie, latte in polvere, zucchero e polvere di legno. Questo perché a differenza dei gas e dei vapori, il grado di esplosività delle polveri non dipende solo dalle sue caratteristiche chimico-fisiche, ma anche da altre condizioni al contorno, come granulometria, umidità e grado della dispersione in aria.

 

Un’utile punto di partenza per conoscere meglio il rischio di esplosione delle polveri è il documento scritto da Arpa Piemonte nel 2015 ed intitolato “La prevenzione delle esplosioni da polvere. Caso studio: le attività molitorie”. 

 

Pur essendo un documento un po’ datato, risulta ancora essere uno strumento valido e utile ai datori di lavoro per verificare la completezza della valutazione del rischio di esplosione nei propri ambienti lavorativi e l’adeguatezza dei propri impianti.

 

Tale documento si compone di due parti:

 

·        La prima parte ha un carattere più generale e fornisce la metodologia per valutare correttamente il rischio esplosione da polvere: individuazione delle sorgenti di emissione, classificazione delle aree con pericolo di esplosione, sorgenti di innesco, misure di prevenzione e protezione etc.

 

·        La seconda parte affronta invece il caso studio delle attività molitorie ed è completa di approfondimenti e liste di controllo su aspetti documentali, procedurali e tecnici utili alla prevenzione e protezione in tale contesto.

 

Con queste premesse, di seguito ci soffermiamo su alcuni aspetti generali della prevenzione del rischio esplosione. A livello tecnico, nel documento si indica che per evitare gli effetti pericolosi della concomitanza di un’ atmosfera esplosiva ed una sorgente di innesco efficace, il datore di lavoro deve mettere in atto principi di prevenzione e protezione.

 

Per quanto riguarda la prevenzione, l’obiettivo è quello di evitare il più possibile la formazione di atmosfere esplosive e di qualsiasi sorgente di innesco attiva possibile. Tra le forme di prevenzione citate dal documento troviamo:

 

·        Sostituire quando possibile le sostanze infiammabili o combustibili con altre che non presentano tali caratteristiche di pericolo o che non sono in grado di formare atmosfere esplosive (come ad esempio sostituire il materiale polveroso fine con uno granulare meno fine).

·        Inertizzare quando possibile tali polveri attraverso polveri inerti compatibili

 

Per quanto riguarda invece le forme di protezione dalle esplosioni da polvere, lo scopo è quello di limitare gli effetti delle eventuali esplosioni ad un livello accettabile. A tal proposito citiamo alcune pratiche utili a titolo esemplificativo:

 

·        Un’attenta manutenzione degli impianti per garantire l’integrità degli elementi da cui si possono verificare le emissioni di sostanze pericolose;

·        La gestione dell’approvvigionamento delle polveri secondo criteri di sicurezza, in modo da evitarne l’accumulo e impedire quindi la che si disperda in aria in dosi massicce, aumentando il rischio di esplosione.

 

Infine, il documento specifica che la progettazione delle misure di prevenzione e protezione dall’esplosione da polveri deve considerare non solo il funzionamento normale (compreso di avviamento e arresto), ma anche le possibili disfunzioni tecniche dell’impianto e l’eventuale uso improprio prevedibile.

 

Per maggiori dettagli in merito al rischio di esplosione da polvere e alle misure di prevenzione e protezione da adottare per gestirlo si rimanda alla lettura integrale del documento fin qui analizzato, che come sempre è scaricabile gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura!



- La prevenzione delle esplosioni da polvere. Caso studio: le attività molitorie”, Arpa Piemonte, 2015.
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Valutare il sovraccarico degli arti superiori nella piccola industria: le nuove schede INAIL
11/05/2023

Come è stato sottolineato dalla campagna “Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!” promossa dall’EU-OSHA, i disturbi muscoloscheletrici – e dunque anche i problemi derivanti dal sovraccarico biomeccanico degli arti superiori – sono tra le più diffuse cause di malattia professionale.

 

>>> Vuoi saperne di più? Clicca QUI per leggere l’articolo che mtm news ha dedicato all’argomento!

 

Risulta quindi fondamentale effettuare una corretta valutazione dei rischi che identifichi le giuste modalità e pratiche di gestione e prevenzione, anche se la trasversalità di questo rischio in ambito professionale spesso rende questo compito tutt’altro che semplice.

 

Per questo motivo, dopo il successo dei primi due volumi pubblicati nel 2012 e 2014, nel febbraio di quest’anno l’INAIL ha pubblicato il terzo volume di una raccolta di oltre 60 schede e monografie utili allo scopo, che prende il nome di “Schede di rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nei comparti della piccola industria, dell’artigianato e dell’agricoltura – Volume III”.  

 

L’obiettivo di questo progetto decennale è definire sempre meglio e mantenere aggiornata nel tempo una best practice per valutare tale rischio nel modo più omogeneo e corretto possibile, fornendo sia indicazioni generali sia accorgimenti legati a specifiche mansioni e attività in ambito industriale, artigianale e agricolo.

 

In particolare, per ciascun compito preso in esame è stata elaborata una scheda di rischio sintetica composta da:

·        Nome del compito e relativo codice ateco di riferimento

·        Descrizione testuale e immagine del compito, completa di indicazione di eventuali macchinari/attrezzature necessarie al suo svolgimento;

·        Stima del rischio da sovraccarico biomeccanico per gli arti superiori destro e sinistro, effettuata tramite il metodo valutativo check list OCRA, validato internazionalmente;

·        Proposta di alcuni possibili interventi di prevenzione e protezione attuabili;

·        Ipotesi di alcuni possibili scenari lavorativi correlati e relativa valutazione.

 

Inoltre a differenza dei volumi precedenti nelle schede sono presenti anche indicazioni tratte dalle norme e dalle pubblicazioni tecniche, che facilitano la valutazione di alcuni fattori di rischio e/o danno suggerimenti per una più adeguata valutazione del rischio.

 

Per informazioni più dettagliate sul rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nel singolo compito rimandiamo alla lettura integrale del documento in questione, che come sempre è scaricabile gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura!



- “Schede di rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nei comparti della piccola industria, dell’artigianato e dell’agricoltura – Volume III”, INAIL, Febbraio 2023.
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Rischio rumore: normativa e valutazione
27/04/2023

Il D.Lgs. 81/2008 (ovvero il testo unico per la sicurezza sul lavoro) prevede un ruolo forte di Regioni e Province Autonome per l’attuazione della legge, anche attraverso l’elaborazione di documentazione e linee di indirizzo.

 

A tal proposito, uno dei documenti regionali che in questi anni hanno avuto un maggiore impatto sulla prevenzione nei luoghi di lavoro è quello dal titolo “Indicazioni operative per la prevenzione del rischio da Agenti Fisici ai sensi del D.Lgs. 81/08”: si tratta di uno strumento operativo redatto sotto forma di domande e risposte, il che lo rende di agevole consultazione.

 

In questo quadro, l’articolo di oggi fa particolare riferimento alla sezione 4 del documento, relativa al rischio rumore. 

 

Rischio rumore: cosa preveniamo?

 

Per valutare il rischio rumore in ambiente di lavoro è In primo luogo necessario avere chiari i rischi da prevenire, poiché i criteri valutativi da applicare variano in funzione del tipo di rischio da prevenire. In particolare, i rischi legati all’esposizione al rumore si dividono in:

 

1)      Rischi per la salute, che comprendono:

·        effetti uditivi, come ad esempio la perdita dell’udito:

·      effetti extrauditivi, che comprendono effetti fisiopatologici da stress (apparato endocrino, cardiovascolare etc.), effetti psicologici e comportamentali ed altre condizioni e patrologie direttamente o indirettamente correlate all’esposizione al rumore in ambiente di lavoro.

 

2)      Rischi per la sicurezza, come ad esempio:

·     segnali di allarme e/o avvisi non udibili a causa dell’elevato rumore di fondo;

·  affaticamento nelle attività eseguite con incremento del rischio incidenti e infortuni.

 

E’ inoltre necessario tenere da conto l’eventuale presenza di gruppi o soggetti particolarmente vulnerabili (minori, anziani, ammalati, persone con patologie uditive, donne in gravidanza ed allattamento e soggetti iperacusici – sindrome dello spettro autistico, sindrome down etc.) e valutare se le loro specifiche esigenze sono tenute in considerazione dai parametri in uso.

 

Rischio rumore: normativa e valutazione

 

La  “legge quadro sull'inquinamento acustico” del 1995 e le sue successive modifiche stabiliscono i princìpi fondamentali in materia di tutela dall'inquinamento acustico dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo.

 

La definizione di quest’ultimo esclude però gli ambienti destinati ad attività produttive per i quali si rimanda invece al Testo Unico (del D.Lgs. 81/2008).

 

In particolare, del Testo Unico facciamo riferimento al capo II, che:

-       determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione al rumore durante il lavoro in particolare per l’udito;

-        definisce i criteri valutativi validi per gli effetti uditivi del rumore.

 

Riguardo le modalità di valutazione del rischio rumore, è innanzitutto bene ricordare che l'obiettivo non è la quantificazione dell’esposizione al rischio ma la sua riduzione e la messa in atto di misure preventive adeguate ed efficaci. 

Ciò premesso, per conoscere tali modalità nel dettaglio rimandiamo all’articolo 181 del Testo Unico riguardante i rischi derivanti da agenti fisici, dove è stabilito che tale valutazione dei rischi:

·        è responsabilità del datore di lavoro, in modo che possa “identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi”;

·        è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia;

·        è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta.

 

Per maggiori approfondimenti in materia consigliamo la lettura dei riferimenti normativi fin qui citati, così come la sezione 4 documento a cui si rifà l’articolo e che - come sempre - trovate gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura!



- Indicazioni operative per la prevenzione del rischio da Agenti Fisici ai sensi del D.Lgs. 81/08 - Sezione 4, 2021.
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Rischio chimico e MSDS: le novità del 2023
13/04/2023

Le schede di dati di sicurezza (o comunemente dette MSDS, Material Safety Data Sheet) sono quei documenti contenenti tutte le informazioni sulle proprietà fisico–chimiche, tossicologiche e di pericolo per la salute umana necessarie per un utilizzo corretto e sicuro delle sostanze pericolose e delle miscele.

 

Da questa definizione risulta quindi evidente la loro estrema importanza per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, in quanto consentono al datore di lavoro di determinare se sul luogo di lavoro vengono manipolate sostanze chimiche pericolose e quindi di:

·        valutare rischio chimico che ne deriva;

·  fornire agli utilizzatori tutte le informazioni necessarie per un corretto maneggiamento, stoccaggio e smaltimento della sostanza o miscela in questione, così come i relativi dispositivi di protezione.

 

Il Regolamento 2020/878 e le novità introdotte

 

Dal punto di vista legislativo le indicazioni riguardanti le schede di dati di sicurezza sono contenute nell'articolo 31 del Regolamento Reach e nel suo Allegato II. In particolare, quest’ultimo è stato modificato dal Regolamento (UE) 2020/878 che, dopo un periodo transitorio di poco più di due anni, lo ha definitivamente sostituito dal 1 Gennaio 2023.

 

Tra gli aspetti più importanti introdotti dal nuovo Regolamento troviamo:

 

·   viene introdotto il codice UFI, un codice alfanumerico di notifica delle sostanze e miscele pericolose funzionale al nuovo sistema europeo che deve essere presente nelle nuove SDS. Tale codice è utile ad esempio in caso di comunicazione con il centro antiveleni per identificare immediatamente con precisione il tipo di sostanza in questione;

 

·     se disponibili, nelle MSDS devono essere indicati i limiti di concentrazione specifici, i fattori di moltiplicazione e le stime della tossicità acuta (vedi Reg. 1272/2008) in quanto informazioni pertinenti per l’uso sicuro di sostanze e miscele;

 

·     sono da introdurre nelle MSDS le prescrizioni specifiche per le sostanze e le miscele con proprietà di interferenza con il sistema endocrino;

 

·       le MSDS devono includere le prescrizioni specifiche relative alle nanoforme (vedi Reg. 2018/1881);

 

·   sono specificate le informazioni sulle proprietà fisiche e chimiche da riportare in sezione 9; a differenza dell’attuale regolamento, in quello nuovo viene specificato esattamente come descrivere le varie proprietà.

 

Sostanze e miscele pericolose: obblighi e sanzioni

 

Gli utilizzatori di prodotti chimici hanno diversi obblighi, tra cui:

 

·      verificare di essere in possesso di MSDS aggiornate e se l'uso che intende fare della sostanza o del preparato rispecchia quanto riportato sulla MSDS stessa e/o gli scenari di esposizione previsti;

 

·    Essere in possesso di una dichiarazione emessa dai fornitori di sostanze e prodotti chimici da cui risulti che essi sono al corrente dei propri obblighi,adempiano agli stessi e operino conformemente al regolamento REACH

 

La mancata fornitura della scheda di dati di sicurezza all’utilizzatore di una sostanza o miscela è punita con sanzioni da 10.000 a 60.000 Euro, mentre sono previsti da 15.000 a 90.000 Euro per quel datore di lavoro che non rende accessibili le MSDS e informazioni equivalenti ai propri lavoratori.

 

Per maggiori informazioni a riguardo si consiglia la lettura integrale del Regolamento 2020/878, che come sempre trovate scaricabile gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura!



- REGOLAMENTO (UE) 2020/878 DELLA COMMISSIONE del 18 giugno 2020
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Manutenzione in sicurezza: la procedura LOTO
23/03/2023

Come già detto più volte nel corso dei vari articoli di MTM news, la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature e impianti è importantissima per la tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro.

 

Il guaio è che troppo spesso lo svolgimento delle stesse attività di manutenzione è causa di infortuni gravi o mortali, dovuti per lo più alla riattivazione non intenzionale o inattesa di fonti di energia.

 

Ed è proprio per questo motivo che l’articolo di oggi ha per oggetto la procedura lockout/tagout (detta comunemente LOTO) elaborata dalla OSHA con lo scopo di proteggere i lavoratori in queste circostanze. A tal proposito, in questo articolo faremo riferimento a quanto scritto nella guida prodotta dall’ ATS Brianza dal titolo Utilizzo in sicurezza delle macchine. Guida per le imprese.

 

In particolare, al suo allegato N è detto che l’avviamento inatteso o accidentale si ha quando la riattivazione di una macchina causata da:

·         un comando di avviamento risultante da un guasto del sistema di comando;

·         un’azione involontaria su un comando di avviamento o un segnale da un sensore che aziona un comando;

·         ripristino dell’alimentazione di energia dopo un’interruzione;

·         influenze esterne/interne (gravità, vento, autoaccensione in motori a combustione interna, ecc.) su parti della macchina”.

 

In queste circostanze, la procedura LOTO risulta essere la metodologia più affidabile per effettuare l’isolamento sicuro delle fonti di alimentazione di una macchina e, grazie al controllo dell’energia pericolosa, permettono di elevare il livello di sicurezza nella manutenzione ordinaria e straordinaria.

 

Per essere applicata, la procedura di lockout/tagout richiede che la messa in sicurezza di una macchina o di un impianto avvenga secondo una sequenza precisa, che riportiamo sommariamente qui sotto:

 

1.    Identificazione del pericolo, ovvero delle fonti di energia pericolose della macchina o impianto in questione. 

2.    Arresto del macchinario o attrezzatura su cui va fatta la manutenzione, secondo la modalità prevista.

3.    Notifica alle persone interessate che si è in procinto di bloccare il macchinario

4.    Lockout, ovvero isolare le fonti di energia e applicare un blocco fisico che impedisca il riavvio dell’impianto.

5.    Controllo e rilascio di energia immagazzinata, che consiste nel testare tutti i comandi delle installazioni e dei circuiti elettrici in manutenzione per essere sicuri che il macchinario sia completamente isolato e, successivamente, nel rilasciare in modo controllato l’energia residua della macchina: eliminazione della pressione, scarica condensatori e accumulatori, etc. Va infine eseguito un tentativo finale di riavvio della macchina, per assicurarsi che non possa accendersi in alcun modo durante la manutenzione.  

6.    Tagout, ovvero procedere all’identificazione del bloccaggio indicando la data e il nome del personale che lo effettua.

7.    Rimozione del lockout al termine dell’esecuzione del lavoro di manutenzione. ogni lucchetto potrà essere rimosso soltanto dall’operatore indicato sulla “tag” corrispondente.

 

Per informazioni più dettagliate in merito a questa procedura di sicurezza e alle normative di riferimento rimandiamo alla lettura integrale dell’allegato N del documento sopra citato, che come sempre potete scaricare gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura!



- "Utilizzo in sicurezza delle macchine. Guida per le imprese" - ATS Brianza, 2020.
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La responsabilità in caso di infortunio su macchina marcata CE
09/03/2023

L’articolo di oggi riguarda l’esito della sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 44561 del 23 novembre 2022, che ribadisce e definisce le responsabilità e prassi nel caso in cui avvenga un infortunio sul lavoro presso una macchina marcata CE.

 

Fatti e iter giudiziario

 

L’infortunio è avvenuto a danno di un operaio litografo all’interno dell’unità produttiva di una società che produce tubetti in alluminio, laminato e plastica.

 

Secondo la ricostruzione fornita dai giudici, il lavoratore stava pulendo con uno straccio i rulli della macchina litografica alla quale era addetto. La pulizia doveva avvenire con i rulli in movimento e, per questo, all'imbocco c'era una protezione, che non raggiungeva però la parte terminale dei rulli, causando un trauma da schiacciamento alla mano dell’operaio e l’amputazione dell'apice del quinto dito.

 

In seguito a ciò, il legale rappresentante della società è stato accusato di aver provocato l'infortunio per colpa specifica, poiché aveva messo a disposizione dei lavoratori una attrezzatura non conforme ai requisiti generali di sicurezza (violazione art.71 D.lgs.n.81/2008).

 

L’imputato ha quindi proposto immediatamente ricorso, sulla base di varie motivazioni. Tra queste, emerge quella secondo cui i dipendenti non avrebbero dovuto in nessun caso avvicinare le mani ai rulli in movimento perchè la regolare procedura di utilizzo prevedeva che anche le operazioni di pulizia venissero effettuate a macchina spenta. Sulla base di ciò, l’imputato ha quindi sostenuto di aver pienamente assolto ai propri doveri di prevenzione e protezione e che, non essendo a conoscenza di prassi aziendali difformi rispetto a quelle stabilite, non era possibile ritenerlo responsabile a titolo di colpa.

 

La risposta della Corte di Cassazione

 

Nonostante le motivazioni esposte, su questo argomento la suprema Corte ha invece ritenuto che sussistesse una colpa specifica sulla base di quanto stabilito dall’articolo 71 del Testo Unico in Materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro (D. Lgs. n. 81/2008), che dice:

 

“(…) il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza, adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi (…)”

 

In particolare, la corte ha stabilito che l’imprudenza del lavoratore non è considerabile un rischio “eccentrico” in quanto il documento di valutazione dei rischi della macchina riferisce in modo evidente il divieto di avvicinarsi con le mani ai rulli alla fase di lavorazione, durante la quale i lavoratori interagiscono con macchina e motivo per cui quest’ultima era stata dotata di una protezione all'imbocco degli stessi.

 

Quindi la «prassi comune» (come definita dalla sentenza impugnata) di pulire i rulli in movimento utilizzando uno straccio e avvicinando ad essi le mani, sebbene fosse impropria, era tutt'altro che imprevedibile e inevitabile.

 

Stabilito ciò, la suprema Corte prosegue affermando che, in caso di assenza di cautele volte a governare anche eventuali imprudenze nell’esecuzione da parte dei dipendenti, il verificarsi di queste ultime non è sufficiente ad escludere il nesso di causa tra l'omissione del datore di lavoro e l'infortunio avvenuto.

 

In altre parole, il fatto che ci fosse una protezione troppo corta rende il datore di lavoro colpevole nonostante il suo dipendente abbia impropriamente pulito il rullo in movimento, poiché la presenza di una protezione sufficientemente lunga a coprire tutto il rullo avrebbe evitato l’infortunio.

 

Conclusione

 

Da questa vicenda giudiziaria, che specifichiamo essere qui narrata solo parzialmente, emerge però chiaramente che il datore di lavoro risponde dell'infortunio occorso a un dipendente per la mancata sicurezza di una macchina senza che il marchio di conformità "CE", l’irresponsabilità del dipendente o l'affidamento sulla competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalle sue responsabilità.

 

Per approfondire la vicenda nel dettaglio, qui sotto è possibile scaricare gratuitamente la sentenza definitiva della Corte di Cassazione nella sua versione integrale. Se invece avete dubbi sulla sicurezza delle vostre macchine cliccate QUI per ricevere una consulenza.

Buona lettura!



- Cassazione Penale, Sez. 4, 23 novembre 2022, n. 44561 - "Pulizia dei rulli del macchinario in movimento e trascinamento della mano dell'operaio litografo. Prassi comune e protezione inadeguata".
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Analisi e gestione dei near miss: i fattori di rischio
23/02/2023

È detto near miss (in italiano o “mancato infortunio”) un qualsiasi evento correlato al lavoro che, pur avendo in sé le potenzialità di produrre un infortunio, per puro caso non lo ha prodotto. 

 

Queste circostanze fortuite possono rivelarsi risorse preziose: se non ignorati, i near miss diventano infatti utilissimi campanelli di allarme che evidenziano i punti deboli della sicurezza di un ambiente di lavoro, fornendo una seconda occasione per appianare le criticità prima che l’incidente si ripeta e produca danni effettivi alla salute dei lavoratori.

 

È quindi evidente quanto sia importante registrare ed analizzare i near miss nel proprio Sistema di Gestione in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro: la norma UNI ISO 45001:2018 si sofferma infatti sull’argomento, definendo il mancato infortunio come un’opportunità per migliorare le prestazioni del sistema stesso.

 

A raccontare in questi termini l’importanza di una rilevare e gestire i mancati infortuni è il documento INAIL “Modelli di gestione dei near miss (MGNM): la diffusione della cultura della sicurezza nell’azione congiunta Inail-Fincantieri”: sebbene sia orientato ad una specifica realtà nell’ambito della cantieristica navale, questo documento fornisce ottimi spunti per approfondire opportunità, criticità applicative e aree di possibile miglioramento in termini di efficacia preventiva.

 

In particolare, esso indica che la gestione ed il contenimento dei fattori di rischio rilevati a seguito di un mancato infortunio avviene in base a due elementi:

 

1)    gestione tempestiva della criticità, ovvero individuare delle misure di contenimento immediate che agiscano sul problema già nel breve termine;

 

2)    applicazione di azioni di miglioramento correttive e preventive collegate ai problemi di sicurezza individuati, con relativo piano di monitoraggio. Le azioni sono così categorizzate:

·         intervento tecnico;

·         formazione e addestramento;

·         informazione e comunicazione;

·         definizione e revisione delle procedure e istruzioni lavorative:

·         monitoraggio e verifica dell’ effettiva applicazione di tali procedure, istruzioni   e comportamenti.

 

I fattori di rischio si dividono poi in:

·        aventi natura di stato, se erano già esistenti prima dell’inizio della dinamica  incidentale e non variano nel corso della stessa;

·        aventi natura di processo, se si sviluppano durante la dinamica.

 

Oltre a questa distinzione, il documento classifica infine i fattori di rischio in sei categorie:

 

·        attività dell’operatore (AO) o dell’infortunato (AI): Azioni, gesti, movimenti inappropriati compiuti nel corso della dinamica incidentale (AO) o infortunistica (AI);

 

·        attività di terzi (AT): Azioni, gesti, movimenti inappropriati compiuti da terzi (altri lavoratori o altre persone presenti sulla scena) nel corso della dinamica;

 

·        utensili, macchine, impianti, attrezzature (UMI): Criticità dell’attrezzatura di qualunque tipo (o sua parte) riscontrate nel corso della dinamica;

 

·        materiali (MAT): Criticità del materiale in lavorazione/lavorato riscontrate nel corso della dinamica Ambiente (AMB): Criticità delle caratteristiche ambientali ed elementi strutturali legati a problemi di sicurezza riscontrate nel corso della dinamica;

 

·        dpi e abbigliamento (DPI): Criticità di abiti, abiti da lavoro, DPI riscontrate nel corso della dinamica.

 

Se volete approfondire i modelli di gestione dei Near miss sviluppati da INAIL, come sempre al link qui sotto potete scaricare gratuitamente la versione integrale del documento analizzato in queste righe. Buona lettura!  



- “Modelli di gestione dei near miss (MGNM): la diffusione della cultura della sicurezza nell’azione congiunta Inail-Fincantieri”, INAIL, 2022.
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Carbon footprint: cos’è e perché è importante per le aziende
09/02/2023

Il carbon footprint (letteralmente “impronta di carbonio”) è la stima delle emissioni di gas serra causate da un prodotto, servizio, organizzazione, evento o individuo, permettendo di determinare gli impatti ambientali delle attività umane sul nostro pianeta.  

 

I tipi di gas da considerare per determinare il carbon footprint di un prodotto o servizio sono stati inizialmente definiti dal Protocollo di Kyoto del 1997 e includono, tra gli altri:

 

§  anidride carbonica (CO2)

§  metano (CH4)

§  ossido nitroso (N2O)

§  idrofluorocarburi (HFC)

§  perfluorocarburi (PFC)

§  esafloruro di zolfo (SF6)

 

Tuttavia, il risultato di uno studio di Carbon footprint viene generalmente espresso sottoforma di tonnellate di CO2 equivalente, unità di misura che si ottiene esprimendo ogni gas serra in riferimento al suo corrispettivo valore inquinante in CO2: ad esempio, se il metano inquina 21 volte più della CO2, per ogni tonnellata di metano emessa dal prodotto o servizio in questione calcoliamo 21 tonnellate di CO2 equivalente, e così via.

 

Carbon footprint di prodotto o di organizzazione? Due obiettivi differenti

 

A seconda delle esigenze, è possibile calcolare l’impronta di carbonio di soggetti e realtà differenti: prodotti, servizi, aziende, individui, eventi etc. In particolare, nel caso di un’azienda, sono significative le seguenti declinazioni:

 

§      Il carbon footprint di prodotto, che permette di quantificare le emissioni di gas ad effetto serra generate da un prodotto durante tutto il ciclo di vita – dall’estrazione delle risorse, alla produzione, all’uso e al riciclo, fino allo smaltimento dei rifiuti residui –  con lo scopo di procedere con azioni di loro riduzione e di compensazione.

 

§      Il carbon footprint di organizzazione, che permette di realizzare un “inventario delle emissioni di gas serra" riferito all'esercizio aziendale annuale, con lo scopo di stabilire luogo ed entità dell’impronta di carbonio dell’azienda, in modo da poterla successivamente gestire.

 

A cosa serve calcolare il carbon footprint?

 

Dal momento che l’impronta di carbonio rappresenta generalmente il 50% di tutta l’impronta ecologica, conoscerne l’entità fornisce un’idea della domanda di combustibili fossili esercitata sul pianeta, che allo stato attuale sappiamo essere insostenibile.

 

Molti enti internazionali ed amministrativi utilizzano infatti il calcolo del carbon footprint per monitorare l’attuale efficienza ambientale e definire di conseguenza le loro politiche di settore.

 

Da qui deriva anche la sua importanza strategica per le aziende: in un contesto che premia i fornitori di prodotti o servizi a basse emissioni, il carbon footprint può servire a valorizzare e far crescere il proprio business, migliorando la comunicazione ambientale e attraendo nuovi segmenti di pubblico attenti alle tematiche green.

 

Vuoi conoscere il carbon footprint di un tuo prodotto o della tua organizzazione? Da oltre 20 anni, mtm consulting s.r.l. supporta le aziende nello svolgimento dei calcoli per definire la propria impronta di carbonio, così come in altri studi nell’ambito dello sviluppo sostenibile. Per saperne di più o ricevere una consulenza dedicata in materia non esitare a contattarci!



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La conformità delle macchine da imballaggio: guida all’accertamento tecnico
26/01/2023

Le macchine da imballaggio sono tra le più diffuse in ambito industriale, in quanto impiegate in molti settori industriali differenti: imballaggio cavi, incartatrici di cioccolatini, fasciatura di bottiglie sono solo alcuni dei tantissimi esempi applicativi di questo tipo di macchine. Data la loro diffusione di utilizzo, per ridurre il rischio dei lavoratori che le utilizzano è essenziale che fabbricanti e distributori siano in grado di riconoscere le non conformità e trovare soluzioni adeguate.   

 

Per questo motivo, lo scorso marzo il Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’INAIL ha pubblicato una guida all’accertamento tecnico di queste macchine dal titolo “l’accertamento tecnico per la sicurezza delle macchine per imballaggio”.

 

Si tratta di una raccolta di schede tecniche di vari tipi di macchine da imballaggio, ciascuna delle quali contiene:

 

1) una parte descrittiva iniziale che ne chiarisce la tipologia di prodotto, la denominazione specificata dal fabbricante nella dichiarazione CE di conformità, la destinazione d’uso e la modalità di utilizzo;

 

2)   una parte normativa dedicata alle norme tecniche armonizzate di riferimento, se disponibili;

 

3)    una parte di accertamento tecnico, composta da:

§   segnalazione delle non conformità più significative riscontrate e descrizione delle situazioni di pericolo ravvisate.

§      raccolta dei pareri tecnici riferiti alle carenze segnalate definiti sulla base della documentazione fornita dai fabbricanti, dei pareri già espressi dall’autorità di sorveglianza del mercato e delle posizioni assunte nei consessi comunitari, nonché dello stato dell’arte di riferimento. 

Oltre ad essere utile a fabbricanti e distributori di macchine da imballaggio, questa guida INAIL può offrire spunti rilevanti anche a;

§       organi di vigilanza territoriale, specie nel corso di inchieste a seguito di infortuni.

§       datori di lavoro, in quanto fornisce indicazioni utili nella scelta delle attrezzatture prima di metterle a disposizione dei lavoratori. 

 

 

Vuoi saperne di più? Al link qui sotto puoi consultare e scaricare gratuitamente il testo integrale della guida INAIL trattata fin ora. Buona lettura!



- “L’accertamento tecnico per la sicurezza delle macchine per imballaggio” - INAIL, 2022.
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Movimentazione manuale dei carichi: le principali novità della ISO 11228-1:2022
12/01/2023

Stando all’allegato XXXIII del Testo Unico per la salute e la sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/2008), per quanto riguarda la prevenzione dei rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi (o MMC) si fa riferimento alle norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3).

 

Tuttavia, la prima di queste 3 norme tecniche ha recentemente subito delle variazioni: la nuova UNI ISO 11228-1:2022 dal titolo Ergonomia - Movimentazione manuale - Parte 1: Sollevamento, abbassamento e trasporto ha infatti sostituito la precedente versione citata nel Testo Unico risalente al 2009.

 

Proseguendo quanto fatto con la versione precedente, la ISO 11228-1:2022 si applica al sollevamento, abbassamento e trasporto di oggetti di peso uguale o superiore a 3 kg e con una velocità di spostamento compresa tra 0,5 e 1 metro al secondo su un percorso orizzontale; lo scopo è quello di fornire dei limiti raccomandati a in base ai quali poter definire se una determinata situazione di lavoro a rischio di sovraccarico sia accettabile o meno.

 

Tuttavia, la versione del 2022 introduce le seguenti novità:

-          Revisione dello scopo per includere l’abbassamento

-          Ampliamento della stima del rischio

-          Ampliamento degli Allegati A, B e C

-        Aggiunta dell’Allegato D “indice di sollevamento”, ove vengono esplicitate delle     azioni raccomandate da intraprendere in funzione del risultato ottenuto;

-          Aggiunta dell’Allegato E “modello semplificato per il calcolo RML e L1”

-          Aggiunta dell’Allegato F “Sollevamento manuale Multi-task”

-          Aggiunta dell’Allegato G “Esempi di movimentazione manuale di oggetti”

-          Aggiunta dell’Allegato H “Trasporto”

-          Aggiunta dell’Allegato I “Esposizione e Rischio: la tabella D.1”

 

Di seguito approfondiamo le novità relative al modello di valutazione del rischio e determinazione dei limiti e indice di sollevamento.

 

Movimentazione dei carichi: valutazione rapida e dettagliata

La norma aggiornata mantiene il modello a step della versione precedente anche se, nella nuova versione, ogni passaggio prevede una verifica da superare per passare a quello successivo.

 

Il primo step da superare è quello della valutazione rapida (come previsto nella ISO TR 12295), dalla quale potrebbe emergere un rischio accettabile, critico o dubbio. Nei primi due casi, la valutazione termina, mentre nel terzo caso si procede con i successivi step per una valutazione dettagliata. Nello specifico:

 

§  Step 1: verifica che il peso sollevato sia inferiore ai pesi di riferimento (25/20 kg per i maschi, 20/15 kg per le femmine);

§  Step 2: verifica del peso di riferimento tenendo conto dell'ergonomia dei compiti e dell'organizzazione del lavoro;

§  Step 3: si applica in caso di trasporto per distanze superiori a 1 metro e prevede la verifica del peso cumulativo nel turno di lavoro;

§  Step 4: verifica del peso trasportato cumulativo tenendo conto della distanza, altezza delle mani e altri fattori.

 

Se la prima parte di valutazione rapida della nuova norma non presenta sostanziali novità, i passaggi successivi presentano invece delle differenze nell’identificazione del periodo di recupero richiesto, che va calcolato in base alle indicazioni della tabella riportata qui sotto.

 

 

Categorie

Durata

Periodo di recupero richiesto

Breve durata

t ≤ 1h

100% della durata del compito di sollevamento continuo e ripetitivo.

Media durata

1 h < t ≤ 2h

30% della durata del compito di sollevamento continuo e ripetitivo

Lunga durata

2h < t ≤ 8h

Non specificato: le normali pause di mattina, pomeriggio e pranzo sono presunte.

 

Movimentazione dei carichi: determinazione dei limiti e indice di sollevamento

Per quanto riguarda la determinazione dei limiti non ci sono modifiche sostanziali, poiché la norma riprende i metodi di valutazione già riportati nella ISO TR 12295 e derivanti dal famoso metodo Niosh.

 

Per il calcolo dell'indice di sollevamento - che ricordiamo essere il rapporto tra la massa dell'oggetto sollevato (m) e il limite di massa raccomandato per una particolare condizione di sollevamento – la norma ISO 11228-1:2022 riporta invece la nuova tabella per classificare a fasce i valori di indice di sollevamento calcolati, che rispetto alla versione precedente è una assoluta novità.

 

Valore LI

Esposizione livello/implicazione di rischio

Azioni raccomandate A

LI 1,0

Molto bassa

Nessuna in generale per la popolazione attiva in buona salute.

1,0 < LI 1,5

Bassa

In particolare, prestare attenzione alle condizioni di bassa frequenza/alto carico e alle posture estreme o statiche. Includere tutti i fattori nella riprogettazione dei compiti o delle postazioni di lavoro e considerare gli sforzi per abbassare i valori di LI < 1,0.

1,5 < LI 2,0

Moderata

Riprogettare i compiti e i luoghi di lavoro in base alla priorità per ridurre il LI, seguita dall’analisi dei risultati per confermare l’efficacia.

2,0 < LI 3,0

Alta

Le modifiche al compito per ridurre il LI sono un’alta priorità.

LI > 3,0

Molto alta

Le modifiche al compito per ridurre il LI sono necessarie immediatamente.

 

 

Noi di mtm consulting srl siamo a disposizione per effettuare la valutazione dei rischi da Movimentazione Manuale dei Carichi in conformità alle recenti regole tecniche. Per saperne di più o ricevere una consulenza dedicata in materia non esitare a contattarci!



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Scale portatili: caratteristiche e guida ad un utilizzo sicuro
15/12/2022

Nonostante le numerose guide e documenti esistenti sull’argomento, la caduta dall’alto dovuta ad un cattivo utilizzo delle scale è ad oggi tra le cause di infortunio più diffuse. Per questo motivo, l’articolo di oggi è interamente dedicato alle scale portatili e a tutti quegli aspetti che concorrono a mantenere in sicurezza chi le utilizza, facendo riferimento alla guida INAIL in materia pubblicata nel 2018.

 

Scale portatili: definizione e riferimenti normativi

Le scale portatili sono attrezzature di lavoro dotate di pioli o gradini che possono essere trasportate e installate a mano, senza alcun intervento di mezzi meccanici. Le scale portatili permettono salire, scendere e sostare per brevi periodi allo scopo di superare dislivelli e raggiungere posti di lavoro in quota.

 

Il loro utilizzo è disciplinato dal d. lgs. 81/08, in particolare da quanto scritto negli articoli:

 

§       N.111 comma 3, secondo cui la scala portatile può essere utilizzata come posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’utilizzo di altre attrezzature più sicure (trabattelli, PLE, etc.) non sia giustificato per via del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure qualora non fosse possibile a causa di particolari caratteristiche del sito.

 

§      N. 113, che sintetizza il quadro normativo delle scale portatili suddividendole in:

-          scale fisse a gradini;

-          scale a pioli di altezza superiore a 5 metri;

-          scale semplici portatili (a mano);

-          scale provviste alle estremità superiori di dispositivi di trattenuta su guide, scorrevoli e non.

 

Tipologie di scale portatili

La norma UNI EN 131-1 individua le scale portatili in base alla configurazione geometrica e agli elementi costituenti. Nello specifico:

 

§     scale in appoggio: a pioli semplice, a gradini semplice (ad un solo tronco);

§     sccale doppie: a pioli, a gradini, a pioli e a gradini; 

§     sccale trasformabili a pioli; 

§     scale multi posizione con cerniera: a pioli, a gradini;  

§     scale telescopiche: a pioli, a gradini; 

§     scale movibili: a pioli, a pioli larghi, a gradini.

 

Guida essenziale alla scelta, l’utilizzo e la manutenzione delle scale portatili

La scelta di utilizzo e il tipo di scala portatile come attrezzatura da lavoro è legato ai rischi da eliminare e/o ridurre, ed è quindi oggetto di analisi durante la valutazione dei rischi.

 

La guida riporta indicazioni utili ad effettuare la giusta scelta, come ad esempio:

§       la scala doppia non è idonea come sistema di accesso ad altro luogo;

§       la scala in appoggio è idonea come sistema di accesso ad altro luogo;

§       la scala trasformabile deve essere usata con una altezza massima di 5 metri per la configurazione doppia e con una altezza massima di 15 metri per la configurazione in appoggio.

 

La guida INAIL fornisce inoltre tutte le indicazioni necessarie da seguire prima, durante e dopo l’uso delle scale portatili. In particolare, il posizionamento, l’uso e la rimozione delle scale portatili deve avvenire secondo le istruzioni fornite del fabbricante, in quanto si tratta di attrezzature da lavoro. Nel caso delle scale in appoggio ad elementi innestabili, il lavoratore addetto deve aver ricevuto anche un addestramento specifico prima dell’utilizzo.

 

Infine, la manutenzione delle scale portatili deve essere effettuata da parte di personale qualificato e prevede:

§    la verifica degli zoccoli antiscivolo e loro integrità;

§    la verifica dei componenti della scala: montanti e pioli;

§    la verifica dei collegamenti tra i componenti.

 

Come sempre, al link qui sotto trovate il documento integrale da scaricare gratuitamente. Buona lettura!



- "Scale Portatili - Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili" INAIL, 2018.
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Tecnologie additive e misure di sicurezza nel settore manifatturiero
24/11/2022

Con il temine tecnologie additive s’intendono tutti quei processi che partono da modelli matematici e aggregano materiali secondo la tecnica di sovrapposizione di strati (layer by layer) per creare oggetti tridimensionali: in poche parole, si tratta del processo alla base della nota “stampa 3D”.

 

Queste tecnologie sono sempre più diffusi nel settore manifatturiero, soprattutto nel processo di lavorazione di materiali di difficile fusibilità, come le leghe per alta temperatura, o i compositi metalloceramici. Questo perché, tra gli altri vantaggi, questo tipo di processo comporta una significativa riduzione degli scarti di lavorazione.

 

Tuttavia, l’introduzione di un nuovo processo produttivo prevede anche l’ascesa di nuovi rischi e pericoli specifici da tenere in considerazione per garantire la sicurezza dei lavoratori. In particolare, l’inserimento questo genere di attrezzature nei luoghi di lavoro rientra nel campo di applicazione del d.lgs. 81/2008, che individua specifici ruoli e obblighi in relazione alla sicurezza.

 

A tal proposito, nel 2020 è stato scritto un documento dell’INAIL dal titolo “La sicurezza nelle tecnologie additive per metalli. Fusione o sinterizzazione a letto di polvere. Linee di indirizzo”, con il fine di fornire una panoramica su questo particolare argomento e offrire indicazioni per la sicurezza in materia a datori di lavoro e lavoratori dell’industria metalmeccanica.

 

In particolare, il documento analizza le due tipologie di attrezzature a tecnologia additiva maggiormente diffuse nel settore manifatturiero, che differiscono nel mezzo mediante il quale viene operata la fusione/sintetizzazione delle polveri:

·         La powder bed fusion/sintering machine, che utilizza un laser.

·         La Electron Beam Melting (o EBM), che utilizza un fascio di elettroni.

 

Nel corso del documento vengono poi illustrati:

·         i processi di lavorazione di queste macchine

·         principali pericoli e rischi che le caratterizzano

·         le relative misure di sicurezza e protezione adottabili

 

In allegato è inoltre presente una check-list, il cui scopo è di mettere in luce gli aspetti documentali e le misure tecnico-organizzative da considerare e gestire per gestire queste macchine in sicurezza. Tuttavia, è bene specificare che, pur fornendo un valido aiuto, questo strumento non è da considerarsi un sostituto esaustivo dell’analisi di valutazione dei rischi, che deve comunque essere svolta.

 

Per un maggiore approfondimento dell’argomento, qui sotto trovate come sempre il documento integrale scaricabile gratuitamente. Buona lettura!



- “La sicurezza nelle tecnologie additive per metalli. Fusione o sinterizzazione a letto di polvere. Linee di indirizzo”, INAIL, 2020.
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Sicurezza delle attrezzature: la classificazione dei trabattelli
10/11/2022

L’argomento di oggi riguarda la sicurezza dei trabattelli, a partire dalla nuova guida INAIL dal titolo “Trabattelli. Guida tecnica per la scelta, l’uso e la manutenzione”, pubblicata nel 2022 e scaricabile integralmente al link in fondo alla pagina.  

 

Questa guida tiene conto delle tiene conto di:

·         Di quanto stabilito dalle norme UNI EN 1004-1:2021 e UNI 11764:2019  

·         Dei requisiti prestazionali e dimensionali previsti nel d.lgs. 81/2008 

e ha lo scopo di fare ordine e chiarezza tra le diverse tipologie di trabattello, in modo da essere uno strumento utile per i datori di lavoro per:

·       valutare correttamente la tipologia di trabattello più adatta ad ogni situazione e conoscerne le corrette modalità di uso e manutenzione.

·       Definire una metodologia efficace per la valutazione dei rischi connessi all’utilizzo dei trabattelli.

 

Definizione e classificazione dei trabattelli 

 

Innanzitutto, la guida distingue tra trabattelli e piccoli trabattelli, definendo i primi come

“strutture temporanee costituite da elementi prefabbricati che dispone di stabilità propria, dimensioni fissate dal progetto, quattro piedini con ruote e una o più piattaforme”

 

e i secondi come

“strutture temporanee costituite da elementi prefabbricati che dispone di stabilità propria, dimensioni fissate dal progetto, due piedini, due ruote e una o due piattaforme”.

 

Per scegliere trabattelli sicuri e idonei ai lavori da svolgere, alle altezze da raggiungere e ai carichi da sopportare, è utile conoscere le varie classi in cui si ripartiscono le tipologie diverse di attrezzature. In particolare i trabattelli e i piccoli trabattelli vengono classificati in base a:

 

·       la classe di carico, ossia in base all’entità del carico da applicare sulla piattaforma di lavoro;

·       la classe di utilizzo, ovvero alla presenza di vento o all’assenza di vento e riguarda solo i trabattelli;

·       la classe di altezza, che si riferisce alla distanza tra due piattaforme consecutive per i trabattelli e alla distanza tra il suolo e la superficie superiore della piattaforma più alta per i piccoli trabattelli;

·       la classe di accesso che indica le opzioni di accesso alla piattaforma”.

 

Per conoscere le suddivisioni di ciascuna classe e definire quali caratteristiche necessita un trabattello da utilizzare in sicurezza per gli scopi e nelle modalità funzionali alla propria attività, rimandiamo al testo integrale del documento che, come sempre, trovate gratuitamente al link qui sotto. Buona lettura!



- “Trabattelli. Guida tecnica per la scelta, l’uso e la manutenzione”, INAIL, Febbraio 2022
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Radiazioni ionizzanti e sicurezza sul lavoro: le figure professionali coinvolte
27/10/2022

L’articolo di oggi vede al centro il d.lgs. 101/2020, entrato in vigore lo scorso autunno. Si tratta di un decreto molto vasto che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione di tutti contro i pericoli derivanti dall'esposizione a radiazioni ionizzanti.

 

Cosa sono le radiazioni ionizzanti?

Le radiazioni ionizzanti sono onde elettromagnetiche o particelle sub-atomiche che, irradiando la materia, determinano la creazione di particelle cariche, la cui esposizione può causare seri danni alla salute. Infatti, sebbene l'uomo sia da sempre esposto a radiazioni ionizzanti di origine naturale, da quando è in grado di utilizzarle deliberatamente per scopi medici e industriali si è resa necessaria l’introduzione di misure di prevenzione e protezione dei rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti artificiali.

 

Radiazioni ionizzanti e sicurezza sul lavoro

Per quanto riguarda la sicurezza su lavoro, la radioprotezione è una disciplina di tipo preventivo a contenuto medico, fisico, tecnico e normativo, con lo scopo di preservare la salute dei lavoratori esposti, ossia di coloro che l’art.133 del d.lgs. 101/2020 definisce come:

 

“i soggetti che, in ragione della attività lavorativa svolta per conto del datore di lavoro, sono suscettibili di superare in un anno solare uno o più dei seguenti valori:

-     1 mSv (millisievert) di dose efficace;

-     15 mSv di dose equivalente per il cristallino;

-     150 mSv di dose equivalente per la pelle, calcolato in media su 1 cm2 qualsiasi di pelle, indipendentemente dalla superficie esposta;

-     50 mSv di dose equivalente per le estremità.”

 

In particolare, i lavoratori esposti si dividono in:

·       Lavoratori esposti di categoria A, i quali sono suscettibili di superare in un anno solare, uno dei seguenti valori:

-      6 mSv di dose efficace;

-      5 mSv di dose equivalente per il cristallino;

-      150 mSv di dose equivalente per la pelle nonché per mani, avambracci, piedi e caviglie.

·         Lavoratori esposti di categoria B, che comprende tutti i lavoratori esposti non rientranti in categoria A.

 

Le figure professionali coinvolte
Sul piano operativo, le figure professionali incaricate della sorveglianza medica e fisica dei lavoratori in materia di radioprotezione sono: 

 

1) Medico autorizzato

Si tratta di quel medico che, a seguito di una formazione specifica, è in possesso l’abilitazione di medico competente in materia di radioprotezione presso il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

Il Datore di lavoro deve rivolgersi a queste figure specializzate per la sorveglianza medica di:

·       Lavoratori esposti di categoria A e B;

·       Squadre speciali di intervento;

·       Lavoratori in sorveglianza medica eccezionale (art. 141 d.lgs. 101/2020).

 

In particolare, il medico autorizzato ha il compito di:

·       effettuare l’analisi dei rischi individuali per la salute connessi alla destinazione lavorativa e alle mansioni, ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria del lavoratore, anche attraverso accessi diretti negli ambienti di lavoro;

·       istituire, aggiornare e conservare i Documenti Sanitari Personali (DoSP) come indicato dal modello C dell’allegato XXIII.

·       consegnare i DoSP all’Inail entro nove mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o la cessazione dell’attività dell’impresa;

·       consegnare al medico autorizzato subentrante i DoSP, nel caso di cessazione del proprio incarico;

·       fornire consulenza al datore di lavoro per la messa in atto di infrastrutture e procedure idonee a garantire la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti, sia in condizioni di lavoro normale che in caso di esposizioni accidentali o di emergenza.

 

2) Esperto di radioprotezione

È quella persona, incaricata dal datore di lavoro o dall’esercente, che possiede le cognizioni, la formazione, l’esperienza e i requisiti professionali necessari per andempire nell’esercizio della sorveglianza fisica dei lavoratori nell’ambito della radioprotezione (vedi art. 130 d.lgs. 101/2020).

 

Anche l’elenco nazionale degli esperti di radioprotezione si trova presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che suddivide tali figure professionali in diversi gradi di abilitazione, così come stabilito dall’art. 129 del d.lgs. 101/2920.

 

Ai sensi del Titolo XI del Dlgs 101/2020, l’esperto di radioprotezione deve:

·       effettuare la valutazione di radioprotezione e fornire indicazioni al datore di lavoro sull’attuazione dei propri compiti (vedi art.109 d.lgs. 101/2020);

·       effettuare l’esame e la verifica delle attrezzature, dei dispositivi di protezione e dei mezzi di misura;

·       effettuare una sorveglianza ambientale di radioprotezione nelle zone sorvegliate e, ove appropriato, nelle zone con esse confinanti;

·       verificare l’impiego corretto degli strumenti e dei i mezzi di misura, così come l’effettivo svolgimento delle attività di lavoro secondo le procedure definite (vedi art.128 comma 2 d.lgs. 101/2020);

·       svolgere l’attività di sorveglianza sullo smaltimento dei materiali che soddisfano le condizioni di allontanamento;

·       assistere, nell’ambito delle proprie competenze, il datore di lavoro in varie attività, tra cui:

-       la predisposizione dei programmi di sorveglianza individuale e di garanzia della qualità;

-       La predisposizione del programma di monitoraggio ambientale connesso all’esercizio della pratica;

-       La predisposizione delle procedure di prevenzione di inconvenienti e di incidenti;

-       La pianificazione e risposta nelle situazioni di emergenza;

-       La definizione dei programmi di formazione e aggiornamento dei lavoratori;

-       L’esame e l’analisi degli infortuni, delle situazioni incidentali e nell’adozione delle azioni di rimedio appropriate;

-       L’individuazione delle condizioni di lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza e in periodo di allattamento.

 

L’ esperto di radioprotezione deve inoltre comunicare per iscritto al medico autorizzato le valutazioni delle dosi ricevute o impegnate dai lavoratori di categoria A almeno ogni 6 mesi, mentre quelle per gli altri lavoratori a cadenza è almeno annuale.

 

Come sempre, per maggiori approfondimenti in allegato trovate il testo integrale del decreto oggetto di questo articolo, da scaricare gratuitamente. Buona lettura!



- Decreto Legislativo 31 Luglio 2020 n. 101 | Le radiazioni ionizzanti
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I nuovi decreti antincendio: entrata in vigore e principali novità
13/10/2022

In questi giorni stanno entrando in vigore tre importanti Decreti Ministeriali emanati lo scorso anno con lo scopo di rinnovare la gestione della prevenzione incendi all’interno delle aziende. Nello specifico, si tratta dei decreti conosciuti come Controlli, GSA e Minicodice, ai quali abbiamo già dedicato un'articolo ciascuno a inizio anno.

 

Lo scopo di questo articolo è quindi quello di fornire una panoramica sintetica delle principali novità legate a questi tre decreti riguardo la prevenzione incendi in azienda, agli albori della loro effettiva entrata in vigore.

 

Per maggiori approfondimenti rimandiamo agli articoli di mtm dedicati, indicati accanto ai rispettivi decreti. 

 

Decreto Controlli (leggi QUI la news dedicata)

Emanato il 1 Settembre 2021 ed entrato in vigore il 25 Settembre 2022.

Tratta i criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio. Per lo più è quindi rivolto alle aziende di manutenzione e verifica di presidi antincendio.

 

Nello specifico:

-          Stabilisce i criteri per effettuare il controllo e la manutenzione di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio, e fissa le procedure per qualificare i tecnici manutentori per tali attività;

-          Definisce i requisiti per i docenti dei corsi per manutentori di impianti antincendio, modalità di aggiornamento e soggetti formatori. I corsi possono essere svolti in videoconferenze sincrone;

-          Sancisce l’obbligo del datore di lavoro di affidare controlli e manutenzione di impianti ed attrezzature antincendio a tecnici manutentori qualificati.

 

Decreto GSA  (leggi QUI la news dedicata)

Emanato il 2 settembre 2021 ed entrato in vigore dal 4 ottobre 2022.

Stabilisce i criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza, così come le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio.

 

In particolare:

-        Sancisce l’obbligo di redigere il Piano di emergenza non solo per le aziende soggette a SCIA antincendio e luoghi di lavoro occupati da almeno 10 lavoratori, ma anche per le attività aperte al pubblico con presenza contemporanea di più di 50 persone (es. ristoranti, bar, circoli). Per i luoghi di lavoro con meno di 10 lavoratori ma con presenza contemporanea di più di 50 persone sono necessarie le sole planimetrie di emergenza con indicazioni schematiche delle procedure da adottare in caso di emergenza;

-        definisce i contenuti obbligatori per i piani di emergenza: modalità di gestione, coordinamento tra aziende diverse con sede nello stesso stabile, ubicazione presidi antincendio, compiti specifici degli addetti;

-        riporta l’obbligo di esporre le planimetrie di emergenza;

-        allunga la validità dei corsi di formazione per addetti antincendio da 3 a 5 anni;

-        definisce la durata dei corsi antincendio, che rimane invariata per tutte le classi di rischio, che rimane invariata (basso 4 ore, medio 8 ore, elevato 16 ore);

-        introduce requisiti e abilitazioni specifiche per i docenti antincendio;

-        introduce l’obbligo di formazione e informazione antincendio per tutti i lavoratori, anche se diversa da quella necessaria agli addetti antincendio.

 

Decreto Minicodice (leggi QUI la news dedicata)

Emanato il 3 settembre 2021 e in vigore dal 29 ottobre 2022.

Si occupa dei criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per i luoghi di lavoro (ad esclusione dei cantieri).

 

In particolare, questo decreto introduce nuove importanti riforme per i luoghi a basso rischio d’incendio. La Valutazione del Rischio di questi luoghi deve infatti comprendere almeno:

-        L’individuazione dei pericoli d’incendio;

-        la descrizione del contesto e dell’ambiente in cui sono inseriti i pericoli;

-        la determinazione di quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio;

-        l’individuazione dei beni esposti al rischio d’incendio;

-        la valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio sugli occupanti.

 

Sempre in merito ai luoghi a basso rischio d’incendio, il decreto Minicodice definisce anche i criteri semplificati di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio, che deve tenere conto di:

-        Il numero e la tipologia di estintori previsti;

-        il dimensionamento e caratteristiche delle uscite d’emergenza e delle vie di fuga:

-        la gestione della rivelazione e allarme incendio;

-        la sicurezza degli impianti;

-        la compartimentazione tra locali;

-        la segnaletica antincendio;

-        la sicurezza antincendio rivolta a lavori di manutenzione;

-        la Gestione della Sicurezza Antincendio (GSA);

 

Per i materiali gratuiti di approfondimento vi rimandiamo alle news dedicate che trovate ai link qui sopra in corrispondenza di ciascun decreto. Buona lettura!



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Marcatura CE e dispositivi medici in UE : iter e responsabilità del fabbricante secondo il Reg. 2017/745
22/09/2022

Nell'Unione Europea, i dispositivi medici sono soggetti ad una valutazione di conformità per garantire che soddisfino i requisiti essenziali di sicurezza e prestazione.

 

Tale valutazione è condotta da appositi organismi notificati designati dagli stati membri dell’UE e in genere comporta:

 

-          la certificazione del sistema di gestione della qualità

-          la revisione della documentazione tecnica, con conseguente marcatura CE dei dispositivi medici. Questa documentazione (o fascicolo tecnico) comprende tutti quei documenti che un fabbricante di dispositivi medici deve obbligatoriamente mantenere per essere conforme al Regolamento ed evitare sanzioni.

 

In base alla classificazione del dispositivo medico (sulla base di quanto stabilito dall’Allegato VIII, a pag. 183 del documento allegato) si procede poi o alla certificazione da parte di un Organismo Notificato o alla redazione di un’autocertificazione nel rispetto delle norme tecniche di prodotto, come nel caso dei dispositivi di classe I.

 

Il Regolamento sui dispositivi medici (MDR) non si limita però a definire i requisiti per il dispositivo, ma indica anche i requisiti per la documentazione stessa, che deve includere:

 

-          identificazione del dispositivo (ad es. Con il codice UDI);

-          descrizione del dispositivo, comprese varianti, configurazione e accessori;

-          destinazione d'uso;

-          etichettatura (confezione, istruzioni per l'uso, ecc.);

-          informazioni sulla progettazione e la fabbricazione del dispositivo;

-          gestione del rischio;

-          verifica e convalida del dispositivo e, quindi, prova che il dispositivo soddisfi i requisiti generali di sicurezza e prestazione;

-          la pianificazione e attuazione della sorveglianza post-commercializzazione:

 

La responsabilità del rispetto di tale normativa è affidata al PRRC – dall’inglese Person Responsible for Regulatory Compliance – una figura istituita dal Regolamento stesso che tutti i fabbricanti devono avere a disposizione. Tale figura deve avere i requisiti definiti nell’art. 15 del Regolamento (pag. 25 del documento allegato) e può essere nominata all’interno dell’azienda o essere demandata a professionisti esterni, a seconda delle dimensioni dell’azienda fabbricante.  

 

I rappresentanti autorizzati, detti anche mandatari, sono degli operatori economici che hanno sede nel paese di commercializzazione dei dispositivi medici e assolvono agli obblighi definiti nel Regolamento Europeo e nei rispettivi regolamenti di Svizzera e Regno Unito.

Tale figura è sono obbligatoria per i fabbricanti esteri che intendono commercializzare, il che rende loro necessario avvalersi di una società partner in ciascuno di questi paesi.

 

Un operatore economico che opera nel settore medicale – un fabbricante, un distributore un installatore o un centro di assistenza di dispositivi medici –  può scegliere di certificarsi secondo lo standard riconosciuto per i sistemi di gestione in campo medicale ISO 13485, il che garantisce la conformità al Regolamento in merito al sistema di gestione della qualità aziendale. Pur essendo una certificazione volontaria, la ISO 3485 è una certificazione fortemente consigliata a tutti gli operatori economici del settore medicale a cui è applicabile.

 

Come sempre, di seguito trovate allegato il testo integrale regolamento per approfondire l’argomento in modo gratuito. Buona lettura!



- Testo integrale del Regolamento UE n.2017/745 o MDR
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BREXIT e UKCA: qualche chiarimento
08/09/2022

 

AGGIORNAMENTO!

A Novembre 2022, il governo britannico ha annunciato di aver posticipato di due anni l’obbligo di utilizzo della marcatura UKCA per la maggior parte dei prodotti immessi sul mercato in Inghilterra, Scozia e Galles.

Fino al 31 dicembre 2024 resta quindi in vigore l’affiancamento temporaneo delle marcature CE e UKCA, che rimangono entrambe valide per l’importazione nel Regno Unito.  

 

A seguito dell’ufficializzazione della Brexit a inizio 2020, la Gran Bretagna ha smesso di far parte dell’Unione Europea e, di conseguenza, di riferirsi agli standard di Conformità di prodotto Comunitari.   

             

In Scozia, Inghilterra e Galles, quello che un tempo era il marchio CE sarà sostituito dal suo corrispettivo Inglese, la marcatura UKCA, acronimo di UK Conformity AssessedÉ invece da escludere dal cambiamento l’Irlanda del Nord, dove verrà mantenuta in vigore la marcatura CE e il riferimento agli standard dell’Unione.

 

Perché parlarne proprio ora? Le fasi della transizione verso la marcatura UKCA

 

La marcatura UKCA è entrata in vigore il 1° gennaio 2021 in affiancamento temporaneo alla marcatura CE: in questa fase transitoria, il governo britannico riconosce infatti anche la marcatura europea  per la maggior parte dei prodotti, tra cui  le macchine. I fabbricanti possono quindi continuare a vendere e utilizzare macchine marcate CE o UKCA in Gran Bretagna, senza alcuna differenza.

 

Il termine di questo periodo transitorio è però fissato per il 31 dicembre 2022, data oltre la quale sarà obbligatorio munire le proprie macchine di marcatura UKCA per immetterle sul mercato Britannico.  

 

La stessa questione si pone anche a parti inverse: la marcatura UKCA non sarà riconosciuta dall’UE e quindi ne consegue che una macchina marcata solamente UKCA non sarà giudicata idonea per essere immessa sul mercato comunitario.

 

Le macchine e i loro regolamenti britannici equivalenti

 

L’analogo britannico della direttiva macchine (Direttiva 2006/42/CE) è il “Supply of Machinery (Safety) Regulations 2008”, mentre per quanto riguarda la direttiva ATEX (Direttiva 2014/34/UE) il documento di riferimento è “ATEX: Equipment and Protective Systems Intended for Use in Potentially Explosive Atmospheres Regulations 2016”.

 

Al pari delle norme armonizzate alle Direttive UE, sono pubblicati i designated standards, ossia un insieme di norme il cui rispetto garantisce presunzione di conformità al regolamento inglese cui si riferiscono.

 

Sebbene si tratti di recepimenti nazionali delle direttive comunitarie, in questa fase di transizione sono emerse e stanno emergendo alcune differenze sostanziali che richiederanno un adeguamento a chiunque decida di esportare i propri prodotti nel Regno Unito.

 

In mtm consulting srl ci stiamo da tempo preparando per accompagnarvi in questo delicato passaggio in sicurezza e tranquillità. Per saperne di più o ricevere una consulenza dedicata in materia non esitate a contattarci!



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Sicurezza e settore tessile: rischi e misure di prevenzione
28/07/2022

L'articolo di oggi tratta i pericoli e i rischi specifici del settore tessile e le relative misure di prevenzione specifiche per ogni area.   

 

La fonte in matria è il documento a cura di Fondimpresa dal titolo “Manuale informativo per i lavoratori. I rischi nel settore tessile”, che riporta diverse schede in riferimento a varie attività del settore: tessitura, preparazione trama e ordito, controllo pezze, tintoria di tessuti e filati, stampa tessuti, finissaggio etc.

 

In particolare, la scheda 14 del manuale (pag. 3-23) divide i principali pericoli riguardanti il settore tessile in 3 grandi categorie:

 

1)      Pericoli di natura chimica

Danno luogo a due tipologie di rischio specifico: i rischi per la sicurezza (es: incendio, esplosione, contatto con sostanze corrosive, aggressive, ustioni chimiche, ecc.) e i rischi per la salute, come nel caso di esposizione a sostanze tossiche e nocive.

A tal proposito, in fase di valutazione dei rischi vanno distinte inoltre le diverse modalità di esposizione: per ingestione o contatto cutaneo e per inalazione.    

 

2)      Pericoli di natura meccanica

Indicano l’insieme di tutti i fattori fisici che possono causare una lesione dovuta all’azione di parti meccaniche, utensili, pezzi di lavorazione o materiali solidi o fluidi che possono investire l’operatore.

Le sue principali forme sono: schiacciamento, cesoiamento, taglio, impigliamento, trascinamento o intrappolamento, urto, perforazione o puntura, attrito o abrasione etc.

 

3)      Pericoli di natura ergonomica

Derivano da una progettazione della macchina che non rispetta le caratteristiche e le capacità umane, i cui principali effetti si dividono in: effetti fisiologici (es. dolori causati da sforzi eccessivi o posizioni errate prolungate nel tempo), psico-fisiologici (es. eccessivo o scarso impegno mentale, tensione etc.) o errori umani.

 

La scheda si sofferma infine sui pericoli di incendio e di tipo elettrico così come da quelli generati dal rumore e dalle radiazioni.

 

Il manuale, che come sempre trovate qui sotto, prosegue poi elencando le principali misure di prevenzione specifiche, divise per ambiente e attività svolta: orditura, preparazione alla tessitura, sale telai etc. Buona lettura!



- Fondimpresa: "Manuale informativo per i lavoratori. I rischi nel settore tessile."
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La sicurezza dei ponti mobili sviluppabili: la scheda tecnica
14/07/2022

La scheda tecnica è quel documento che fa parte della documentazione a corredo dell’attrezzatura di lavoro che ha lo scopo di identificarla e la descriverla per poter:

-          verificare il mantenimento delle caratteristiche originarie

-          individuare eventuali modifiche costruttive e/o sulla modalità di utilizzo.

 

In tal senso, la scheda tecnica più importante risulta essere quella compilata in occasione della prima verifica periodica dell’attrezzatura, in quanto fungerà da riferimento per le verifiche successive.

 

L’articolo di oggi si sofferma in particolare sulle schede tecniche per ponti mobili sviluppabili (PMS) che, secondo la norma EN280, sono da definirsi ”piattaforme di lavoro mobili elevabili destinate a spostare persone nelle loro posizioni di lavoro da cui possano svolgere mansioni e create in modo tale che permettano alle persone di accedervi e uscirne attraverso una posizione di accesso definita”.

 

La scheda tecnica dei ponti sviluppabili deve, in primo luogo, contenere tutte quelle informazioni utili a ‘fotografare’ l’attrezzatura così come immessa sul mercato dal fabbricante.

 

Nello specifico, è necessario:

 

-          Verificare la rispondenza dei dati indicati sulla targhetta identificativa con quelli riportati sulla dichiarazione CE di conformità e sul registro di controllo: fabbricante, tipo, modello, numero di serie o di fabbrica, anno di costruzione, portata, ecc.).

 

-          Confrontare quei parametri significativi della macchina sottoposta a prima verifica con le possibili configurazioni rappresentate sul manuale di istruzione per l’uso e la manutenzione: scartamento stabilizzatori, tipologie e numero di elementi telescopici del braccio, dimensioni del cestello, tipo di autocarro etc.

 

-          Accertarsi che le informazioni sopracitate siano fornite in lingua italiana o che sia presente una traduzione delle istruzioni fornite dal fabbricante assieme alla macchina in lingua originale. Qualora il fabbricante non l’avesse fornita, fosse stata smarrita o non fosse disponibile alcuna copia nel luogo di lavoro, il verificatore non potrà procedere all’effettuazione della verifica e, di conseguenza, dovrà rilasciare un verbale di sopralluogo a vuoto con chiara indicazione della motivazione. Saranno quindi interrotti i termini temporali “fino a quando non sarà stata prodotta la documentazione mancante”.

 

Per quanto riguarda la redazione della scheda tecnica sono richiesti dei modelli specifici, motivo per cui è stato prodotto un fac-simile della scheda tecnica completo di indicazioni relative a ciascuna voce. È consultabile integralmente a partire da pagina 42 del documento INAIL “ Apparecchi di sollevamento persone - Ponti mobili sviluppabili. Istruzioni per la prima verifica periodica ai sensi del d.m. 11 aprile 2011” che – come sempre –  trovate allegato qui sotto. Buona lettura! 



- “ Apparecchi di sollevamento persone - Ponti mobili sviluppabili. Istruzioni per la prima verifica periodica ai sensi del d.m. 11 aprile 2011”
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L’avviamento intempestivo delle macchine: i fattori di rischio
23/06/2022

L’articolo di oggi vuole mettere in luce la diffusione di incidenti sul lavoro – spesso gravi o mortali – causati dall’avviamento intempestivo o inopportuno di macchine e attrezzature. Con tale espressione s’intendono quegli eventi in cui un lavoratore o una lavoratrice subisce un infortunio a seguito di “un movimento improvviso e non previsto di un veicolo, una macchina o un’attrezzatura presente nell’area di lavoro”.

 

Questo tipo di incidenti si verificano più spesso di quanto si creda: secondo gli studi condotti dal sistema di sorveglianza degli infortuni sul lavoro riportati nell'allegato in fondo, l’avviamento intempestivo di un mezzo è infatti la quinta causa di incidente più diffusa e costituisce il 6,3% degli infortuni mortali.

 

Nello specifico, il 33% degli infortuni analizzati nello studio in questione ha interessato mezzi fissi, sia mezzi di sollevamento che impianti di produzione.

                   

In particolare:

 

-          Nella maggior parte dei casi legati a mezzi di sollevamento sono state riscontrate criticità legate alla mancata delimitazione dell’area pericolosa in prossimità della zona operativa della macchina.

 

-          il 90% degli infortuni legati a impianti di produzione è dovuto a problemi legati alla macchina, come il cattivo funzionamento, l’assenza di protezioni adeguate e/o di dispositivi contro l’avvio accidentale.  

 

Indipendentemente dalla tipologia di mezzo fisso coinvolto, un terzo degli infortuni analizzati è avvenuto durante un intervento, quasi sempre nel corso di una fase di manutenzione ordinaria. Di questi, un buon numero è legato ad errori procedurali o di utilizzo dell’operatore, che portano all’attivazione della macchina quando l’area operativa non è ancora sgombra.

 

Di seguito alleghiamo la scheda Infor.mo dell’Inail dal titolo “Avviamento intempestivo di mezzi fissi e su ruote”, che riporta in forma aggregata i dati fin ora citati nell’articolo ed elenca le principali misure tecniche specifiche per evitare questo genere di infortuni. Buona lettura!  



- “Avviamento intempestivo di mezzi fissi e su ruote”, Infor.mo INAIL
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La certificazione acustica e vibratoria delle macchine
09/06/2022

L’articolo di oggi si occupa di valutazione e prevenzione dei rischi correlati all’esposizione a rumore e vibrazioni nei luoghi di lavoro.

 

A tal proposito, un’interessante strumento operativo è il documento INAIL dal titolo “Certificazione acustica e vibratoria delle macchine”, rivolto ad addetti aziendali/industriali e ai loro consulenti con lo scopo di offire loro una visione di insieme di tutte le norme applicabili, suddivise per settore e con un taglio di carattere pratico.

 

In altre parole, questo manuale è da considerarsi uno di quegli strumenti operativi che il d.lgs. 81/2008 prevede in materia di riduzione dei rischi.

Possiamo dividere il manuale in due parti, che trattando rispettivamente di:

 

1)    Riferimenti legislativi comunitari relativi alle macchine (Direttiva Macchine) riguardo definizioni e procedure finalizzate alla certificazione acustica e vibratoria incluse le procedure di valutazione della conformità e la relativa marcatura CE di prodotti.

 

2)    Riferimenti legislativi comunitari relativi a rumore e vibrazioni (2006/42/CE, 2000/14/CE, 2003/10/CE, 2006/42/CE, 2002/44/CE), nonché dei cenni alle norme tecniche generali, alle norme tecniche di prodotto e alle schede tecniche di ciascuna norma trattata.

 

Come sempre, qui sotto trovate il testo integrale del documento da scaricare

gratuitamente per approfondimenti. Buona lettura!



- INAIL 2020 - La certificazione acustica e vibratoria delle macchine: manuale operativo.
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Attività lavorativa in ambienti confinati: i rischi e le misure preventive
26/05/2022

Nonostante i numerosi incidenti avvenuti negli anni, gli spazi confinati continuano ad essere causa di numerosi infortuni gravi e mortali avvenuti in “ambienti sospetti di inquinamento o confinati”.

 

Inoltre, analizzando le dinamiche degli incidenti all’interno di ambienti di lavoro confinati, emergono spesso cause comuni, come la scarsa informazione e formazione degli operatori sui pericoli che tale ambiente presenta, la mancata valutazione del rischio e il non rispetto di quanto previsto dalla normativa.

 

Il documento analizzato oggi - dal titolo “Documento sintetico: lavori in spazi confinati DPR 177/11” - ha quindi lo scopo di far conoscere i rischi specifici di questo tipo di ambienti, scegliere le adeguate procedure di sicurezza e migliorare la prevenzione.

 

Cosa s’intende per ambiente confinato?

 

L’espressione ambiente confinato indica un luogo o ambiente totalmente o parzialmente chiuso non destinato e progettato per la permanenza di persone ma che, se necessario, può essere occupato temporaneamente per ispezioni, manutenzioni, riparazioni, pulizie o simili. E’ inoltre caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, che rendono più elevato il pericolo di morte o di infortunio grave.

 

I pericoli legati agli spazi confinati

 

Oltre alla presenza di rischi “normali” (ovvero riscontrabili anche in altri tipi di ambienti lavorativi) i rischi specifici degli ambienti confinati possono essere ricondotti alle seguenti categorie:

 

1)      La configurazione poco agevole dello spazio e delle vie d’uscita (botole, passaggi stretti etc.) che rende difficile sia l’evacuazione dell’area che lo svolgimento di un’eventuale salvataggio.

 

2)      Il possibile sviluppo di un’ atmosfera incompatibile con la vita, come ad esempio il rischio che si manifesti una carenza di ossigeno nell’ambiente o che si accumulino sostanze tossico/nocive, infiammabili o comburenti nell’aria.  

 

Spazi confinati, valutazione del rischio e prevenzione

 

Veniamo ad alcune misure di prevenzione per l’esecuzione di lavori in ambienti confinati: come prima cosa, il datore di lavoro deve valutare se sia possibile evitare di far entrare le persone in spazi confinati.

 

Qualora non fosse possibile fare altrimenti, è necessario svolgere una valutazione dei rischi adeguata per definire le misure necessarie a garantire la sicurezza dei lavoratori che dovranno entrarci, tenendo conto di:

- tipo di attività;

- il tipo di ambiente di lavoro;

- i materiali e le attrezzature usati;

- l’idoneità degli addetti, che devono ricevere una formazione specifica;

- le soluzioni e procedure da adottare per eventuali interventi d’emergenza.

 

Di seguito trovate la versione integrale del documento, contenente un elenco esaustivo delle procedure operative da svolgere e tenere da conto, così come la normativa vigente in materia e riferimenti specifici a imprese, lavoratori autonomi ed appalti. Buona Lettura!



- Regione Liguria, Azienda Sanitaria Locale n. 5, Dipartimento di Prevenzione Struttura Complessa PSAL, “Documento sintetico: lavori in spazi confinati DPR 177/11”, versione del 17 gennaio 2015.
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Disturbi muscoloscheletrici sul luogo di lavoro: come prevenirli secondo l’EU-OSHA
12/05/2022

Dal 2020 l'Agenzia europea EU-OSHA sta svolgendo una serie di ricerche incentrate sul rapporto tra disturbi muscoloscheletrici (o dms) e attività lavorativa, inserite nell’ambito della campagna triennale europea Ambienti di lavoro sani e sicuri. Alleggeriamo il carico!.

 

I principali obbiettivi di questa campagna sono:

 

1.     Fornire dati e cifre su esposizione e impatto dei dms e delle loro conseguenze allo scopo di sensibilizzare sulla rilevanza della prevenzione;

2.     Facilitare l’accesso a risorse sull’argomento per promuovere una gestione proattiva della valutazione dei rischi professionali responsabili dei dms;

3.     Dare evidenza di quanto il problema sia trasversale e radicato, in quanto non fa distinzioni di alcun tipo: uomini o donne, giovani o anziani, artigiani o lavoratori da ufficio, tutti possono manifestare disturbi muscoloscheletrici dovuti all’attività lavorativa;

4.     migliorare le conoscenze sui rischi emergenti in relazione ai dms;

5.     migliorare la consapevolezza e la conoscenza sull'importanza della corretta gestione della permanenza nei luoghi di lavoro di lavoratori con dms cronici;

 

6.     mobilitare e stimolare un'efficace collaborazione tra le diverse parti interessate, facilitando lo scambio di informazioni, conoscenza e buone pratiche.

 

Nell’ambito di questa campagna, gli studi fin ora prodotti hanno evidenziato che tra le cause in ascesa dei dms da attività lavorativa figurano: movimenti ripetitivi della mano o del braccio, mantenimento prolungato della posizione da seduto e sollevamento o spostamento di persone o carichi pesanti.

 

Studi europei e materiali di approfondimento

 

Ogni tipologia di lavoratori, mansioni e ambienti lavorativi presenta rischi specifici legati ai dms, che richiedono una gestione ad hoc. Per questo, al fine di consentire un’agevole ricerca di materiali interenti alla propria realtà, la banca dati dell’OSHA ha predisposto un sistema di ricerca per filtri della sua banca dati, che potete consultare e scaricare gratuitamente cliccando QUI.  

 

Le risorse includono casi-studio reali e materiali visivi riguardo diversi tipi di pericolo e misure di prevenzione e sono per lo più in lingua inglese, anche se è possibile filtrare i documenti in lingua italiana.

 

Essendo tante e tutte molto interessanti, in via eccezionale oggi non troverete nessuna risorsa allegata a fine notizia, ma lasciamo a voi la scelta tra quelle presenti banca dati dell’EU-OSHA. Buona lettura!



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Carrelli industriali e sollevamento di carichi oscillanti: quali norme?
28/04/2022

In occasione della Giornata Mondiale per la Sicurezza sul Lavoro, oggi torniamo a parlare del Documento INAIL dal titolo Apparecchi di sollevamento materiali di tipo mobile. Istruzioni per la prima verifica periodica ai sensi del d.m. 11 aprile 2011, già trattato nell’articolo dello scorso Novembre riguardo scheda tecnica e verifica periodica delle macchine movimento terra.

 

Il tema di oggi riguarda però la sicurezza dei carichi sospesi e, nello specifico, le norme per i carrelli industriali con dispositivi che permettono la funzione di sollevamento carichi oscillanti.

 

L’importanza di questo documento deriva soprattutto dalla chiarificazione di un passaggio cruciale per l’argomento: sebbene il Documento indichi le norme attualmente in vigore per i carrelli industriali semoventi (ISO EN 3691-1: 2015 e la EN 16307-1:2015), esso sottolinea che nessuna di queste comprende alcuna specifica nel caso in cui, mediante l’accoppiamento con uno specifico dispositivo, essi vengano destinati al sollevamento di carichi oscillanti.

 

Ne consegue quindi che la loro applicazione non fornisce presunzione di conformità alla Direttiva Macchine per questa specifica destinazione d’uso, regolata invece dal soddisfacimento dei requisiti essenziali di sicurezza pertinenti, come quelli relativi alla parte 4 dell’allegato I della Direttiva stessa, dal titolo “Requisiti essenziali supplementari di sicurezza e di tutela della salute per prevenire i pericoli dovuti ad operazioni di sollevamento”.

 

Sull’argomento, il documento INAIL riporta infine alcuni passaggi in merito alla limitazione di corsa e velocità di discesa dei carichi e alle caratteristiche necessarie per un sistema di sollevamento idraulico, così come alcune indicazioni riguardo la protezione dell’operatore, con riferimento specifico a:

 

·         protezione da ruote e dagli oggetti sollevati dalle ruote;

·         protezione da schiacciamento, taglio e intrappolamento; 

·         distanze minime; 

·         protezione dei piedi; 

·         dispositivo di trattenuta dell’operatore; 

·         dispositivi di protezione. 

 

Come sempre, qui sotto trovate il link tramite cui consultare e scaricare gratuitamente il testo integrale del Documento INAIL in questione. Buona lettura!



- “Apparecchi di sollevamento materiali di tipo mobile. Istruzioni per la prima verifica periodica ai sensi del d.m. 11 aprile 2011”
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L’iter di acquisto e inserimento di una nuova attrezzatura nel proprio ambiente di lavoro
14/04/2022

Tra i momenti significativi per la riduzione del rischio sul luogo di lavoro spicca sicuramente la fase di immissione di una nuova macchina in un ambiente di lavoro, in quanto permette di agire preventivamente per scongiurare possibili incidenti futuri. Per questo motivo è importante seguire un processo valutativo sufficientemente articolato, sia che si tratti di macchine nuove sia usate.

 

Oggi presentiamo quindi un documento particolarmente utile allo scopo: Utilizzo in sicurezza delle macchine. Guida per le imprese, scritto da ATS Brianza e frutto del lavoro del Comitato di Coordinamento Provinciale di Monza e Lecco ex art.7 D.Lgs. 81/08.

 

Oltre al corpo del documento risultano molto interessanti i numerosi allegati, che forniscono checklist, schede e altre informazioni di carattere operativo adattabili alle singole realtà aziendali.

 

Allegato A: acquisto di nuova attrezzatura e verifiche di conformità

 

In particolare, l’allegato A fornisce l’iter corretto da seguire per l’acquisto di una nuova attrezzatura, di cui di seguito riassumiamo sommariamente i punti.

 

1) Definire ed elencare le caratteristiche tecniche e prestazionali della macchina e, in base a queste, stabilire se e quale tipo di documentazione è necessario predisporre/acquisire/reperire.

 

2) Considerare le conseguenze dell’installazione della macchina, confrontandosi con RSPP e/o ufficio ambiente e sicurezza per comprendere come gestirle. Ad esempio, l’inserimento di una nuova attrezzatura all’interno di un’ambiente di lavoro potrebbe:

 

- richiedere modifiche agli impianti esistenti

- richiedere la presenza di attrezzature di supporto

- introdurre nuovi pericoli

- richiedere il possesso di autorizzazioni specifiche

- necessitare di formazione specifica del personale

- etc.

 

Valutare le conseguenze e acquisire tutte le informazioni necessarie permette quindi di concludere questa seconda fase con una lista di azioni e attività necessarie al corretto inserimento del tipo di attrezzatura in questione nel proprio ambiente di lavoro.


3) L’ufficio acquisti svolge ricerche sul mercato per trovare le attrezzature che meglio rispondono alle esigenze emerse, sia dal punto di vista produttivo che da quello della sicurezza.

 

4) Al momento di formalizzare l’ordine, l’ufficio acquisti deve specificare i requisiti attesi, allegare un’eventuale specifica tecnica predisposta ad hoc e, si sottolinea, anche esplicitare le seguenti condizioni:

 

a) L’impegno del fornitore al rispetto della conformità legislativa applicabile principalmente alle direttive applicabili all’attrezzatura:

- Direttiva Macchine (2006/42/CE)

- Direttiva Bassa Tensione (2014/35/CE);

- Direttiva Compatibilità Elettromagnetica (2014/30/CE);

- Dir. Atex – 2014/34/CE ;

- Dir. PED – 2014/68/UE ;

- Etc.

 

 

b) La tutela sulla verifica di conformità della fornitura che, in caso di mancata conformità, preveda anche un’eventuale clausola di  svincolo dal pagamento di una quota rispetto al saldo dell’importo complessivo.

 

5) Infine, all’atto del ricevimento ed installazione dell’attrezzatura è necessario provvedere alle verifiche di conformità strutturale, funzionale e documentale, compilando un apposita check-list come quella riportata nell’allegato C con l’aiuto del della Manutenzione/Produzione, del RSPP e dell’eventuale EHS.

 

6) Se tutte le condizioni di conformità sono soddisfatte, il modulo di accettazione viene completato, firmato dall’incaricato e consegnato all’ufficio acquisti per procedere al saldo secondo accordi.

 

Vuoi saperne di più? Come sempre qui sotto trovi il testo integrale del Documento con tutti gli allegati A-E sull'argomento. Il resto degli allegati sono scaricabili gratuitamente in versione modificabile dal sito dell'ATS Brianza cliccando QUI. Buona lettura!



- ATS Brianza "Utilizzo in sicurezza delle macchine: guida per le imprese" - Versione 2020 + Allegati A-E
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Carbon Credits: come compensare le emissioni di CO2 della tua azienda
24/03/2022

L’importanza strategica di prodotti e servizi sostenibili

 

Oggigiorno la sostenibilità del proprio prodotto o servizio risulta sempre più rilevante, poiché sempre più consumatori e investitori stanno attenti all’impatto che i prodotti utilizzati o finanziati hanno sul nostro Pianeta.

 

Esistono vari strumenti per misurare e valutare tale impatto: gli studi LCA o la misurazione del Carbon Footprint hanno lo scopo di fornire informazioni più o meno ampie riguardo l’impatto di un prodotto o servizio sull’ambiente, a partire dalle quali è possibile attuare modifiche strategiche per ridurlo.

>>> Vuoi saperne di più? Visita la pagina dedicata sul nostro sito e seguici su Linkedin

 

Tuttavia, non è sempre possibile ridurre tale impatto: ad esempio, in molti settori non è possibile fare del tutto a meno dei combustibili fossili. Nasce quindi in concetto di Carbon Credits, grazie ai quali gli impatti ambientali possono essere compensati.

 

Cosa sono i Carbon Credits e come acquistarli  

 

Tecnicamente, un Credito di Carbonio è un’unità di carattere finanziario che rappresenta la rimozione di una tonnellata di CO2 equivalente dall’atmosfera: chi acquista un Credito di Carbonio ottiene un certificato negoziabile del valore di una tonnellata di CO2 equivalente non emessa o assorbita.

 

Quando un’azienda acquista un Credito di Carbonio certificato, questo viene tracciato su specifici registri gestiti da terzi, in modo da evitare che lo stesso Credito sia venduto più volte. Il denaro speso per l’acquisto del Credito finanzia progetti di tutela ambientale finalizzati alla riduzione o all’assorbimento delle emissioni globali di CO2 o di altri gas nocivi, andando così a compensare le emissioni della propria azienda.

 

ETS o mercato volontario?

 

Una volta l’anno, tutte le imprese soggette per legge partecipano all’EU ETS o Emissions Trading Scheme, un mercato apposito dei Carbon Credits che opera secondo il principio del “Cap and Trade”: viene fissato un tetto che stabilisce la quantità massima di CO2 che può essere emessa dagli impianti in questione e, entro questo limite, le imprese possono acquistare o vendere quote seguendo le normali leggi di domanda e offerta.

 

Per le aziende non tenute a partecipare all’ETS è comunque possibile acquistare Carbon Credits per compensare le proprie emissioni al Mercato Volontario, grazie al quale vengono finanziati svariati progetti di compensazione nei paesi in via di sviluppo.  

 

mtm consulting e il nostro impegno per la sostenibilità

 

Nel 2014 mtm consulting srl ha acquistato 65 VER - Verified Emission Reduction - ossia crediti di emissioni di CO2 - nel mercato volontario certificati dal Gold Standard. A Gennaio 2022 abbiamo provveduto a ritirarli dal mercato, compensando le emissioni aziendali per i prossimi 4 anni.

 

Per chi volesse approfondire il funzionamento del sistema di compensazione del carbonio, di seguito alleghiamo la Guida Pratica alla Compensazione di Gold Standard. Buona Lettura!



- Gold Standard CO2 compensation: a practical guide
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Inserire le problematiche legate al genere nella valutazione dei rischi
10/03/2022

 

Per migliorare le condizioni di lavoro delle persone sono necessari sforzi continui ad ogni livello e su ogni fronte.

 

Tuttavia, in occasione della Giornata Internazionale della Donna di due giorni fa, oggi ci soffermiamo sulla relazione che intercorre tra genere e SSL. Anche se a prima vista può sembrare una banalità, se si svolge l’attività di valutazione e prevenzione dei rischi senza tener conto delle differenze di genere si corre il rischio di sottovalutare o addirittura di ignorare le lavoratrici e le loro esigenze.

 

Cosa significa valutare i rischi di genere?

 

Nel documento allegato vengono esposti alcuni suggerimenti per rendere la valutazione dei rischi più sensibile al genere.

 

Dato che vi sono differenze di genere in un’ampia serie di problematiche più vaste legate alle circostanze di lavoro (molestie sessuali, discriminazione, partecipazione al processo decisionale sul luogo di lavoro, conflitti tra lavoro e vita privata, etc.) è necessario affrontare la prevenzione dei rischi in modo olistico.

 

Un altro obiettivo è quello di individuare pericoli meno evidenti e i problemi di salute che si manifestano più frequentemente nelle donne.

 

Maggiore sicurezza per le donne, maggiore sicurezza per tutti

 

Appurata la mancanza di tutela per determinati settori ed esigenze tipicamente femminili, è importante tenere a mente che ciò non s’significa che il genere maschile sia immune a questi rischi: considerare i rischi lavorativi da un punto di vista di genere vuol dire infatti rendere il luogo di lavoro più sicuro per tutti.

 

A tal proposito, di seguito vi lasciamo un documento dell’ Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, dove sono illustrati ed esemplificati alcuni fattori di rischio legati al genere, i problemi che ne possono derivare e le possibili soluzioni per contribuire a ridurre il gender gap della sicurezza sul lavoro. Buona lettura!



- "Inserire le problematiche legate al genere nella valutazione dei rischi", Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, 2003.
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Regolamento (UE) 2019/1020: cosa cambia per gli importatori
24/02/2022

Con l’entrata in vigore del regolamento (UE) 2019/1020, da Luglio 2021 l’importazione di svariati prodotti all’interno dell’Unione Europea è soggetta ad importanti novità, tra cui quelle legate alla Direttiva Macchine.

 

Di seguito vediamo dunque cosa cambia per gli importatori di macchine da un paese extra UE, sperando di aiutarvi a fare chiarezza sulla nuova catena delle responsabilità in merito.  

 

Chi è l’importatore e cosa deve fare in quanto tale

 

Il regolamento UE 2019/1020 definisce l’importatore come:

 

“qualsiasi persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che immette sul mercato dell’Unione un prodotto proveniente da un paese terzo“ (art. 3, punto 9). 

 

Nello specifico, i prodotti legati alla Direttiva Macchine possono essere immessi sul mercato dell’UE solamente da uno dei seguenti operatori economici:

1) un fabbricante;

2) un rappresentante autorizzato (la direttiva macchine usa il termine “mandatario”);

3) un fornitore di servizi di logistica.

 

Essere un importatore comporta:

 

1) verificare che sia stata redatta la dichiarazione di conformità del prodotto e conservarla per almeno dieci anni dalla sua data di immissione sul mercato;

 

2) verificare che sia stata redatta la documentazione tecnica come da normativa di armonizzazione UE e che possa essere fornita alle autorità di vigilanza del mercato quando richiesto, sia che sia conservata e consegnabile alle autorità dal fabbricante originario o eventuale rappresentante autorizzato.

 

Quali responsabilità ha l’importatore?

 

Qualora abbia motivo di ritenere che un prodotto presenti un rischio, l’importatore deve cooperare con l’autorità su tutto ciò che richiede. In particolare deve:

 

1) informare le autorità di vigilanza del mercato di tutti gli stati UE in cui il prodotto è stato messo a disposizione;

 

2) garantire la rapida risoluzione delle non conformità presenti sul prodotto o, se non risulta fattibile, perlomeno ridurre i rischi generati dal prodotto. A tal proposito è necessario informare le autorità di vigilanza del mercato riguardo il tipo di azioni correttive applicate e il loro stato di avanzamento.

 

Questi sono i punti proncipali introdotti e rimarcati dal Regolamento. Come sempre riportiamo di seguito il testo integrale del Regolamento per approfondimenti. Buona lettura!



- Gazzetta ufficiale dell' Unione Europea: Regolamento (UE) 2019/1020
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Decreto Minicodice e sicurezza antincendio: novità e chiarimenti
10/02/2022

Dopo gli scorsi articoli riguardanti i decreti Controlli e GSA (te li sei persi? Li trovi QUI e QUI), oggi ci occupiamo del cosiddetto Decreto Minicodice, ultimo dei tre decreti che dal prossimo autunno sostituiranno definitivamente il DM 10 marzo 1998.

 

Decreto Minicodice, Codice di Prevenzione Incendi e Circolare 16700

 

Il Decreto Minicodice definisce i criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. In particolare, il suo intento è di allineare i criteri di prevenzione incendi adottati nei luoghi di lavoro con il Codice di Prevenzione Incendi, in modo da omologare e semplificare l’applicazione della legge in materia.

 

Non si può dunque parlare di uno senza fare riferimento all’altro, tanto che l’8  novembre 2021 la Direzione Centrale per la Prevenzione e Sicurezza Tecnica del Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha emanato una circolare con i primi chiarimenti in merito a tale , che – come da consuetudine – trovate al link qui sotto, assieme al testo integrale del Decreto.  

 

Decreto Minicodice: cosa cambia?

 

Sulla base dei documenti fin ora elencati emerge quindi che il Decreto Minicodice individua un unico quadro di regole tecniche applicabili ai luoghi di lavoro, corrispondente e congruente con la normativa di prevenzione incendi e completo rispetto a tutte le casistiche che si possono presentare (articolo 2).

 

Esso estende infatti il loro campo di applicazione a tutti i luoghi di lavoro non dotati di regole tecniche, e, in particolare, a tutti i luoghi di lavoro che comprendono attività soggette ai controlli di prevenzione incendi (articolo 3).

 

L’articolo 3, che costituisce il cardine del decreto, si sofferma in particolare sul contenuto fondante del Decreto che fornisce indicazioni per individuare i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio da applicare nello specifico luogo di lavoro. In particolare, evidenzia che:

 

I criteri per i luoghi di lavoro a basso rischio (come da allegato I).

 

- Che per i luoghi di lavoro che non ricadono nei commi 1 e 2, i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio sono quelli contenuti nel DM 3 agosto 2015 (articolo 3, comma3).

 

- Che, qualora il Codice di Prevenzione Incendi lo preveda, è possibile che anche per i luoghi di lavoro a basso rischio venga applicato il DM 3 agosto 2015.

 

Come da prassi qui sotto alleghiamo la documentazione integrale per eventuali approfondimenti in vista dell’effettiva entrata in vigore del Decreto, prevista come nei casi precedenti ad un anno dalla sua pubblicazione – il 29 Ottobre 2022. Buona lettura! 

 



- Testo integrale Decreto Minicodice + Circolare Direzione Centrale per la Prevenzione e Sicurezza Tecnica del Dipartimento dei Vigili del fuoco
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Gestione della sicurezza antincendio: nuovo decreto per i luoghi di lavoro
27/01/2022

Dopo lo scorso articolo sul Decreto Controlli, oggi presentiamo invece il secondo dei tre Decreti del Ministero dell’Interno in materia di sicurezza e prevenzione antincendio previste dal Testo Unico del 2008 e che vanno a sostituire le disposizioni del 10 Marzo 1998.

 

Emanato il 2 Settembre 2021 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 04 Ottobre 2021, il secondo Decreto riguarda la gestione in esercizio ed in emergenza della sicurezza antincendio sul luogo di lavoro, con indicazioni su formazione, informazione, addetti antincendio e docenti.

 

Questo decreto venne già preceduto da alcuni D.Lgs. antecedenti, come il n.139 dell’8 Marzo 2006 e il Codice di Prevenzione Incendi del 2015, che rimangono comunque in vigore. Tale Decreto non vuole sostituire i criteri generali di sicurezza antincendio stabiliti dalle disposizioni fin qui citate, bensì approfondirne alcuni aspetti tecnici  per proseguire verso quel graduale processo di aggiornamento della normativa antincendio che mira a sganciarsi dai principi del DM del 1998.

 

Riassumiamo di seguito le principali caratteristiche del presente decreto, che come sempre trovate allegato in versione integrale in fondo alla pagina. 

 

A chi si rivolge?

Il D.Lgs. 02/09/2021 si applica ai luoghi di lavoro così come descritti nell’ Art.62 del Testo Unico, mentre per i cantieri temporanei e mobili e le attività a rischio incidente rilevante sono da applicare solo gli aspetti riguardanti la designazione degli addetti antincendio, la formazione e i docenti.

 

Il piano di emergenza: chi deve redigerlo?

Sulla base delle caratteristiche di ciascun luogo di lavoro, l’allegato I del presente decreto definisce le misure da adottare in esercizio e in emergenza. Tali misure vanno inserite all’interno del Piano d’emergenza solo se:

 

1) L’azienda in questione occupa 10 o più lavoratori

2) Si tratta di un luogo di lavoro aperto al pubblico dove è possibile si concentrino 50 o più persone contemporaneamente.

3) E’ un luogo di lavoro che rientra nell’allegato I al DPR del 1° Agosto 2011, n. 151, ossia un’attività per cui è necessaria una SCIA Antincendio.

 

In tutti gli altri casi sono comunque necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio ma è sufficiente riportarle nel documento di valutazione dei rischi o “nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all'art. 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”.

 

Formazione e informazione antincendio: come e quando farla?

Il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire ai lavoratori un’adeguata informazione e formazione sui “principi di base della prevenzione incendi e sulle azioni da attuare in presenza di un incendio”. Questa formazione va sempre somministrata all’assunzione e aggiornata tempestivamente qualora cambi la conformazione dell’azienda.

 

Il contenuto varia a seconda del tipo di ambiente di lavoro e dal conseguente rischio che ne deriva per il lavoratore, ossia in base alla valutazione dei rischi effettuata. Tuttavia, non può non toccare i seguenti argomenti:

 

1) I rischi di incendio e di esplosione legati all'attività svolta

 

2) I rischi di incendio e di esplosione legati alle specifiche mansioni svolte

 

3) Le misure di prevenzione e di protezione incendi adottate nel luogo di lavoro con particolare riferimento a:

 - L’osservanza delle misure di prevenzione degli incendi e relativo corretto comportamento negli ambienti di lavoro

 - Gli accorgimenti comportamentali correlati agli scenari di emergenza: uso di ascensori, porte etc. 

 - L’ubicazione delle vie d'esodo

 

4) Le procedure da adottare in caso di incendio, ed in particolare informazioni inerenti a:

 - Le azioni da attuare in caso di incendio

 - L’azionamento dell’allarme

 - Le procedure da attuare all’attivazione dell'allarme e di evacuazione fino al punto di raccolta in luogo sicuro

 - La modalità di chiamata dei vigili del fuoco

 

5) I nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze e primo soccorso.

 

6) Il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

 

Come da prassi qui sotto alleghiamo la documentazione integrale per eventuali approfondimenti in vista dell’effettiva entrata in vigore del Decreto, prevista anche in questo caso dopo un anno dalla sua pubblicazione – il 4 Ottobre 2022. Buona lettura!

 



- Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a) , punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
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Decreto Controlli e misure antincendio: La figura del tecnico manutentore qualificato
13/01/2022

Nell’ormai noto Testo Unico per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro (o più brevemente D.Lgs. 81/2008) veniva già nominata la prevenzione incendi come funzione di grande interesse pubblico nella tutela dell’incolumità delle persone, dei beni e dell’ambiente, motivo per cui era considerata di esclusiva competenza statale.

 

Tuttavia, i contenuti presenti nel Testo Unico a riguardo sono andati a sostituire solo in parte le precedenti disposizioni del 1998 in quanto fornisce indicazioni di carattere prevalentemente generale. Si è dovuto attendere 13 anni perché il Testo Unico venisse integrato con disposizioni più aggiornate: il 25 Settembre 2021 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il “Decreto Controlli” del 01 Settembre 2021, primo di tre decreti del Ministero dell’Interno emanati in sostituzione del DM 10/3/1998.

 

Il decreto controlli indica i criteri generali per il controllo e la manutenzione di impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio. In particolare, esso definisce la figura del tecnico specializzato, indica le procedure da seguire per effettuare la manutenzione di impianti e attrezzature antincendio e fornisce le modalità di qualificazione del tecnico qualificato.

 

Come da prassi, qui sotto alleghiamo la documentazione integrale per eventuali approfondimenti in vista dell’effettiva entrata in vigore del Decreto il 25 Settembre 2022, un anno esatto dopo la sua pubblicazione. Buona lettura!



- Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a) , punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
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Le macchine alimentari sicure: criteri di sicurezza e conseguenze di non conformità
08/12/2021

L’argomento di oggi riguarda la sicurezza macchine in ambito alimentare, argomento trattato in modo specifico dal documento INAIL intitolato “L’accertamento tecnico per la sicurezza delle macchine alimentari” che trovate in fondo all’articolo.

 

Prima di elencare le 15 schede tecniche riguardanti diverse tipologie specifiche di macchine alimentari, il documento si sofferma sulle istituzioni incaricate di “sorvegliare il mercato” e sulle conseguenze da esse attuate in caso di mancato rispetto della normativa.

 

Il concetto di sorveglianza di mercato include tutte quelle attività di controllo e verifica della conformità dei prodotti che rientrano nella Direttiva Macchine una volta che sono stati messi in funzione o venduti.

 

In Italia l’art. 6 del Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 17 (recepimento della direttiva macchine) attribuisce a due ministeri (Ministero dello sviluppo economico, Ministero del lavoro e delle politiche sociali) le funzioni di autorità di sorveglianza del mercato riguardo le macchine e le quasi-macchine.

 

Nota Bene: La sorveglianza di mercato NON è da confondere con la valutazione di conformità, che ha invece lo scopo di garantire la conformità delle macchine PRIMA che esse vengano commercializzate o utilizzate e spetta al fabbricante o al suo mandatario.  

 

Cosa succede nel caso in cui l’indagine delle autorità di sorveglianza di mercato dovesse ritenere una macchina o quasi macchina non conforme ai requisiti essenziali previsti dalla legge?

 

In primo luogo, l’autorità impone al fabbricante o suo mandatario di svolgere le modifiche necessarie a rendere conforme la macchina o quasi macchina in questione e tutte quelle eventuali altre prodotte con lo stesso difetto di fabbricazione in tutta l’Unione Europea.

 

Qualora il fabbricante non svolga le modifiche volontariamente, l’autorità di mercato dello stato membro in questione deve adottare le misure necessarie per assicurare il ritiro dal mercato dei prodotti pericolosi e notificare il fatto alla commissione europea, in modo da poter ritirare tale prodotto da tutta l’UE.

 

Le autorità di sorveglianza del mercato hanno infine il compito di avvertire gli utilizzatori del prodotto non conforme per prevenire possibili infortuni o danni alla salute derivanti dal suo utilizzo, favorendo per quanto possibile la collaborazione tra tutti gli operatori economici interessati. 

 

Oltre alle schede tecniche sopra citate, nel documento qui sotto trovate lo schema descrittivo dell’iter completo di sorveglianza di mercato in Italia, compresi tutti gli organi intermedi dislocati sul territorio e le loro funzioni specifiche. Buona lettura!

 



- L’ACCERTAMENTO TECNICO PER LA SICUREZZA DELLE MACCHINE ALIMENTARI
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Macchine movimento terra: dalla verifica periodica alla scheda tecnica
24/11/2021

L’articolo art.71 prescrive che le attrezzature di lavoro elencate nell’allegato VII siano sottoposte a verifiche periodiche per valutarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza. 

 

In particolare, nel caso in cui si tratti di un apparecchio di sollevamento di tipo fisso non azionato a mano con portata superiore a 200 kg, il datore di lavoro è obbligato a:

 

·                 Dare comunicazione di messa in servizio dell’attrezzatura all’unità operativa territoriale (UOT) Inail competente, la quale le assegnerà una matricola;

 

·                 Richiedere la prima delle verifiche periodiche all’unità operativa territoriale Inail competente secondo le scadenze indicate dall’allegato VII.

 

Proprio in relazione a questo ruolo, l’INAIL ha pubblicato diversi documenti di approfondimento in merito alle fasi i di cui si compone l’attività tecnica di prima verifica periodica: compilazione della scheda tecnica dell’attrezzatura e redazione del verbale di verifica. 

 

 



- INAIL - Macchine movimento terra: dalla verifica periodica alla scheda tecnica
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La manutenzione delle attrezzature di lavoro
10/11/2021

Le attrezzature di lavoro sono un elemento fondamentale per l’attività lavorativa. Per questo, lavorare in sicurezza vuol dire, tra le altre cose, lavorare con attrezzature a norma di legge e sotto costante manutenzione.

 

Cosa s'intende per manutenzione?

In materia di sicurezza la legge di riferimento è sempre il Testo unico per la salute e la sicurezza del lavoro, conosciuto anche come D.lgs. 81/2008 (vuoi saperne di più? Ne parliamo più approfonditamente qui).

 

Tale Testo Unico definisce che per manutenzione continua delle attrezzature di lavoro s’intendono tutte quelle azioni tecniche, amministrative e gestionali, previste durante il ciclo di vita di un'attrezzatura, destinate a mantenerla o riportarla in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta.

 

In particolare, l’attività di manutenzione presenta scopi quali:

1) Conservare nel tempo prestazioni e caratteristiche di sicurezza, contrastando il degrado dovuto all’usura e l’invecchiamento, causati, a loro volta, dalle diverse sollecitazioni; 

2) Ridurre i costi di gestione e le perdite di produzione causate dal degrado e dall’invecchiamento precoce;

3) Rispettare le disposizioni legislative.

 

Risulta quindi subito chiara l’importanza di questa misura di prevenzione e protezione per la sicurezza e salute dei lavoratori, la cui obbligatorietà viene citata e ribadita più volte nel corso del decreto 81/2008, primo fra tutti nell’articolo 71. La manutenzione risulta però essere anche un’attività ricca di pericoli per chi la svolge.

 

Indicazioni normative: cosa dice il documento INAIL 2019?

La duplice natura del concetto di manutenzione delle attrezzature di lavoro è trattata ed approfondita nel documento INAIL del 2019 dal titolo “la manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione”, a cura del Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’Inail.  

 

In particolare, il documento in questione si sofferma sui seguenti argomenti:

1) La manutenzione dei luoghi di lavoro, degli impianti e delle attrezzature di lavoro;

2) L’esternalizzazione della manutenzione

3) I rischi dovuti alle interferenze nell’ambiente lavorativo.

 

Di seguito il link per scaricare gratuitamente il documento INAIL integrale. Buona lettura!

 



- INAIL - La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione
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Nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili
27/10/2021

Le scale portatili sono attrezzature ampiamente diffuse e utilizzate nell’ambiente di lavoro e nell’ambiente di vita. Tuttavia, pur venendo adoperate da moltissime persone, tali scale comportano rischi elevati.

 

I principali incidenti in merito riguardano solitamente la stabilità nell’uso e la resistenza strutturale derivante dalle sollecitazioni cicliche. Al fine di ridurre al minimo il rischio di incidente, è fondamentale che le scale portatili siano fabbricate con un livello intrinseco di sicurezza maggiore.

 

L’individuazione delle misure progettuali e di sperimentazione per ridurre al minimo i rischi connessi con le attività effettuate con le scale portatili deve quindi coinvolgere un’attività di ricerca sulle caratteristiche di resistenza e di stabilità delle stesse.

 

A seguito di questo incipit, vi presentiamo in allegato un articolo dell’Inail che spiega in modo dettagliato quali possono essere i nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili. Buona lettura!



- INAIL: Nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili
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Microclima: come valutare lo stress termico negli ambienti freddi?
13/10/2021

Il metodo IREQ per gli ambienti freddi

In merito agli ambienti freddi, la normativa tecnica fa riferimento al metodo IREQ (Insulation REQuired), trattato nella norma UNI EN ISO 11079:2007.

Questo metodo di valutazione, si basa sul fatto che le condizioni ideali del clima corrispondono con la condizione di neutralità termica, mentre lo stress termico è sempre più intenso quanto più lo squilibrio energetico è grande.

Il metodo IREQ  si basa sulle “equazioni del bilancio termico dell’organismo umano”, utilizza inoltre un codice che esamina tutti gli scambi di energia fra soggetto ed ambiente, fornisce inoltre l’isolamento termico del vestiario IREQ, il quale è richiesto con lo scopo di mantenere condizioni organiche accettabili durante l’esposizione.

 

I parametri del metodo

Le quantità richieste per poter applicare il metodo IREQ, sono le medesime su cui si fondano i metodi PMV e PHS, nello specifico quattro quantità fisiche (parametri ambientali) e due descrittori di specifiche caratteristiche dell’individuo (parametri individuali), riportiamo di seguito tutti i parametri:

·        pressione parziale del vapore acqueo;

·        temperatura media radiante;

·        temperatura dell’aria;

·        velocità relativa dell’aria;

·        attività metabolica;

·        isolamento termico del vestiario.

 

Il descrittore del rischio

Il metodo IREQ si serve di un solo descrittore del rischio chiamato IREQ, prevede però il calcolo di “due diversi valori di quest’indice”:

·        IREQmin è il valore di isolamento termico che assicura le condizioni minime accettabili;

·        IREQneutral è il valore di isolamento termico che garantisce le condizioni di neutralità termica.

 

Di seguito il link al testo completo del documento INAIL di riferimento. Buona lettura! 



- INAIL: La valutazione del Microclima
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Come valutare la qualità delle procedure di emergenze negli ambienti confinati
23/09/2021

Il documento “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento” prodotto nel 2019 e aggiornato nel 2020 dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), riporta che gli aspetti che caratterizzano un infortunio e gli aspetti organizzativi/procedurali connessi per la gestione dell’emergenza, da pianificare e verificare all’interno di una procedura sono:

 

1) Accadimento dell’evento incidentale: questa fase deve essere preceduta da una specifica valutazione dei rischi dell’ambiente confinato, necessaria a definire i possibili scenari di emergenza, tali da non rendere possibile una procedura di autosoccorso. 

 

2) Individuazione dell’emergenza: gli operatori in assistenza esterna devono essere in grado di individuare la situazione di emergenza, sulla base di fattori critici esplicitati durante l’addestramento. 

 

3) Attivazione “protocollo di gestione emergenza”: “gli operatori in assistenza esterna, presa conoscenza di quanto accaduto, attivano il sistema per la gestione dell’emergenza, ad esempio: 

- chiamata “soccorsi” interni e/o esterni; 

- arrivo degli stessi sul luogo d’intervento; 

- verifica fattibilità intervento (presenza rischio incendio, esplosione, ecc.); 

- predisposizione mezzi e attrezzature per l’ingresso dei soccorritori nello spazio confinato. 

 

4) Interventi di recupero classificabili (valutare modalità d’ingresso dei soccorritori all’interno dell’ambiente confinato e di uscita da parte dell’infortunato, attrezzature per l’uscita verticale o orizzontale, DPI da utilizzare, ecc.) in: 

- Intervento di recupero con ingresso operatore/i 

- Intervento di recupero senza ingresso operatore/i.  

 

5) Soccorso medico.  

 

Gli elementi che concorrono a validare la bontà della procedura d’emergenza

 

Il documento riporta che la qualità della procedura potrebbe essere valutata in funzione della relazione: T.individuazione (intervallo di tempo che intercorre dall’evento all’Individuazione della criticità in corso da parte del personale, posto all’esterno dello spazio confinato) + T.attivazione (intervallo di tempo che intercorre dall’individuazione della condizione di emergenza all’attuazione dell’intervento di recupero infortunato) + T.azione (intervallo di tempo che intercorre dall’inizio fase del recupero a quando l’infortunato è fisicamente fuori dallo spazio confinato, a disposizione del personale medico specializzato) < T.sopravvivenza (tempo di sopravvivenza dell’infortunato esposto ai fattori di rischio presenti all’interno dello spazio confinato).

 

Si tratta di un’indicazione di carattere generale, che potrebbe essere suddivisa in ulteriori componenti (tempo di chiamata, tempo di arrivo squadra “dedicata”, tempo di preparazione, ecc.) sui quali è possibile intervenire, purché sia garantita la condizione di fondo: l’intervallo di tempo, che intercorre da quando si verifica l’emergenza a quando il lavoratore infortunato è condotto fuori dallo spazio per ricevere adeguata assistenza medica, deve essere inferiore alle tempistiche, stabilite preliminarmente in fase di valutazione dei rischi e con il fondamentale contributo del medico competente, finalizzate a garantire al lavoratore cure efficaci, in modo da riportare il minor danno possibile, contestualmente allo scenario incidentale in essere.

Riportiamo di seguito il documento per intero. Buona lettura! 



- Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento
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UTILIZZO IN SICUREZZA DELLE MACCHINE - Guida per le imprese
07/07/2021

Gestire adeguatamente tutto il processo che va dall’acquisizione di una macchina, all’installazione, all’uso sicuro e all’eventuale vendita/dismissione può risultare di non semplice soluzione.

 

Al fine di sostenere la figura del datore di lavoro nello svolgimento di questo ruolo e di stimolare un miglioramento nell’utilizzo sicuro delle macchine, l’ATS Brianza e le parti sociali del Comitato di Coordinamento Territoriale hanno elaborato una guida per le imprese al fine di promuovere sistemi efficaci per la gestione dei rischi in modo che le aziende possano evitare di:

 

• mettere a disposizione dei lavoratori macchine palesemente non conformi ai Requisiti Essenziali di Sicurezza (RES) o ai requisiti stabiliti dall’Allegato V del D.Lgs. 81/08; 

• accettare come normali quelle modalità operative che espongono i lavoratori a rischi non considerati e/o non governati.

 

Di seguito ti presentiamo il documento per intero:

ATS Brianza, “Utilizzo in sicurezza delle macchine. Guida per le imprese”



- UTILIZZO IN SICUREZZA DELLE MACCHINE - Guida per le imprese
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La valutazione del rischio vibrazioni
23/06/2021

“L’esposizione professionale a vibrazioni meccaniche può presentare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, se non è correttamente valutata e se non vengono messe in atto, da parte del datore di lavoro per il tramite del Servizio di prevenzione e protezione, tutte le misure tecniche di prevenzione e protezione consentite dallo stato dell’arte e tutte le misure organizzative concretamente attuabili nel posto di lavoro.”

 

Vi presentiamo di seguito il documento Inail in merito a “la valutazione del rischio vibrazioni” da cui abbiamo tratto la prefazione.



- La valutazione del rischio vibrazioni
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Infortuni e malattie professionali: i dati Inail del primo quadrimestre 2021
09/06/2021

Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e aprile sono state 171.870 (-0,3% rispetto allo stesso periodo del 2020), 306 delle quali con esito mortale (+9,3%). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 18.629 (+26,1%). I dati mensili sono fortemente influenzati dall’emergenza Coronavirus.

 

Nella sezione “Open data” del sito Inail sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di aprile. Nella stessa sezione sono pubblicate anche le tabelle del “modello di lettura” con i confronti “di mese” (aprile 2020 vs aprile 2021) e  “di periodo” (gennaio-aprile 2020 vs gennaio-aprile 2021). 

 

Ciò premesso, nel periodo gennaio-aprile di quest’anno si registra, rispetto all’analogo periodo del 2020, ancora una piccola diminuzione delle denunce di infortunio in complesso, un aumento di quelli mortali e una risalita delle malattie professionali. 

 

DENUNCE DI INFORTUNIO

Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail entro lo scorso mese di aprile sono diminuite di 449 casi (-0,3%) rispetto al primo quadrimestre del 2020. La diminuzione dello 0,3% dell’intero periodo è la sintesi di un calo delle denunce osservato nel primo bimestre gennaio-febbraio (-12%) e di un aumento nel secondo bimestre marzo-aprile (+17%), nel confronto tra i due anni.

 

I dati rilevati al 30 aprile di ciascun anno evidenziano a livello nazionale un decremento solo degli infortuni in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, al contrario dei casi avvenuti in occasione di lavoro, che presentano un lieve aumento.

 

CASI MORTALI

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro il mese di aprile sono aumentate rispetto a quelle registrate nel primo quadrimestre del 2020 (+9,3%) e in linea con quelle del primo quadrimestre 2019. Il confronto tra il 2020 e il 2021, richiede però cautela, in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia, con il risultato di non conteggiare un rilevante numero di “tardive” denunce mortali da contagio Covid-19, in particolare del mese di marzo 2020, entrate negli archivi solo nei mesi successivi alla fotografia scattata il 30 aprile 2020. Si fa notare, inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un più o meno lungo periodo di tempo intercorso dalla data del contagio.

 

Ciò premesso, a livello nazionale i dati rilevati al 30 aprile di ciascun anno evidenziano per il primo quadrimestre di quest’anno un decremento solo dei casi in itinere, mentre quelli avvenuti in occasione di lavoro sono incrementati.

 

DENUNCE DI MALATTIA PROFESSIONALE

Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nel primo quadrimestre del 2021 sono aumentate rispetto allo stesso periodo del 2020 (+26,1%). Le patologie denunciate tornano quindi ad aumentare, dopo un 2020 condizionato fortemente dalla pandemia, con denunce in costante decremento nel confronto con l’anno precedente.

 

Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare, anche nel primo quadrimestre del 2021, le prime tre malattie professionali denunciate, seguite da quelle del sistema respiratorio e dai tumori.

 

Fonte: Inail



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Come valutare la qualità delle procedure di emergenze negli ambienti confinati
26/05/2021

Gli aspetti organizzativi e procedurali per la gestione dell’emergenza

 

Il documento “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento” prodotto nel 2019 e aggiornato nel 2020 dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), riporta che gli aspetti che caratterizzano un infortunio e gli aspetti organizzativi/procedurali connessi per la gestione dell’emergenza, da pianificare e verificare all’interno di una procedura sono:

 

1. Accadimento dell’evento incidentale: questa fase deve essere preceduta da una specifica valutazione dei rischi dell’ambiente confinato, necessaria a definire i possibili scenari di emergenza, tali da non rendere possibile una procedura di autosoccorso. 

 

2. Individuazione dell’emergenza: gli operatori in assistenza esterna devono essere in grado di individuare la situazione di emergenza, sulla base di fattori critici esplicitati durante l’addestramento. 

 

3. Attivazione “protocollo di gestione emergenza”: “gli operatori in assistenza esterna, presa conoscenza di quanto accaduto, attivano il sistema per la gestione dell’emergenza, ad esempio:

 

• chiamata “soccorsi” interni e/o esterni; 

• arrivo degli stessi sul luogo d’intervento; 

• verifica fattibilità intervento (presenza rischio incendio, esplosione, ecc.); 

• predisposizione mezzi e attrezzature per l’ingresso dei soccorritori nello spazio confinato. 

 

4. Interventi di recupero classificabili (valutare modalità d’ingresso dei soccorritori all’interno dell’ambiente confinato e di uscita da parte dell’infortunato, attrezzature per l’uscita verticale o orizzontale, DPI da utilizzare, ecc.) in: 

• Intervento di recupero con ingresso operatore/i 

• Intervento di recupero senza ingresso operatore/i.

 

5. Soccorso medico.

 

Gli elementi che concorrono a validare la bontà della procedura d’emergenza

 

Il documento riporta che la qualità della procedura potrebbe essere valutata in funzione della relazione: Tindividuazione (intervallo di tempo che intercorre dall’evento all’Individuazione della criticità in corso da parte del personale, posto all’esterno dello spazio confinato) + Tattivazione (intervallo di tempo che intercorre dall’individuazione della condizione di emergenza all’attuazione dell’intervento di recupero infortunato) + Tazione (intervallo di tempo che intercorre dall’inizio fase del recupero a quando l’infortunato è fisicamente fuori dallo spazio confinato, a disposizione del personale medico specializzato) < Tsopravvivenza (tempo di sopravvivenza dell’infortunato esposto ai fattori di rischio presenti all’interno dello spazio confinato).

 

Si tratta di un’indicazione di carattere generale, che potrebbe essere suddivisa in ulteriori componenti (tempo di chiamata, tempo di arrivo squadra “dedicata”, tempo di preparazione, ecc.) sui quali è possibile intervenire, purché sia garantita la condizione di fondo: l’intervallo di tempo, che intercorre da quando si verifica l’emergenza a quando il lavoratore infortunato è condotto fuori dallo spazio per ricevere adeguata assistenza medica, deve essere inferiore alle tempistiche, stabilite preliminarmente in fase di valutazione dei rischi e con il fondamentale contributo del medico competente, finalizzate a garantire al lavoratore cure efficaci, in modo da riportare il minor danno possibile, contestualmente allo scenario incidentale in essere. 

 

Riportiamo di seguito il documento per intero:



- “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento”
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Manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione
12/05/2021

Vi presentiamo il documento INAIL in merito alla “manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione”.

 

Di seguito il documento per intero.



- Manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione
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Attrezzature di lavoro: informazione, formazione e addestramento
14/04/2021

Il datore di lavoro (art. 71, comma 7, lett. a) “deve prendere le misure necessarie affinché l’uso delle attrezzature di lavoro sia riservato ai lavoratori incaricati per tale compito, che abbiano ricevuto informazione, formazione ed addestramento adeguati”.

 

Le attività rientrano tra quelle già previste negli articoli 36 e 37, in merito ai rischi di carattere generale e quelli specifici (in particolare, quelli dovuti all’uso delle attrezzature di lavoro), quindi alle misure e le attività di protezione e prevenzione utilizzate e i pericoli collegati all’uso delle sostanze e delle miscele pericolose. Ulteriori indicazioni sono riportate nell’art. 73 del Testo Unico.

Inoltre i lavoratori incaricati della manutenzione e della riparazione (nonché della trasformazione) delle attrezzature di lavoro devono essere qualificati in modo specifico per svolgere tali compiti (art. 71, comma 7, lett. b).

 

Il documento Inail “La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione” riprende il citato articolo 73, facendo riferimento anche alle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una abilitazione specifica degli operatori:

 

Art. 73. Informazione, formazione e addestramento

1. Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente:

a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;

b) alle situazioni anormali prevedibili.

 

2. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l’uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell’ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.

 

3. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

 

4. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’articolo 71, comma 7, ricevano una formazione, informazione ed addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.

 

5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione e le condizioni considerate equivalenti alla specifica abilitazione.

 

Il documento riporta poi alcuni decreti attuativi in materia di formazione, ad esempio:

· Accordo per l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, ai sensi dell’articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

 

· Accordo Stato Regioni rep 128/CSR del 7 luglio 2016 finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

 

Riportiamo di seguito il documento Inail “La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione” per intero.

 



- La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione
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La manutenzione delle attrezzature di lavoro
31/03/2021

Le attrezzature di lavoro sono un elemento fondamentale in molte attività lavorative.

Il legislatore italiano in diversi articoli del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, relativamente alle attrezzature di lavoro (Titolo III, Capo I), riporta le norme per la sicurezza dei lavoratori durante la conduzione dell’attività lavorativa, quest’ultima svolta utilizzando le attrezzature.

 

Nello specifico, il legislatore obbliga il datore di lavoro ad effettuare la regolare manutenzione sulle attrezzature di lavoro (art. 71, comma 4) e a programmare un sistema di verifiche e controlli (art.71, comma 8) e verifiche particolari (art.71, commi 11, 12, 13, 13-bis, 14) previste per le attrezzature riportate nell’Allegato VII.

 

La normativa e le indicazioni sulle verifiche periodiche

Il documento dell’Inail “La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione” riporta che le attrezzature di lavoro considerate pericolose e indicate nell’Allegato VII del D.Lgs. 81/2008, sono soggette ad un regime particolare di verifiche al fine di verificarne lo stato di manutenzione e conservazione, quindi il mantenimento delle condizioni di sicurezza previste dal fabbricante in origine.

 

Queste attrezzature sono oggetto del D.Lgs. 81/2008, art.71, commi da 11 a 14.

 

Nello specifico:

 

Comma 11: Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell’Allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo Allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell’Inail, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l’effettuazione delle verifiche l’Inail può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro.

 

Comma 12: Per l’effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l’ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.

 

Comma 13: Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’Allegato VII, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Comma 13-bis: Al fine di garantire la continuità e l’efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può effettuare direttamente le verifiche periodiche di cui al comma 11, relativamente alle attrezzature riportate nell’Allegato VII di cui dispone a titolo di proprietà o comodato d’uso. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco provvede a tali adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Comma 14: Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all’articolo 6, vengono apportate le modifiche all’Allegato VII relativamente all’elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11”.

 

Le modalità di effettuazione delle relative verifiche (la cui periodicità è riportata nell’Allegato VII al d.lgs. 81/2008) sono oggetto anche del Decreto interministeriale dell’11 aprile 2011.

 

Riportiamo di seguito il documento Inail “La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione” per intero.



- La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione
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Decisione di esecuzione (UE) 2021/377 della commissione del 2 marzo 2021
10/03/2021

Di seguito la decisione di esecuzione (UE) 2021/377 della commissione del 2 marzo 2021 che modifica la decisione di esecuzione (UE) 2019/436 relativa alle norme armonizzate per le macchine redatte a sostegno della direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Segue il documento per intero.



- DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2021/377 DELLA COMMISSIONE del 2 marzo 2021
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Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava, dall’analisi alla prevenzione
24/02/2021

Di seguito riportiamo il documento Inail in merito alle “illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava, dall’analisi alla prevenzione”.

 

I punti fondamentali del documento:

 

• Infortunio mortale di un lavoratore durante fasi di lavoro interferenti compresa la movimentazione di un blocco in spazi ridotti;

• infortunio grave di un lavoratore colpito da materiale franato;

• infortunio mortale di un lavoratore durante il controllo di un cavo elettrico;

• infortunio grave di un lavoratore al termine del sezionamento di un blocco con macchina tagliatrice a filo diamantato;

• infortunio grave di un lavoratore durante la rimozione di porzione rocciosa con pala meccanica;

• infortunio di un lavoratore nella fase preliminare per il ribaltamento di una bancata di marmo;

• duplice infortunio grave durante la perforazione al monte;

• infortunio mortale e infortunio grave di due lavoratori durante la preparazione di cariche con polvere nera;

• infortunio grave di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte con macchina tagliatrice a filo diamantato;

• infortunio grave di un lavoratore in fase di spostamento di blocchi informi con escavatore;

• infortunio mortale di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte;

• infortunio grave di un lavoratore nella fase di apertura di porzione rocciosa con utilizzo di cuscini idraulici;

• infortunio grave di un lavoratore durante il transito su rampa di cava con escavatore;

• infortunio mortale di un lavoratore durante il transito con autocarro su strada di arroccamento;

• infortunio grave di un lavoratore durante la movimentazione di materiale con pala meccanica;

• infortunio mortale di un lavoratore durante le operazioni di abbattimento di un residuo di bancata al monte;

• infortunio mortale di un lavoratore durante il taglio di una bancata al monte con macchina tagliatrice a filo diamantato;

• infortunio grave di un lavoratore durante il sezionamento di un blocco di marmo con macchina tagliatrice a filo diamantato;

• duplice infortunio mortale ed infortunio grave, di tre lavoratori durante le operazioni per l’abbattimento di una sponda.

 

Ecco il documento per intero:



- Illustrazioni delle dinamiche infortunistiche in cava, dall’analisi alla prevenzione
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Il rischio chimico e la fornitura delle schede dei dati di sicurezza
10/02/2021

Grazie al Regolamento n. 830/2015 della Commissione del 28 maggio 2015 (modifica del regolamento CE n. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche [REACH]) è stato stabilito il formato definitivo delle schede di dati di sicurezza (SDS).

 

La fornitura delle schede dati di sicurezza

Ogni miscela o sostanza pericolosa viene fornita all’utilizzatore professionale insieme ad una scheda dati di sicurezza (SDS), la quale indica diverse informazioni sulle proprietà pericolose e i corretti modi di utilizzo.

Il documento Inail (il cui riferimento e relativo link sono riportati in fondo a questo articolo) riporta che le SDS sono fondamentali sia a coloro che si occupano di salute e sicurezza dei lavoratori che ai lavoratori stessi che dovrebbero averle sempre disponibili per verificare i comportamenti corretti.

 

L’attuale normativa di riferimento per la stesura di una SDS è il Regolamento UE n. 830/2015 che ha sostituito quanto riportato nel Regolamento n. 453/2010.

 

Il Regolamento n. 453/2010 prevede che la SDS debba essere obbligatoriamente fornita all’utilizzatore professionale della sostanza se questa:

 

·è persistente, bioaccumulabile e tossica (PBT) o molto persistente e molto bioaccumulabile (vPvB), conformemente ai criteri specificati nell’allegato XIII del regolamento REACH;

·soddisfa i criteri di classificazione come pericolosa conformemente al regolamento CLP;

·è inclusa nell’elenco “Candidate list” per motivi diversi da quelli dei 2 punti precedenti.

 

In modo analogo il fornitore deve fornire la SDS di una miscela se questa:

·soddisfa i criteri di classificazione come pericolosa conformemente al regolamento CLP.

 

Inoltre un fornitore, deve consegnare la SDS al destinatario di una miscela se questa, pur non facente parte dei casi d’obbligo, contiene:

 

·almeno una sostanza persistente, bioaccumulabile e tossica (PBT) o molto persistente e molto bioaccumulabile (vPvB) in concentrazione individuale ≥ 0,1% in peso per le miscele non gassose;

·una sostanza presente nell’elenco delle sostanze per l’inclusione facente parte dell’allegato XIV (sostanze soggette ad autorizzazione) in una concentrazione individuale ≥ 0,1% in peso per i preparati non gassosi;

·almeno una sostanza che ha dei rischi per la salute umana o per l’ambiente in concentrazione individuale ≥1% in peso per i preparati non gassosi e ≥ 0,2% in volume per i preparati gassosi;

·una sostanza in riferimento alla quale sussistono limiti di esposizione sul luogo di lavoro comunitari.

 

La SDS può essere fornita in formato cartaceo o elettronico e deve essere disponibile nella lingua del Paese destinatario, inoltre è obbligatoriamente costituita da 16 punti, che devono essere rispettati, a meno che non sia giustificata l’assenza di informazioni relative a uno di essi.

 

I 16 punti nello specifico sono:

1.identificazione della sostanza/miscela e della società/impresa;

2.identificazione dei pericoli;

3.composizione/informazioni sugli ingredienti;

4.misure di primo soccorso;

5.misure di lotta antincendio;

6.misure in caso di rilascio accidentale;

7.manipolazione e immagazzinamento;

8.controlli dell’esposizione/protezione individuale;

9.proprietà fisiche e chimiche;

10.stabilità e reattività;

11.informazioni tossicologiche;

12.informazioni ecologiche;

13.considerazioni sullo smaltimento;

14.informazioni sul trasporto;

15.informazioni sulla regolamentazione;

16.altre informazioni.

 

Di seguito il documento Inail, Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione, “Agenti chimici pericolosi: istruzioni ad uso dei lavoratori”.



- Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione, “Agenti chimici pericolosi: istruzioni ad uso dei lavoratori”
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Una guida per sviluppare il documento ex articolo 25 del GDPR
27/01/2021

Il GDPR impone ai titolari del trattamento di redigere un documento, che illustri i criteri utilizzati per la protezione dei dati da trattare.

 

L’articolo 25 del regolamento europeo mostra nel dettaglio i contenuti di questo documento.

 

Tutt’oggi però spesso questa disposizione non viene rispettata dai titolari e ciò può portare all’applicazione (soprattutto nel caso in cui i dati vengono violati o persi) di pesanti sanzioni per i soggetti coinvolti.

 

Per questo motivo il comitato europeo per la protezione dei dati si era già avviato nel 2019, mettendo a disposizione una bozza di linee guida per lo sviluppo del documento ex articolo 25, che oggi sono state ufficialmente pubblicate, a seguito dell’approvazione ricevuta da tutte le autorità Garanti nazionali.

 

Il fatto che queste linee guida siano state validate dal comitato europeo per la protezione dei dati consente inoltre ai titolari del trattamento, che operano in varie nazioni europee, di sviluppare un unico documento che dovrà essere obbligatoriamente accettato dalle autorità garanti nazionali dei vari paesi.

Queste linee guida forniscono delle indicazioni generali, che consentono ai titolari del trattamento di rispettare l’obbligo di predisporre il documento previsto dall’articolo 25.

 

Redigere questo documento è obbligatorio per qualsiasi tipo di trattamento e quindi fa parte dei primi obblighi che gli ispettori delle autorità garanti nazionali verificheranno in caso di ispezione.

Il documento ex articolo 25 deve essere redatto prima di iniziare il trattamento e deve essere costantemente tenuto aggiornato, questo per far sì che le misure di protezione dei dati siano adeguate con eventuali nuovi rischi.

Le linee guida forniscono le indicazioni su come mettere in pratica i principi di protezione dei dati, elencati nell’articolo 5 del regolamento, catalogando le varie tipologie di dati trattati e le relative modalità di protezione.

 

I principali obblighi da rispettare, nell’attuare una qualsiasi attività di trattamento di dati sono i seguenti:

 

·trasparenza,

·correttezza,

·limitazione delle finalità,

·legittimità,

·accuratezza dei dati,

·responsabilizzazione dei soggetti coinvolti,

·limiti alla durata di conservazione dei dati,

·integrità e riservatezza,

·minimizzazione dei dati raccolti.



- Guidelines 4/2019 on Article 25 - Data Protection by Design and by Default
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Aggiornamento Brexit: standard designati nel Regno Unito per i macchinari
13/01/2021

In data 1 gennaio 2021, il governo del Regno Unito ha pubblicato un elenco consolidato di standard per i macchinari. Tale documento è da supporto alla normativa sulla fornitura di macchine (sicurezza) Regolamenti 2008 (S.I. 2008/1597). Come si vedrà dalla dichiarazione del governo del Regno Unito, l'aggiornamento degli standard è stato suddiviso in tre sezioni: tipo A, tipo B e tipo C.

 

 

Standard di tipo A.

Gli standard di tipo A specificano concetti di base, terminologia e principi di progettazione applicabili a tutte le categorie di macchine. L'applicazione di tali standard da soli non sono sufficienti a garantire la conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza pertinenti al S.I. 2008/1597 e pertanto non fornisce una presunzione piena di conformità .

 

Per S.I. 2008/1597 si intende lo Statutory Instrument 2008/1597 ed è il regolamento che recepisce le disposizioni della Direttiva Macchine (2006/42/CE) nella legislazione del Regno Unito.

 

 

Standard di tipo B.

Gli standard di tipo B trattano aspetti specifici della sicurezza delle macchine o tipi specifici di protezione che possono essere utilizzati in un'ampia gamma di categorie di macchine. L'applicazione delle specifiche delle norme di tipo B conferisce una presunzione di conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza del S.I. 2008/1597 considerati quando una norma di tipo C o la valutazione dei rischi del fabbricante dimostrano che una soluzione tecnica specificata da una norma di tipo B è adeguata per una particolare categoria o modello di macchina considerata. L’applicazione delle norme di tipo B che forniscono specifiche per i componenti di sicurezza immessi sul mercato in modo indipendente, conferiscono una presunzione di conformità per i componenti di sicurezza interessati e per i requisiti essenziali di salute e sicurezza coperti dalle norme.

 

 

Standard di tipo C.

Gli standard di tipo C forniscono le specifiche per una data categoria di macchine. I diversi tipi di macchine appartenenti alla categoria di una norma di tipo C hanno una destinazione d'uso simile e presentano pericoli simili. Le norme di tipo C possono fare riferimento a norme di tipo A o B, indicando quali delle specifiche della norma di tipo A o B sono applicabili alla categoria di macchina interessata. Quando, per un dato aspetto della sicurezza del macchinario, una norma di tipo C devia dalle specifiche di una norma di tipo A o B, le specifiche della norma di tipo C hanno la precedenza sulle specifiche della norma di tipo A o B.

 

L'applicazione delle specifiche di una norma di tipo C sulla base della valutazione del rischio del produttore conferisce una presunzione di conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza del S.I. 2008/1597 coperti dalla norma. Alcune norme di tipo C sono organizzate come una serie di più parti, la parte 1 della norma fornisce specifiche generali applicabili a una famiglia di macchine mentre le altre parti della norma forniscono specifiche per categorie specifiche di macchine appartenenti alla famiglia, integrando o modificando la specifiche generali della Parte 1. Per le norme di tipo C organizzate in questo modo, la presunzione di conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza del S.I. 2008/1597 viene conferita applicando la parte generale 1 della norma insieme alla parte specifica pertinente dello standard.

 



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Nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili
16/12/2020

Le scale portatili sono attrezzature ampiamente diffuse e utilizzate nell’ambiente di lavoro e nell’ambiente di vita.

 

Vengono adoperate da moltissime persone e comportano rischi elevati di incidenti.

 

I principali incidenti, riguardano solitamente la stabilità nell’uso e la resistenza strutturale derivante dalle sollecitazioni cicliche.

 

Al fine di ridurre al minimo il rischio di incidente, è fondamentale che le scale portatili siano fabbricate con un livello intrinseco di sicurezza maggiore.

 

L’individuazione delle misure progettuali e di sperimentazione per ridurre al minimo i rischi connessi con le attività effettuate con le scale portatili deve quindi coinvolgere un’attività di ricerca sulle caratteristiche di resistenza e di stabilità delle stesse.

 

A seguito di questo incipit, vi presentiamo un articolo dell’Inail che spiega in modo dettagliato quali possono essere i nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili.

 



- Nuovi strumenti per la valutazione dello scivolamento e ribaltamento delle scale portatili
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La valutazione del microclima
02/12/2020

Vi presentiamo di seguito il documento Inail in merito alla “valutazione del microclima”.

 

Il documento spiega quando l’esposizione al caldo o freddo diventa un fattore di discomfort e di rischio per la salute.

 

Di seguito il documento per intero.



- Valutazione del microclima - Inail
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Microclima: come valutare lo stress termico negli ambienti freddi?
18/11/2020

Il metodo IREQ per gli ambienti freddi

In merito agli ambienti freddi, la normativa tecnica fa riferimento al metodo IREQ (Insulation REQuired), trattato nella norma UNI EN ISO 11079:2007.

 

Questo metodo di valutazione, si basa sul fatto che le condizioni ideali del clima corrispondono con la condizione di neutralità termica, mentre lo stress termico è sempre più intenso quanto più lo squilibrio energetico è grande.

 

Il metodo IREQ  si basa sulle “equazioni del bilancio termico dell’organismo umano”, utilizza inoltre un codice che esamina tutti gli scambi di energia fra soggetto ed ambiente, fornisce inoltre l’isolamento termico del vestiario IREQ, il quale è richiesto con lo scopo di mantenere condizioni organiche accettabili durante l’esposizione.

 

I parametri del metodo

Le quantità richieste per poter applicare il metodo IREQ, sono le medesime su cui si fondano i metodi PMV e PHS, nello specifico quattro quantità fisiche (parametri ambientali) e due descrittori di specifiche caratteristiche dell’individuo (parametri individuali), riportiamo di seguito tutti i parametri:

 

·pressione parziale del vapore acqueo;

·temperatura media radiante;

·temperatura dell’aria;

·velocità relativa dell’aria;

·attività metabolica;

·isolamento termico del vestiario.

 

Il descrittore del rischio

Il metodo IREQ si serve di un solo descrittore del rischio chiamato IREQ, prevede però il calcolo di “due diversi valori di quest’indice”:

 

·IREQmin è il valore di isolamento termico che assicura le condizioni minime accettabili;

·IREQneutral è il valore di isolamento termico che garantisce le condizioni di neutralità termica.



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Verifiche periodiche dei forni per le industrie chimiche e affini
04/11/2020

Il campo di applicazione e la periodicità delle verifiche

L’allegato VII del d.lgs. 81/2008, tra le attrezzature/insieme contenenti fluidi del gruppo 1 (D.lgs. 93/2000 art. 3), prevede che i forni per le industrie chimiche e affini siano soggetti a verifica periodica:

•Verifica di funzionamento: biennale;

•Verifica di integrità: decennale.

 

Per ciò che riguarda il campo di applicazione, le istruzioni operative riportate nel documento dal titolo “Forni per le industrie chimiche e affini - Istruzioni per la prima verifica periodica ai sensi del d.m. 11 aprile 2011” vengono applicate ai forni per le industrie chimiche e affini “la cui definizione, introdotta dal d.m. 329/04 e dal d.m.11 aprile 2011, può essere ricollegata a quella di forni per impianti chimici e petrolchimici, come riportato dalla norma UNI 11723:2018, secondo la quale per forni vengono intese quelle “attrezzature o insiemi a pressione, a focolare interno, impiegate negli impianti chimici, petrolchimici o di raffinazione”.

 

Queste attrezzature fanno parte delle tipologie di attrezzature di lavoro, di cui all’allegato VII del d.lgs. 81/08, e appartengono al gruppo di attrezzature a pressione “forni per le industrie chimiche e affini”, certificati CE come attrezzature a pressione contenenti fluidi del gruppo 1 (D.lgs. 93/2000 art. 3).

 

Le deroghe, la normativa e l’esecuzione delle verifiche

Il documento “Forni per le industrie chimiche e affini - Istruzioni per la prima verifica periodica ai sensi del d.m. 11 aprile 2011” riporta che qualora i forni siano costruiti in assenza delle dovute disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, il datore di lavoro deve assegnare una categoria all’attrezzatura, in assimilazione alle classificazioni di cui all’allegato A del d.lgs. 26/16 (Recepimento italiano della Direttiva PED 2014/68/UE)”.

Inoltre è possibile autorizzare delle deroghe “per periodicità delle verifiche differenti da quelle riportate nell’allegato VII del d.lgs. 81/08 e per tipologie di ispezioni alternative a quelle stabilite, ma tali da garantire un livello di sicurezza equivalente”.

 

Secondo l’art. 6, lettera d) del d.m. 11 aprile 2011, per le attrezzature o gli insiemi a pressione, rimangono valide le diposizioni previste dal d.m. 329/04 recante le “Norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93”.

 

Nello specifico viene riportato quanto segue:

•la positiva attestazione derivante dalle verifiche effettuate permette la prosecuzione dell’esercizio delle attrezzature e degli insiemi verificati (art. 8, comma 2 del d.m. 329/04);

•le riparazioni e le modifiche si effettuano secondo le disposizioni dell’art. 14 del d.m. 329/04;

•qualora la verifica rilevi situazioni di criticità per l’esercizio, il soggetto incaricato alla stessa deve disporre il divieto d’uso della attrezzatura (punto 4.8.1, allegato II al d.m. 11 aprile 2011);

•la mancata esecuzione delle verifiche alle scadenze previste, a prescindere dalle cause che l’hanno generata, implica la messa fuori esercizio delle attrezzature interessate, sino al compimento, con esito positivo, da parte dei soggetti preposti alla verifica, dell’attività di verifica omessa (art. 7 del d.m. 329/04)”;

•la periodicità delle verifiche (art. 10, comma 3 del d.m. 329/04) deve essere anticipata qualora il fabbricante dell’attrezzatura abbia previsto, all’interno del manuale d’uso e manutenzione, periodicità inferiori a quelle riportate nell’allegato VII al d.lgs. 81/08.

 



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Modifica, adeguamento e miglioramento di un'attrezzatura di lavoro
21/10/2020

Il processo di modifica, adeguamento e miglioramento presenta fasi comuni alle diverse tipologie di attrezzature di lavoro, come: il controllo dell’efficienza, la manutenzione, o la valutazione di requisiti tecnici specifici, collegati a fattori di rischio di una determinata categoria di attrezzature di lavoro.

 

Il datore di lavoro e/o l’utilizzatore e i consulenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro devono valutare frequentemente e capire qual è il livello di sicurezza che una specifica macchina o attrezzatura di lavoro deve garantire e nel caso procedere con un intervento di aggiornamento/adeguamento o miglioramento.

 

Presentiamo di seguito alcune definizioni con l’obiettivo di chiarire la differenza tra le varie fasi:

 

•aggiornamento/adeguamento: intervento previsto da specifico provvedimento regolamentare inteso all’aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza in relazione al grado di evoluzione della tecnica [d.lgs. 81/08, art. 71 comma 4 lettera a) punto 3)],

 

•manutenzione ordinaria o straordinaria: intervento di riparazione o conservazione sulla base delle istruzioni specificate dal fabbricante a corredo dell’attrezzatura di lavoro,

 

•miglioramento: intervento rivolto ad affinare le condizioni di sicurezza del lavoro sulla base di una analisi specifica dei rischi nell’ambiente operativo.

 

Un aspetto fondamentale e di cui bisogna tenere conto è la differenziazione tra manutenzione straordinaria e modifica.

 

La manutenzione straordinaria, seppur prevedendo interventi rilevanti sul prodotto, non ne modifica le prestazioni, la destinazione d’uso e i parametri di funzionamento; la modifica invece interviene introducendo delle condizioni di rischio inizialmente non previste, ciò avviene perché vengono mutate le prestazioni del prodotto.

 

Per ciò che riguarda la manutenzione straordinaria è sufficiente riportare l’intervento sul registro di controllo, accertandosi che le condizioni funzionali siano ristabilite come inizialmente previste dal fabbricante.

 

Nel caso di modifica parliamo di una nuova immissione sul mercato (con successiva marcatura CE e rilascio di una dichiarazione CE di conformità firmata da chi apporta la modifica), questo perché la modifica non garantisce a priori il perdurare del rispetto dei requisiti essenziali di salute e sicurezza.

 

Rilevante è sapere che nei casi in cui l’azione compiuta sia funzionale a incrementare le condizioni di sicurezza del lavoro, non parliamo più di una modifica vera e propria ma di un intervento di miglioramento (l’importante è che non introduca ulteriori rischi nell’uso dell’attrezzatura di lavoro), che non comporta una nuova immissione sul mercato

Anche in questo caso però è importante registrare l’operazione realizzata ad esempio integrando il documento di valutazione dei rischi previsto dall’articolo 17, comma 1, lettera a) del d.lgs. 81/08 e s.m.i..



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Manutenzione, controllo e verifica di un'attrezzatura
07/10/2020

Il mantenimento del livello di sicurezza garantito al momento dell’immissione sul mercato o messa in servizio di un’attrezzatura di lavoro, risulta essere uno dei principali strumenti per salvaguardare l’efficienza ai fini della sicurezza.

 

Solamente prevedendo corretti interventi di controllo e manutenzione è possibile assicurare che l’attrezzatura mantenga condizioni di utilizzo idonee alla funzione da svolgere, sia per ciò che riguarda l’efficienza sia per le condizioni di sicurezza.

 

Lo scopo non è quello di conservare la macchina come nuova, ma, consapevoli dell’usura generata dal tempo e dall’uso, quello di eseguire i dovuti interventi per garantire che il prodotto rimanga conforme ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute della direttiva macchine applicati al momento della prima immissione sul mercato o della prima messa in servizio. Ciò vuol dire che, qualora lo stato dell’arte dovesse subire delle mutazioni (anche rilevanti), non esiste l’obbligo di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza da parte del datore di lavoro, a meno di un particolare provvedimento regolamentare che lo rendesse obbligatorio.

 

In questa ottica il legislatore ha previsto (titolo III del d.lgs. 81/08 e s.m.i.) che le attrezzature di lavoro siano oggetto di idonea manutenzione, sottoposte ad interventi di controllo periodici e/o straordinari.

 

Il legislatore precisa quindi che il datore di lavoro è la persona nominata a organizzare e gestire la manutenzione e il controllo delle attrezzature, seguito da una persona competente, il quale deve basarsi sulle informazioni contenute nelle istruzioni fornite dai fabbricanti.

 

È doveroso che ogni intervento compiuto sull’attrezzatura sia riportato su adeguato registro, a disposizione degli organi di vigilanza territoriale e conservato per almeno 3 anni (art. 71 comma 9 del d.lgs. 81/08 e s.m.i.).



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Come rendere sicure le macchine usate
24/09/2020

L’evoluzione normativa e il problema delle macchine usate

La situazione sicurezza delle macchine rispetto al passato è cambiata notevolmente, questo è stato possibile grazie all’adozione di normative a livello nazionale, europeo e internazionale.

 

Nello specifico per avere macchine e impianti più sicuri si è operato, sia a livello comunitario sia a livello nazionale su due aspetti:

•un miglioramento continuo della normazione in modo da permettere una progettazione di macchine sempre più sicure;

•una nuova regolamentazione che permette ai costruttori e agli utilizzatori delle macchine una valutazione del rischio più veritiera e, quindi, una più adeguata scelta delle misure da adottare per limitare il grado di rischio.

 

Inoltre, l’entrata in vigore della Direttiva macchine 2006/42/CE e delle norme tecniche armonizzate, ha permesso un ulteriore passo in avanti verso l’ottenimento di un livello di sicurezza più alto di macchinari e impianti.

Se da un lato il miglioramento della sicurezza per i macchinari nuovi è stato notevole, permane il problema riguardante le macchine vecchie, ovvero le macchine messe in servizio con la legislazione previgente alla prima Direttiva Macchine recepita in Italia nel 1996.

 

Il 1996 rappresenta una svolta fondamentale per ciò che riguarda la sicurezza delle macchine, il problema è che sul mercato, il “vecchio” si sovrappone con il “nuovo”, in quanto le macchine costruite prima del 1996 (una buona fetta di mercato) non necessitano di marcatura CE.

 

I nuovi macchinari, sono normati dall’abrogato D.P.R. 459/96 e attualmente D.Lgs.17/2010, mentre per le macchine vecchie c’è l’obbligo di rispettare i requisiti minimi di sicurezza di cui all’allegato V al D.Lgs. 81/08, il quale detta i criteri con i quali rendere conformi le macchine antecedenti alla direttiva macchine.

 

Nello specifico i diversi scenari possibili sono:

macchine vecchie: quelle costruite prima del 1996 secondo la legislazione nazionale dell’epoca;

macchine non più nuove: quelle costruite nel periodo che va dal 21-09-1996 al 6-03-2010, ai sensi della direttiva 98/37/CE e DPR 459/96;

macchine nuove: quelle costruite nel periodo successivo al 6-03-2010 secondo la direttiva 2006/42/CE e D.Lgs n. 17/2010.

 

Per ciò che concerne le conformità invece:

macchine non marcate CE: devono rispettare i requisiti di sicurezza di cui all’allegato 5 e 6 del D.Lgs. n. 81/2008;

macchine marcate CE: devono essere conformi al D.P.R. 459/96 e D.Lgs n. 17/2010.

 

Gli obblighi dei vari soggetti in materia di sicurezza delle macchine

I fabbricanti devono effettuare una valutazione dei rischi per determinare quali requisiti essenziali sono applicabili al prodotto e progettare e realizzare il prodotto in conformità ai requisiti essenziali applicabili; la valutazione dei rischi deve essere poi documentata e inserita nella documentazione tecnica.

I requisiti essenziali definiscono i rischi da considerare ed eliminare o mitigare, senza però descrivere o prevedere le soluzioni tecniche per farlo.

 

Gli obblighi del datore di lavoro, fanno riferimento al Titolo III del D.lgs. n.. 81/2008 e al D.lgs. n. 17/2010.

 

Ai sensi della direttiva relativa ai “requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro”, recepita nell’ordinamento nazionale dal D.lgs n 81/08 il datore di lavoro deve:

•adottare le misure necessarie al fine di far si che le attrezzature di lavoro a disposizione dei lavoratori siano adeguate al lavoro da svolgere e siano in grado di essere impiegate senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori;

•utilizzare o ordinare solo attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni delle direttive applicabili, qualora non ci fossero direttive applicabili, conformi ai requisiti minimi fissati nell'allegato della direttiva 89/655/CEE;

•fornire ai lavoratori informazioni e formazione per ciò che riguarda l'impiego delle attrezzature stesse;

•rispettare gli obblighi dell’articolo 71 del D.Lgs. 81/2008.

 

La vigilanza del mercato, l’adeguamento e le modifiche delle macchine

In merito all’adeguamento delle macchine, la Corte di Cassazione dice che: “l’impossibilità di eliminare i rischi è ipotesi residuale che emerge solo dopo che l’imprenditore si è spinto agli ultimi confini tecnologici in materia di sicurezza e salute del lavoro, conformemente a quanto stabilito dall’art. 2087 C.C.’ (sent. del 27.09.1994)”.

 

Quindi, se viene acquistata una macchina usata e marcata CE bisognerebbe capire se la sua conformità sia ancora valida, in funzione delle manutenzioni effettuate dal precedente proprietario utilizzatore (manutenzioni ordinarie e straordinarie o oltre) o di eventuali modifiche che possono comportare il decadimento della precedente marcatura e necessitare così di una nuova.

 

Inoltre periodicamente, il datore di lavoro deve procedere alla valutazione dei rischi di tutte le macchine in dotazione per verificare: l’uso corretto, la corretta installazione, la necessità di formazione e adeguamento a nuove norme tecnico/normative.

 

Se l’adeguamento non implica modifiche delle modalità di utilizzo, delle prestazioni, dell’interfaccia uomo – macchina e in generale dei rischi a cui è soggetto l’operatore/manutentore, la macchina non deve essere nuovamente marcata CE (art. 71, c5 dlgs 81).

 



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Decisione di esecuzione (UE) 2020/480 della commissione del 1 aprile 2020
22/04/2020

Di seguito la decisione di esecuzione (UE) 2020/480 della commissione del 1 aprile 2020 che modifica la decisione di esecuzione (UE) 2019/436 relativa alle norme armonizzate per le macchine redatte a sostegno della direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Segue il documento per intero.



- DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2020/480 DELLA COMMISSIONE del 1 aprile 2020
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La valutazione del rischio di un'attrezzatura
25/03/2020

Nel momento in cui un datore di lavoro sceglie un’attrezzatura deve realizzare la valutazione dei rischi di tale attrezzatura, prendendo in considerazione (d.lgs. 81/08, art. 71):

 

1. i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;

2. i rischi derivanti dalle interferenze con le attrezzature già in uso;

3. i rischi derivanti dalle attrezzature stesse;

4. le caratteristiche e le condizioni specifiche del lavoro da svolgere.

 

Il datore di lavoro deve effettuare una valutazione dei rischi, quindi per ogni situazione pericolosa deve valutare la gravità del danno per l’operatore e valutare la probabilità che un evento pericoloso possa verificarsi; deve, quindi, individuare le misure di protezione e prevenzione da mettere in atto per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori, deve mettere in atto le misure scelte e controllarne costantemente l’efficacia e programmare l’aggiornamento della valutazione dei rischi allorché intervengano nuove situazioni pericolose nella gestione della attrezzatura.

 

Il datore di lavoro deve quindi tener conto anche della diversa natura dei pericoli in tutte le fasi di vita dell'attrezzatura, dei limiti nel funzionamento e nell'uso, di tutti gli usi prevedibili da parte di persone diverse (per età, sesso, capacità fisiche), del diverso livello di esperienza e formazione o manodopera d'impiego dominante.

 

In un'attrezzatura già marcata CE, la valutazione dei rischi è già stata fatta prima dell'immissione sul mercato di quest'ultima da parte del fabbricante che, attraverso la dichiarazione CE di conformità, garantisce il rispetto di tutti i requisiti essenziali di sicurezza delle direttive di riferimento. Tuttavia, la marcatura CE indica solo una presunzione di conformità della macchina alle richieste dei requisiti essenziali; nella realtà dei fatti, potrebbe presentare aspetti non conformi più o meno evidenti. Rispetto, in particolare, alle non conformità evidenti il datore di lavoro, a seguito della valutazione dei rischi che è tenuto a fare, deve individuare misure di prevenzione e/o protezione che possano ridurre il rischio correlato alle situazioni pericolose individuate sulla attrezzatura. 

 

A riguardo, le indicazioni per la valutazione e la riduzione del rischio di una macchina sono raccolte nella norma UNI EN ISO 12100:2010, inerente ai “Principi generali di progettazione” per la sicurezza di un macchinario. Oltre a questa norma il Datore di Lavoro deve fare riferimento a quanto contenuto negli allegati V e VI al D.Lgs. 81/2008.

La norma seppur sia da supporto alla progettazione della macchina da parte del fabbricante, può essere un valido supporto anche per il datore di lavoro.

 

L'obbligo del datore di lavoro, non si conclude con la sola valutazione del rischio riguardante l’uso di una macchina e il suo funzionamento, in quanto la norma tecnica citata precedentemente spiega che non rientrano nello scopo della norma l'identificazione delle misure di sicurezza aggiuntive rispetto a quelle riscontrate in fase di progettazione, dato che l’organizzazione del lavoro, le condizioni e le situazioni di utilizzo non possono essere appurate dal progettista.

 

Per questo motivo il datore di lavoro deve tenere in considerazione non solo i rischi riguardanti l’uso dell’attrezzatura, ma anche l’ambiente in cui l’attrezzatura dovrà essere collocata, i rischi in essere già presenti nell’ambiente di installazione e quelli dovuti alle altre attrezzature già esistenti.



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Attrezzature non marcate CE: le scale
26/02/2020

Gli infortuni legati all’impiego di scale portatili sono frequenti; questi ultimi derivano principalmente da un utilizzo scorretto, dalla scelta di tipologie di scale non idonee in base alla tipologia di lavoro da svolgere e dalla scarsa o mancata manutenzione delle stesse.

 

Le scale portatili sono attrezzature dotate di gradini o pioli che possono essere collocate a mano senza il supporto di mezzi meccanici, adoperate per superare dislivelli e quindi per avere accesso a luoghi di lavoro in altezza o in quota.

 

I requisiti generali che una scala portatile deve possedere in termini di stabilità, di resistenza, di idoneità del materiale costituente e di dimensioni in relazione alle condizioni di impiego sono riportati nel D.Lgs. 81/08 (art. 113).

 

Una scala portatile è idonea al suo utilizzo in un luogo di lavoro solo se il fabbricante l’ha dichiarata conforme al D.Lgs. 81/08, per dare conformità di ciò il fabbricante deve apporre sulla scala una etichetta con il riferimento al decreto stesso.

 

Per dichiarare la conformità al D.Lgs. 81/08, il fabbricante ha due opzioni:

 

1. dimostrare con calcoli e/o prove, attraverso l’applicazione di una specifica di prodotto da lui ritenuta la più adeguata, di aver soddisfatto i requisiti di cui all’ art. 113 del D.Lgs. 81/08.

 

2. applicare quanto indicato nell’allegato XX del D.Lgs. 81/08, e cioè:

• fornire insieme alla scala portatile un foglio o un libretto con una descrizione con l’indicazione degli elementi costituenti, le istruzioni per la manutenzione e conservazione, una dichiarazione di conformità alle norme tecniche, gli estremi del laboratorio che ha compiuto le prove, le indicazioni utili per un corretto impiego, le date di rilascio dei certificati di prova, i numeri di identificazione dei certificati;

• costruire la scala portatile in conformità con la norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a;

• fornire le certificazioni previste dalle norme tecniche e rilasciate da un laboratorio ufficiale.

 

La scala portatile inoltre deve essere accompagnata da un libretto con tutte le informazioni fondamentali come la descrizione del prodotto, il corretto utilizzo, la manutenzione e la conservazione.

Le informazioni inerenti al corretto utilizzo di una scala portatile sono riportate sulla scala sotto forma di pittogrammi ben visibili.

 

L’utilizzo delle scale portatili è regolamentato dal D.Lgs. 81/08 che, all’art.111 (Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota) comma 3, prevede che il datore di lavoro adotti una scala portatile in un posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’impiego di altre attrezzature (per esempio, i trabattelli), considerate più sicure, non sia giustificato a causa della breve durata di impiego e del limitato livello di rischio.



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Consigli pratici su come prevenire i dolori alla schiena
12/02/2020

I disturbi muscoloscheletrici da sovraccarico biomeccanico, il cosiddetto “mal di schiena”, sono molto diffusi nel mondo del lavoro, motivo per cui sono le principali cause di assenza dal lavoro per malattia.

Queste tipologie di disturbi non dovrebbero rappresentare un rischio inevitabile, i lavoratori possono contribuire alla riduzione di questi ultimi attraverso alcuni esercizi che permettono di mantenere la schiena in buona salute.

I disturbi muscoloscheletrici non dipendono soltanto dall’attività lavorativa, esistono molti accorgimenti da mettere in atto nella vita quotidiana. Ad esempio nel sedersi, nello stare in piedi, nell’alzarsi dal letto, nel dormire e nel trasportare e sollevare pesi.

 

Le origini del mal di schiena

Come anticipato precedentemente il mal di schiena può derivare da molteplici cause rimediabili modificando stili di vita errati come ad esempio praticare attività fisica ed evitare il fumo.

Nella vita di tutti i giorni e nell’attività lavorativa è molto importante assumere posture corrette ed evitare posizioni statiche per molto tempo.

Nel caso in cui i disturbi causassero dolore, è importante sapere che quest’ultimo non si attenua restando troppo a lungo distesi, bisogna cercare posizioni comode, cambiandole in modo frequente, muovendosi appena possibile. 

 

I consigli per dormire, per stare seduti e per guidare

I consigli su come dormire:

• utilizzare un materasso né troppo morbido né troppo duro;

• trovare una posizione che vi possa far stare meglio, utilizzando cuscini da mettere sotto la pancia, sotto la schiena o sotto le ginocchia.

 

I consigli su come stare seduti:

• la sedia deve possedere uno schienale regolabile che sorregga la colonna;

• evitare poltrone dove si affondi e sgabelli senza schienale;

• appoggiare bene i piedi a terra;

• evitare di mantenere troppo a lungo la posizione seduta;

• utilizzare un cuscino da posizionare nella zona lombare;

• evitare di stare seduti con la schiena piegata in avanti.

 

I consigli su come guidare:

• evitare di guidare a lungo senza soste;

• mantenere lo schienale leggermente inclinato usufruendo di un cuscino lombare per mantenere un regolare appoggio della schiena; le anche, le ginocchia e le braccia devono essere lievemente piegate.

 

I consigli per sollevare i pesi e per lavorare in alto e in basso

I consigli per sollevare e trasportare i pesi:

• evitare torsioni del tronco durante lo sforzo;

• se possibile bilanciare il peso sui due lati del corpo;

• per sollevare un peso, piegare le gambe portando indietro il bacino, mantenere la schiena dritta e se possibile tenere il peso il più possibile vicino al corpo durante l’esecuzione del movimento;

• se l’oggetto da sollevare è voluminoso è conveniente farsi aiutare.

 

I consigli per le attività in alto:

• evitare di inarcare il collo e la schiena, utilizzando un rialzo per riporre o prendere oggetti in alto;

• non restare a lungo con le braccia alzate oltre le spalle.

 

I consigli per le attività in basso:

• regolare sempre la lunghezza dello strumento che si sta utilizzando per poter mantenere quindi la schiena in posizione corretta;

• evitare di flettere e mantenere la schiena piegata in avanti, ma abbassarsi piegando una o entrambe le gambe tenendo la schiena dritta.

 



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Lavori in quota: come affrontare cadute e sindromi da sospensione
29/01/2020

Le conseguenze delle cadute nei lavori in quota

I dispositivi di protezione individuale se utilizzati correttamente riducono i traumi derivanti dalle cadute dall’alto, le quali possono essere causate da:

• impatto contro pareti laterali provocato dall’effetto pendolo;

• decelerazioni rapide causate dal dispositivo anticaduta o dall’utilizzo errato dei dispositivi;

• impatto verticale contro piani rigidi (causato da caduta libera in assenza di dispositivi di protezione o per un calcolo incorretto del tirante d’aria)

 

Quindi è molto importante dotarsi di sistemi di trattenuta o di sistemi arresto-caduta, i quali devono essere dotati di:

• un dispositivo di presa per il corpo;

• un solido punto di ancoraggio;

• un sistema di collegamento tra i primi due progettato per evitare qualsiasi tipologia di impatto.

 

I sistemi di arresto caduta prevedono che il dispositivo di presa per il corpo sia composto da un’imbracatura conforme alle direttive, realizzata per distribuire le tensioni sul corpo (in caso di caduta), tenendo saldo l’operatore in sospensione sulla verticale. Questa misura è di fondamentale importanza per evitare traumi gravi per flessione alla spina dorsale.

 

Ulteriori traumi derivanti da una caduta possono danneggiare gli organi interni a causa della loro inerzia durante l’arresto, mentre la colonna vertebrale è trattenuta dalla massa muscolare, gli organi interni sono liberi di muoversi e per questo motivo sono più condizionati dagli effetti derivanti da decelerazioni rapide.

 

I problemi della sindrome da imbraco

In caso di caduta quindi, se i dispositivi di protezione sono stati ben progettati, non ci saranno traumi da impatto, ma molto probabilmente nel giro di pochi minuti si potrebbe essere soggetti alla “sindrome da imbraco” o “sindrome da sospensione”.

 

La sindrome da sospensione comporta un rallentamento del circolo ematico degli arti inferiori che può causare in breve tempo la compromissione delle funzioni vitali e la morte dell’interessato, in quanto se il corpo resta sospeso nella medesima posizione per un lasso di tempo prolungato, gli arti inferiori sono fermi e la pompa muscolare che consente al sangue venoso di ritornare al cuore non funziona, verificandosi quindi un sequestro di sangue negli arti inferiori, con successiva diminuzione del ritorno venoso al cuore e collasso cardiocircolatorio con perdita di coscienza, arresto cardiaco e morte.

 

Inoltre la compressione dei cosciali può provocare uno schiacciamento degli arti con danno muscolare e liberazione di sostanze tossiche (mioglobina e potassio) nell’organismo che ledono cuore e reni.

 

L’intervento in caso di sospensione inerte

Nel caso in cui il lavoratore sia sospeso e incosciente, i tempi di soccorso devono essere tempestivi, le manovre di soccorso richiedono personale addestrato e fornito di idonei DPI.

 

Per questo motivo è sostanziale effettuare le attività in sospensione insieme ad un altro operatore ed avere sempre con sé un dispositivo per la segnalazione di emergenza.

 

Nello specifico, nel caso di una caduta uno del lavoratori rimanga sospeso è necessario:

• togliere il prima possibile l’infortunato dalla sospensione conseguentemente ad un’attenta valutazione dell’ambiente e con i necessari DPI;

• se il soggetto è incosciente e non respira, una volta a terra, iniziare rapidamente le manovre di “Basic Life Support”;

• chiamare il 112.



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Sorveglianza del mercato nel campo di applicazione della Direttiva Macchine
15/01/2020

L’INAIL ha pubblicato il “10° Rapporto sull’attività di sorveglianza del mercato ai sensi del d.lgs. 17/2010 per i prodotti che fanno parte del campo di applicazione della Direttiva Macchine”

 

Questo decimo rapporto pubblicato dall’INAIL ha l’intento di rappresentare un momento di evoluzione nell’ottica di una sempre maggiore condivisione del patrimonio informativo come strumento per l’avvio di azioni di miglioramento della sicurezza sul luogo di lavoro.

 

Si tratta, in definitiva, di un elaborato tecnico di pratico ed immediato utilizzo per tutti i soggetti che partecipano alla sorveglianza del mercato (fabbricanti, datori di lavoro/utilizzatori, organi di vigilanza, distributori, verificatori, ecc.).

 

Il documento è costituito da una serie di schede, relative alle principali tipologie di macchine (secondo la classificazione dei Comitati Tecnici CEN/CENELEC), che illustrano le più importanti non conformità rilevate, sottolineando, rispetto allo stato dell’arte di riferimento, le soluzioni tecniche ritenute ammissibili.

 

Ciascuna scheda è composta da tre parti:

parte descrittiva: in cui viene identificata: la tipologia di macchina, la denominazione indicata dal fabbricante nella dichiarazione CE di conformità e una breve descrizione che ne chiarisce le modalità di utilizzo e la destinazione d’uso. E’ inoltre indicato l’anno di fabbricazione della macchina per far si che possa essere definito lo stato dell’arte di riferimento e quindi identificare le soluzioni che potrebbero essere ritenute accettabili;

 

parte dedicata alle norme tecniche armonizzate di riferimento: questa sezione non è sempre riportata perché dipende dalla disponibilità di riferimenti tecnici pertinenti, nel caso in cui fosse riportata la norma armonizzata, deve essere indicata la versione e la data di pubblicazione nella gazzetta ufficiale. Quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza, dato che una norma tecnica diventa riferimento per la presunzione di conformità solo nell’istante in cui viene pubblicata nella gazzetta ufficiale;

 

parte denominata “accertamento tecnico”: questa parte è composta da due sotto sezioni:

-la prima rivolta alla segnalazione di presunta non conformità, in cui viene descritta la situazione di pericolo identificata, riportando ciò che è stato riscontrato sull’oggetto di segnalazione, facendo riferimento alla parte della macchina interessata e alla situazione di utilizzo considerata.

-la seconda focalizzata sul parere tecnico, nella quale viene riportato l’esito dell’accertamento tecnico condotto dall’Inail, sulla base dei pareri dichiarati dall’autorità di sorveglianza del mercato, della documentazione riportata dai fabbricanti e dallo stato dell’arte di riferimento.

 

Questo rapporto è stato pensato per tutti coloro che si devono interfacciare con la Direttiva Macchine per la conformità dei prodotti.

 

Per poter ottenere un documento di ampia applicabilità, i criteri con i quali le schede sono state selezionate hanno considerato prima di tutto la diffusione della tipologia di macchina, in secondo luogo sono state individuate le situazioni più frequenti (sulla base dei dati disponibili dalla sorveglianza del mercato), successivamente è stata data importanza alle situazioni di più immediata individuazione.

 

In conclusione il rapporto vuole offrire spunti per:

•organi di vigilanza territoriale, riportando esempi di situazioni pericolose che si potrebbero riproporre nei luoghi di lavoro;

•datori di lavoro e utilizzatori, proponendo un insieme di possibili carenze evidenti che potrebbero orientare la scelta in fase di acquisto dei prodotti;

•fabbricanti e distributori, mettendo in evidenza le carenze più frequenti e le norme tecniche di riferimento.

 

mtm consulting s.r.l. è a tua disposizione per valutare la conformità delle tue macchine alla normativa vigente.

 

CONTATTACI



- 10° Rapporto sull’attività di sorveglianza del mercato ai sensi del d.lgs. 17/2010 per i prodotti rientranti nel campo di applicazione della Direttiva Macchine
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Industrie cartarie: emissioni di polveri e gas pericolosi per la sicurezza
04/12/2019

Nell’industria cartaria oltre al rischio incendio derivante dall’impiego di materie prime e dalla natura dei prodotti finiti, sono presenti rischi riguardanti le emissioni di gas combusti e polveri e le esplosioni delle polveri di carta originate dal processo produttivo.

 

Lo studio sulle emissioni di gas e polveri

Il problema delle emissioni inquinanti e polveri da impianti di produzione della carta richiede l’adozione di un approccio multidisciplinare per poter comprendere la fenomenologia che porta alle emissioni.

 

Esistono tre categorie di emissioni:

• Rilasci di idrogeno solforato (H2S): questa tipologia di emissione viene rilasciata all’interno delle “tine” e delle vasche di processo. In caso di esposizioni accidentali possono procurare effetti avversi sull’organismo umano.

• Emissione di polveri carta durante il processo produttivo: durante il processo produttivo vengono emessi polveri di carta che possono portare ad un esplosione in quanto polveri combustibili.

Emissioni dei prodotti di combustione nei luoghi di lavoro: i gas combusti sono fondamentali per produrre il calore che porta all’essicazione della carta sul monolucido. Questi prodotti possono avere effetti negativi sull’organismo umano in caso di esposizioni accidentali e/o prolungate.

 

Gli inquinanti ambientali e le polveri di carta

Biossido di carbonio (CO2): nell’ambiente cartario la principale sorgente di emissione deriva dalla combustione del metano. L’effetto connesso alla presenza di CO2 è il rischio di asfissia, compromettendo quindi la capacità polmonare.

 

Idrogeno solforato (H2S): solitamente viene prodotto nelle vicinanze delle vasche di accumulo delle acque di ricircolo. A basse concentrazioni produce tosse, irritazione agli occhi e alla gola e accelerazione del respiro. Ad alte concentrazioni compromette il nervo olfattivo, rendendo impercettibile l’odore e di conseguenza comporta incoscienza nell’arco di poco tempo.

 

Monossido di carbonio (CO): deriva dall’incompleta combustione del gas naturale utilizzato per alimentare i bruciatori delle cappe del monolucido. Nel corpo umano si forma la carbossiemoglobina (COHb). Così facendo l’emoglobina non è più in grado di trasportare l’ossigeno e ciò porta al manifestarsi dell'ipossia anemica.

 

Ossidi di azoto (NOx): vengono emessi dai processi di combustione dei combustibili fossili, sopratutto in forma di monossido di azoto (NO) e altri sotto forma di biossido di azoto (NO2). Gli effetti sono irritazione delle vie aeree e broncospasmo negli asmatici.

 

Ossidi di zolfo (SOx): derivanti dalla combustione del metano con basse concentrazioni di traccianti a base sulfurea. Il biossido di zolfo viene facilmente assorbito dalle mucose del naso e del tratto superiore dell’apparato respiratorio, questo perché ha un’elevata solubilità in acqua. Concentrazioni superiori a 5 g/m3 producono asfissia tossica con morte per collasso cardiocircolatorio, concentrazioni di 25 mg/m3 provocano irritazioni agli occhi, al naso ed alla gola  oltre che ad un aumento del battito cardiaco.

 

La prevenzione nel settore cartario

Una maggior ventilazione dei luoghi è sicuramente un metodo utile per favorire la dispersione dei gas, per questo motivo la disposizione dei locali e le aperture nella struttura sono fondamentali per favorire questo processo.

Consigliamo inoltre ai produttori cartari di tenere sempre sotto controllo l’impatto che le polveri di carta generate nel proprio stabilimento produttivo potrebbero avere sulle tematiche ATEX.

 



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Il primo soccorso nei luoghi di lavoro: folgorazioni e ustioni
20/11/2019

Per “contatto elettrico diretto” si intende quando il lavoratore entra in contatto con una parte dell’impianto in tensione. Un’analisi operata qualche anno fa dal Sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi ha definito questa tipologia di incidente al settimo posto  nella graduatoria delle varie tipologie di incidente.

 

Le conseguenze dell’elettrocuzione

Quando il corpo umano viene attraversato dal passaggio di corrente, si verifica il fenomeno di elettrocuzione o folgorazione.

 

L’elettrocuzione può accadere anche dalla semplice vicinanza a causa dello scoccare di un arco elettrico, questo avviene soprattutto nelle situazioni in cui si opera con elevate correnti di potenza, le persone più esposte a questa tipologia di rischio sono: gli elettricisti, gli addetti alle manovre nelle cabine di distribuzione elettrica o gli addetti alla manutenzione delle linee elettriche di media e di alta tensione.

 

 

Il nostro organismo in presenza di una situazione di elettrocuzione, reagisce come un conduttore che oppone maggiore o minore resistenza al passaggio di corrente sulla base di diverse variabili, alcune dipendono dalle attrezzature utilizzate come guanti o scarpe isolanti, altre da fattori fisiologici per esempio una cute secca e callosa oppone maggiore resistenza al passaggio di corrente di una cute normale e umida.

 

Gli effetti lesivi della corrente derivano da differenti parametri:

• la traiettoria percorsa dalla corrente all’interno del corpo in quanto il percorso mano-mano è più pericoloso del percorso mano-piede o piede-piede perché sulla traiettoria c’è il cuore;

• la durata del tempo di contatto;

• l’intensità di corrente, quindi la quantità di cariche elettriche che circolano nell’unità di tempo (amperaggio);

• il tipo di corrente (continua o alternata – quella alternata è più pericolosa perché stimola la muscolatura ripetutamente a seconda della frequenza che possiede);

• l’ampiezza della superficie di contatto;

• la tensione, che corrisponde alla differenza di potenziale e si misura in Volt.

 

Il passaggio di corrente elettrica può provocare effetti locali e/o effetti generali:

effetti locali: durante il passaggio della corrente elettrica, il corpo si comporta come una resistenza, ciò fa sì che i tessuti si brucino. L’ustione da corrente elettrica presenta normalmente un foro di ingresso e uno di uscita che comportano quindi il passaggio e la traiettoria della corrente. Gli effetti locali sono rappresentati da ustioni più o meno gravi.

effetti generali: i sintomi solitamente sono un arresto cardiaco e/o arresto respiratorio. L’arresto cardiaco avviene quando la traiettoria della corrente incrocia il muscolo cardiaco e provoca un'interruzione degli impulsi nervosi che stimolano la normale contrazione cardiaca. L’arresto respiratorio si ha a causa della contrazione dei muscoli della gabbia toracica o per blocco dei centri nervosi respiratori.

 

Per interrompere il flusso di corrente è necessario togliere corrente oppure allontanare la vittima dalla sorgente elettrica con l’aiuto di oggetti di materiale isolante: legno, plastica, gomma, etc.

 

In seguito bisogna valutare lo stato dell’infortunato ed agire di conseguenza: può bastare medicare le ustioni oppure, nel caso in cui il paziente fosse incosciente, bisogna controllare l’attività cardio-respiratoria e nel caso procedere alla rianimazione. Anche nelle situazioni in cui l’infortunato dovesse in apparenza non riportare alcuna conseguenza, è sempre meglio recarsi al pronto soccorso per uno screening cardiologico.

 

Le attività di lavoro e le lesioni da caldo

Le ustioni sono lesioni dovute all’azione del calore, nel caso della folgorazione, avviene nel punto di entrata della corrente elettrica. Quest’ultima potrà manifestarsi come una ustione più o meno profonda detta “marchio elettrico”.

 

L’ustione può essere leggera (I grado) o più importante (II e III grado). Più che il grado dell’ustione, è fondamentale valutare la sua estensione sul corpo. Le ustioni che colpiscono al volto, alla schiena, all’addome o ai genitali sono solitamente molto gravi. Altre variabili da prendere in considerazione sono l’età e le condizioni fisiche dell’infortunato e il tessuto degli abiti indossati: infatti, materiali come il nylon e fibre sintetiche, bruciando, si incollano alla pelle rendendo le ustioni più profonde. L’ustione, quando è molto estesa, causa una perdita di liquidi e sali minerali portando a una disidratazione dell’organismo; questo stato può provocare shock, altra conseguenza grave di un’ustione estesa sono le infezioni e il successivo shock settico derivante dalla distruzione del tessuto cutaneo.

 

Indicazioni sulla sintomatologia:

Ustioni di I grado: la zona colpita è arrossata; la reazione infiammatoria che si crea rende la parte colpita calda e dolorante;

Ustioni di II grado: i sintomi riportati per le ustioni di I grado sono più marcati.

Ustioni di III grado: si tratta di una lesione molto profonda che colpisce tutti gli strati della cute. Il tessuto cutaneo è necrotico (morte tessutale).

 



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Decisione di esecuzione (UE) 2019/1863 della commissione del 6 novembre 2019
08/11/2019

Di seguito la decisione di esecuzione (UE) 2019/1863 della commissione del 6 novembre 2019 che modifica e rettifica la decisione di esecuzione (UE) 2019/436 per quanto riguarda il ritiro dei riferimenti alle norme armonizzate per le macchine dalla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

(testo rilevante a fini del SEE)

 

Segue il documento per intero.



- DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2019/1863 DELLA COMMISSIONE
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Rischio chimico e metalmeccanica: ci sono criticità per la sicurezza?
06/11/2019

Il convegno “REACH Metalmeccanica, l'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nel comparto metalmeccanico” ha messo in luce alcune criticità presenti nel settore metalmeccanico.

 

Le criticità fanno riferimento all’approccio adottato durante l’utilizzo di prodotti chimici.

 

Se nelle aziende del settore chimico c’è un’elevata preparazione a confrontarsi con i rischi connessi all’uso di sostanze chimiche, nelle aziende facenti parte del settore metalmeccanico c’è la tendenza a sottovalutare questi aspetti, ritenendoli rischi non primari.

 

Il quantitativo di prodotti chimici utilizzati nelle aziende metalmeccaniche è minore e se la conformità di questi prodotti e “la precisione delle informazioni (etichette, schede di dati di sicurezza, etc.) è di fondamentale importanza per la gestione della sicurezza all’interno dell’ambiente di lavoro”, spesso le schede di sicurezza non sono presenti o sono stilate in modo incorretto.

 

Le criticità nel settore metalmeccanico vengono affrontate all’interno del volume costituito dall’insieme degli atti del Convegno Nazionale “REACH_2017 - REACH e CLP. L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro”.

 

Caso studio azienda metalmeccanica

All’interno del volume viene riportato un caso studio che fa riferimento all’impatto del REACH e del CLP per un’azienda metalmeccanica che progetta, costruisce e fornisce macchine per la miscelazione, il riempimento e il packaging per aziende di svariati settori, da quello cosmetico a quello alimentare passando per quello farmaceutico.

 

Per poter progettare la macchina e di conseguenza svolgere i collaudi finali, l’azienda deve avere dal cliente del materiale di prova, in quanto la macchina deve essere progettata e collaudata con il materiale che effettivamente verrà utilizzato nel processo di produzione finale. 

 

Il materiale ricevuto può essere composto da:

chemicals: adesivi, colle, polveri, vernici, materie prime, liquidi, semilavorati o prodotti finiti;

articoli: bobine, componenti, tappi, astucci, flaconi, tubi.

 

Il caso preso in esame, si focalizza sulla descrizione delle attività inerenti alla gestione dei materiali “chemicals” e ricorda che l’origine dei chemicals, in base alla localizzazione del cliente, può essere sia europea che extra europea. Quindi variano i ruoli e le responsabilità dell’azienda metalmeccanica che riceve questi materiali.

 

Viene identificata come “Utilizzatore a Valle” l’azienda metalmeccanica che utilizza questi prodotti per la progettazione e il collaudo, solo se i prodotti sono originari dell’UE.

 

Quali sono gli obblighi degli utilizzatori a valle?

 

CLP

• Appurare che il prodotto ricevuto sia correttamente etichettato ai sensi del CLP e che quest’ultima etichetta sia conforme alle informazioni indicate in sezione 2.2 della SDS.

 

REACH

• Conservare le informazioni per 10 anni.

• Rispettare e conformarsi alle condizioni e agli usi riportati negli scenari d’Uso eventualmente allegati alle eSDS.

• Ricevere dal proprio fornitore la eSDS conforme, aggiornata e in lingua italiana.

 

Le criticità riguardanti il rischio chimico

I prodotti inviati dal cliente per i collaudi sono solitamente semilavorati oppure prodotti finiti non facenti parte dall’ambito di applicazione dei Regolamenti REACH e CLP, come ad esempio cosmetici, prodotti farmaceutici o alimenti, queste categorie sono escluse dal campo di applicazione del REACH e del CLP.

 

Il risultato è che gli operatori utilizzano dei prodotti senza la presenza di una definita conoscenza dei pericoli e, di conseguenza, delle esatte modalità di gestione dei rischi, e dei DPI da utilizzare.

 

Essendo i prodotti pensati per la “prova” sono spesso inviati in imballaggi precari e non adeguatamente etichettati. Inoltre spesso le schede dati di sicurezza fornite per i prodotti non sono conformi, perché si pensa che il prodotto sia rivolto al consumatore finale e non ad un utilizzatore industriale.

 

Tutto ciò porta ad una mancanza di corrette informazioni sulla gestione, lo stoccaggio e su presumibili valori limite da considerare negli ambienti di lavoro.

 

I chemicals, quindi, non sono considerati come tali unicamente perché destinati ad una fase di collaudo e perché il prodotto finito viene escluso dai Regolamenti REACH e CLP.

 

Nonostante ciò, in una fase di collaudo vengono utilizzati dagli operatori qualche migliaio di chilogrammi di prodotto in poche settimane, di conseguenza c’è un’esposizione elevata in un arco temporale breve.

 

Infine, la carenza di tutte queste indicazioni e dati adeguati e conformi, comporta un problema aggiuntivo per l’azienda: la gestione del prodotto nel rispetto della normativa ambientale relativamente ad eventuali autorizzazioni per gli scarichi o le emissioni e la classificazione del rifiuto.

 

Le ricadute sulla sicurezza degli operatori

In conclusione, un’azienda del settore metalmeccanico, dovendo utilizzare i prodotti chimici sia in fase di progettazione del macchinario che in fase di collaudo, necessita di possedere tutte le informazioni fondamentali per gestire in maniera corretta i chemicals e individuare le adeguate misure per la gestione del rischio chimico e per la sicurezza aziendale.

 

Le ricadute quindi riguardano sia la corretta gestione del rischio chimico per gli operatori, quindi la gestione della sicurezza sul lavoro, sia la corretta gestione degli impatti ambientali

 

 

• Volume costituito dagli atti a cura di C. Govoni, G. Gargaro, R. Ricci.

• Caso studio a cura di Francesco Gregorini (Ordine Interprovinciale dei Chimici dell’Emilia-Romagna - CEPRA S.r.l. – Bologna), Gabriella Mortera (CEPRA S.r.l. – Bologna).

 

Per approfondimenti, di seguito il volume da cui è tratto l’articolo:



- REACH 2017. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro
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Rischio caduta: sistema di accesso su fune e sistema di salvataggio
23/10/2019

L’art.115 del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) fa riferimento ai sistemi di protezione individuale dalle cadute nei lavori in quota.

 

Art. 115 - Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto

1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione collettiva come previsto all’articolo 111, comma 1, lettera a), è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, quali i seguenti:

 

a) assorbitori di energia;

b) connettori;

c) dispositivo di ancoraggio;

d) cordini;

e) dispositivi retrattili;

f) guide o linee vita flessibili;

g) guide o linee vita rigide;

h) imbracature.

 

Per poter avere maggiori informazioni in merito alla scelta, manutenzione, montaggio e classificazione di questi sistemi di protezione è possibile fare riferimento ad uno dei “Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili” redatti dall’Inail, nello specifico ci soffermiamo brevemente sui seguenti argomenti:

 

•Sistemi di salvataggio e di accesso su fune

•La marcatura e la scelta del sistema

•Indicazioni per il montaggio e smontaggio

•Indicazioni essenziali per la manutenzione

 

Sistemi di salvataggio e di accesso su fune

Un sistema di accesso su fune è “un sistema di protezione individuale che consente al lavoratore di arrivare e di lasciare il luogo di lavoro in tensione o in sospensione facendo si che venga arrestata o evitata la caduta”.

 

Oltre alle due caratteristiche sopracitate, questo sistema:

•impiega un punto di attacco basso sull’imbracatura per il collegamento alla fune di lavoro;

•consente al lavoratore di muoversi tra zone più alte e più basse e può consentire lo spostamento laterale;

•può essere adoperato per il posizionamento sul lavoro dopo che è stato raggiunto il luogo di lavoro;

•include una fune di sicurezza e una fune di lavoro che sono attaccate separatamente alla struttura.

 

Un sistema di salvataggio è “un sistema di protezione individuale dalle cadute attraverso cui una persona può salvare se stessa o altri e che evita la caduta”.

 

Questo sistema:

•consente di abbassare o sollevare la persona soccorsa in un posto sicuro;

•evita la caduta sia della persona soccorsa che del soccorritore durante l’atto di salvataggio.

 

La marcatura e la scelta del sistema

Per quanto riguarda la marcatura dei dispositivi di protezione, il documento Inail riporta alcune informazioni.

 

Nello specifico un sistema di protezione individuale dalle cadute deve avere le seguenti informazioni:

•numero dell’organismo notificato;

•nome del prodotto;

•numero di serie o altro sistema di tracciabilità;

•norma di riferimento e anno;

•nome del fabbricante;

•modello e tipo;

•marcatura CE.

 

Nella scelta del sistema da utilizzare bisogna considerare che tendenzialmente è consigliabile un sistema che eviti la caduta libera in confronto ad un sistema di arresto della caduta.

 

Indicazioni per il montaggio e lo smontaggio 

Prima di poter montare un sistema di protezione individuale delle cadute, bisogna verificare:

•le condizioni della superficie di lavoro;

•l’applicabilità del procedimento o delle istruzioni di montaggio;

•l’integrità dei componenti del sistema di protezione individuale dalle cadute;

•l’idoneità della struttura di ancoraggio;

•le condizioni atmosferiche;

•l’idoneità dei dispositivi di ancoraggio per l’uso previsto.

 

Per quanto riguarda lo smontaggio invece bisogna verificare:

•le condizioni atmosferiche (prima dello smontaggio);

•l’applicabilità del procedimento o delle istruzioni di smontaggio (prima dello smontaggio);

•le condizioni della superficie di lavoro (prima dello smontaggio);

•l’assenza di danni ai materiali (dopo lo smontaggio);

•l’integrità di tutti i componenti (dopo lo smontaggio);

•l’efficacia dei dispositivi di blocco e sblocco (dopo lo smontaggio);

•la corretta movimentazione delle parti mobili (dopo lo smontaggio);

•l’assenza di deformazioni o ammaccature (dopo lo smontaggio).

 

Indicazioni fondamentali per la manutenzione

Premettendo che la manutenzione deve essere effettuata da parte del personale qualificato, quest’ultima prevede:

•la verifica dell’assorbitore di energia;

•la verifica dello stato delle saldature;

•la verifica del periodo di servizio;

•la verifica di funi, cinghie e nastri;

•la verifica dei danni ai componenti metallici;

•la verifica dello stato delle parti mobili.

 



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Decisione dell’ufficio di presidenza del Parlamento europeo (17 giugno 2019)
25/09/2019

Di seguito la decisione dell’ufficio di presidenza del Parlamento europeo del 17 giugno 2019 sulle norme di attuazione relative al regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE.

 

Segue il documento per intero.



- Decisione dell’ufficio di presidenza del Parlamento europeo
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Come movimentare e trasportare manualmente i carichi in sicurezza?
11/09/2019

La movimentazione e il trasporto manuale dei carichi sulla base delle condizioni ergonomiche e delle caratteristiche dei carichi, possono comportare dei rischi per l’apparato muscolo scheletrico dei lavoratori.

 

Indicazioni per la movimentazione e trasporto manuale di carichi

Per poter prevenire gli infortuni o comunque importanti danni fisici al personale durante la movimentazione e il trasporto manuale dei carichi, bisognerebbe adottare alcuni accorgimenti durante il sollevamento di oggetti pesanti e ingombranti, ad esempio controllare che la superficie di appoggio sia libera da oggetti taglienti, utilizzare entrambe le mani durante il sollevamento degli oggetti.

 

Di seguito elenchiamo altre indicazioni per la movimentazione e trasporto manuale dei carichi:

 

•lo spazio libero vicino all’operatore deve essere sufficiente da garantire una posizione corretta, in modo particolare durante le attività di sollevamento e di deposito dell’oggetto;

•durante il trasporto e nelle attività di sollevamento e deposito, per evitare il sovraccarico della schiena, il carico deve essere mantenuto il più possibile vicino al corpo;

•se il peso da sollevare è posizionato al di sotto delle ginocchia, durante l’operazione di sollevamento bisogna mantenere la schiena eretta e assumere una posizione piegata sulle ginocchia, avendo sempre l’accortezza di eseguire un movimento controllato per poter evitare gravi danni alla schiena;

•prestare molta attenzione ai fattori ambientali in cui si lavora;

•utilizzare sempre i dispositivi di protezione individuale.

 

Tecniche di stoccaggio e immagazzinamento

•La sistemazione dei pacchi, casse e contenitori deve essere attuata in modo tale da non creare intralci nei passaggi;

•per non assumere posture inadeguate, non immagazzinare prodotti sul pavimento al di sotto dei piani delle scaffalature;

•gli oggetti immagazzinati devono essere assicurati;

•bisogna necessariamente utilizzare scale adeguate per l’accesso alle scaffalature.

 

Come sollevare e movimentare i carichi?

Di seguito alcune indicazioni:

 

•per far si che il sollevamento sia il più possibile in linea retta verticale, bisogna assumere una posizione stabile e ferma vicino all’oggetto da sollevare, i piedi vanno tenuti divaricati (non troppo) e una gamba deve essere mantenuta lievemente più avanti per mantenere l’equilibrio;

•se sotto un oggetto pesante non c’è molto spazio, sarebbe utile inserire prima un pezzo di legno, l’oggetto deve inoltre essere afferrato con tutta la mano e non solo con le dita;

•valutare il peso e il tipo sollevamento prima dell’inizio del lavoro;

•in caso di sollevamento di un oggetto da un livello basso, bisogna adottare una posizione accovacciata, con ginocchia e fianchi piegati, garantendo che le gambe agiscano in modo da mantenere la naturale curvatura della schiena;

•l’oggetto deve essere alzato mantenendolo vicino al corpo e stendendo le gambe, le spalle dovrebbero rimanere a livello e nella medesima direzione dei fianchi, il lato più pesante dovrebbe restare vicino al corpo, una volta che l’oggetto viene tenuto energicamente, guardare avanti e non in basso verso l’oggetto.

 

Se ad alzare l’oggetto sono due o più persone, sarebbe l’ideale che quest’ultime fossero di statura simile, le azioni di sollevamento e abbassamento dovrebbero essere effettuate in sintonia per prevenire sbilanciamenti e strappi.

 

La procedura per posare l’oggetto è il contrario di quella per il sollevamento, le gambe devono procedere con il lavoro di abbassamento con le ginocchia piegate, la schiena deve restare dritta e l’oggetto vicino al corpo, facendo attenzione a non schiacciarsi le dita.

 

 

Il rischio di infortunio può ridursi se in sostituzione al sollevamento venga utilizzata la tecnica della spinta o tiro, per fare ciò bisogna assicurarsi che i piedi siano ben appoggiati e le mani sull’oggetto si trovino in una posizione tra la cintura e le spalle

 

 



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Cosa dice la normativa sulla valutazione dello stress termico da caldo?
31/07/2019

La normativa per la valutazione dello stress termico

Negli ambienti definiti caldi esistono vincoli inevitabili che impongono uno stato di squilibrio termico nel quale i guadagni energetici superano le perdite, impedendo quindi il raggiungimento di condizioni di comfort. Quindi la valutazione dei rischi da redigere, deve verificare inizialmente la presenza e conseguentemente l’entità di un eventuale stress termico.

 

Il documento dell’Inail dice che il riferimento legislativo per la valutazione degli ambienti termici vincolati (caldi e freddi), è il capo I del Titolo VIII del d.lgs. 81/2008: “negli articoli 180 - 185 viene spiegato che il microclima è un agente di rischio fisico e che quindi va realizzata una valutazione del rischio secondo quanto specificato nello stesso decreto all’art. 28”.

 

Per quanto riguarda la valutazione, la legge non prevede “alcuna indicazione concernente ai metodi attraverso i quali appurare la presenza e valutare uno stress termico. In mancanza di disposizioni di legge, la materia è in conclusione interamente affidata alle norme tecniche”.

 

Le norme tecniche e lo stress termico

Il documento pone maggiore attenzione sulla normativa tecnica.

Attraverso uno schema a blocchi dei rilevanti standard ISO è possibile identificare un percorso di valutazione dello stress termico in ambienti caldi:

 

 

Negli ambienti vincolati caldi (a differenza di quanto accade per gli ambienti moderabili) è in fase di elaborazione uno standard dal titolo “Working practices for hot environments” (la norma, indicata inizialmente con ISO 16595, è stata in seguito rinumerata come ISO/WD 23451), “di supporto allo standard di valutazione del rischio”.

 

Lo schema a blocchi specifica che “la corrente normativa tecnica sulla valutazione degli ambienti caldi permette di procedere utilizzando sia il metodo WBGT, esposto nella norma UNI EN ISO 7243:2017 sia il metodo PHS, esposto nella norma UNI EN ISO 7933:2005” (Ergonomia dell’ambiente termico - Determinazione analitica ed interpretazione dello stress termico da calore mediante il calcolo della sollecitazione termica prevedibile).

 

Metodo WBGT e metodo PHS

Il metodo WBGT è sicuramente più semplice.

 

Nonostante ciò il metodo PHS (Predicted Heat Strain) risulta ampiamente preferibile per i seguenti motivi:

 

1. La misura delle quantità richieste nel metodo PHS sono le stesse richieste per l’applicazione del metodo PMV per la quantificazione del comfort termico e dunque non richiede strumentazione aggiuntiva; il metodo WBGT richiede al contrario l’utilizzo supplementare del termometro a bulbo bagnato a ventilazione naturale.

2. Segue il cambiamento nel tempo delle quantità di interesse fisiologico con lo scopo di identificare lo stress termico.

3. Può essere utilizzato per una vasta casistica di condizioni sperimentali, sia in termini di indumenti indossati, dimostrandosi molto più flessibile del metodo WBGT.

4. Il risultato della quantificazione del rischio termico è molto più precisa, basandosi su un’analisi accurata dell’equilibrio energetico dell’organismo del soggetto esposto e della risposta di quest’ultimo a situazioni di stress termico. Al contrario il metodo WBGT può solamente identificare, nella situazione di non superamento del limite, condizioni che sicuramente non comportano stress termico. Se il limite di accettabilità viene superato, il metodo WBGT richiede un’analisi più attenta attraverso un diverso metodo (ovvero il PHS).

5. Può essere utilizzato in situazioni ambientali variabili nel tempo.

 

Possiamo quindi concludere dicendo che il documento Inail per la valutazione dello stress termico in ambienti caldi fa riferimento solamente al metodo PHS.

 

Di seguito il documento dell’inail.



- “ La valutazione del microclima. L’esposizione al caldo e al freddo. Quando è un fattore di discomfort. Quando è un fattore di rischio per la salute”
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Decisione di esecuzione (UE) 2019/1202 della commissione (12 luglio 2019)
15/07/2019

È stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea la decisione di esecuzione (UE) 2019/1202 della commissione del 12 luglio 2019, relativa alle norme armonizzate sugli apparecchi e i sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva, elaborata a sostegno della direttiva 2014/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Di seguito il documento.

 



- DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 20191202 DELLA COMMISSIONE
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La sicurezza dei transpallet
03/07/2019

Per transpallet si intende un carrello elevatore con guidatore a piedi o a bordo dotato di forche e destinato alla movimentazione di merci, non al sollevamento né alla impilatura.

 

 

Le tipologie di transpallet si suddividono in:

 

manuale: la movimentazione e innalzamento o abbassamento delle forche si verifica grazie allo sforzo fisico dell’operatore con la presenza di un timone adibito sia alla trazione che alla manovra;

elettrico: caratterizzato dalla presenza di un motore elettrico con la funzione di ausilio alle operazioni di sollevamento e traslazione.

 

Misure prevenzionali

La maggior parte degli infortuni avviene a causa del contatto tra il manovratore del transpallet e qualche altro mezzo oppure a seguito della caduta del carico movimentato.

 

Un altro caso di infortunio può avvenire quando il transpallet è posizionato sul cassone di un camion, impiegato in operazioni di posizionamento di carico o di scarico, dove, per qualche errore nella movimentazione, quest’ultimo si ribalta coinvolgendo il lavoratore.

 

Nonostante gli operatori addetti ai transpallet non siano obbligati alla frequenza di corsi di formazione ai sensi dell’Accordo Stato Regioni del 22/02/2012, questi ultimi devono essere adeguatamente formati, informati e addestrati sulle caratteristiche tecniche dell’attrezzatura da adoperare, sulle tecniche di guida e di accatastamento, ai sensi dell’art. 71, commi 3 e 7, e dell’art. 73 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. e sui limiti d’uso in relazione al carico da trasportare.

 

Tutto ciò comunque è reso possibile grazie alla lettura del libretto di uso e manutenzione.

 

Di seguito alcune delle misure che permettono di garantire un maggior livello di sicurezza:

 

• i percorsi su cui i transpallet si muovono dovrebbero essere segnalati e in presenza di altre persone sul percorso, dovrebbe essere utilizzato preventivamente il segnalatore acustico;

• il transpallet dovrebbe essere utilizzato solo su superfici piane e lisce;

• abbassare il carico in posizione di trasporto, facendo si che i carichi trasportati non superino un’altezza tale da ostacolare la visuale completa del conducente;

• utilizzare sempre scarpe antinfortunistiche.



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Sicurezza nella manutenzione e manutenzione per la sicurezza
18/06/2019

L’attività di manutenzione con gli anni è diventata un’attività sempre più complessa, comportando necessariamente una formazione adeguata per i lavoratori.

 

Esistono alcuni obblighi per ciò che riguarda la manutenzione che comporta due problematiche principali:

• il datore di lavoro deve rispettare tutte le indicazioni fornite dal decreto legislativo 81/2008, dando garanzia dei requisiti di sicurezza per le attrezzature e ambienti di lavoro;

• la tutela per gli addetti alle attività di manutenzione.

 

 

 

Cosa dice il documento dell’Inail sulle attività di manutenzione?

L’attività di manutenzione deve essere considerata come un “processo continuo” e non più come un’attività periodica, portando quindi ad un ampliamento dei rischi associati a quest’ultima durante la valutazione dei rischi della stessa.

 

Nel documento dell’Inail vengono considerati tre aspetti di fondamentale importanza per ciò che riguarda l’attività di manutenzione:

• l’esternalizzazione della manutenzione

• I rischi dovuti alle interferenze nell’ambiente lavorativo

• La manutenzione degli impianti, dei luoghi e delle attrezzature di lavoro

 

Il documento mette in risalto:

• le diverse problematiche associate agli argomenti citati

• gli adempimenti legislativi in merito a tali problematiche

• le tecniche ingegneristiche applicate per la loro gestione.

 

Sicurezza e manutenzione

Il documento dice che la norma EN 13306 interpreta la manutenzione come la “combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali, eseguite durante il ciclo di vita di un elemento (apparecchiatura, impianto o luogo di lavoro) destinate a preservarlo o a riportarlo in uno stato dal quale si possa eseguire la funzione richiesta”.

 

Nello specifico, la manutenzione si divide in:

manutenzione preventiva: quando gli interventi di manutenzione sono predefiniti da determinati intervalli o criteri prestabiliti, l’obiettivo è quello di ridurre la probabilità di guasto o di degrado del funzionamento di un elemento funzionante;

manutenzione correttiva: questa attività si effettua al verificarsi un evento imprevisto con l’obiettivo di aggiustare un sistema per renderlo di nuovo funzionante.

 

Di seguito il documento completo dell’Inail:



- "La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione”
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La valutazione del rischio incendio: il D.M 10 marzo 1998 è prossimo alla sua abrogazione e sostituzione
08/10/2018

La nuova normativa che definisce i criteri generali di sicurezza e prevenzione in materia antincendio ed evacuazione nei luoghi di lavoro è prossima alla sua emanazione ed entrata in vigore.

Il Decreto Ministeriale 10 marzo 1998 è quindi giunto agli atti finali ed è in attesa della sua abrogazione e sostituzione da parte del nuovo disposto legislativo. 

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire questa specifica tematica e la transizione verso il nuovo modello di valutazione del rischio di incendio.

 

Il Decreto Ministeriale 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro” è un punto fermo nella gestione di tali importanti aspetti da ormai appunto 20 anni.

È recente la approvazione del nuovo testo da parte del Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la prevenzione incendi, comitato istituito nel corso del riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, testo che può ora intraprendere il percorso di approvazione presso le altre sedi deputate dello Stato.

La valutazione del rischio di incendio è lo strumento del datore di lavoro per attestare i che i provvedimenti messi in atto allo scopo di tutelare la sicurezza dei lavoratori e delle altre persone presenti nel luogo di lavoro siano coerenti con il livello di rischio presente, provvedimenti che riguardano sia le dotazioni tecniche e costruttive dei luoghi di lavoro, sia il sistema di prevenzione dei rischi che l’informazione e la formazione erogata ai propri lavoratori e alle squadre.

 

Secondo le indicazioni del D.Lgs. 81/2008 nel documento di valutazione del rischio, il datore di lavoro deve quantificare il rischio di incendio per ogni locale e attestare le misure adottate allo scopo di:

-ridurre la probabilità che si verifichi un incendio;

-garantire idonee vie di evacuazione e uscite di emergenza;

-realizzare le misure per una rapida segnalazione dell’incendio ai fine di garantire l’attivazione delle procedure di intervento mediante idonei sistemi di allarme;

-assicurare la presenza di misure e attrezzature per l’estinzione di un incendio, che dovranno essere mantenute in piena efficienza;

-fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio.

 

Il nuovo testo fornisce poi una classificazione degli ambienti di lavoro in quattro gruppi, sulla base della loro presenza nell’allegato I del D.P.R. 1 agosto 2011 n° 151 “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi” e sulla presenza di specifiche norme tecniche di sicurezza che indicano le misure antincendio minime da applicare.

Sulla base di tale classificazione fornisce poi specifiche disposizioni tecniche e procedurali obbligatorie per tipologia di luogo di lavoro.

I contenuti della bozza sono invece sostanzialmente analoghi a quelli del D.M. 10 marzo 1998 per gli aspetti di valutazione del rischio di incendio, di individuazione delle misure di prevenzione, di controllo e manutenzione (in cui è stato aggiunto l’obbligo di registrazione dei controlli), e di pianificazione delle emergenze.

La bozza di decreto conferma l’attuale sistema di formazione degli addetti alla lotta antincendio e alla gestione dell’emergenza, introducendo la periodicità dell’aggiornamento (quinquennale) e i programmi per l’aggiornamento.

Da quanto si evince dall’elaborato resta la facoltà di non redigere per iscritto il piano di emergenza nei casi di luoghi di lavoro dove sono occupati fino a 9 lavoratori, luoghi di lavoro aperti al pubblico con affollamento fino a 49 persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori, anche se assolutamente consigliato.



- La valutazione del rischio incendio: il D.M 10 marzo 1998 è prossimo alla sua abrogazione e sostituzione
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Sicurezza e affidabilità del sistema di comando della macchina
14/09/2018

Nella valutazione dei rischi richiesta dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE è di primaria importanza l’analisi della sicurezza e affidabilità del sistema di comando della macchina in quanto diverse condizioni di pericolo potrebbero emergere da una errata progettazione del sistema di comando o da un livello di affidabilità del sistema non congruo ai rischi presenti sulla macchina. A riguardo la Direttiva Macchine 2006/42/CE definisce dei criteri di progettazione specifici per i sistemi di comando e li raccoglie all’interno dei correlati requisiti essenziali di sicurezza.

 

MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i fabbricanti di macchine nella stesura del fascicolo tecnico e, in particolare, della valutazione dei rischi, fornendo le indicazioni più idonee per la progettazione del sistema di comando della macchina in modo che risulti sicuro e affidabile in funzione dei rischi effettivamente presenti sulla macchina. Questo studio viene effettuato con l’ausilio e le metodologie fornite dalla norma tecnica di riferimento: UNI EN ISO 13849-1: 2016. 

 

Sicurezza e affidabilità dei sistemi di comando

La Direttiva Macchine 2006/42/CE raccoglie, in Allegato I, i requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute che la macchina deve soddisfare prima di essere immessa sul mercato e/o messa in servizio da parte del fabbricante. La valutazione dei rischi richiesta dalla Direttiva Macchine deve essere funzionale a dimostrare il soddisfacimento di tutti i requisiti di sicurezza applicabili alla macchina. Di fatto, le scelte progettuali effettuate dal fabbricante devono essere il diretto risultato della valutazione dei rischi in modo che gli operatori, che avranno a che fare con la macchina in tutte le fasi di vita previste, risultino esposti solo a quei rischi residui emersi dalla valutazione stessa.

 

La valutazione dei rischi deve coprire anche le scelte progettuali legate all’equipaggiamento (elettrico, pneumatico e/o idraulico) del sistema di comando della macchina, in particolare per quanto attiene a quelle parti del sistema di comando legate alla sicurezza. 

 

In particolare, il requisito 1.2.1 dell’Allegato I – “Sicurezza ed affidabilità dei sistemi di comando”-, definisce i requisiti che deve rispettare il sistema di comando della macchina in modo da evitare che si verifichino situazioni pericolose correlate ad una errata progettazione o ad un potenziale guasto dello stesso sistema. Per esempio, alcune valutazioni che è necessario effettuare:

 

•I sistemi di comando non devono subire influssi esterni legati all’ambiente di lavoro in cui opera la macchina: se la macchina è pensata per ambiente outdoor, i sistemi di comando devono essere progettati conformemente a questo ambiente.

•I sistemi di comando devono resistere alle sollecitazioni prevedibili: per esempio, l’intervento continuativo su un dispositivo di comando (un pulsante, per esempio) non deve portare lo stesso rapidamente a rottura, con potenziali ulteriori pericoli per l’operatore.

•Qualora il sistema di gestione e controllo della macchina presenti una condizione di avaria o guasto, non si devono mai presentare situazioni di pericolo per l’operatore: la logica di funzionamento della macchina deve restare separata dalla logica di sicurezza, garantendo sempre che quest’ultima sia in grado di monitorare il corretto funzionamento della prima. Di fatto, la macchina non deve avere avviamenti inattesi, mancati arresti quando richiesti (in particolare se di emergenza), modifiche ai parametri di processo che comportino situazioni di pericolo inaspettate, comportamenti imprevisti, ecc.

•Gli errori umani prevedibili, legati all’interazione uomo-macchina, non devono portare alla creazione di situazioni pericolose: per esempio, la gestione dell’operatore su di un software di gestione non deve comportare condizioni pericolose per l’operatore se non con intervento volontario da parte dell’operatore stesso in modo che sia effettivamente cosciente di quello che sta per abilitare.

 

I requisiti esposti al punto 1.2.1 dell’Allegato I si applicano a tutte le parti del sistema di comando che, in caso di un’avaria o di un guasto, possono comportare pericoli dovuti a un comportamento non richiesto o imprevisto della macchina. Le parti del sistema di comando più coinvolte sono le parti del sistema di comando legate alle funzioni di sicurezza (avvio, arresto, arresto di emergenza, ecc.). Un guasto a questi elementi di sicurezza comporterebbe un mancato intervento della corrispondente funzione di sicurezza e, di conseguenza, una potenziale situazione pericolosa per l’operatore.

 

La norma UNI EN ISO 13849-1:2016

Tutti i componenti del sistema di comando sono soggetti a guasti e/o rotture, pertanto è impensabile immaginare di progettare un sistema di comando che non vada mai a guasto. È ragionevole tuttavia selezionare le parti del sistema di comando legate alla sicurezza in modo da realizzare un sistema di comando che sia sufficientemente sicuro e affidabile rispetto al risultato emerso dalla valutazione dei rischi. Le scelte progettuali (sia come componentistica adottata che come architettura) delle parti del sistema di comando legate alla scurezza devono essere tali da garantire un livello di affidabilità (Perfomance Level) adeguato al risultato della valutazione dei rischi e quindi al livello di rischio effettivamente presente sulla macchina. 

 

La norma UNI EN ISO 13849-1:2016 presenta l’approccio probabilistico ora enunciato. 

 

I contenuti della norma possono essere racchiusi in questi quattro passaggi sequenziali:

•Esclusione o riduzione della probabilità di guasti o avarie adottando componenti affidabili e principi di sicurezza comprovati.

•Utilizzo di componenti standardizzati con verifica delle funzioni di sicurezza da parte del sistema di comando ad intervalli regolari.

•Ridondanza degli elementi del sistema di comando in modo da non perdere la funzione di sicurezza in caso di guasto o avaria.

•Controllo automatico per il rilevamento continuo di guasti e avarie.

 

Questi concetti sono normalmente applicati in combinazione tra loro.

 

La valutazione dei rischi effettuata secondo la metodologia prevista dalla norma consente quindi di identificare un livello di affidabilità del sistema di comando che sia adeguato ai rischi presenti sulla macchina e di scegliere la componentistica corretta per realizzare un sistema di comando con il livello di affidabilità richiesto.

 



- Sicurezza e affidabilità del sistema di comando della macchina
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Le distanze di sicurezza sulle macchine: aperture in protezioni fisse e distanza barriere fotoelettriche
04/09/2018

La distanza di sicurezza tra un’apertura in un riparo e un punto pericoloso, o tra una barriera fotoelettrica e un punto pericoloso, è spesso argomento di dibattito tra fabbricanti e clienti utilizzatori, poiché tali aspetti influiscono sugli ingombri del macchinario o possono limitare l’operabilità da parte degli operatori.

 

Le implicazioni pratiche correlate alla distanza di sicurezza sono quindi aspetti molto importanti, sia in caso di realizzazione di macchine nuove che in caso di valutazione e adeguamento di macchine vecchie. 

 

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire anche questa specifica tematica, tramite l’impiego di metodi di valutazione e soluzioni adeguate alla tua realtà e alle richieste normative.

 

La norma UNI EN ISO 13857 : 2008 “Sicurezza del macchinario – Distanze di sicurezza per impedire il raggiungimento di zone pericolose con gli arti inferiori e superiori” è la base di riferimento per il dimensionamento della distanza di sicurezza in moltissimi casi applicativi, tra cui in particolare possiamo ricordare:

-le maglie di una rete di protezione;

-le aperture di canali o scivoli impiegati per il carico / scarico di pezzi lavorati;

-le aperture per permettere il prelievo di campioni;

-l’altezza da terra delle protezioni perimetrali.

 

Per il dimensionamento di tali distanze la norma fornisce una serie di prospetti che esprimono la distanza di sicurezza minima da rispettare tra l’inizio dell’apertura e il punto più vicino pericoloso raggiungibile, in funzione delle dimensioni dell’apertura (larghezza e altezza) e della sua forma.

 

La norma UNI EN ISO 13855 : 2010 “Posizionamento dei mezzi di protezione in funzione delle velocità di avvicinamento di parti del corpo umano” è invece idonea al calcolo della distanza che deve avere la barriera di fotocellule dal punto pericoloso interno più vicino raggiungibile. In caso infatti di posizionamento troppo vicino alla macchina si potrebbe incorrere in una non efficacia della barriera, che una volta attraversata permetterebbe comunque il raggiungimento degli organi mobili prima che essi siano realmente in arresto. Nel caso opposto invece una eccessiva distanza aumenta lo spazio necessario attorno al punto di accesso per la sua protezione da intrusioni, e quindi arresti, indesiderati, e rende più difficile l’operatività sulla macchina in caso di interventi frequenti presso la zona pericolosa.

 

La distanza di sicurezza minima viene definita da una formula che considera:

-la velocità di attraversamento della barriera, in funzione che si tratti di braccio o corpo intero;

-la risoluzione della barriera, ovvero la distanza tra i singoli fasci emettitori;

-la velocità di risposta della barriera, dato tipico proprio fornito dal fabbricante della barriera di fotocellule;

-la velocità di arresto dell’organo pericoloso una volta che il comando di arresto è stato dato.

 

Dimensionare tali distanze di sicurezza secondo le norme armonizzate alla Direttiva Macchine, sia per macchine nuove che esistenti, fornisce la presunzione di conformità circa tali punti e fuga ogni dubbio in caso di contestazioni, siano esse provenienti da un cliente o da un ente ispettivo.



- Le distanze di sicurezza sulle macchine: aperture in protezioni fisse e distanza barriere fotoelettriche
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Confidenza nell’utilizzo delle macchine
03/07/2018

L’utilizzo continuativo e prolungato nel tempo della macchina, da parte dell’operatore, fa maturare, in quest’ultimo, una certa confidenza legata allo stesso utilizzo della macchina con conseguente abbassamento del livello di attenzione e maggiori probabilità di incorrere in conseguenze dannose.

 

MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i datori di lavoro nella stesura del documento di valutazione dei rischi anche rispetto alle modalità di interfacciamento degli operatori con le macchine. L’attività è svolta anche nei confronti dei fabbricanti di macchine in modo da evidenziare i potenziali rischi legati ad un utilizzo scorretto, e dunque non previsto, delle macchine stesse.

 

L’utilizzo prolungato nel tempo di un macchinario porta l’operatore ad un elevato livello di conoscenza della macchina ma porta a ridurre la percezione degli effettivi rischi e pericolosità della macchina. Infatti, la monotonia, la ripetitività e anche l’esperienza incidono negativamente nella percezione del rischio che ha l’operatore con conseguente aumento degli eventi dannosi. Questa percezione inferiore del rischio, rispetto a quello reale (legato principalmente alla statistica di incidenti su macchinari simili), e dunque la confidenza nell’utilizzo della macchina espone l’operatore a rischi superiori rispetto a quelli a cui sarebbe esposto un operatore che lavora per la prima volta sugli stessi macchinari.

 

Di fatto, nel tempo, l’operatore tende a perdere le dovute attenzioni e a prestare le corrette precauzioni legate all’uso dell’attrezzatura e si espone, inconsciamente, alle pericolosità della macchina aumentando la probabilità di un evento pericoloso. In definitiva, l’operatore tende ad effettuare, inconsciamente, un utilizzo scorretto della macchina in quanto difforme da quanto previsto in origine dal fabbricante.

 

Interventi del datore di lavoro

 

La monotonia legata all’intervento che l’operatore deve attuare sulla macchina è il primo aspetto su cui il datore di lavoro deve intervenire. La monotonia, infatti, fa nascere una sorta di confidenza tra l’operatore e la macchina utilizzata la cui conseguenza è la sottovalutazione dei pericoli presenti sulla macchina con la conseguenza di essere esposto maggiormente ad eventi dannosi.

 

La prima soluzione che può adottare il datore di lavoro è la rotazione delle mansioni: lo spostamento periodico del personale tra le diverse postazioni di lavoro di una linea di produzione o tra le diverse macchine di un reparto, è in grado di ridurre l’effetto confidenza con le diverse macchine e/o postazioni di lavoro in linea, determinando un miglioramento generale del livello di attenzione dell’operatore durante le attività previste.

 

Un altro aspetto su cui deve concentrarsi il datore di lavoro è la formazione continua del personale. In sostituzione (o in aggiunta) alla rotazione delle mansioni il datore di lavoro è tenuto a garantire, anche grazie al proprio servizio di prevenzione e protezione, una formazione continua al proprio personale operativo (secondo art. 73 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.). La formazione continua deve essere finalizzata, tra le altre cose, anche a tenere alto il livello di attenzione del personale verso i rischi presenti e legati all’uso delle macchine, risvegliando quelle attenzioni nell’operatore che la monotonia e la ripetitività hanno necessariamente mitigato. 

 

Lo stesso citato art. 73 richiede espressamente che il personale riceva addestramento adeguato, in rapporto alla sicurezza relativamente alle condizioni di impiego delle attrezzature e alle situazioni anormali prevedibili. L’addestramento deve, dunque, essere finalizzato ad evidenziare le corrette modalità di utilizzo delle attrezzature e le condizioni anormali che potrebbero derivare anche da un utilizzo inconsciamente non corretto della macchina a cui la confidenza nell’uso della macchina può potenzialmente portare. 

 

 

Rispetto a questa modalità di uso inconsciamente scorretto, anche il fabbricante della macchina, già in fase di progettazione, può adottare specifici accorgimenti.

 

Soluzioni che può adottare il fabbricante della macchina

 

Il fabbricante di una macchina, prima di immetterla sul mercato, è tenuto ad effettuare una specifica valutazione dei rischi finalizzata a dimostrare la conformità della macchina stessa ai requisiti di sicurezza della direttiva macchine 2006/42/CE. Nello specifico, la valutazione dei rischi deve analizzare la sicurezza della macchina non solo rispetto all’uso previsto ma anche rispetto all’uso scorretto ragionevolmente prevedibile, così definito: un “uso della macchina in un modo diverso da quello indicato nelle istruzioni per l’uso, ma che può derivare dal comportamento umano facilmente prevedibile”. Come abbiamo indicato sopra, il comportamento umano prevedibile è anche un utilizzo inconsciamente sbagliato causato da fattori storicamente prevedibili, quali la monotonia, la ripetitività, ecc. 

 

Durante la progettazione della macchina, questi fattori devono essere considerati anche dal fabbricante della macchina stessa, partendo dalle modalità di utilizzo adottate in passato su macchine simili, piuttosto che statistiche su infortuni o incidenti.  La norma UNI EN ISO 12100: 2010 – “Principi generali di progettazione – Valutazione del rischio e riduzione del rischio”, fornisce alcune indicazioni delle tipologie di utilizzo scorretto o di comportamento umano facilmente prevedibile da prendere in considerazione durante la valutazione e successiva riduzione dei rischi fino alla fase di progettazione della macchina.

 

In definitiva, se durante la valutazione dei rischi il fabbricante della macchina dovesse rilevare situazioni di rischio legate ad un uso prolungato della macchina stessa e, quindi, ad un abbassamento del livello di attenzione dell’operatore, dovranno essere adottati, già in fase progettuale, specifici accorgimenti necessari a ridurre tali rischi evidenziando, come sempre prevede il processo di valutazione dei rischi, all’interno delle istruzioni per l’uso il rischio residuo presente. Tra l’altro, questi aspetti rientrano nei principi dell’ergonomia che devono rispettare le richieste specifiche del requisito essenziale 1.1.6 dell’Allegato I della direttiva macchine 2006/42/CE.

 

Il passaggio successivo spetta all’utilizzatore il quale è tenuto ad adottare le procedure di utilizzo e di interfacciamento con la macchina definite dal fabbricante e inserite all’interno delle istruzioni per l’uso e trasmetterle al personale incaricato dell’uso della macchina nel corso delle sopra citate attività di formazione e addestramento obbligatorie.



- Confidenza nell’utilizzo delle macchine
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La Valutazione del Rischio di Esposizione ad Agenti Biologici nelle aziende produttive
13/06/2018

L’INAIL ha reso disponibile nell’anno 2017 un applicativo software per la valutazione del rischio biologico presso gli ambienti sanitari. Le attività svolte nei servizi sanitari (ospedali, ambulatori, studi dentistici, servizi di assistenza) rientrano tra quelle che possono comportare rischio di esposizione ad agenti biologici per tutti i dipendenti ivi addetti. Ma anche nel settore produttivo, metalmeccanico e manifatturiero in generale, si è esposti a tale rischio, magari l’esposizione non riguarda la totalità degli addetti ma sicuramente alcune lavorazioni in azienda devono essere valutate anche in tal senso.

 

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire anche questa specifica tematica, tramite l’impiego di metodi di valutazione riconosciuti da ARPA e INAIL, creando specifiche procedure di lavoro e ispezione per la tua realtà aziendale.

 

Per rischio biologico si intende la probabilità che un individuo entri in contatto con un organismo patogeno, si infetti e contragga una malattia. Il rischio è potenzialmente sempre presente in tutti gli ambienti di vita e di lavoro e il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 vi dedica un intero titolo, il Titolo X.

L’INAIL ricorda come tranne in poche eccezioni legate ad alcune attività, il rischio da agenti biologici è spesso sottostimato in molti luoghi di lavoro. Le materie prime o le sostanze utilizzate, i fluidi biologici, la polvere organica, gli animali, gli insetti, le sostanze vegetali, la scarsa igiene o la cattiva gestione degli impianti aeraulici possono difatti essere fonti di contaminazione biologica potenzialmente pericolosa. Il rischio biologico per i non addetti è spesso di tipo ambientale e, quindi, trasversale; non esiste, pertanto, un ambiente di lavoro in cui tale rischio possa essere ignorato.

 

Il punto di partenza quindi fondamentale, per quelle aziende che non manipolano di per sé agenti biologici, lo riveste l’analisi iniziale dei possibili scenari di esposizione, indicando tutte le attività durante le quali risulta possibile incorrere nel contatto con un agente biologico.

ARPA e INAIL Liguria hanno sviluppato un algoritmo di calcolo che, tramite valutazioni qualitative, porta ad un punteggio associato ad un valore di rischio, analogo a quanto già ampiamente utilizzato da metodologie classiche per la valutazione del rischio di esposizione ad agenti chimici. Il rischio viene calcolato come prodotto di Danno per Probabilità.

In particolare si aggiunge il tema della gestione degli impianti di condizionamento dell’aria, i quali possono divenire, in caso di scarsa o inadeguata manutenzione, fonte di diffusione di microrganismi potenzialmente patogeni che ivi trovano condizioni ideali di sviluppo. In merito alle metodologie di manutenzione degli impianti e alle cadenze necessarie per prevenire tali problematiche è stata adottata dall’UNI una specifica norma UNI EN 15780:2011 “Ventilazione degli edifici – Condotti – Pulizia dei sistemi di ventilazione”.

 

La valutazione dei rischi aziendali dovrà quindi proporre:

-un’analisi dei possibili ambienti e scenari correlati a tale tipo di rischi;

-attività operative che possono essere svolte in relazione a tali scenari e ambienti aziendali;

-mansioni esposte poiché possono svolgere tali attività o entrarvi in contatto;

-un valore di rischio valutato con metodologia quanti / qualitativa;

-misure da mettere in atto, ad esempio interventi mirati di pulizia / manutenzione o indagini particolareggiate, per tenere sotto controllo la presenza delle fonti pericolose;

-formazione e informazione dedicata agli addetti esposti.

 



- La Valutazione del Rischio di Esposizione ad Agenti Biologici nelle aziende produttive
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La scelta e l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)
12/04/2018

I Dispositivi di Protezione Individuale, oggetto del nuovo Regolamento (UE) 2016/425 che sostituisce la direttiva 89/686/CEE, devono essere messi a disposizione dei lavoratori, da parte del datore di lavoro, quando i rischi non possano essere evitati o sufficientemente ridotti mediante misure tecniche di prevenzione, tramite mezzi di protezione collettiva oppure con misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

 

MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i datori di lavoro nella stesura del documento di valutazione dei rischi e dunque nella ricerca e adozione dei DPI idonei a ridurre quei rischi residui emersi dalla stessa valutazione dei rischi. La scelta dei DPI deve sempre rispondere ai criteri di necessità e di idoneità anche alla luce del nuovo Regolamento (UE) 2016/425.

 

Il D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. analizza obblighi e responsabilità del datore di lavoro e dei lavoratori relativamente alla scelta e all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale nel Titolo III. La definizione di DPI, riportata in art. 74, è la seguente “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.

 

Leggendo la definizione emerge un concetto chiaro: il DPI è progettato e fabbricato per essere indossato o tenuto da una singola persona per proteggerla da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza.

 

L’obbligo primario del datore di lavoro (art. 17) è quello di effettuare una valutazione di tutti i possibili rischi presenti in azienda; questa valutazione dovrà essere formalizzata all’interno del documento di valutazione dei rischi (art. 28). In questo documento si dovranno evidenziare tutti i possibili rischi presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e di protezione necessarie a ridurre tali rischi. Tuttavia, laddove il rischio valutato in una specifica attività, non possa essere ridotto adeguatamente tramite misure tecniche di prevenzione, tramite misure di protezione collettiva o da misure, metodi e procedimenti di riorganizzazione del lavoro, è necessario utilizzare specifici DPI (art. 75 del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.).

 

Il datore di lavoro ha l’obbligo (art. 18) di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente.

 

Vediamo nel dettaglio quali sono i requisiti a cui devono rispondere i DPI al fine di garantire un’efficace protezione nei confronti dell’operatore:

 

•Devono essere marcati CE secondo il Regolamento (UE) 2016/425.

•Devono essere adeguati al rischio da prevenire, senza comportare di per sé un rischio supplementare per l’operatore.

•Devono essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro.

•Devono tener conto delle esigenze ergonomiche o di salute dell’operatore.

•Devono poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità.

 

Nella scelta dei DPI da fornire ai propri lavoratori, il datore di lavoro è dunque tenuto a seguire i seguenti punti:

 

•La scelta è correlata al risultato della valutazione dei rischi effettuata in azienda: i DPI sono da utilizzarsi laddove i rischi non possano essere evitati con altri mezzi.

•La scelta è funzione della tipologia di rischio e delle caratteristiche del dispositivo stesso, riscontrabili sulla documentazione allegata al dispositivo, al fine di garantire che esso sia efficace e, nel contempo, non causi rischi supplementari all’operatore.

•La scelta deve essere aggiornata ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi della valutazione dei rischi effettuata in precedenza.

 

Il nuovo Regolamento (UE) 2016/425 sui DPI

 

Il 21 aprile 2018 entra in vigore il nuovo Regolamento (UE) 2016/425 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE. Gli obiettivi generali dl questo aggiornamento normativo nella forma giuridica di “Regolamento” e non più di “Direttiva” sono, essenzialmente, quello di proteggere meglio la salute e la sicurezza degli utilizzatori dei DPI evitando le incongruenze nella copertura dei prodotti e nelle procedure di valutazione della conformità che erano presenti nei diversi recepimenti nazionali, definire specifici obblighi e responsabilità per tutti i soggetti coinvolti (quindi, fabbricanti, mandatari, importatori e distributori) e semplificare il contesto regolamentare europeo in materia di DPI.

 

Il campo di applicazione del Regolamento è indicato in art. 3:

 

a) “dispositivi progettati e fabbricati per essere indossati o tenuti da una persona per proteggersi da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza;

 

b) componenti intercambiabili dei dispositivi di cui alla lettera a), essenziali per la loro funzione protettiva;

 

c) sistemi di collegamento per i dispositivi di cui alla lettera a) che non sono tenuti o indossati da una persona, che sono progettati per collegare tali dispositivi a un dispositivo esterno o a un punto di ancoraggio sicuro, che non sono progettati per essere collegati in modo fisso e che non richiedono fissaggio prima dell'uso”.

 

Il Regolamento fissa le responsabilità per i diversi operatori economici che intervengono nella catena di fornitura e distribuzione dei DPI sul territorio della UE. Per tale motivo essi devono adottare misure atte a garantire che siano messi a disposizione sul mercato solo DPI conformi al Regolamento in accordo ai rispettivi obblighi come indicati negli arti. da 8 a 11 del Regolamento. Specificatamente, il Fabbricante è tenuto a redigere la documentazione tecnica di cui all’Allegato III del Regolamento e ad eseguire la procedura di valutazione della conformità di cui all’art. 19; procedura che cambia in funzione della categoria di rischio a cui appartiene il DPI come indicate in Allegato I. La procedura di valutazione della conformità è un obbligo che spetta al solo fabbricante.

 

Specifici obblighi sono definiti anche per la figura dell’importatore il quale immette sul mercato della UE dispositivi di protezione provenienti da paesi terzi. Il primo obbligo, in particolare, riporta la necessità di importare esclusivamente DPI conformi al Regolamento. Di fatto, l’importatore è tenuto a verificare l’effettiva conformità del prodotto prima di immetterlo nei territori dell’Unione. Allo stesso modo, l’importatore è tenuto a verificare che il Fabbricante abbia eseguito la procedura di valutazione della conformità adeguata alla categoria di protezione del DPI e che abbia redatto la documentazione tecnica. L'importatore che ritenga o abbia motivo di ritenere che un DPI non sia conforme ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza applicabili di cui all'allegato II, non lo immette sul mercato fino a quando non sia stato reso conforme.

 

Il Regolamento si applica a decorrere dal 21 aprile 2018 con alcune eccezioni:

 

•Gli articoli da 20 a 36 e l'articolo 44 si applicano già a decorrere dal 21 ottobre 2016;

•L'articolo 45, paragrafo 1, si applica a decorrere dal 21 marzo 2018.

 

Importante sottolineare le disposizioni transitorie evidenziate all’art. 47: gli Stati membri non ostacolano la messa a disposizione sul mercato dei prodotti contemplati dalla direttiva 89/686/CEE conformi a tale direttiva e immessi sul mercato anteriormente al 21 aprile 2019. In aggiunta, gli attestati di certificazione CE e le approvazioni rilasciati, dagli organismi notificati, a norma della direttiva 89/686/CEE rimangono validi fino al 21 aprile 2023, salvo che non scadano prima di tale data.



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Le registrazioni aziendali in merito ai macchinari industriali
09/03/2018

Collaudo iniziale, verifica delle dotazioni di sicurezza e di eventuali manomissioni, manutenzione programmata e interventi entro / oltre la straordinaria manutenzione sono eventi che se sottovalutati o non tracciati possono comportare sanzioni o assunzioni di responsabilità non considerate.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel definire la soluzione procedurale e le registrazioni corrette e sufficienti per tutelare i tuoi lavoratori e rispettare la normativa vigente.

 

L’art. 70 del Testo Unico richiede che le macchine immesse sul mercato in Italia dopo il 21/09/1996 (data di entrata in vigore della direttiva macchine 98/37/CE) debbano essere marcate CE.

Già questo semplice ed apparentemente scontato obbligo presuppone la presenza di un registro in azienda che riporti le varie date di fabbricazione e di installazione dei singoli macchinari ed apparecchiature

 

L’art. 70 del Testo Unico richiede inoltre che, anche in caso di macchina marcata, il datore di lavoro attesti la presenza o assenza perlomeno delle non conformità palesi della macchina facilmente individuabili.

Tale obbligo viene assolto tramite la redazione di un verbale di collaudo che quantomeno comprenda: ispezione visiva, coerenza con l’uso previsto dal fabbricante, aspetti tecnici correlati a produzione ed attrezzaggio, prove correlate ai singoli dispositivi di sicurezza (pulsanti di emergenza, barriere fotoelettriche, sportelli interbloccati, protezioni fisse, etc.), materiale fotografico che attesti lo stato della macchina prima dell’utilizzo, verifica della completezza documentale e delle informazioni fornite dal fabbricante.

Per quanto riguarda, invece, le macchine immesse sul mercato italiano prima del 21/09/1996, l’obbligo della verifica della conformità della macchina alle indicazioni tecniche riportate in Allegato V – D.Lgs. n.81/2008 è di competenza del solo datore di lavoro. A maggior ragione quindi un’attestazione formale delle relative condizioni della macchina stessa, con la stesura di una dedicata valutazione dei rischi correlati, diventa fondamentale.

 

Per quanto attiene specificatamente alla manutenzione delle macchine, l’articolo 71 del decreto è molto chiaro: la manutenzione sulle macchine deve essere di tipo periodico e 

deve essere tale da garantirne, nel tempo, un utilizzo sicuro mantenendo un livello di sicurezza analogo a quello che la macchina aveva in origine.

Anche in questo caso la registrazione degli interventi manutentivi effettuati su una macchina diventa essenziale ed obbligatoria, per ricostruirne la storia e attestare il superamento o meno della manutenzione straordinaria, permettendo di intervenire e ad esempio indirizzando già i propri fornitori in caso di modifiche verso una nuova marcatura della macchina.

 

L’art. 71 del Testo Unico richiede e ricorda che le attrezzature devono essere “assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza” secondo quanto riportato all’articolo 18, generico in merito agli obblighi del Datore di Lavoro: “aggiornare le misure di prevenzione […] in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione”. Tale obbligo significa che nonostante il Datore di Lavoro abbia in casa ad esempio un macchinario non recentissimo ma marcato CE, la Direttiva Macchine esiste dal 1996 appunto, o ancora meno recente, deve comunque verificare la presenza in commercio di dispositivi di sicurezza maggiormente efficienti ed efficaci e provvedere alla loro sostituzione. . Il miglioramento delle sole prestazioni di sicurezza non comporta una nuova marcatura CE del macchinario.

 

L’utilizzo e la manutenzione delle macchine è un aspetto importante nel processo di valutazione dei rischi e il Datore di Lavoro deve suffragare la sua attenzione nei passaggi fondamentali che riguardano la vita di un macchinario tramite l’impiego di registrazioni sistematiche. Infatti, la manutenzione permette di mantenere in efficienza la macchina, garantendo continuità nella produzione e, nel tempo, un adeguato livello di sicurezza per l’operatore, attestando la conformità nel tempo dell’attrezzatura utilizzata.

 



- Le registrazioni aziendali in merito ai macchinari industriali
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La manomissione di un dispositivo di interblocco associato ad un riparo
17/11/2017

La manomissione di un dispositivo di interblocco associato ad un riparo è un tema di particolare importanza poiché secondo la Direttiva Macchine il fabbricante deve rendere impossibile l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile e quindi impedire anche i normali o prevedibili metodi di manomissione dei dispositivi di sicurezza, utilizzando accorgimenti e soluzioni che fanno parte della buona tecnica attuale della protezione.

La norma EN ISO 14119:2013 “Sicurezza del macchinario. Dispositivi di interblocco associati ai ripari. Principi di progettazione e scelta” fornisce delle indicazioni per limitare le possibili manomissioni ragionevolmente prevedibili di detti dispositivi di interblocco.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel definire la soluzione corretta e sufficiente nel progettare dispositivi di sicurezza che rispettino la normativa vigente e garantiscano la piena operabilità del macchinario.

 

La neutralizzazione di un dispositivo di interblocco può essere vista come un uso scorretto ragionevolmente prevedibile e quindi come una mancanza del fabbricante, visto che la Direttiva Macchine 2006/42/CE richiede appunto di considerare anche tali tipi di usi scorretti nell’applicazione del principio di integrazione della sicurezza.

 

Le considerazioni in merito alla facilità di manomissione di un dispositivo coinvolgono però anche i datori di lavoro, in quanto incaricati a prendere le misure necessarie affinché i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro siano ridotti al minimo e a impedire che le stesse attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Quest’obbligo diventa fondamentale quando si hanno macchinari pre-CE o comunque datati, poiché diventa essenziale una puntuale e adeguata valutazione ed analisi del rischio macchina con l’obiettivo di stabilire se i dispositivi di sicurezza sono ancora efficienti ed attuali; il D.Lgs. 81/2008 obbliga infatti il Datore di Lavoro a tenere conto dell’evoluzione dello stato dell’arte dei sistemi di protezione e mantenere in tal senso aggiornate le sue macchine.

  

La norma EN ISO 14119:2013 sottolinea come la riduzione al minimo dell’interferenza tra il dispositivo di interblocco e l’operatività della macchina sia il migliore incentivo ad una mancata manomissione. Questo significa che prima di concentrarmi su come costruire un dispositivo di interblocco inattaccabile è molto più importante progettare il corretto effetto che l’apertura di tale interblocco ha sulla macchina e quindi sulla sua operatività, essedo questo aspetto quello che invoglia e porta ad una manomissione.

Le indicazioni progettuali della Norma EN ISO 14119:2013 aiutano i fabbricanti a realizzare dispositivi di sicurezza che rendano il livello di protezione offerto dal macchinario unicamente eludibile tramite una dolosa manomissione di tali dispositivi, manomissione che deve quindi andare oltre l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile.

Le indicazioni contenute nella norma prevedono però l’incorporazione nella progettazione di un vero percorso di gestione della sicurezza macchina e della relativa operabilità sulla stessa nelle varie fasi di vita della stessa (uso, attrezzaggio, cambio prodotto, primo avviamento, manutenzione, etc.), per poi passare in ultimo ad indicazioni tecniche mirate per la corretta scelta, installazione e protezione del dispositivo.

 

Tali indicazioni sono quindi utili non solo al fabbricante ma anche al Datore di Lavoro, che si trova quindi ad adoperare macchinari efficienti in ogni fase di vita e dove solo un’azione dolosa volontaria, di per sé disincentivata a priori, possono portare alla vera elusione del dispositivo di sicurezza e quindi anche al possibile incidente o infortunio.

 



- La manomissione di un dispositivo di interblocco associato ad un riparo
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La gestione della distanza di sicurezza sui macchinari industriali
16/10/2017

La gestione delle distanze di sicurezza è una tematica comune alla quasi totalità dei macchinari industriali, allo scopo di garantire un’efficace protezione del lavoratore che opera su di esse, sia ovviamente da parte del fabbricante che realizza una nuova macchina ma anche da parte del datore di lavoro che mette a disposizione le macchine, vecchie o nuove, ai propri dipendenti, dovendone valutare l’adeguatezza nel tempo.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel definire la soluzione corretta e sufficiente nel tutelare i tuoi lavoratori e rispettare la normativa vigente.

 

La norma UNI EN ISO 13857 : 2008 “Sicurezza del macchinario – Distanze di sicurezza per impedire il raggiungimento di zone pericolose con gli arti inferiori e superiori” presenta delle precise misure in merito alle distanze di sicurezza, da applicare in funzione di determinati parametri geometrici, e deve essere, a nostro avviso, ampiamente conosciuta da chi gestisce la sicurezza di un macchinario, fornendo essa misure di riferimento incontestabili.

 

La distanza di sicurezza è un aspetto che deve essere rispettato nel dimensionamento di moltissime tipologie di aperture o riari, fissi o mobili o perimetrali, tra cui in particolare possiamo ricordare:

- le maglie di una rete di protezione;

- le aperture ricavate in una protezione fissa o mobile;

- le aperture di canali o scivoli impiegati per lo scarico di pezzi lavorati;

- le aperture o fessure impiegate per caricare o incorsare materie prime all’interno di tramogge, tavole o sistemi di presa, o per permettere l’ingresso o uscita di nastri di trasporto;

- le aperture per permettere il prelievo di campioni;

- l’altezza da terra delle protezioni perimetrali;

- lo spazio libero tra due strutture protettive;

-la dimensione di qualsiasi fessura o apertura che permetterebbe di raggiungere un organo mobile pericoloso dall’esterno.

 

A tal fine la norma UNI EN ISO 13857: 2008 fornisce una serie di prospetti di non semplice lettura che fungono da linea guida per il posizionamento dei ripari e il dimensionamento delle reti di protezione al fine di garantire la distanza di sicurezza.

 

Il primo prospetto è relativo alla dimensione di piccole aperture poste sui ripari della macchina, e fornisce la distanza di sicurezza minima da rispettare tra l’inizio dell’apertura e il punto più vicino pericoloso raggiungibile. Tale distanza è fornita in funzione delle dimensioni dell’apertura (larghezza e altezza). Ad esempio un’apertura a fessura molto larga e di altezza pari a 2 cm, la distanza minima dal primo punto pericoloso raggiungibile deve essere 12 cm. Se l’altezza della suddetta apertura raggiunge i 3 cm la distanza dall’organo pericoloso sale improvvisamente a 85 cm, considerando già il possibile passaggio del braccio.

Un secondo prospetto molto interessante è quello relativo all’altezza dal piano di calpestio che devono rispettare le protezioni perimetrali, il quale fornisce la distanza di sicurezza minima da rispettare tra la sommità della protezione perimetrale e il punto più vicino pericoloso raggiungibile. Tale distanza minima di sicurezza è fornita in funzione dell’altezza da terra della protezione perimetrale e dell’altezza del punto pericoloso raggiungibile, discriminando tra rischio alto e rischio basso (ovvero infortunio possibile più o meno grave) in merito al punto pericoloso.

 

La norma UNI EN ISO 13857: 2008, oltre ai prospetti sopra descritti, fornisce anche altre misure in merito, ad esempio, a distanze di sicurezza di parti pericolose poste sopra al capo dell’operatore o indicazioni in caso di aperture che presentano, oltre alla loro dimensione, accessi difficoltosi con ostacoli o labirinti di vario tipo, allo scopo di permettere distanze diminuite in linea d’aria tra apertura e zona pericolosa.

 

Le distanze di sicurezza fornite dalla norma possono apparire ad una prima vista molto cautelative e quasi irrealistiche. Bisogna però considerare due aspetti fondamentali.

Il primo è che la norma considera anche persone che hanno dimensioni antropometriche non necessariamente comuni, ovvero molto piccole, garantendo così anche la loro sicurezza. Inoltre si parla di misure geometriche e quindi difficilmente contestabili, ovvero sappiamo che la norma è volontaria e il fabbricante può decidere soluzioni diverse, ma queste devono essere giustificate; giustificazioni basate sull’evitare un innalzamento di costi, un aumento degli ingombri o una migliore produttività non possono essere impiegate in questo caso.

 

 



- La gestione della distanza di sicurezza sui macchinari industriali
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Ricarica di batterie stazionarie e di trazione e creazione di zone potenzialmente esplosive
15/09/2017

 

Introduzione

Nel presente articolo si vuole affrontare la problematica legata alla possibile formazione di zone potenzialmente esplosive presso i locali di ricarica delle batterie stazionarie e di trazione, ovvero rispettivamente i pacchi batteria dei gruppi di continuità o UPS e le batterie di carrelli elevatori e traspallet.

Sebbene la maggior parte delle aziende non effettua lavorazioni che necessitano di manipolare liquidi / gas infiammabili o polveri elettrostatiche o esplosive, il tipico caso di ricarica di batterie è invece una situazione assolutamente diffusa; anche questa attività può creare un’atmosfera potenzialmente esplosiva.

Nel corso dell’articolo analizziamo la problematica generica della zonizzazione, illustrando poi una metodologia dedicata alla valutazione delle zone di ricarica batterie, sulla base di specifiche norme in materia.

 

Gli obblighi legislativi

La zonizzazione ATEX riveste da sempre una problematica aziendale delicata, che si ribalta su molti aspetti legati alla sicurezza sul luogo di lavoro e coinvolge la maggior parte delle attività e dei Datori di Lavoro. La zonizzazione ATEX è infatti un argomento che tocca tutti i datori di lavoro e le aziende, indipendentemente dall’attività lavorativa svolta. Infatti il D.Lgs. 81/2008 richiede, allo specifico Titolo dedicato a tale problematica, che obbligatoriamente ogni azienda debba elaborare un “Documento sulla protezione contro le esplosioni”.

 

La possibile formazione di un’area potenzialmente esplosiva deriva da varie e in parte molto diffuse attività industriali:

   -    ricarica di batterie di trazione;

   -    ricarica di batterie stazionarie;

   -    impiego, manipolazione, distribuzione o stoccaggio di sostanze infiammabili (gas o liquidi);

   -    impiego di macchinari e attrezzature di lavoro che manipolano o producano sostanze infiammabili o polveri esplosive o elettrostatiche (polveri di carta, polveri di legno, polveri di origine polimerica, cereali e farine, etc.);

   -    centrali termiche;

   -    impianti di depurazione.

 

Nello specifico “Titolo XI Protezione da atmosfere esplosive” il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 impone al Datore di Lavoro di evitare la formazione di tali aree, ovvero eliminare il rischio se vi sia la possibilità, oppure valutare l’effettiva formazione di atmosfere esplosive tramite la redazione di uno specifico “Documento sulla protezione contro le esplosioni”, Art. 294 del D.Lgs. 81/2008, che deve contenere una effettiva zonizzazione di queste aree, nel caso in cui appunto l’eliminazione della sorgente di possibile pericolo non risulti possibile a fini produttivi.

 

La zonizzazione

Questo Documento sulla protezione contro le esplosioni deve essere il punto di partenza per valutare poi, sulla base della zonizzazione effettuata, applicazione e presenza in azienda di numerosi aspetti procedurali e tecnici:

-adeguatezza delle apparecchiature elettriche e meccaniche installate all’interno delle zone identificate; le apparecchiature devono infatti essere marcate secondo la specifica Direttiva ATEX 2014/34/UE dai rispettivi fabbricanti, in funzione del tipo di zona identificata e di sostanza che ne dà origine;

   -    necessità di integrare la formazione del personale addetto;

   -    necessità di procedure di lavoro nelle zone identificate, con controllo degli accessi e delle apparecchiature utilizzabili;

   -    necessità di introdurre determinate specifiche d’ordine per materiali e nuove attrezzature da installare;

   -    necessità di stabilire corrette procedure di stoccaggio e manipolazione di materiali, sostanze o rifiuti;

   -    necessità di gestire in modo specifico l’attività di fornitori e appaltatori in azienda.

 

La zonizzazione in generale viene realizzata basandosi su specifiche Norme CEI EN della serie CEI EN 60079-10-1 (CEI 31-87) e CEI EN 61241-2 (CEI 31-88), e tramite le relative Guide interpretative CEI 31-35 e CEI 31-56 secondo i seguenti passaggi:

   1. Individuare le sorgenti o possibili sorgenti di emissione e le caratteristiche chimico / fisiche delle sostanze emesse.

   2. Assegnare il grado di emissione per ogni sorgente:

      -   grado Continuo;

      -   grado Primo (emissione periodica o occasionale);

      -   grado Secondo (emissione non prevista, avviene a rottura).

   3. Valutare la portata di emissione.

   4. Valutare il tipo di Zona, ovvero la probabilità di presenza di un’atmosfera esplosiva, sulla base di grado di emissione e ventilazione.

   5. Calcolare e rappresentare graficamente l’estensione della Zona, sulla base di:

      -   portata di emissione;

      -   ventilazione (artificiale, naturale, grado e disponibilità, con o senza impedimenti fisici, numero di ricambi d’aria, etc.).

 

La ricarica delle batterie

Le batterie comunemente utilizzate in azienda sono al piombo o al nichel-cadmio e si distinguono, come già anticipato, in:

   -    batterie di trazione, ovvero le batterie che equipaggiano carrelli elevatori, transpallet, macchine per la pulizia, etc.      

  -   batterie stazionarie, ovvero batterie che equipaggiano gli UPS (integrate o meno), servizi ausiliari di centrali elettriche e telefoniche, soccorritori, etc.

 

Le batterie vengono solitamente ricaricate in locali dedicati, oppure in zone poste all’interno di locali anche produttivi.

Come è noto, durante la fase di ricarica la batteria al piombo emette vari gas, tra cui l’idrogeno, ovvero un gas particolarmente volatile e con caratteristiche di esplodibilità alte, gas che nello specifico si sprigiona a seguito dell’elettrolisi dell’acqua.

 

Secondo le modalità di emissione di gas nell’atmosfera le batterie sono classificate in:

   -    batterie aperte, ovvero batterie che permettono il libero sfogo dei gas, poiché sono prive di coperchio, oppure hanno un coperchio attraverso il quale i gas possono liberamente fuoriuscire;

   -    batterie regolate da valvole (chiuse o ermetiche), ovvero batterie chiuse con un coperchio ermetico, ma dotato di una valvola per sfogare eventuali sovrappressioni.

 

Per la zonizzazione, in alternativa alle Norme CEI EN della serie 60079-10, generiche per i gas, è possibile fare riferimento alle norme CEI EN 50272-2 (CEI 21-39) sulle batterie stazionarie e CEI EN 50272-3 (CEI 21-42) sulle batterie di trazione. Queste due norme analizzano la problematica soffermandosi in particolare sulla corretta ventilazione da garantire alle zone dove sono ubicati i punti di ricarica per limitare l’estensione della zona, che altrimenti deve essere considerata pari a quella dell’intero locale e oltre, se vi sono condotti o aperture che lo mettono in comunicazione con altri locali.

 

CEI EN 50272-2 e CEI EN 50272-3

L’idrogeno ha un elevato livello di esplodibilità, essendo sufficiente una concentrazione del 4% in aria (Limite Inferiore di Esplodibilità) per generare un’esplosione in presenza di un innesco efficace. Le norme EN si propongono quindi di mantenere la concentrazione di idrogeno significativamente al di sotto del 4%, attraverso la garanzia di un’idonea ventilazione. Le norme EN riportano quindi formule semplificate per calcolare la portata d’aria di ventilazione necessaria in un locale di ricarica batterie e la superficie minima delle aperture di ventilazione che garantisce tale portata d’aria, con un buon fattore di sicurezza.

 

Nell’immediato intorno di una batteria in carica, anche in presenza della ventilazione minima calcolata, è comunque sempre prevista l’esistenza di una zona pericolosa che, per le sue caratteristiche, deve essere classificata come Zona 1: “area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva, consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività”. Tale zona si estende per la distanza pari a 0,5 metri dalle sorgenti di emissione del gas della batteria di trazione, ovvero dalle valvole della batteria stessa. Per quanto riguarda le batterie di stazionamento la distanza varia secondo le caratteristiche della batteria, in funzione di voltaggio e capacità nominale della batteria.

 

Conclusioni

Le norme CEI EN 50272-2 e CEI EN 50272-3 individuano i provvedimenti necessari nei locali di ricarica batterie al fine di prevenire il pericolo di esplosione dovuto all’emissione di idrogeno, gas particolarmente pericoloso, non solo per il suddetto Limite Inferiore di Esplodibilità ma anche perché molto leggero, con la tendenza quindi ad insinuarsi in spazi stretti e concentrarsi nelle zone alte dei locali.

 

Le norme quindi analizzano la problematica ATEX specifica dei locali di ricarica:

   -    prescrivono che i locali batterie siano dotati di una ventilazione (naturale o forzata) minima per mantenere la concentrazione di idrogeno ampiamente inferiore al 4%;

   -    indicano come calcolare la ventilazione necessaria e l’ampiezza minima delle aperture per garantirla in modo naturale, ovvero senza l’impiego di ventilatori o estrattori;

   -    specificano che, anche in presenza di un’idonea ventilazione, in prossimità delle batterie è presente comunque una zona potenzialmente esplosiva;

   -    forniscono formule semplificate per calcolarne l’estensione.

 

Al fine di prevenire le esplosioni nei locali batterie è dunque sufficiente:

   -    dotare i locali delle aperture di ventilazione minime previste dalle norme CEI EN 50272-2 e CEI EN 50272-3 o di adeguata ventilazione forzata localizzata;

   -    verificare l’assenza nella zona potenzialmente esplosiva nei pressi della batteria di inneschi (impianti elettrici, apparecchiature elettriche e meccaniche) o installare nella zona componenti elettrici e meccanici di tipo Ex II 2G, marcati CE ai sensi della Direttiva Atex 2014/34/UE.

 

 

 



- Ricarica di batterie stazionarie e di trazione e creazione di zone potenzialmente esplosive
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La Valutazione del Rischio di Esposizione ad Agenti Biologici nel settore manifatturiero
13/07/2017

Il rischio di esposizione agli agenti biologici è potenzialmente sempre presente in tutti gli ambienti di vita e di lavoro e il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 vi dedica un intero titolo, il Titolo X Esposizione ad agenti biologici.

ARPA e INAIL Liguria hanno sviluppato un algoritmo di calcolo che, tramite valutazioni qualitative, porta ad un punteggio associato ad un valore di rischio, analogo a quanto già ampiamente utilizzato da metodologie classiche per la valutazione del rischio di esposizione ad agenti chimici.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire anche questa specifica tematica, tramite l’impiego di metodi di valutazione riconosciuti, creando specifiche procedure di lavoro e ispezione per la tua realtà aziendale.

 

Sebbene il rischio di esposizione ad agenti biologici sia proprio di attività lavorative svolte in un ambiente nel quale si manipolino agenti biologici, come ad esempio un laboratorio di ricerca o una struttura sanitaria, esso è presente in quasi tutte le aziende. Alcuni tipi di situazioni aziendali possono esporre i propri lavoratori a rischi di contatto con agenti biologici. È questo il caso di chi compie, ad esempio, attività di sanificazione, spurgo di sistemi fognari, accesso in aree remote dell’azienda e con livelli di igiene minimi non garantiti, trattamento e stoccaggio di rifiuti, gestione di depuratori aziendali, interventi su sistemi aeraulici, addetti al primo soccorso, etc.

 

Il metodo proposto da ARPA e INAIL calcola una rischio correlato ad un danno, legato al tipo di malattia che può essere contratta in caso di esposizione, e ad una probabilità. La probabilità di contrarre un’infezione biologica è influenzata da numerosi fattori che vengono riassunti nel metodo in sei fattori principali:

  • la quantità di materiale potenzialmente infetto manipolato;
  • la frequenza di manipolazione di sostanze potenzialmente infette;
  • la presenza di dispositivi di protezione collettiva presenti;
  • la presenza di buone pratiche di lavoro e di norme igieniche;
  • la presenza e l’utilizzo da parte dei lavoratori di DPI idonei per il rischio biologico;
  • la presenza di adeguata formazione ed informazione dei lavoratori.

 

Il risultato della valutazione, che deve essere condiviso con il Medico Competente, porta ad ottenere un livello di rischio che permette di stabilire quanto la gestione aziendale per le sue singole mansioni è in linea con i rischi presenti.

 

Tale valutazione deve essere formalizzata in un documento specifico.

 



- La Valutazione del Rischio di Esposizione ad Agenti Biologici nel settore manifatturiero
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La Movimentazione Manuale dei Carichi in ambiente di lavoro: Tiro e Spinta, la Norma ISO 11228 -2
11/07/2017

 

Le attività di movimentazione dei carichi in ambito lavorativo comprendono anche, come appunto esplicitato da Testo Unico D.Lgs. 81/2008, le azioni di tiro e spinta di carichi, ovvero azioni che prevedono lo spostamento orizzontale di carichi tramite l’ausilio di transpallet manuali, carrelli o ceste, tutti spinti o trainati manualmente, senza l’ausilio di motori o altri dispositivi.

Studi ergonomici di carattere internazionale dimostrano che questo tipo di movimentazione presenta una notevole influenza circa le patologie legate al rachide dorso-lombare

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire anche questa specifica valutazione, tramite l’impiego di dinamometro digitale e rappresentazione grafica del dato,secondo quanto richiesto dalla specifica Norma ISO 11228 -2.

 

Spesso tali attività di movimentazione manuale di carichi tramite azioni di tiro e spinta sono poco valutate dal Datore di Lavoro se raffrontate alle attività di sollevamento manuale dei carichi. La motivazione può risiedere nel fatto che per questo tipo di attività non è mai stato fornito un netto limite di peso trasportabile, a differenza del sollevamento manuale, poiché i fattori da considerare per valutare il rischio correlato sono molti e non principalmente il solo peso da movimentare; è quindi molto difficile stabilire con chiarezza una soglia di attenzione, se non applicando una metodologia specifica.

Il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 propone per la valutazione delle azioni di traino e spinta l’uso della Norma internazionale ISO 11228-2 : 2007 – Ergonomics – Manual handling – Part 2: Pushing and pulling, che in sostanza riprende il già noto metodo proposto per la valutazione di tali azioni da Snook e Ciriello.

 

Tale Norma propone di ottenere la massima forza applicabile consigliata tramite alcune matrici, ove i dati in ingresso sono:

  • sesso dell’addetto che svolge la movimentazione;
  • frequenza dell’azione di spinta/tiro (da una volta ogni otto ore fino a una volta ogni dieci minuti);
  • massima distanza percorsa, in metri;
  • altezza da terra delle mani durante l’azione di tiro o spinta.

 

La massima forza raccomandata deve essere confrontata con la forza realmente sostenuta durante l’azione, ottenendo così un indice di pericolosità, detto Indice di Movimentazione. Per rilevare la forza realmente sostenuta è necessario misurare in sito, simulando quindi la reale attività di traino o spinta, tale forza tramite un dinamometro, acquisendo il dato di forza e rappresentandolo sotto forma di grafico, da cui estrapolare la forza iniziale di spunto (picco) e la forza di mantenimento.

 

I risultati ottenuti devono essere sottoposti al Medico Competente, al fine di valutare: l’idoneità alla mansione da parte dei singoli addetti, la necessità di attivare la specifica sorveglianza sanitaria, la necessità di meccanizzare l’attività se troppo rischiosa per il personale addetto.

 


- La Movimentazione Manuale dei Carichi in ambiente di lavoro: Tiro e Spinta, la Norma ISO 11228 -2
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La Norma ISO 9001:2015 e il transitorio
09/06/2017

Il 15 settembre del 2015 è stata pubblicata la nuova revisione della Norma ISO 9001 da parte dell’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO).

La Norma che regola la realizzazione, implementazione e mantenimento di un Sistema di Gestione della Qualità è praticamente immutata dal 2000, anche se l’ultima versione è del 2008, ma ora con la nuova versione 2015 sono stati introdotti cambiamenti sostanziali che riguardano un po’ tutto l’impianto del sistema implementato in azienda.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire il piano di transizione alla nuova Norma ISO 9001, incorporando le modifiche nel vostro sistema di gestione anche già attuato e certificato.

 

La novità principale introdotta dalla nuova ISO 9001 riguarda la necessità di una valutazione dei rischi correlati alla gestione della qualità come punto di partenza per l’implementazione del sistema, rischio considerato come un’incertezza associata al raggiungimento degli obiettivi che si possono riassumere come la capacità di fornire con regolarità ai propri clienti prodotti / servizi conformi ai requisiti e accrescere la soddisfazione del cliente. Si richiede quindi di ricercare nei processi aziendali quelli che sono i rischi correlati, valutandoli ed ordinandoli per priorità e quindi cercando di controllarli e monitorarli di conseguenza.

La nuova ISO vuole quindi un sistema di gestione contestualizzato, calato sui rischi della singola organizzazione e non generico. Nel fare ciò lascia anche maggiore libertà nella stesura della documentazione formale a supporto del sistema, ovvero maggiore libertà su come impostare la gestione aziendale ma grande attinenza i rischi presenti e agli obiettivi da ottenere.

 

Ecco brevemente le altre novità che traspaiono dal draft della norma, pubblicato nel settembre 2013.

- Differente struttura di alto livello, applicabile ora a tutti gli standard di sistema di gestione (9001, 14001, 18001).

- Uso dei termini “beni e servizi” al posto del termine “prodotto”.

- Introduzione dell’analisi del contesto e delle aspettative delle parti interessate.

- Enfasi sull’approccio per processi.

- Eliminate le azioni preventive.

- Uso del termine “informazione documentata” anziché “documenti” e “registrazioni”.

- Maggiori precisazioni sul controllo delle forniture esterne di beni e servizi.

- Scompare la figura obbligatoria del Rappresentante della Direzione.

 

IAF e ISO hanno definito un periodo transitorio di 3 anni dalla pubblicazione della nuova edizione di norma, ovvero periodo in cui tutte le certificazioni sulla versione 2008 della norma dovranno essere portate alla nuova versione. Quindi per le aziende che dal 15 settembre 2015 si vogliono certificare ex novo o vanno incontro al rinnovo triennale della certificazione esistente è necessario che i sistemi sottoposti a certificazione o rinnovo rispettino in toto le indicazioni della ISO 9001:2015. Le aziende già certificate che invece dal settembre 2015 hanno in programma unicamente delle visite di sorveglianza possono decidere di mantenere ancora un sistema di gestione della qualità certificato secondo lo schema del 2008, creando però un piano di transizione, dove si identificano punti, passaggi, tempistiche e responsabilità per arrivare ad allinearsi completamente con la nuova edizione della norma. Tutto ciò è valido fino al settembre 2018 dove ogni sistema certificato dovrà esserlo unicamente secondo la ISO 9001:2015.



- La Norma ISO 9001:2015 e il transitorio
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La nuova Direttiva Bassa Tensione
24/10/2016

L’anno 2016 ha segnato l’entrata in vigore di molte nuove edizioni di Direttive già esistenti, tra cui le più importanti e conosciute sono Direttiva Bassa Tensione, Direttiva Compatibilità Elettromagnetica, Direttiva Atex e Direttiva PED. Tra queste la Direttiva che si applica in un maggior numero di apparecchi, attrezzature e componenti è sicuramente la Direttiva Bassa Tensione.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel valutare cosa cambia per la tua azienda ed il tuo prodotto con l’entrata in vigore della nuova Direttiva e delle relative Norme armonizzate, aiutandoti a realizzare il Fascicolo Tecnico.

La Direttiva 2014/35/UE, comunemente detta Bassa Tensione, è entrata in vigore lo scorso aprile 2016; essa è stata recepita in Italia dal D.Lgs. 19 maggio 2016, n. 86, che traduce tale direttiva nell’ordinamento italiano inserendone le sanzioni.

La Direttiva si applica a tutte quelle apparecchiature, componenti o parti di componenti che sono adoperate entro i seguenti limiti di tensione: da 50 a 100 Volt in corrente alternata, da 75 a 1500 Volt in corrente continua.

Essa riguarda quindi sia ad oggetti definiti e completi, ovvero pronti all’uso, ma anche a componenti non funzionanti o incompleti o anche solo a parte di essi, come i cavi di corrente: a tutto ciò che è immesso sul mercato per essere alimentato o condurre al suo interno corrente elettrica al voltaggio sopra riportato rientra nel campo di applicazione della Direttiva Bassa Tensione e quindi deve rispondere ai suoi requisiti, essere marcato CE e essere accompagnato da Dichiarazione di Conformità.

Il fabbricante deve ottemperare ai requisiti di sicurezza della Direttiva. Le Norme armonizzate a tale Direttiva sono in questo caso particolarmente utili poiché dettagliano tematiche come l’identificazione dei cablaggi, requisiti dei cavi di alimentazione, realizzazione di interruttori e differenziali, requisiti di temperatura delle parti in tensione, metodi di prova per resistenza al fuoco, requisiti dei materiali isolanti, etc., fornendo così la presunzione di conformità tramite indicazioni tecniche precise, non riportate nella Direttiva visto il suo campo di applicazione così sterminato.

Il fabbricante fornisce quindi il suo singolo prodotto dotato di marcatura CE e Dichiarazione di Conformità. Esso dimostra la conformità del proprio prodotto realizzando e mantenendo attivo un Fascicolo Tecnico e un sistema di controllo del processo di fabbricazione, come per tutte le altre Direttive di prodotto, e si assume la responsabilità del rispetto dei requisiti di sicurezza redigendo e firmando una Dichiarazione di Conformità CE, da consegnare al cliente con il prodotto stesso.



- La nuova Direttiva Bassa Tensione
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Arresto di emergenza delle macchine: 
la norma UNI EN ISO 13850:2015
03/10/2016

La nuova edizione della norma UNI EN ISO 13850: 2015 specifica i principi di progettazione dell’arresto di emergenza indipendentemente dal tipo di energia usata (elettrica, pneumatica oppure idraulica) e, come tale, rappresenta lo stato dell’arte attualmente applicabile. Questa norma introduce alcune novità rispetto alla edizione precedente e introduce alcuni importanti aspetti di progettazione relativamente alla funzione di arresto di emergenza per gli insiemi di macchine.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i fabbricanti di macchine nella stesura del fascicolo tecnico e, in particolare, della valutazione dei rischi, garantendo loro un continuo ed efficace aggiornamento normativo al fine di individuare le soluzioni tecniche migliori e rappresentative dello stato dell’arte esistente che possano ridurre i rischi correlati all’uso della macchina. 

Recentemente è stata pubblicata la nuova edizione della norma UNI EN ISO 13850: 2015 relativa ai principi di progettazione della funzione di arresto di emergenza. Questa norma, dallo scorso 31 Maggio 2016  sostituisce la precedente edizione del 2008 e garantisce la presunzione di conformità al requisito essenziale di sicurezza 1.2.4.3 della Direttiva Macchine 2006/42/CE.

Il requisito 1.2.4.3 dell’Allegato I del D.Lgs. 17/2010, recepimento italiano della Direttiva Macchine 2006/42/CE riporta “la macchina deve essere munita di uno o più dispositivi di arresto di emergenza, che consentano di evitare situazioni di pericolo che rischino di prodursi nell’imminenza o che si stiano producendo”.

Le uniche macchine ad essere escluse da questo obbligo sono:

 

  • “le macchine per le quali il dispositivo di arresto di emergenza non può ridurre il rischio, perché non riduce il tempo per ottenere l’arresto normale oppure perché non permette di prendere le misure specifiche che il rischio richiede;
  • le macchine portatili tenute e/o condotte a mano”.

 

Questi concetti sono contenuti anche nella norma UNI EN ISO 13850: 2015: nei casi in cui si debba prevedere un arresto di emergenza sulla macchina è necessario riferirsi ai contenuti della norma tecnica qui analizzata, in modo da avere la presunzione di conformità rispetto agli obblighi definiti dal requisito.

La funzione di arresto di emergenza deve essere sempre disponibile e operativa a prescindere dalla modalità di funzionamento della macchina (ad esempio, macchina in funzione oppure accesa ma non funzionante) e deve essere attuata da una singola azione umana (pressione di un pulsante di emergenza, attraversamento di una barriera di protezione, tiro di una fune di sicurezza, ecc.).

Nel progettare la funzione dell’arresto di emergenza è necessario considerare tutti quei potenziali pericoli che si potrebbero generare conseguentemente ad un arresto di emergenza della macchina: per esempio, potrebbe essere necessario valutare il pericolo di intrappolamento nel caso di macchine in cui l’operatore stazioni su di esse (si pensi alle attrezzature dedicate al sollevamento di persone); parimenti è importante valutare il tempo di arresto degli organi mobili e, dunque, valutare se implementare un arresto di Categoria 0 (arresto incontrollato: si sgancia immediatamente alimentazione ai motori e gli elementi mobili si arrestano per inerzia) oppure un arresto di Categoria 1 (arresto controllato: si mandano in frenata i motori e successivamente si sgancia l’alimentazione). In ogni caso, la condizione di arresto di emergenza deve sempre essere mantenuta da un blocco del dispositivo di arresto di emergenza sino ad un suo sblocco. Lo sbloccaggio di quest’ultimo può avvenire soltanto mediante un’apposita manovra manuale dell’operatore (per esempio, ruotando il pulsante come indicato sul pulsante stesso o premendo il pulsante di sblocco di una fune di sicurezza) e non deve riavviare la macchina ma soltanto autorizzarne la rimessa in funzione. In definitiva, lo sbloccaggio del dispositivo di arresto di emergenza deve essere sempre il risultato di una specifica azione volontaria dell’operatore.

Nel caso di insiemi di macchine (impianti) la progettazione della funzione di arresto di emergenza deve partire dal presupposto che potrebbe non essere necessario un unico arresto di emergenza dell’intero insieme; per alcune configurazioni potrebbe essere necessario prevedere più arresti di emergenza, ognuno relativo ad una specifica area dell’insieme. A riguardo, gli aspetti da considerare sono i seguenti:

 

  • layout dell’insieme e dunque possibilità di vedere l’area interessata dall’arresto di emergenza dal punto di comando;
  • processo produttivo: in alcuni casi un arresto di emergenza di tutto l’insieme potrebbe comportare fermi macchina onerosi, da qui la necessità di poter prevedere arresti di emergenza “parziali”;
  • l’esposizione prevedibile ai pericoli: l’arresto di emergenza di tutto l’insieme potrebbe comportare pericoli supplementari all’operatore (per esempio, lo spegnimento del sistema di aspirazione su una vasca di trattamento potrebbe comportare il pericolo dovuto ai fumi e/o vapori che si generano dalla vasca per l’operatore che dovesse intervenire in quella zona).

 

La norma UNI EN ISO 13850: 2015 riporta i requisiti di base relativamente ad arresti di emergenza localizzati a parti di un impianto completo:

 

  • ogni arresto di emergenza localizzato ad una certa area di un intero impianto deve essere chiaramente identificabile: all’interno delle istruzioni per l’uso, tramite etichette poste in corrispondenza degli attuatori sulla macchina, ecc.
  • L’arresto di emergenza di un’area dell’impianto non deve causare pericoli supplementari nelle restanti aree dell’impianto né aumentare i rischi correlati alle situazioni pericolose già presenti.
  • L’arresto di emergenza di un’area dell’impianto non deve causare l’arresto di emergenza di altre aree dell’impianto.

 

 



- Arresto di emergenza delle macchine: 
la norma UNI EN ISO 13850:2015
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La Marcatura CE ai sensi della Direttiva ErP 2009/125/CE
21/06/2016

La Direttiva 2009/125/CE “relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia” si pone l’obiettivo di individuare apparecchiature con alti volumi di vendita e alti margini di miglioramento delle proprie prestazioni ambientali, con lo scopo di fissare parametri minimi tecnici e qualitativi che il fabbricante deve rispettare per la messa in servizio dell’apparecchiatura nel mercato europeo.

MTM Consulting può aiutare la tua azienda a verificare l’applicabilità di tale Direttiva al tuo prodotto e a incorporare nel processo di produzione tutte le modifiche correlate all’ecodesign dell’apparecchiatura, al fine di rispettare i nuovi obblighi in materia di ambiente e energia.

 

La Direttiva 2009/125/CE si configura come una Direttiva di prodotto e quindi ogni fabbricante di prodotti che ricadono nel suo campo di applicazione deve garantire che quanto immesso sul mercato risulti conforme a tali indicazioni, apponendo il marchio CE sul prodotto ed aggiungendo alla Dichiarazione di Conformità del prodotto anche la conformità a tale Direttiva, dimostrando con la realizzazione di un fascicolo tecnico documentale tale conformità.

 

Si tratta inoltre di una Direttiva quadro che impone quindi delle linee generali che vengono poi integrate da Regolamenti UE, uno per ogni tipologia di prodotto compreso nella Direttiva. Dall'entrata in vigore della Direttiva sono stati infatti emanati, e saranno nel tempo emanati, vari Regolamenti attuativi che incorporano le misure di esecuzione particolareggiate. Quindi solo l'adozione dei parametri indicati dai Regolamenti dà diritto alla Marcatura CE; come per le altre Direttive di prodotto, i prodotti che ne sono privi non possono essere immessi sul mercato europeo.

 

All’interno di ogni Regolamento viene indicata la data dalla quale quelle disposizioni tecniche devono essere messe in atto, fornendo dei parametri minimi da rispettare. Solitamente il Regolamento contiene anche un’evoluzione mirata al miglioramento di tali parametri minimi di efficienza ambientale, indicando un calendario di entrata in vigore negli anni seguenti via via di parametri sempre più restrittivi.

Tali parametri possono riguardare:

 

  • prestazioni tecniche misurabili, come l’assorbimento massimo di corrente ammesso in determinate condizioni o lo rumorosità;
  • soluzioni tecniche di design, come il numero di polimeri utilizzabili per involucri o imballaggi, o le modalità di separazione dei singoli materiali presenti sull’apparecchiatura;
  • informazioni mirate al cliente, per poter gestire al meglio, dal punto di vista ambientale, l’apparecchiatura in tutte le fase del suo ciclo di vita, dall’installazione, all’uso, alla manutenzione, al suo disassemblaggio.

 

Dal dicembre 2008 ad oggi sono stati emanati Regolamenti per la marcatura delle seguenti apparecchiature ad uso professionale, oltre ad altri dedicati ad apparecchiature esclusivamente ad applicazione domestica:

 

  • lampade fluorescenti, lampade a scarica ad alta intensità;
  • circolatori senza premistoppa;
  • ventilatori a motore;
  • condizionatori d'aria;
  • pompe centrifughe per acqua;
  • lampade direzionali, delle lampade con diodi a emissione luminosa;
  • apparecchi per il riscaldamento d'ambiente e degli apparecchi di riscaldamento misti;
  • motori elettrici;
  • trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi;
  • unità di ventilazione;
  • armadi refrigerati professionali, degli abbattitori, delle unità di condensazione e dei chiller di processo;
  • caldaie a combustibile solido (biomassa legnosa e carboni fossili).

 

 [mtm consulting s.r.l.]



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Progettazione e costruzione dei ripari sulla macchina: la norma UNI EN ISO 14120: 2015
31/03/2016
Alla fine del 2015 è stata pubblicata anche in Italia la norma EN ISO 14120: 2015 relativa alla progettazione e costruzione dei ripari fissi e mobili su una macchina. Questa norma, che garantirà la presunzione di conformità alla Direttiva Macchine 2006/42/CE non appena sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (OJEU), specifica i requisiti generali per la progettazione, costruzione e selezione di ripari forniti per proteggere le persone dai pericoli meccanici. Vediamo qui le principali novità della norma.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i fabbricanti di macchine nella stesura del fascicolo tecnico e, in particolare, della valutazione dei rischi, garantendo loro un continuo ed efficace aggiornamento normativo al fine di individuare le soluzioni tecniche migliori e rappresentative dello stato dell’arte vigente che possano ridurre i rischi correlati alle fasi di vita della macchina.
 
La norma UNI EN ISO 14120: 2015 – “Sicurezza del macchinario - Ripari - Requisiti generali per la progettazione e la costruzione di ripari fissi e mobili” sostituisce la precedente UNI EN 953: 2009 e specifica i requisiti generali per la progettazione, costruzione e selezione di ripari forniti per proteggere le persone dai pericoli meccanici. Prossimamente la norma sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (OJEU) garantendo così la presunzione di conformità ai correlati requisiti essenziali di sicurezza della Direttiva Macchine 2006/42/CE. Questa norma è fondamentale nella progettazione della macchina in quanto fornisce al fabbricante le indicazioni, rappresentative dell’attuale stato dell’arte, relativamente alla progettazione, alla costruzione e alla scelta dei ripari (fissi e mobili) che devono essere posizionati sulla macchina al fine di proteggere l’operatore dai pericoli meccanici presenti.
 
Un riparo è definito come una barriera fisica, progettata come parte della macchina, con lo scopo di fornire protezione all’operatore. Le tipologie di ripari analizzate dalla norma sono:
 
  • Riparo fisso, tra cui si possono distinguere i carter (ripari fissati alla macchina) e i perimetrali,
  • Riparo mobile (necessariamente associato ad un dispositivo di interblocco, con o senza bloccaggio, come analizzati nella norma UNI EN ISO 14119: 2013)
  • Ripari motorizzati
  • Ripari regolabili
  • Ripari con comando dell’avviamento.
 
Per ognuna delle categorie di ripari sopra indicata, la norma fornisce una serie di indicazioni progettuali e costruttive che il fabbricante deve adottare al fine di realizzare un riparo che sia considerato efficace.
 
Inoltre, la norma analizza l’aspetto della corretta scelta del tipo di riparo in funzione del pericolo esistente sulla macchina e della situazione pericolosa in cui l’operatore potrebbe trovarsi. Infatti, un tipo di riparo non vale l’altro e la scelta del riparo da adottare deve essere, anzitutto, conforme alla frequenza di intervento prevista da parte dell’operatore in quella zona da proteggere. In linea di principio, se l’operatore non deve accedere alla zona pericolosa durante il normale funzionamento allora la scelta deve ricadere sui ripari fissi; qualora l’accesso alla zona pericolosa sia richiesto per attività di manutenzione, messa a punto, regolazione, pulizia, ecc. allora si dovranno scegliere preferibilmente ripari interbloccati; in ultimo, qualora l’operatore debba accedere alla zona pericolosa durante il normale funzionamento, le scelte possono essere diverse (ripari mobili interbloccati, ripari con chiusura automatica, ecc.) ma mai pari ad un riparo fisso. In quest’ultimo caso, inoltre, la protezione dell’operatore dovrà essere garantita secondo le disposizioni del requisito 1.2.5 dell’Allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE in merito alla selezione del modo di comando e/o funzionamento (anche in accordo alla correlate disposizioni della norma UNI EN ISO 12100: 2010).
 
Il secondo aspetto da valutare è la tipologia di elementi mobili che è necessario proteggere: parti mobili di trasmissione del moto (pulegge, cinghie, ingranaggi, ecc.) richiedono scelte differenti relativamente ai ripari rispetto alle parti mobili che partecipano alla lavorazione (come utensili, cilindri, rulli, ecc.).
 
Un ultimo aspetto interessante di questa nuova norma sono le modalità di prova della resistenza dei ripari, sia per gli urti da parte di elementi delle macchine che da parte di persone che cadono contro i ripari:
 
  • Il test del proiettile è una prova che testa la resistenza del riparo contro gli impatti dall’interno della zona pericolosa.
  • Il test del pendolo è usato per testare la resistenza dei ripari contro urti dall'esterno della zona pericolosa protetta e dall'interno della zona pericolosa protetta.
 
 

[A cura di: Ing. Massimo Granchi - Ing. Christian Trinastich]



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La Valutazione del Rischio Chimico: il rinnovato metodo Inforisk
16/02/2016
La letteratura in merito ai metodi analitici quantitativi per la valutazione preliminare del rischio di esposizione ad agenti chimici è molto estesa e propone varie metodologie, di derivazione internazionale o elaborate da enti territoriali nazionali.
 
Dopo la revisione effettuata nel corso del 2013 e perfezionata con la pubblicazione di “Quesiti e istruzioni per il corretto uso” nel 2015, il metodo Inforisk elaborato dalla Regione Piemonte risulta essere il metodo più completo e maggiormente aderente alle richieste del D.Lgs. 81/2008 allo specifico Titolo IX.
 
MTM Consulting può seguire la tua azienda nell’effettuare la valutazione preliminare del rischio chimico, programmare eventuali analisi ambientali ed elaborare le migliori misure di prevenzione e protezione per i tuoi addetti.
 
Lo scopo dei metodi analitici semplificati è quello di effettuare la valutazione preliminare del rischio, così come identificata del D.Lgs. 81/2008: “ricognizione iniziale finalizzata alla determinazione della presenza di agenti chimici la cui esposizione può presentare anche un minimo livello di rischio”. Da questa ricognizione iniziale deve perciò emergere, per ogni sostanza pericolosa alla quale ogni addetto è esposto, se tale esposizione può generare un rischio da considerarsi “Basso per la salute ed Irrilevante per la sicurezza” oppure se sono necessarie ulteriori indagini, a questo punto di natura strumentale, o se la pericolosità dell’esposizione sia conclamata e quindi urge modificare sostanze impiegate, metodi di lavoro o dispositivi di protezione.
 
Con la pubblicazione del Testo Unico D.Lgs. 81/2008 i vari metodi analitici al tempo disponibili ed ufficiali risultarono mancanti in vari aspetti, secondo quanto invece ora richiesto dalla normativa. Il metodo Inforisk ad esempio mancava di una valutazione dipendente dal tipo di esposizione, ovvero una valutazione che individuasse anche il comparto fisiologico sul quale l’agente chimico possa avere effetti negativi. Altri metodi analitici ad esempio proponevano vari indici di rischio in funzione del comparto fisiologico, ma non consideravano la durata dell’esposizione o la quantità di agente chimico alla quale è possibile essere esposti, tutte richieste invece esplicitamente formulate dal D.Lgs. 81/2008 all’Articolo 223.
 
Il rinnovato metodo Inforisk introduce invece il calcolo di due indici di rischio, Indice di Rischio Inalatorio e Indice di Rischio Cutaneo, dai quali calcolare un Indice di Rischio globale.
 
Il rinnovato metodo Inforisk parte dalla valutazione della pericolosità del singolo componente, la quale si evince dalla Schede di Sicurezza (MSDS) del singolo prodotto. Questo dato viene impiegato per calcolare un Indice di Rischio Inalatorio sulla base di:
 
  • durata dell’esposizione;
  • quantità di prodotto alla quale si è esposti;
  • tipo di processo;
  • proprietà fisiche del singolo prodotto.
 
In modo analogo il dato sulla pericolosità del singolo componente viene impiegato per calcolare un Indice di Rischio Cutaneo sulla base di:
 
  • durata dell’esposizione;
  • quantità di prodotto alla quale si è esposti;
  • modalità di contatto cutaneo;
  • quantità di superficie esposta.
 
Tali due indici vengono sommati tramite somma vettoriale per generare l’Indice di Rischio Globale.
 
 
[A cura di: Ing. Massimo Granchi, Ing. Riccardo Bozzo]


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Utilizzo delle banche dati nella valutazione del rischio rumore
25/01/2016
Nell’ambito della valutazione di tutti i possibili rischi correlati alle mansioni lavorative e alle attività presenti in azienda, la valutazione del rischio rumore comporta la necessità di effettuare delle misurazioni con opportuni strumenti (fonometro), secondo procedure standardizzate (definite dalle norme tecniche) in corrispondenza di tutte le attività eseguite dagli operatori. Una recente modifica al D.Lgs. 81/2008, in certe occasioni, prevede la possibilità di utilizzare specifiche banche dati sul rumore approvate dalla Commissione Consultiva Permanente.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i datori di lavoro nella analisi e valutazione di tutti i rischi esistenti in azienda, compreso il rischio rumore, effettuando specifiche misurazioni fonometriche che evidenzino il valore di esposizione dell’operatore e il correlato valore di incertezza.
 
Il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità”, ha modificato il D.Lgs. 81/2008, tra le altre cose, anche per quanto concerne gli agenti fisici (Titolo VIII) e, nello specifico, per quanto attiene alla stima del rumore emesso da attrezzature di lavoro, macchine e impianti al fine della valutazione del rischio rumore.
 
In particolare, la modifica riguarda l’art. 190 del D.Lgs. 81/08 dove il comma 5-bis è stato sostituito con il seguente: “L’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti può essere stimata in fase preventiva facendo riferimento alle banche dati sul rumore approvate dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento”. In definitiva, il nuovo comma 5-bis fornisce la possibilità, almeno in via preventiva, di utilizzare specifiche banche dati approvate dalla Commissione Consultiva Permanente (per la salute e sicurezza sul lavoro) per stimare l’emissione sonora di specifiche macchine, impianti e attrezzature di lavoro. La differenza rispetto al comma 5-bis precedente è importante in quanto precedentemente veniva data la possibilità, sempre in via preventiva, di fare riferimento “a livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente”.
 
L’impostazione attuale prevede, invece, una vera e propria banca dati dove sono raccolte le indicazioni relative all’emissione sonora di diverse e specifiche attrezzature di lavoro. Al momento l’unica banca dati validata a cui fare riferimento è quella realizzata dal CPT Torino e relativa ai cantieri edili.
 
La possibilità di indirizzarsi ai valori stimati e raccolti all’interno della banca dati, invece di effettuare misurazioni del rumore sul campo è rivolta esclusivamente ai casi nei quali risulti impossibile disporre di valori misurati sul campo. Infatti, già durante la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento, in alcuni casi si può essere nella condizione di non sapere quali aziende interverranno nel cantiere e, dunque, quali specifiche attrezzature saranno utilizzate. In questi casi, dunque, diventerebbe impossibile effettuare fisicamente specifiche valutazioni dell’emissione sonora al fine di valutare il rischio rumore in cantiere.
 
Per questo motivo, già in fase di redazione del P.S.C., durante la progettazione dell’opera, è possibile riferirsi ai dati di emissione raccolti nella banca dati con l'obiettivo primario di permettere la pianificazione delle misure di prevenzione e protezione già in fase preventiva rispetto all'inizio dell'attività.
 
In definitiva, in tutte le aziende che non rientrano nell’ambito dei cantieri edili è sempre necessario procedere ad una misurazione su campo del rumore emesso dalle macchine, impianti e attrezzature di lavoro utilizzate secondo le procedure definite dalle norme tecniche di riferimento. 
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Passaggio dalla Direttiva Atex 94/9/CE alla nuova 2014/34/UE
17/12/2015
Da più di un anno è stata pubblicata la nuova Direttiva Atex 2014/34/UE che risulterà applicabile a partire dal 20 aprile 2016. Fino a questa data resta applicabile l’attuale direttiva Atex 94/9/CE. Sebbene non vi siano differenze sostanziali tra le due direttive, è bene analizzare alcuni punti della nuova direttiva che potrebbero essere all’origine di dubbi o errate interpretazioni.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i Fabbricanti, gli importatori e i distributori nel processo di certificazione necessario, ai sensi della Direttiva Atex 2014/34/UE, al fine di poter immettere i prodotti sul mercato.
 
La Direttiva Atex 2014/34/UE definisce i criteri di progettazione e realizzazione dei prodotti destinati ad essere utilizzati all’interno di un’atmosfera potenzialmente esplosiva e sarà applicabile a partire dal 20 Aprile 2016 in sostituzione della attuale Direttiva 94/9/CE.
 
Quindi, a partire dalla data indicata, gli apparecchi e sistemi di protezione immessi sul mercato e installati in ambienti classificati come potenzialmente esplosivi (ai sensi della Direttiva 1999/92/CE), dovranno essere marcati CE rispetto alla Direttiva Atex 2014/34/UE.
 
Dal punto di vista tecnico, la suddivisione degli apparecchi in gruppi e in categorie è del tutto analoga a quella presente nella attuale Direttiva 94/9/CE. Stesso discorso vale per le diverse procedure di certificazioni previste e per i requisiti essenziali di sicurezza. Pertanto, a livello puramente tecnico, non vi sono sostanziali aggiornamenti con la nuova Direttiva 2014/34/UE. Tuttavia, è bene analizzare e chiarire alcuni punti della nuova direttiva che potrebbero essere all’origine di dubbi o errate interpretazioni.
 
  • Il fabbricante è la persona fisica o giuridica che fabbrica un prodotto o fa realizzare il prodotto e successivamente lo commercializza (quindi, lo mette a disposizione per la prima volta sul mercato) apponendovi il proprio nome o il proprio marchio oppure lo utilizza per fini propri. In definitiva, la definizione di fabbricante è allineata alla definizione di fabbricante già presente nelle direttive di prodotto di ultima emissione (per esempio, la direttiva macchine 2006/42/CE): non è fabbricante solo colui che realizza un prodotto per venderlo, ma anche colui che lo realizza per usarlo internamente in azienda all’interno di un’atmosfera potenzialmente esplosiva oppure colui che utilizza in atmosfera potenzialmente esplosiva un prodotto originariamente non destinato a tale luogo di installazione, definendo, di fatto, una nuova destinazione d’uso e quindi una nuova messa a disposizione sul mercato del prodotto, con necessità di arrivare ad una marcatura CE-Atex.
  • I fabbricanti devono apporre sui prodotti che hanno immesso sul mercato un numero di tipo, di lotto, di serie o altri elementi che ne consentano l’identificazione, o, se le dimensioni o la natura del prodotto non lo permettono, devono apporre le informazioni qui riportate sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento del prodotto. In definitiva non è strettamente necessario riportare su ogni singolo elemento della serie di prodotti realizzata un numero seriale identificativo del singolo prodotto. Anche in funzione della tipologia di prodotto, il fabbricante può scegliere di identificare un’intera famiglia di prodotti (per esempio con un numero di lotto) tenendo però in considerazione che, qualora l’Autorità di vigilanza del mercato, applicando la procedura di salvaguardia, decida che un certo prodotto deve essere ritirato dal mercato (in quanto pericoloso), se questi non è identificato da un seriale specifico, potrebbe decidere che debba essere ritirato l’intero lotto a cui il prodotto appartiene.
  • I fabbricanti devono indicare sul prodotto il nome, la denominazione commerciale registrata o il marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati; se ciò è impossibile, devono apporre tale informazione sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento del prodotto. In taluni casi (per prodotti piccoli), tali indicazioni possono essere posizionate anche all’interno del prodotto stesso, tuttavia devono sempre essere facilmente individuabili dall’Autorità di sorveglianza del mercato senza danneggiare il prodotto e senza la necessità di smontarlo. Lo stesso obbligo ricade anche sulla figura di importatore (se presente): in questo caso, sul prodotto è necessario che sia presente sia il nome, denominazione commerciale o marchio del fabbricante che il nome, denominazione commerciale o marchio dell’importatore (entrambi con i rispettivi indirizzi postali di contatto). Nel caso particolare in cui fabbricante e importatore siano la stessa multinazionale (produce fuori dall’UE e vende in UE) è possibile indicare il solo importatore qualora quest’ultimo sia disponibile ad assumersi pienamente le responsabilità che ricadono sul fabbricante.
  • I fabbricanti devono garantire che il prodotto sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua facilmente comprensibile agli utenti finali, come stabilito dallo Stato membro interessato. Considerando che sono oggetto della Direttiva 2014/34/UE anche i componenti destinati ad essere inseriti negli apparecchi e sistemi di protezione, tale obbligo ricade anche su di essi. Questi componenti sono spesso molto piccoli e sono forniti in lotti di dimensioni anche molto diverse, pertanto, per soddisfare questa richiesta della direttiva può essere una soluzione fornire la documentazione in allegato ai documenti di consegna.
  • I fabbricanti, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, devono fornire a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del prodotto alla direttiva 2014/34/UE, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità. In definitiva, l’autorità nazionale competente di un qualunque stato della UE può contattare direttamente il fabbricante (o, nel caso, l’importatore) senza necessariamente passare dalla corrispondente autorità locale dello stato in cui risiede il fabbricante (o importatore). L’autorità locale potrebbe essere contattata, in seconda battuta, dall’autorità nazionale che ha fatto richiesta qualora il fabbricante non risponda alle richieste inviategli.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Prevenzione delle patologie muscolo-scheletriche: la Linea Guida di Regione Lombardia
10/12/2015
Nel settembre 2015 è stata pubblicata la Linea Guida di Regione Lombardia per la prevenzione delle patologie muscolo scheletriche connesse con movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori, aggiornamento della precedente versione del 2009.
 
La linea Guida si pone l’obbiettivo di indicare una metodologia generale e valida per approcciare in azienda alla valutazione generale dei rischi che possono portare all’insorgenza di patologie muscolo-scheletriche. Sebbene infatti i metodi di valutazione diretti, NIOSH e OCRA su tutti, siano ben definiti anche da norme ISO, resta difficile per un azienda, che ha molte e differenti lavorazioni e un elevato numero di addetti, gestire l’approccio generale a tale rischio. Quali mansioni analizzare dettagliatamente con un metodo normato? Quali mansioni escludere in primo luogo e con quale giustificazione? Come effettuare uno screening iniziale generale accettato dagli enti ispettivi, che evidenzi le criticità da approfondire? Come valutare a priori l’ergonomia di una nuova postazione di lavoro o di una nuova lavorazione e come migliorarla? Come valutare attività molto impegnative ma saltuarie o ripetute con cadenza non giornaliera?
 
MTM Consulting può supportare la tua azienda nel gestire tale aspetto della valutazione dei rischi di sovraccarico biomeccanico ed impostare uno strumento attivo che permette di analizzare in continuo i rischi presenti nelle varie postazioni di lavoro.
 
Il D.Lgs. 81/2008 prevede, all’art. 15, che il datore di lavoro adotti una serie di misure generali di tutela dei lavoratori che comprendono anche “il rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”. Nello specifico Titolo poi il D.Lgs. 81/2008 rimanda alle tre norme ISO della serie 11228 pubblicata nel 2003. Queste tre norme incorporano tre metodologie già universalmente riconosciute ed applicate per la valutazione dei rischi da sovraccarico biomeccanico:
 
  • il metodo NIOSH, per la valutazione della movimentazione di carichi pesanti (maggiori di 3 kg);
  • il metodo Snook e Ciriello, per la valutazione del tiro-spinta di un carrello/transpallet;
  • il metodo dell’indice OCRA, per la valutazione della movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza, ovvero dei cosiddetti movimenti ripetitivi.
 
Nelle norme poco o nulla si dice però su come approcciare in azienda in modo globale a questa problematica, ovvero come creare, nell’ottica di valutare per tutte le attività e mansioni tutti i rischi, una mappa, giustificata e basata su evidenze, delle lavorazioni presenti attribuendo ad ognuna di esse un punteggio sintetico di rischio, dal quale desumo se sono assolutamente lontano da una reale problematica legata a patologie muscolo-scheletriche o se invece devo appunto applicare un metodo maggiormente dettagliato per indagare tale rischio e nel caso migliorare la lavorazione o la postazione. Questo è sicuramente un obiettivo al quale tendere per rispettare le richieste del D.Lgs. 81/2008 e per gestire in modo realistico una problematica la cui incidenza sta aumentando anno per anno, con un grande incremento delle malattie professionali ad essa correlate.
 
La nuova linea guida di Regione Lombardia riporta a tal proposito spunti mutuati dalla recente norma ISO TR 12295, che è appunto l’interpretazione applicativa delle succitate tre norme, ed in particolare della norma in merito al metodo OCRA, che è la metodologia maggiormente complessa ma che riguarda la quasi totalità delle lavorazioni in azienda.
 
La linea guida quindi descrive i tre passaggi che devono portare ad ottenere una mappatura completa:
 
1.Identificazione dei compiti ripetitivi secondo criteri univoci.
Si tratta di capire se una lavorazione rientra all’interno di parametri di ripetitività; la Linea Guida stabilisce quindi della chiavi di ingresso, finalizzate a verificare l’esistenza di un pericolo lavorativo (nella fattispecie da sovraccarico biomeccanico) e l’eventuale necessità di una ulteriore analisi e valutazione rapida.
 
2.Valutazione rapida del rischio.
In questo successivo passaggio si valuta in modo semplificato la presenza di un rischio legato a tale ripetitività; consiste in una verifica rapida della presenza di potenziali condizioni di rischio, attraverso semplici domande di tipo quali/quantitativo. Questo passaggio è sostanzialmente indirizzato a identificare, in modo semplificato, tre possibili condizioni o esiti:
  • accettabile, non sono richieste ulteriori azioni;
  • critica, è urgente procedere ad una riprogettazione della postazione di lavoro o del processo;
  • necessità di una analisi più dettagliata, è necessario procedere ad una stima o valutazione analitica attraverso strumenti più dettagliati di analisi.
 
3.Stima analitica del rischio.
Si procede tramite la metodologia OCRA all’analisi delle mansioni che al punto precedente si presentano come intermedie.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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La valutazione dei rischio di esposizione a Radiazioni Ottiche Artificiali
09/12/2015
Le Radiazioni Ottiche Artificiali sono sempre più presenti all’interno delle nostre aziende, moltiplicandosi appunto l’impiego di sorgenti laser e LED per l’effettuazione delle più disparate lavorazioni, dalle lavorazioni meccaniche, alle attività di metrologia e misurazione, alle attività di conteggio e rilevazione prodotti, alla banale illuminazione puntuale.
 
Una corretta valutazione dei rischio di esposizione a Radiazioni Ottiche Artificiali diventa quindi fondamentale per ovviare a problematiche come lesioni oculari o cutanee e anche abbagliamenti momentanei che possono creare non solo fastidi ma anche veri e propri incidenti.
 
MTM Consulting può supportare la tua azienda nella valutazione dell’esposizione a queste specifiche sorgenti di emissione.
 
Con radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse.
 
All’interno di questo spettro di radiazioni si collocano anche le radiazioni laser, ovvero radiazione ottica prodotta da un laser (qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d'onda delle radiazioni ottiche) e le radiazioni incoerenti, ovvero radiazioni emesse da sorgenti UV e LED.
 
In generale i rischi che la legislazione intende prevenire sono quelli per la salute e la sicurezza che possono derivare dall’esposizione alle radiazioni ottiche artificiali o dal loro impiego durante il lavoro, con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute. La tipologia di effetti dell’esposizione dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità. L’interazione della radiazione ottica con l’occhio e la cute può provocare conseguenze dannose come ad esempio: foto cheratite, foto congiuntivite, eritema della pelle, cataratta fotochimica, lesione termica della retina, bruciatura della cornea, etc. Oltre ai rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni ottiche artificiali esistono ulteriori rischi indiretti, quali:
 
  • disturbi temporanei visivi, quali abbagliamento, accecamento temporaneo;
  • rischi di incendio e di esplosione innescati dalle sorgenti stesse e/o dal fascio di radiazione;
  • ulteriori rischi associati alle apparecchiature/lavorazioni che utilizzano ROA quali stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica, etc.
 
La valutazione dei rischi deve essere effettuata ai sensi dallo specifico articolo 223 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e nello specifico parte dal censimento dettagliato delle sorgenti impiegata in azienda. Tale censimento deve riguardare anche:
 
  • per le apparecchiature/dispositivi che emettono radiazioni ottiche incoerenti è necessario conoscere la “categoria” di classificazione della fonte di emissione secondo lo standard UNI EN 12198:2009;
  • per le apparecchiature/dispositivi che emettono radiazioni laser è necessario conoscere la “classe” di classificazione della fonte di emissione secondo lo standard IEC 60825-1;
  • per le apparecchiature dotate di LED è necessario conoscere la relativa classificazione secondo la norma CEI EN 62471:2009, in alternativa alle precedenti classificazioni indicate;
  • Irradianza (E) o densità di potenza;
  • Esposizione radiante (H);
  • Radianza (L).
 
Questo primo censimento ha lo scopo inoltre di verificare per quali di queste apparecchiature/dispositivi non sia necessario eseguire una valutazione dei Rischi più dettagliata, secondo quanto indicato dalla apposita guida ISPESL in merito alla gestione degli agenti fisici, ovvero:
 
  • apparecchiature/dispositivi che emettono radiazioni ottiche incoerenti classificate in “categoria 0” secondo lo standard UNI EN 12198:2009;
  • apparecchiature/dispositivi che emettono radiazioni laser classificate in “classe 1” o in “classe 2” secondo lo standard IEC 60825-1;
  • apparecchiature/dispositivi dotati di LED classificati come “Esente” secondo la norma CEI EN 62471:2009;
  • illuminazione standard per uso domestico e di ufficio, monitor dei computer, display, fotocopiatrici;
  • lampade e cartelli di segnalazione luminosa.
 
Nel caso non risulti disponibile la classificazione della sorgente luminosa da parte del relativo fabbricante secondo uno dei succitati standard, è possibile fare eseguire tale classificazione da un laboratorio accreditato a tal fine.
 
Nel caso le nostre apparecchiature non rientrino in questo succitato elenco di esclusione è necessario verificare il rispetto dei limiti di esposizione riportati nell'Allegato XXXVII del D.Lgs. 81/2008, tramite la metodologia ivi indicata, che si basa in generale su dati propri delle fonti radianti e sul tipo di esposizione durante l’attività lavorativa:
 
  • Irradianza (E) o densità di potenza;
  • Esposizione radiante (H);
  • Radianza (L);
  • Tempo di esposizione;
  • Angolo di esposizione.
 
In alternativa, o nel caso i dati proprie delle sorgenti non siano disponibili, risulta necessario effettuare delle misure strumentali in sito.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Scelta dei Dispostivi di Protezione Individuale (DPI) per la protezione delle vie respiratorie
04/12/2015
Il datore di lavoro è tenuto a mettere a disposizione dei lavoratori specifici Dispositivi di Protezione Individuale quando i rischi non possano essere ridotti mediante misure tecniche di prevenzione, tramite mezzi di protezione collettiva oppure con misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro (secondo quanto riportato all’art. 77 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.). La corretta scelta dei DPI, e nello specifico quelli necessari a proteggere le vie respiratorie, è, dunque, strettamente correlata al rischio da cui proteggere l’operatore.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i datori di lavoro nella scelta dei DPI idonei a proteggere il lavoratore nell’esecuzione delle proprie mansioni lavorative, anche al fine di conformarsi alle richieste del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
L’obbligo primario del datore di lavoro (art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) è quello di valutare tutti i possibili rischi presenti in azienda e a cui sono esposti i lavoratori redigendo il documento di valutazione dei rischi (art. 28). Lo scopo della valutazione dei rischi è quello di individuare tutti i rischi esistenti in azienda e di fornire le misure di prevenzione e di protezione necessarie a ridurre i rischi individuati. La necessità di ricorrere a specifici DPI (art. 75 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) emerge dunque laddove i rischi legati all’esecuzione di una specifica attività non possano essere ridotti adeguatamente tramite misure tecniche di prevenzione, tramite misure di protezione collettiva o per mezzo di misure, metodi e procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
 
Lo stesso art. 18 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. indica l’obbligo, per il datore di lavoro, di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale: la scelta dei DPI deve dunque essere, attenta e pertinente rispetto al rischio o ai rischi da cui è necessario proteggere l’operatore.
 
A fronte di ciò, gli obblighi del datore di lavoro in merito alla scelta dei DPI da fornire ai propri lavoratori, sono riassumibili nei seguenti punti:
 
  • La scelta deve essere correlata al risultato della valutazione dei rischi: i DPI sono da utilizzarsi laddove i rischi non possano essere evitati con altri mezzi.
  • La scelta deve essere funzione della tipologia di rischio e delle caratteristiche del dispositivo stesso, riscontrabili presso il fabbricante di quest’ultimo.
  • La scelta deve essere aggiornata ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi della valutazione effettuata in precedenza.
 
I dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie sono DPI di terza categoria che, come indicato dal D.Lgs. 475/1992, comprende i DPI destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente. Al fine di garantire un uso corretto di questi DPI sono obbligatorie l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori.
 
Al fine di effettuare una scelta corretta per garantire protezione alle vie respiratorie, devono essere analizzati e valutati i seguenti fattori:
 
  • tipo di sostanza: corretta scelta del tipo di filtro; necessità/opportunità di proteggere altre parti del volto (occhi - viso);
  • concentrazioni: capacità del filtro in relazione al tempo di esposizione previsto;
  • libertà movimento: in funzione delle attività previste, il DPI deve garantire facilità di movimento all’operatore;
  • anatomia del viso: adeguatezza maschera in funzione dell’operatore;
  • condizioni ambientali: necessario valutare l’adeguatezza del DPI in funzione delle condizioni ambientali in cui l’operatore è tenuto ad indossarlo (per esempio, ambiente di lavoro molto caldo oppure molto umido).
 
In linea generale, i DPI di protezione delle vie respiratorie si distinguono in:
 
  • Respiratori isolanti: sono dispositivi di protezione che consentono di respirare indipendentemente dall’atmosfera circostante. Il DPI impedisce il contatto con l’atmosfera esterna e fornisce ossigeno o aria da una sorgente autonoma non inquinata. In particolare devono essere utilizzati quando: la percentuale di ossigeno è inferiore al 17%; la concentrazione dei contaminanti è superiore ai limiti di utilizzo dei respiratori a filtro; non si conosce la natura e/o la concentrazione dei contaminanti; in presenza di gas/vapori con scarse proprietà di avvertimento.
  • Respiratori a filtro: sono dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei quali l’aria inspirata passa attraverso un materiale filtrante (filtri) in grado di trattenere gli agenti inquinanti. I filtri si classificano in base al tipo, alla classe e al livello di protezione”. In particolare, questi respiratori possono essere: non assistiti (l’aria passa all’interno del facciale solo mediante l’azione dei polmoni), a ventilazione assistita (l’aria passa all’interno del facciale costituito da una maschera mediante un elettroventilatore normalmente trasportato dallo stesso utilizzatore) oppure a ventilazione forzata (l’aria passa all’interno del facciale costituito da un cappuccio o da un elmetto mediante un elettroventilatore normalmente trasportato dallo stesso utilizzatore).
  • Respiratori a barriera d’aria con filtro: sono dispositivi che consentono di eseguire un lavaggio delle prime vie aeree mediante una visiera, ancorata alla parte superiore del capo, che copre tutto il volto, ed un flusso di aria laminare che viene fatto scorrere sul lato interno della stessa visiera, a pressione, dall’alto verso il basso. Non si ha quindi isolamento dall’ambiente circostante, ma una diluizione dell’inquinante presente a livello del naso e della bocca dell’utilizzatore. L’aria compressa viene filtrata e successivamente regolata in base alle esigenze operative: la compressione avviene mediante collegamento di questo dispositivo ad un impianto di compressione locale, mentre vengono utilizzate cartucce in carbone attivo, alloggiate nella cintura dell’operatore, per la decontaminazione dell’aria.
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Analisi del Rischio Esplosione per le operazioni che impiegano polveri combustibili o elettrostatiche
04/12/2015
Diversamente da quanto si può pensare i dati storici evidenziano una costante presenza di incidenti in attività produttive causati dall’esplosione di polveri combustibili o elettrostatiche. Le analisi degli incidenti dimostrano inoltre che in alcuni casi tali incidenti sono avvenuti nonostante tutte le misure di sicurezza previste (installazione di apparecchiature in accordo alla classificazione ATEX, efficaci impianti per la continuità elettrica e messa a terra delle apparecchiature, impiego di adeguati dispositivi di protezione individuale, ecc.) fossero state messe in atto e costantemente mantenute attive nel tempo.
 
MTM Consulting può supportare la tua azienda nell’effettuare un’analisi dei rischi dedicata e nello sviluppare la procedura aziendale maggiormente adeguata a mantenere sotto controllo questo rischio complesso e a volte difficilmente percepito.
 
Molte polveri presenti nelle attività industriali sono combustibili o elettrostatiche e possono creare perciò un’atmosfera potenzialmente esplosiva, in particolare nei settori che manipolano:
 
  • prodotti agroalimentari, dove troviamo farine e polvere di zucchero, ma anche le polveri residue della lavorazione e trasporto di cereali;
  • prodotti farmaceutici, con vari preparati ad uso farmaceutico e cosmetico;
  • materie plastiche, come ad esempio le polveri plastiche o quelle generate dal trasporto e uso di pellet in plastica o altri materiali friabili;
  • carbone e legno;
  • carta triturata;
  • metalli, come ad esempio la polvere di alluminio.
  • Tali polveri se sospese in aria costituiscono un potenziale pericolo di esplosione se si verificano tutte e cinque le condizioni che portano ad un’esplosione:
  • presenza di comburente, ovvero l’ossigeno;
  • presenza di combustibile, ovvero la polvere;
  • presenza di un innesco, ovvero una scintilla elettrica o meccanica, una fiamma, una superficie in tensione o in elevata temperatura, etc.;
  • presenza di un confinamento;
  • presenza della giusta miscela tra comburente e combustibile, che varia per ogni tipologia di polveri.
 
La valutazione dei rischi di esplosione delle polveri sul luogo di lavoro deve essere effettuata secondo quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008. Da questa analisi vengono implementate adeguate misure di prevenzione e protezione per ridurre al minimo tali rischi di esplosione, quali:
 
  • classificazione delle aree pericolose, ovvero delle Zone potenzialmente esplosive;
  • dotazione nelle varie Zone classificate di apparecchiature ATEX;
  • gestione della continuità elettrica;
  • portelle di scarico pressione;
  • necessità di procedure di lavoro adeguate, etc.
 
In caso di presenza di polveri è poi comunque presente un rischio residuo legato alla possibilità di andare incontro ad anomalie gravi nelle attrezzature di lavoro o fallimento degli impianti di sicurezza. È quindi necessario considerare nell’analisi dei rischi di processo l’entità di tali rischi residui, allo scopo di stimare le frequenze di accadimento e le conseguenze degli scenari di esplosione dovuti a perdite di contenimento o ad anomalie di processo verificando l’adeguatezza delle misure di prevenzione e protezione, ma soprattutto delle procedure di lavoro e di emergenza.
 
Particolare attenzione infatti, in particolare durante la fase di stesura e verifica delle procedure, deve essere data alle attività di manutenzione e alle fasi di modifica e avviamento di nuovi macchinari o parti di impianto, situazioni nelle quali facilmente è possibile che alcune parti dei sistemi di sicurezza possano risultare non completamente funzionanti o controllate.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Nuova definizione di “operatore” secondo il D.Lgs. 81/2008
25/11/2015
Il Decreto Legislativo 14 Settembre 2015, n. 151 ha modificato in alcuni punti il Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolare, la principale modifica riguarda la definizione di “operatore” presente all’interno del Titolo III relativo all’uso delle attrezzature di lavoro in azienda. La nuova definizione prevede anche la figura del datore di lavoro.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire le aziende e, dunque, affiancare i datori di lavoro nel soddisfacimento degli obblighi previsti dal D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. anche relativamente all’uso delle attrezzature di lavoro e agli obblighi che ne derivano.
 
IL Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” ha modificato in alcuni punti il D.Lgs. 81/2008 - Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
 
Una delle modifiche apportate è relativa alla definizione di “operatore”contenuta nel Titolo III (Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale), Capo I (Uso delle attrezzature di lavoro) del D.Lgs. 81/2008. Infatti, l’articolo 20 - Modificazioni al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 - del D.Lgs. 151/2015 riporta: “l) all'articolo 69, comma 1, lettera e), dopo le parole: «il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro» sono inserite le seguenti: «o il datore di lavoro che ne fa uso»”.
 
In definitiva, il nuovo articolo 69 del D.Lgs. 81/2008, in merito alla definizione di operatore è il seguente:
 
“e) operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso”.
 
Questa modifica si è resa necessaria per andare incontro a quei casi in cui sia lo stesso datore di lavoro a divenire operatore e dunque a utilizzare direttamente le attrezzature di lavoro nella propria azienda. Quali sono quindi le conseguenze di questa modifica?
 
La più importante conseguenza è quella relativa alla formazione dell’operatore come richiesta dall’art. 73 del decreto. Nel momento in cui il datore di lavoro diviene operatore e utilizza una attrezzatura deve necessitare formazione, informazione e addestramento adeguati in funzione delle attività previste su quella stessa attrezzatura di lavoro in rapporto alle condizioni di impiego e alle situazioni anormali prevedibili. Parimenti nasce la necessità, anche per il datore di lavoro, di ricevere adeguata formazione in relazione all’uso di attrezzature soggette a specifica abilitazione, con riferimento a quanto richiesto dall’articolo 73 comma 5 del Testo Unico e quanto indicato nell’Accordo del 22 febbraio 2012. A riguardo si ricorda che tale Accordo concerne l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (e, dunque, ora anche dei datori di lavoro che dovessero fare uso di attrezzature di lavoro), nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo 73, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
Risulta quindi evidente che laddove un datore di lavoro utilizzi un carrello elevatore semovente, una PLE o qualunque altra attrezzatura di sollevamento rientrante nell’elenco dell’Accordo, necessiti di specifica abilitazione. Alcune delle attrezzature che richiedono specifica abilitazione sono, per esempio:
 
  • PLE (Piattaforme di Lavoro Elevabili)
  • Gru per autocarro
  • Gru a torre
  • Carrelli semoventi con conducente a bordo
  • Gru mobili
  • Trattori agricoli o forestali
  • Escavatori
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Obbligo del datore di lavoro: valutazione dei rischi sulle macchine in uso
02/10/2015
In accordo a quanto riportato nell’art. 28 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. il datore di Lavoro deve considerare e analizzare tutti i rischi a cui possono essere esposti i propri lavoratori durante le loro attività effettuando una valutazione dei rischi. Tra questi ultimi, nelle realtà produttive, rivestono particolare importanza i rischi correlati all’uso delle attrezzature di lavoro. Da questo si evince come sia necessaria anche una specifica valutazione dei rischi sulle attrezzature di lavoro utilizzate in azienda.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di affiancare i datori di lavoro nel soddisfacimento degli obblighi presenti nel D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. anche per quanto riguarda la sicurezza delle attrezzature di lavoro e la necessità, per i datori di lavoro, di effettuare su di esse una specifica valutazione dei rischi.
 
L’art. 70 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. riporta i requisiti di sicurezza per quanto concerne le attrezzature di lavoro utilizzate in azienda. In particolare (comma 1) richiede che le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori siano rispondenti alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto: le attrezzature devono essere marcate CE ed essere realmente conformi ai requisiti di sicurezza delle direttive applicabili. In aggiunta (comma 2), per le attrezzature di lavoro per le quali non esistono direttive di prodotto specifiche, non esistono disposizioni legislative di recepimento o che sono state messe in servizio prima della data di entrata in vigore della direttiva di riferimento (in Italia, per la Direttiva Macchine, è il 21 settembre 1996), il datore di lavoro deve garantire che tali attrezzature siano conformi ai requisiti minimi di sicurezza di cui all’Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i
 
In accordo a quanto richiesto dal successivo art. 71 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., il datore di lavoro è tenuto, dunque, a verificare l’effettiva conformità delle attrezzature utilizzate in azienda alla legislazione vigente e, solo in un secondo momento, metterle a disposizione dei lavoratori.
 
Per quanto riguarda gli obblighi più generali richiesti dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., l’art. 28 richiede che il datore di lavoro effettui una valutazione dei rischi aziendali che copra tutti i possibili rischi a cui sono esposti i lavoratori. Quindi, nella valutazione dei rischi, devono essere analizzati anche i rischi correlati all’uso delle macchine. Pertanto, sebbene non sia espressamente richiesta una valutazione dei rischi sulle attrezzature di lavoro, considerando quanto richiesto dall’art. 28 e gli obblighi del datore di lavoro in merito alle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori (art. 71 come sopra ricordato), risulta necessaria una valutazione dei rischi sulle stesse attrezzature.
 
La valutazione dei rischi ha due scopi:
 
  • dimostrare la conformità delle attrezzature di lavoro alla legislazione di riferimento e 
  • mettere in sicurezza le attrezzature di lavoro non conformi.
 
La valutazione dei rischi deve partire dall’analisi degli interventi previsti dal personale operativo sulla macchina, durante tutte le fasi di utilizzo previste (utilizzo in senso stretto ma anche manutenzione, pulizia, regolazione, ecc.). Di fatto, nella valutazione dei rischi il datore di lavoro analizza le diverse attività lavorative previste nella propria azienda che prevedono l’utilizzo di attrezzature di lavoro, evidenzia i pericoli presenti e specifica le misure di protezione attuate o da intraprendere al fine di ridurre il rischio correlato alle diverse situazioni pericolose e quindi esporre i lavoratori al solo rischio residuo.
 
Per capire come effettuare questa valutazione è possibile riferirsi alla normativa tecnica armonizzata alla Direttiva Macchine 2006/42/CE: nello specifico la norma di riferimento è la UNI EN ISO 12100: 2010. Questa norma fornisce i principi generali di valutazione dei rischi e loro successiva riduzione durante il processo di progettazione e realizzazione di una macchina. I principi forniti dalla norma sono assolutamente generali e possono essere facilmente applicati anche dal datore di lavoro che intenda ridurre i rischi legati all’uso delle attrezzature di lavoro nella propria azienda.
 
Il procedimento è applicabile sia nei confronti di macchine marcate CE sia nei confronti di attrezzature di lavoro “vecchie” e dunque prive di marcatura CE; ciò che cambiano sono i riferimenti tecnici.
 
Qualora la macchina sia marcata CE, è necessario conoscere i contenuti della Direttiva Macchine 2006/42/CE. Infatti, la valutazione dei rischi deve dimostrare come la macchina sia effettivamente conforme ai requisiti di sicurezza della Direttiva Macchine (in accordo a quanto richiesto dall’art. 70, comma 1) mettendo in risalto, specificatamente, quelle che potrebbero essere non conformità evidenti.
 
Nel caso di macchine prive di marcatura CE perché messe in servizio prima del 21/09/1996, la valutazione dei rischi deve mirare a soddisfare i requisiti tecnici dell’Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Anche in questo caso è evidentemente necessaria una conoscenza dell’Allegato V ma anche delle norme tecniche UNI e CEI applicabili.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Le novità introdotte dalla nuova versione della norma CEI 11-27 “Lavori su impianti elettrici”
08/09/2015
Già in altri passati comunicati ci siamo soffermati sull’importanza di avere una procedura aziendale in merito alla corretta effettuazione di attività di manutenzione su impianti elettrici a bordo macchina. Tale procedura si deve basare sulle indicazioni delle specifica norma CEI 11-27 “Lavori su impianti elettrici”, che definisce figure e responsabilità e metodo di lavoro. La norma, che costituisce corretta attuazione degli obblighi di legge, è stata modificata nel febbraio 2014 e ne elenchiamo ora le novità.
 
MTM Consulting può supportare la tua azienda nell’adempimento di tutti gli obblighi di legge in materia, elaborando la soluzione più pratica e completa per garantire alla tua azienda il rispetto delle norme applicabili.
 
La norma, nella sua quarta versione, si sofferma sulla definizione dei principali attori della gestione dell’impianto elettrico; le maggiori differenze dalla precedente versione si riscontrano sulle seguenti figure:
 
  • Unità (o Persona) responsabile di un impianto elettrico (URI): è il proprietario dell’impianto elettrico, nella maggior parte dei casi identificato nel Datore di Lavoro. A questa figura fanno capo le responsabilità dell’impianto elettrico durante il normale esercizio, quindi in assenza di lavori di qualunque natura. Rappresenta inoltre il soggetto che evidenzia la necessità di manutenzione dell’impianto e in generale la necessità di effettuare di lavori sull’impianto.
  • Persona designata alla conduzione dell’impianto elettrico (Responsabile Impianto, RI): è la persona responsabile della sicurezza dell’impianto elettrico durante un’attività lavorativa. Questa figura viene designata dalla URI in occasione di attività da svolgere sull’impianto stesso, compresa la manutenzione. Il RI ha la responsabilità dello svolgimento in sicurezza del lavoro, tramite la redazione del piano di lavoro e la diretta verifica dell’apposizione di eventuali terre nei punti di sezionamento e dei cartelli monitori.
 
Vediamo ora brevemente la definizione di lavoro elettrico e di lavoro non elettrico, utile per discriminare in azienda quali attività devono essere svolte da personale appositamente formato, addestrato e abilitato (PES, PAV, PEI).
 
  • Lavoro elettrico: lavoro svolto a distanza minore o uguale a DV da parti attive accessibili di linee e di impianti elettrici o lavori fuori tensione sugli stessi. All’interno della zona prossima, tutti i lavori che si eseguono, qualunque sia la loro natura, sono assoggettati ai medesimi rischi elettrici. Ciò significa che, se non si è Persone esperte (PES) o avvertite (PAV) in ambito elettrico, si deve lavorare sotto la supervisione di una PES (sezionamenti e messa in sicurezza, oppure installazione di barriere o protettori isolanti), oppure sotto sorveglianza da parte di PES o PAV che applica la procedura del lavoro in prossimità, ovvero il rispetto della distanza di sicurezza.
  • Lavoro non elettrico: lavoro svolto a distanza minore di DA9 e maggiore di DV da parti attive accessibili di linee e di impianti elettrici.
 
La norma poi effettua l’allineamento delle distanze di lavoro sotto tensione (DL) e delle distanze di prossimità (DV) con la Norma CEI EN 50110-1 per i lavori di costruzione ed altri lavori non elettrici.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Come gli studi di Life Cycle Assessment sono percepiti dalle organizzazioni stesse che li conducono
02/09/2015
Gli studi di LCA, sui quali scopi ci siamo già ampiamente dilungati in precedenti comunicati, offrono molteplici benefici all’azienda che li conduce, visti i numerosi utilizzi che possono essere fatti di uno studio.
Proprio a scopo divulgativo l’azienda olandese PRé Consultants, che fornisce uno dei software maggiormente utilizzati nel mondo per l’esecuzione di studi di LCA, ovvero il SimaPro, software impiegato anche da noi di MTM Consulting per supportare in nostri clienti, ha effettuato un sondaggio, pubblicato a maggio 2015, mirato a capire come viene percepito lo studio di LCA da aziende che lo hanno eseguito internamente nel corso dell’anno 2014.
 
Proponiamo ora brevemente i risultati, abbastanza sorprendenti, di questa indagine che ha visto coinvolte 274 aziende, distribuite in 28 nazioni.
 
Il primo dato riguarda la composizione dei team che svolgono lo studio di LCA aziendale: questo è mediamente composto da tre persone.
Viene poi riportato che il 57% dei top manager delle aziende che hanno intrapreso studi di LCA è a conoscenza dei benefici e degli scopi dello studio di LCA: tale dato è molto incoraggiante!
 
Viene poi proposta la classifica dei reparti aziendali che maggiormente promuovono lo svolgimento di uno studio di LCA, che vede solo al quarto posto, notevolmente staccato, il reparto marketing, mentre ai primi posti chi pianifica azioni di Corporate Social Responsibility e ricerca e sviluppo del prodotto:
 
  • 35 % settore ambiente e sostenibilità e chi produce;
  • 34 % ricerca e sviluppo;
  • 11 % sviluppo del prodotto;
  • 7 % marketing;
  • 6 % altri reparti;
  • 4 % gestione della catena di distribuzione;
  • 2 % operations.
 
È poi stato domandato in quale dei seguenti ambiti si hanno avuti maggiori benefici dall’implementazione di uno studio di LCA:
 
  • 57% avere una base scientifica;
  • 55 % processo decisionale informato;
  • 52% comunicazione con i propri clienti;
  • 36 % miglioramento del marchio;
  • 24 % gestione del rischio aziendale;
  • 23 % aumento dell’efficienza;
  • 20 % abbassamento dei costi;
  • 11 % aumento dei ricavi;
  • 0 % pochi o nessun beneficio.
 
Come ultimo dato che presentiamo vengono riportati gli anni di esperienza nel campo degli studi di LCA delle azienda contattate nel sondaggio. Tante sono aziende che già da tempo seguono tale argomento a livello interno, ma si rileva un forte interesse da parte di nuove aziende negli ultimi anni:
 
  • 21 % più di 10 anni;
  • 25 % tra i 5 e i 10 anni;
  • 41 % da 1 a 4 anni;
  • 13 % meno di un anno.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Responsabilità di progettisti, fabbricanti, fornitori e installatori
28/08/2015
Progettare, realizzare e installare un macchinario industriale secondo i requisiti della Direttiva Macchine 2006/42/CE permette di assolvere obblighi ed evitare quindi sanzioni, non solo correlati al recepimento italiano della Direttiva stessa, ovvero il D.Lgs 17/2010, ma anche al Testo Unico della Salute e Sicurezza sul Lavoro. Spesso infatti, in merito all’introduzione di un nuovo macchinario industriale in azienda, si conosce bene l’aspetto legato alla valutazione dei rischi che il Datore di Lavoro deve effettuare prima di fornire tale attrezzatura ai propri addetti, ovvero si vede il Testo Unico come una serie di obblighi che riguardano chi mette a disposizione o utilizza attrezzature di lavoro. Gli articoli 23, 23 e 24 del D.Lgs. 81/2008 però introducono obblighi puntuali su progettisti, fabbricanti, fornitori e installatori di tali attrezzature di lavoro, ai quali sono collegate sanzioni anche più pesanti di quanto accede nel D.Lgs 17/2010.
MTM Consulting lavora da anni nel campo della Marcatura CE e parte della nostra attività si sviluppa seguendo proprio i fabbricanti di macchinari industriali nel corso di tutto l’iter di CE, dalla progettazione, alla realizzazione alla installazione presso il cliente, tenendo ben in considerazione anche le richieste del Testo Unico.

La violazione dei succitati articoli è un evento spesso sottovalutato da chi realizza un macchinario industriale. Sebbene il numero di sanzioni correlate a tali articoli è abbastanza limitato, è utile considerare le modalità in cui un ente ispettivo arriva a commisurare tali sanzioni. La violazione di tali articoli infatti viene riscontrata dagli enti o in caso di denuncia di una mancanza da parte del Datore di Lavoro o, caso molto più probabile, in caso di infortunio grave; entrambe le situazioni sono quindi circostanze in cui il Datore di Lavoro che utilizza nella sua azienda il macchinario ha forti ragioni per dimostrare le mancanze presunte del fabbricante!

Lo scopo del Testo Unico nei tre succitati articoli è quello di impedire la commercializzazione o costruzione di attrezzature di lavoro aventi pericolosità tale da vanificare l’efficacia del sistema di prevenzione aziendale.

All’Articolo 22, viene richiesto a progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti di rispettare i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza, elencati in modo generico all’articolo Articolo 15 “Misure generali di tutela” e nei Titoli specifici; inoltre viene richiesto di scegliere attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

Gli obblighi dei fabbricanti e dei fornitori dell’Articolo 23 riportano che è vietata la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro; qui è quindi presente il rimando maggiormente diretto alla Direttiva Macchine, per quanto concerne appunto un macchinario industriale. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità inoltre, gli stessi beni debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione, ovvero nel caso di un macchinario industriale della Dichiarazione di Conformità e dal Manuale di Uso e Manutenzione.

Gli obblighi degli installatori dell’Articolo 25 richiedono poi agli stessi, seguendo il filo logico impostato dal Decreto, di attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

Le sanzioni come già detto sono, prese singolarmente, tra le più pesanti presenti nell’intero Testo Unico, in particolare proprio per i fabbricanti:

  • i progettisti che violano il disposto dell’Articolo 22 sono puniti con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 600 a 2.000 euro;
  • i fabbricanti e i fornitori che violano il disposto dell’Articolo 23 sono puniti con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 15.000 a 45.000 euro;
  • gli installatori che violano il disposto dell’Articolo 24 sono puniti con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 1.000 a 3.000 euro.


[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Direttiva Atex 94/9/CE: certificazione degli assiemi
28/08/2015
La Direttiva Atex 94/9/CE, si applica agli apparecchi destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. Nella definizione di “apparecchi” sono inclusi anche più apparecchi tra loro combinati, intesi come assiemi. Secondo quanto previsto dalla Direttiva, laddove l’assieme debba essere utilizzato in atmosfera potenzialmente esplosiva deve sempre essere marcato CE ai sensi Atex.
MTM Consulting s.r.l. è in grado di affiancare i fabbricante di prodotti destinati ad essere installati in atmosfera potenzialmente esplosiva nel soddisfacimento degli obblighi richiesti dalla Direttiva Atex 94/9/CE, sia per quanto riguarda gli apparecchi che per quanto concerne gli assiemi.

La Direttiva Atex 94/9/CE, così come la futura Direttiva 2014/34/UE che sostituirà quella attuale a partire dal 20 Aprile 2016, si applica agli apparecchi e ai sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.  In particolare, i prodotti Atex sono certificati secondo specifiche categorie di protezione in funzione della classificazione dell’ambiente di installazione in cui andranno ad operare. Compito dell’utilizzatore è quello di acquistare sul mercato attrezzature che siano certificate CE Atex secondo una categoria di protezione conforme alla zonizzazione effettuata, rispetto al rischio esplosione, nel proprio luogo di lavoro.

Secondo la Direttiva Atex, per “apparecchi” si intendono “le macchine, i materiali, i dispositivi fissi e mobili, gli organi di comando, la strumentazione e i sistemi di rilevazione e di prevenzione che, da soli o combinati, sono destinati alla produzione, al trasporto, al deposito, alla misurazione, alla regolazione e alla conversione di energia e al trattamento di materiale e che, per via delle potenziali sorgenti di innesco che sono loro proprie, rischiano di provocare un’esplosione”.

Dall’espressione “combinati” di cui alla definizione di apparecchi sopra vista, ne consegue che un assieme, costituito dalla combinazione di due o più parti di apparecchi, deve essere considerato un prodotto e rientrare quindi nel campo di applicazione della Direttiva 94/9/CE.

Il concetto è simile ma non uguale a quello di insieme (inteso come sistema integrato di produzione) previsto dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE. Infatti, per quest’ultima l’insieme deve necessariamente garantire una applicazione ben definita in quanto rientra nella definizione di macchina. Per la direttiva Atex 94/9/CE invece, l’assieme non necessariamente deve garantire una applicazione ben definita ma deve tuttavia presentarsi sotto forma di singola unità funzionale. In definitiva, potrebbe essere considerato un assieme per la Direttiva Atex 94/9/CE anche ciò che per la Direttiva Macchine è una quasi-macchina o addirittura non è nulla di definito.

Per quanto abbiamo detto, gli assiemi potrebbero non essere immediatamente pronti all’uso ma necessitare un’attenta installazione (secondo la logica, per esempio, delle quasi-macchine per la Direttiva Macchine). Pertanto, le istruzioni dovranno contemplare questa evenienza in modo che l’installatore, adottando le indicazioni in esse contenute, possa procedere alla installazione dell’assieme senza ulteriori valutazioni di conformità da parte sua, in quanto completate dal processo di certificazione portato avanti e concluso dal Fabbricante.

Qualora le singole parti costituenti l’assieme siano già conformi alla Direttiva Atex 94/9/CE e idoneamente marcate CE dai corrispondenti Fabbricanti, il compito del Fabbricante dell’assieme è quello di effettuare una valutazione dei rischi che evidenzi i pericoli di innesco aggiuntivi conseguenti all’unione delle singole parti a costituire l’assieme finale. Il risultato di questa valutazione dei rischi, al solito, deve garantire la conformità dell’assieme agli applicabili requisiti di sicurezza della Direttiva e dunque garantire la sicurezza dell’intero assieme rispetto al pericolo di esplosione. In questo caso, quindi, il Fabbricante presume la conformità della singole parti e si concentra solo sui pericoli di innesco eventualmente scaturiti dalla loro combinazione a costituire l’assieme. Il Fabbricante dunque dovrà realizzare un fascicolo tecnico e un manuale di istruzioni, apporre una targa di identificazione CE e Ex sull’insieme e firmare una dichiarazione CE di conformità a dimostrazione che l’assieme, come unità funzionale, rispetta i requisiti della direttiva Atex.

Nel caso in cui, invece, alcune (o tutte) parti costituenti l’assieme siano prive di idonea marcatura CE Atex (perché, per esempio, sono realizzate internamente oppure la marcatura è relativa ad una categoria di protezione non idonea all’ambiente di installazione previsto), il Fabbricante non potrà presumere la conformità di tali parti e dunque dovrà estendere la valutazione dei rischi dell’assieme anche a queste singole parti. In questo caso, dunque, sarà compito del Fabbricante redigere la valutazione dei rischi con l’intento di dimostrare che non solo l’assieme ma anche gli apparecchi privi di idonea marcatura CE Atex sono conformi ai requisiti applicabili della Direttiva Atex. In questo caso dichiarazione CE di conformità e targa di identificazione CE e Ex devono sempre essere unici e relativi alla certificazione dell’assieme.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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La valutazione dei rischi secondo la Direttiva Atex 94/9/CE
28/08/2015
Il processo di certificazione che porta alla marcatura CE Atex di un prodotto secondo la Direttiva 94/9/CE cambia a secondo del gruppo e della categoria di protezione del prodotto. Tuttavia la necessità, da parte del fabbricante, di dimostrare la conformità del prodotto ai requisiti della direttiva comporta sempre la stesura di una specifica valutazione dei rischi come parte principale del fascicolo tecnico.
MTM Consulting s.r.l. è in grado di affiancare i fabbricanti nel soddisfacimento degli obblighi richiesti dalla Direttiva Atex 94/9/CE, sia per quanto concerne la procedura di certificazione da adottare, sia per quanto riguarda la documentazione da preparare (in particolare, il fascicolo tecnico, le istruzioni per l’uso e la dichiarazione CE di conformità).

Nell’ambito del processo di progettazione e realizzazione, la protezione contro le esplosioni degli apparecchi e dei sistemi di protezione oggetto della Direttiva Atex 94/9/CE è ottenuta attraverso la conformità degli stessi prodotti ai requisiti essenziali di sicurezza delle Direttiva. In aggiunta, il Fabbricante è tenuto a fornire all’utilizzatore le istruzioni per l’uso grazie alle quali sia possibile utilizzare correttamente il prodotto, vale a dire secondo l’uso previsto rispetto al quale è stato progettato e realizzato.

Per dimostrare la conformità del prodotto ai requisiti della Direttiva Atex 94/9/CE è necessario effettuare una specifica valutazione dei rischi. Questa valutazione dovrà concentrarsi prevalentemente sulla possibilità di evitare sorgenti di innesco sul prodotto e, all’occorrenza, sulla possibilità di contenere o controllare eventuali fenomeni esplosivi.

A dimostrazione di quanto appena indicato si può fare riferimento alla Direttiva 94/9/CE, allegato II, punto 1.0.1, secondo cui i fabbricanti sono tenuti a progettare gli apparecchi e i sistemi di protezione secondo i principi della “sicurezza integrata contro le esplosioni”. La sicurezza integrata contro le esplosioni ha lo scopo di impedire la formazione di atmosfere esplosive, nonché di sorgenti di innesco, e qualora, malgrado tutto, si produca un’esplosione, a soffocarla immediatamente e/o circoscriverne gli effetti. Tuttavia è da sottolineare come, in molti casi, il Fabbricante non è in grado di valutare esattamente la portata di eventi esplosivi definendo chiaramente le conseguenze negative di un’esplosione; infatti, queste ultime dipendono strettamente dal luogo di installazione in cui l’apparecchio è destinato ad operare e dalla presenza, o meno, di ulteriori sorgenti di innesco presenti che potrebbero amplificare le conseguenze di un fenomeno esplosivo. Per tale motivo, la valutazione dei rischi deve concentrarsi sulla valutazione del rischio di innesco o sulla funzione di controllo delle esplosioni grazie a dispositivi di protezione e di sicurezza presenti sull’apparecchio.

Alla luce di quanto esposto, la valutazione dei rischi, intesa come valutazione del rischio di innesco, deve coprire sia gli aspetti legati alla progettazione e realizzazione dell’apparecchio (per esempio, scelta di materiali isolanti o conduttori, tipologia di metalli, tipi di azionamento, ecc.) ma coprire anche gli aspetti legati all’ambiente di utilizzo del prodotto interfacciandosi direttamente con l’utilizzatore (per esempio, temperatura di accensione delle polveri o gas presenti nel luogo di utilizzo, limiti di esplosività dei gas, ecc.)

A livello procedurale, la valutazione dei rischi consiste in una serie di tappe logiche che consentono di esaminare in modo sistematico i pericoli associati agli apparecchi utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. Essa è seguita, ogni qualvolta risulti necessario, dalla riduzione del rischio secondo le modalità indicate dalla norma generale UNI EN ISO 12100: 2010 e dalla norma specifica per componenti non elettrici UNI EN 15198: 2008; quando questo processo viene ripetuto costituisce il processo iterativo per eliminare per quanto possibile i pericoli e per mettere in atto le misure di sicurezza.

La valutazione dei rischi si svolge essenzialmente in due passaggi successivi:

  • l’analisi dei rischi, comprendente:
  1. la determinazione dei limiti della apparecchiatura,
  2. l’identificazione dei pericoli,
  3. la stima dei rischi;
  • la valutazione del rischio vera e propria.

Pertanto, durante la valutazione dei rischi vengono individuati gli interventi e le soluzioni adottabili per l'eliminazione o riduzione dei rischi (valutazione del rischio vera e propria) al fine di poter ottenere il livello di protezione richiesto, funzione della lavorazione prevista dalla apparecchiatura e dell’ambiente nel quale l’apparecchiatura deve essere installata.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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La gestione integrata degli infortuni
27/08/2015
La gestione degli infortuni che occorrono in azienda riveste un aspetto molto importante poiché incorpora in sé numerosi obblighi, ma anche numerose opportunità di miglioramento.
Gestire in modo integrato i vari aspetti che sono compresi nella rilevazione e analisi degli infortuni, siano essi anche molto lievi, diventa quindi fondamentale per dare e dimostrare continua applicazione dei principi di tutela dei lavoratori.
MTM può aiutare la tua azienda ad impostare quindi una corretta e puntuale procedura di gestione ed analisi dell’infortunio, allo scopo di assolvere gran parte di obblighi e valutazioni legate alla negativa occorrenza di un infortunio, correlata alla formazione generale di tutti gli addetti.
 
All’accadimento di un infortunio il massimo sforzo deve essere dedicato all’assistenza immediata dell’addetto infortunato, per alleviare la sofferenza legata ad un evento che in un mondo lavorativo perfetto non dovrebbe mai accadere.
In secondo luogo la gestione e la successiva analisi dell’evento sono lo strumento migliore in mano all’azienda per evitare che infortuni analoghi non si ripetano; anche su questa fase è quindi necessario convogliare numerose energie per completare un processo spesso difficoltoso ma che può portare grandi risultati.
 
La prima fase gestionale post infortunio porta il datore di lavoro a implementare, con il medico competente, tutti gli obblighi legislativi e burocratici, come la denuncia di infortunio e l’avvio delle pratiche assicurative. Ma in contemporanea il datore di lavoro deve essere in grado di assicurare che subito venga attivato un processo di analisi dell’infortunio e delle sue cause, definendo in una procedura tempi e responsabilità di questa fase di indagine interna. Questo passaggio è molto importante sia per attuare azioni di miglioramento sia per rispondere ad eventuali quesiti delle parti interessate e organismi competenti.
Questa prima fase di indagine dovrebbe essere compiuta, tramite documenti precompilati e guidati, direttamente dagli operatori maggiormente vicini, a livello di attività e di ruolo, all’infortunato. La giusta figura per condurla è quindi un preposto di area, che deve coinvolgere e più lavoratori possibili, meglio se testimoni dell’accaduto, gli addetti al primo soccorso intervenuti e se è fattibile l’infortunato stesso.
Dopo questa prima fase di indagine deve essere avviata una fase maggiormente dettagliata e di più ampio respiro, in collaborazione con medico competente e RSPP. In questa fase è necessario valutare la correlazione di tale evento con altri avvenuti in passato o con mancati infortuni, in modo da stabilirne le cause reali e programmare interventi di miglioramento mirati, tramite la definizione di tempi e responsabilità.
 
Altro aspetto fondamentale per gestire al meglio gli infortuni è poi la formazione e l’informazione in merito allo svolgimento dell’indagine. Infatti spesso risulta difficile ottenere informazioni adeguate dai colleghi di lavoro dell’infortunato, proprio perché non conoscono a cosa queste informazioni possono essere utili. Formare le persone sulle procedure interne che le riguardano anche parzialmente e fornire informazioni in merito al completamento delle azioni correttive a seguito di un infortunio contribuisce a creare un clima di fiducia reciproca e collaborazione tra le varie figure aziendali.
 
Ultimo punto ma molto importante è la definizione di che cosa l’azienda considera essere un infortunio. Spesso infatti le aziende considerano come infortunio, e avviano quindi tali modalità di indagine, solamente quegli eventi che vengono denunciati all’INAIL. L’obbligo di denuncia si ha unicamente per infortuni con prognosi medica che dichiara l’infortunato guaribile in tre o più giorni oltre a quello dell’infortunio. In questo modo però nel calcolo degli infortuni ma anche nella loro analisi si perdono tutti quegli eventi minori, magari che vengono direttamente medicati presso l’infermeria aziendale, con la perdita di nemmeno un giorno di lavoro. L’analisi di tali eventi è invece addirittura più importante, poiché permette di evitare l’accadimento di un fatto più grave: le statistiche dell’INAIL mostrano chiaramente come gli infortuni più gravi sono nella maggior parte dei casi preceduti da un numero limitato di infortuni lievi, lievissimi o addirittura di mancati infortuni.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Noleggio o comodato d’uso di attrezzature assoggettate a verifiche periodiche
03/07/2015
L’obbligatorietà delle verifiche periodiche è prevista dall’art. 71, comma 11 del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. per quelle attrezzature di lavoro riportate nell’elenco dell’Allegato VII dello stesso decreto. Questi rientra tra gli obblighi del datore di lavoro. Ma nel momento in cui una attrezzatura è fornita a noleggio o in comodato d’uso, chi è il soggetto che deve richiedere la verifica?
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di affiancare i datori di lavoro nel soddisfacimento degli obblighi riportati dal D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. anche per quanto riguarda le attrezzature di lavoro, sia quelle di proprietà utilizzate in azienda, sia quelle fornite o ricevute a noleggio o in comodato d’uso.
 
Tra gli obblighi che vertono sul datore di lavoro, relativamente alle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri lavoratori in azienda, vi è anche quello di garantire che siano effettivamente sicure e rimangano tali nel tempo. L’art. 71, comma 4, in particolare, richiede, tra le altre cose, che le attrezzature siano sottoposte ad una documentata manutenzione periodica che possa garantire nel tempo il soddisfacimento dei requisiti di sicurezza, siano essi quelli rispondenti alle direttive europee di riferimento per macchine marcate CE, oppure quelli rispondenti alla legislazione nazionale previgente (allegato V, D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i.) per le macchine prive di marcatura CE.
 
Sempre l’art. 71, al comma 8, richiede che gli interventi di controllo su specifiche attrezzature (sia quelli successivi all’installazione, che quelli periodici di controllo e verifica) siano volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l’efficienza ai fini della sicurezza delle stesse attrezzature e che questi controlli siano effettuati da persona competente.
 
Il comma 11 riporta che le attrezzature che richiedono un regime di verifiche e controlli ben definito sono quelle elencate nell’Allegato VII del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. Queste attrezzature devono essere sottoposte ad un controllo iniziale (che ne possa certificare la corretta installazione e messa in servizio) e, successivamente, siano sottoposte a verifiche di tipo periodico (che possano garantire il soddisfacimento dei requisiti di sicurezza nel tempo).
 
Questi interventi devono essere richiesti dal datore di lavoro presso cui sono in servizio le attrezzature. Nello specifico, la prima verifica deve essere richiesta all’INAIL che vi deve provvedere entro 45 giorni. Una volta decorso il termine di 45 giorni il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati. Le verifiche successive sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove sia previsto con legge regionale, dall’ARPA o da soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche devono essere conservati  e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza.
 
Ma in caso di noleggio o comodato d’uso di attrezzature ricadenti in Allegato VII, chi deve richiedere tali verifiche? Se definito nel contratto di noleggio o concessione in uso, la richiesta di queste verifiche può essere effettuata anche dallo stesso noleggiatore o concedente in uso.
 
Nel caso in cui il concedente in uso sia inadempiente (di fatto, non fa richiesta delle verifiche), che tipo di responsabilità vertono sul datore di lavoro presso il cui ambiente di lavoro sono utilizzate le attrezzature? A riguardo è bene sottolineare che l’obbligo riportato dall’art. 71, comma 11 del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. ricade sul datore di lavoro; pertanto, qualora il noleggiatore o concedente in uso non provvede a far eseguire le verifiche periodiche, si ritiene che il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia primaria, sia passibile della sanzione amministrativa pecuniaria da 548 a 1972.80 euro oltre che, in caso di infortunio, di quelle penali (secondo art. 589 e 590 del c.p.). Successivamente, in sede civile, il datore di lavoro potrà agire nei confronti del noleggiatore per il risarcimento dei danni subiti.
 
In definitiva quali sono le responsabilità del noleggiatore? A riguardo si può fare riferimento ad una decisione della Cassazione Penale (n.12293 del 15 marzo 2013). Secondo la Cassazione, in questo caso, trovano applicazione gli art. 23 e 57 del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. Nello specifico, l’art. 23 individua gli obblighi di fabbricanti e fornitori e specifica che sono vietate la fabbricazione, la vendita e la concessione in uso di attrezzature di lavoro non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro precisando, al secondo comma, che in caso di locazione finanziaria di attrezzature assoggettate a procedure di attestazione della conformità, esse siano accompagnate, da parte del concedente, dalla relativa documentazione. In definitiva, chi concede in uso attrezzature di lavoro a noleggio deve fornire la documentazione completa e aggiornata (quindi anche gli esiti delle verifiche precedentemente richieste per le attrezzature in Allegato VII).
Una volta stipulato il contratto di noleggio e consegnata la macchina, il responsabile del corretto utilizzo e delle verifiche periodiche diviene, per quanto esposto sopra, il datore di lavoro.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Classificazione attrezzature a pressione secondo la Direttiva 2014/68/UE (PED)
01/07/2015
Dal 1 giugno 2015 è entrato in vigore nell’intero mercato unico europeo e, pertanto, anche in Italia, l’articolo 13 (classificazione delle attrezzature a pressione) della nuova Direttiva PED 2014/68/UE che sostituisce l’articolo 9, di pari oggetto, della precedente, ma ancora vigente, direttiva 97/23/CE. Qui di seguito analizziamo le novità introdotte.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di affiancare i fabbricanti nell’individuare i riferimenti legislativi applicabili ai propri prodotti, seguendoli in tutto il processo di certificazione che porta alla marcatura CE del prodotto prima della sua immissione sul mercato unico europeo.

Sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea del 27/06/2014 è stata pubblicata la nuova Direttiva inerente la messa a disposizione sul mercato delle attrezzature a pressione, Direttiva 2014/68/UE (PED).

Il campo di applicazione della Direttiva 2014/68/UE non è mutato rispetto alla precedente Direttiva 97/23/CE. Esso è stato aggiornato, meglio organizzato e reso più chiaro, ma nei contenuti è rimasto inalterato. Un importante aggiornamento è relativo, invece, alla classificazione delle attrezzature a pressione.

Le attrezzature a pressione che rientrano nel campo di applicazione della Direttiva PED 2014/68/UE sono organizzate in categorie, in base all’Allegato II, secondo criteri di pericolosità crescente. La classificazione è funzione anche del tipo di fluido presente all’interno dell’attrezzatura secondo quanto riportato all’art. 13 della Direttiva 2014/68/UE. La classificazione dei fluidi riportata dal citato articolo fa riferimento a quanto indicato nel Regolamento (CE) n. 1272/2008 che classifica non solo i fluidi, ma anche le loro miscele e che identifica una serie di classi di pericolo sia fisico che per la salute:

  • fluidi gruppo 1: esplosivi instabili, gas infiammabili, gas comburenti, liquidi infiammabili, solidi infiammabili, sostanze o miscele auto-reattive, liquidi e solidi piroforici, sostanze e miscele che a contatto con l’acqua, liberano gas infiammabili, liquidi e solidi comburenti, perossidi organici, sostanze tossiche per contatto, via aerea, per inalazione, ecc. Nel gruppo 1 rientrano anche le sostanze e miscele contenute nelle attrezzature a pressione la cui temperatura massima ammissibile TS è superiore al punto di infiammabilità del fluido.
  • fluidi gruppo 2:  tutte le sostanze e miscele che non rientrano nel gruppo 1.

Sempre il citato art. 13 riporta che, allorché un recipiente è costituito da vari scomparti, è classificato nella categoria più elevata di ciascuno dei singoli scomparti. Allorché uno scomparto contiene più fluidi, è classificato in base al fluido che comporta la categoria più elevata.

Come detto, la classificazione dei fluidi si basa sul nuovo Regolamento (CE) n. 1272/2008 (regolamento CLP - Classification, Labelling and Packaging) entrato in vigore il 1° giugno 2015 e che sostituisce la Direttiva 65/548/CEE sulla base della quale fino alla stessa data era disciplinata la suddivisione dei fluidi pericolosi necessaria per la corretta classificazione delle attrezzature a pressione. Per tale motivo, si è resa necessaria l’entrata in vigore dell’art. 13 proprio in tale data, di fatto in anticipo rispetto alla data di entrata in vigore delle restanti previsioni della Direttiva 2014/68/UE, fissata al 19 luglio 2016.

Infatti, la Direttiva 2014/68/UE obbligava gli stati membri a recepire nel proprio ordinamento legislativo nazionale i contenuti dell’art. 13 entro il 28 febbraio 2015, rendendo applicabili le disposizioni di tale articolo proprio a partire dal 1° giugno 2015. In Italia è stata emanata una Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico che analizza questo aspetto, rendendo applicabile dal 1° giugno 2015 l’art. 13 della Direttiva 2014/68/UE sebbene manchi un recepimento nazionale della Direttiva che sarà pubblicato solo entro la fine del 2015.

Le classi di pericolo di cui al Regolamento n. 1272/2008 possono comportare, in certi casi, la classificazione nel gruppo 1 di alcune sostanze precedentemente classificate nel gruppo 2 (a seguito, ad esempio, della diversa classificazione dei pericoli per la salute di cui al Regolamento stesso). Per questo motivo, in alcune situazioni, si potrebbe presentare una diversa categorizzazione dell’attrezzatura a pressione con conseguente diverso modulo di valutazione della conformità da applicare per arrivare alla certificazione del prodotto. Il risultato è che per i prodotti che utilizzano fluidi di cui alla lettera a) del paragrafo 1 dell’art. 13 della Direttiva 2014/68/UE (quindi, di gruppo 1), è necessario prestare attenzione alla nuova classificazione introdotta al fine di individuare, mediante una specifica valutazione dei rischi, una eventuale diversa categorizzazione del prodotto che potrebbe comportare l’applicazione di un diverso modulo di valutazione della conformità.

In questa fase transitoria, sebbene sia applicabile la classificazione ora vista e definita dalla Direttiva 2014/68/UE, restano applicabili tutti gli altri aspetti (e, dunque, anche i moduli di valutazione della conformità) definiti dalla Direttiva 97/23/CE ancora vigente e dal recepimento italiano, il D.Lgs. n. 93/2000.

Non sono, invece, oggetto di variazioni le procedure relative dei prodotti di cui alla lettera b) del paragrafo 1 del citato articolo 13 della direttiva, cioè le procedure per le attrezzature che contengono fluidi di gruppo 2. Analogamente non è modificato il criterio di classificazione di cui al paragrafo 2 dello stesso articolo 13, secondo cui è classificato nella categoria più elevata un recipiente a pressione costituito da vari scomparti riferibili a categorie diverse o in cui uno scomparto contenga più fluidi.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Il rischio chimico e cancerogeno dell’attività di saldatura
15/06/2015
La saldatura di metalli è un’attività lavorativa che si ritrova in numerose aziende italiane, sia all’interno di reparti manutenzione, ove viene eseguita saltuariamente per effettuare delle riparazioni, sia in aziende che svolgono tale attività in modo quotidiano, come parte del proprio processo. 
Questo tipo di attività risulta sicuramente tra le più critiche per quello che concerne la salute dei lavoratori addetti.
Il rischio correlato all’attività di saldatura deriva prevalentemente dallo sviluppo dei fumi, originati da una miscela di componenti chimici inorganici ed organici, che si libera durante la fase di riscaldamento di materiale oltre al punto di fusione.
In funzione del tipo di saldatura e del tipo di materiali coinvolti vi sono differenti metodologie di valutazione dei rischi da mettere in pratica, tra cui misurazioni strumentali in sito degli inquinanti aerodispersi e redazione di un Registro degli Esposti, in caso si liberino sostanze classificate come cancerogene.
La problematica è però bene descritta dal Testo Unico e da linee guida nazionali e regionali: MTM Consulting può seguire la tua azienda nel definire quale tipologia di rischio è presente in azienda e quale sia la soluzione corretta e sufficiente nel tutelare i tuoi lavoratori e rispettare la normativa vigente.
 
Il problema legato alla valutazione dei rischi correlati ai fumi di saldatura è rivestito principalmente dalla poca conoscenza che si ha del processo chimico in atto durante lo svolgimento della saldatura.
Se infatti in merito a composti chimici manipolati noi possiamo documentarci tramite la scheda di sicurezza del fabbricante, ciò non è possibile con l’attività di saldatura, dove il materiale saldato è solitamente inerte o privo di rischi correlati all’esposizione quando manipolato a temperatura ambiente.
Durante invece il suo surriscaldamento e portandolo a temperature oltre la sua temperatura di fusione si rilasciano fumi sicuramente pericolosi.
In sostanza durante una qualsiasi attività di saldatura si rilasciano in atmosfera sicuramente: polveri sottili, ozono e metalli pesanti, la cui specificità dipende dal tipo di materiale saldato.
 
Tali sostanze liberate presentano tutte, come riportato sul Testo Unico all’Allegato XLIII, i seguenti valori correlati all’esposizione umana:
 
  • TLV-TWA, che rappresenta la concentrazione media ponderata nel tempo, per una giornata lavorativa di 8 ore e per 40 ore lavorative settimanali, a cui quasi tutti i lavoratori possono essere esposti ripetutamente, giorno dopo giorno, senza effetti negativi;
  • TLV-STEL, che rappresenta la concentrazione a cui lavoratori possono essere esposti continuativamente per un breve periodo senza che insorgano irritazioni , alterazioni croniche o irreversibili del tessuto, narcosi di grado sufficiente ad accrescere la probabilità di infortuni, a compromettere la capacità di mettersi in salvo, l’efficienza lavorativa.  Uno STEL viene definito come la esposizione media ponderata su un periodo di 15 minuti che non deve mai essere superata nella giornata lavorativa, anche se la media ponderata su 8 ore rientra nei limiti TLV-TWA.
  • TLV-C, che rappresenta la concentrazione che non deve mai essere superata neppure istantaneamente.
 
Il punto di partenza è quindi quello di effettuare delle analisi in ambiente, in modo da ottenere dei valori di esposizione da confrontare con i sopra citati limiti imposti.
Risulta però fondamentale individuare, oltre alle polveri sottili e all’ozono, l’inquinante da ricercare sotto forma di metallo pesante maggiormente presente, in funzione del tipo di materiale lavorato.
Questa problematica è comune anche con la realizzazione di un Registro degli Esposti, in funzione del fatto che si liberino o meno sostanze (metalli pesanti) classificate come cancerogene.
Ad esempio nelle saldature eseguite su acciaio, in funzione del tipo di acciaio lavorato e della sua composizione possono liberarsi prevalentemente cromo esavalente, cadmio, berillio o cobalto, tutte sostanze classificate come cancerogene.
 
È bene inoltre ricordare che i principi di prevenzione cui deve attenersi il Datore di Lavoro nel mettere in atto interventi di miglioramento sono, in ordine di fattibilità e se possibile congiuntamente:
 
  1. la sostituzione, quando possibile, di una sostanza o preparato con uno a minore tossicità;
  2. minimizzare la formazione dei fumi che si possono originare durante le lavorazioni;
  3. utilizzare opportuni sistemi di estrazione (aspirazione) o di diluizione dell’aria (ventilazione forzata);
  4. utilizzare sempre, in abbinamento ad estrazione/diluizione, impianti di aspirazione localizzata in prossimità del punto di saldatura adeguati a ridurre la dispersione di aerosol nell’ambiente (ideale ‘ciclo chiuso’, ecc.).
 
Solo come ultima possibilità il Datore di Lavoro deve ricorrere all’uso di DPI come mascherine o autorespiratori. Questa ultima soluzione, spesso preferita dal Datore di Lavoro anche se non giustificata, non elimina inoltre problematiche gestionali, visto la particolarità e pericolosità dei fumi, in merito a utilizzo esclusivo del DPI da parte del lavoratore, gestione e manutenzione di filtri degli stessi DPI, impiego dei corretti filtri per l’inquinante specifico in funzione del tipo di saldatura.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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La Nuova Norma ISO 14001 : 2015
04/05/2015
Nel corso dell’anno 2015 è prevista la pubblicazione della nuova Norma ISO 14001:2015 da parte dell’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO).
La versione odierna della Norma che regola la realizzazione, implementazione e mantenimento di un Sistema di Gestione Ambientale è attualmente in vigore dal 2004.
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire il piano di transizione alla nuova Norma ISO 14001, incorporando le modifiche nel vostro sistema di gestione anche già attuato e certificato.
 
La norma ISO 14001 “Sistema di gestione ambientale – Requisiti” è stata la prima norma pubblicata ad applicazione universale per la realizzazione di un sistema di gestione degli aspetti ambientali di un’organizzazione e per la sua certificazione. La prima pubblicazione della norma risale all’anno 1996, norma poi ripubblicata con successiva edizione nell’anno 2004, edizione attualmente in vigore.
Le modifiche previste per la nuova edizione non sembrano al momento incidere pesantemente sui sistemi ad oggi esistenti, introducendo modifiche applicabili tramite interventi di miglioramento degli strumenti già ad adesso presenti in un classico sistema di gestione ambientale. In generale si tratta di interventi che portano a meglio pianificare le attività di un sistema di gestione ambientale, calibrandone l’importanza relativa. Vediamo brevemente i punti al momento trapelati.
 
Il primo riguarda il ciclo di Deming e la sua rappresentazione. Le classiche fasi dell’iterazione che porta il sistema al miglioramento continuo delle performance ambientali dell’organizzazione, ovvero pianificazione, esecuzione, monitoraggio e attuazione, vengono correlate tutte alla leadership. Questo a sottolineare che identificazione di ruoli e responsabilità di ogni singola parte, azione, pianificazione o monitoraggio sono fondamentali per far si che queste vengano svolte come pensato nel sistema di gestione: ognuno ha degli obiettivi legati al funzionamento del sistema, proprio allo scopo di farlo funzionare in modo efficiente e costante.
 
Questa tipologia di sistemi di gestione già prevede obbligatoriamente un’analisi dei rischi, ovvero la cosiddetta analisi ambientale, ovvero uno strumento dinamico che, tramite i feedback di indicatori e monitoraggi, fotografa lo stato degli aspetti ambientali rilevanti dell’organizzazione e permette la pianificazione e misurazione di obiettivi e programmi di miglioramento. Quello che si chiede ora riguarda la creazione di uno strumento analogo per la gestione delle parti interessate e delle comunicazioni nei loro confronti o ricevute da loro. Oltre ad identificare le varie parti interessate, siano esse interne od esterne, si vuole creare una scaletta di priorità e un’analisi dettagliata di che cosa si attende tale parte interessata di conoscere in merito agli aspetti ambientali dell’organizzazione e in che dettaglio, evidenziando in particolare i rischi legati a comunicazioni errate, lacunose o tardive. È ben diverso infatti il livello, il linguaggio e la tipologia di dati da comunicare ad un Ente Regionale, piuttosto che agli azionisti del gruppo, pur essendo entrambe due tipi di comunicazioni molto importanti.
 
Altra innovazione riguarda la forte enfasi data al concetto di ciclo di vita e quindi alla considerazione degli impatti ambientali a lungo termine e correlati alle attività svolte a monte e a valle della nostra organizzazione. Quindi ciò richiede di modificare la nostra analisi degli aspetti ambientali andando a comprendere anche indicazioni circa l’estrazione delle materie prime, aspetti legati all’uso del prodotto / servizio offerto dall’organizzazione e alla sua fase di fine vita e smaltimento, aspetti legati a come i nostri clienti sfruttano il nostro prodotto/servizio; inserire quindi aspetti ambientali non controllati direttamente ma che possono essere influenzati da alcune caratteristiche del nostro prodotto/servizio.
 
Al momento non sono stati definiti periodi transitori. Quanto al momento viene richiesto alle organizzazioni è di creare un piano di transizione, dove si identificano punti, passaggi, tempistiche e responsabilità per arrivare ad allinearsi completamente con la nuova edizione della norma.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Dispositivi di Protezione Individuale per le mani
04/05/2015
Per quanto riguarda la scelta e l’utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), il datore di lavoro è tenuto a rispettare gli obblighi riportati all’art. 77 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Evidentemente, la scelta dei DPI è correlata alla natura del rischio da cui il lavoratore deve essere protetto. Nell’industria, tra tutti i DPI utilizzati, meritano un rilievo particolare quelli dediti alla protezione delle mani e delle braccia.
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i datori di lavoro nella scelta dei DPI idonei a proteggere il lavoratore nell’esecuzione delle proprie mansioni lavorative, anche al fine di conformarsi alle richieste del Titolo III del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. 
 
Sappiamo che l’obbligo principale del datore di lavoro (art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) è quello di valutare tutti i possibili rischi presenti in azienda redigendo il documento di valutazione dei rischi (art. 28). Fine della valutazione dei rischi è quello di evidenziare tutti i rischi presenti in azienda e di indicare le conseguenti misure di prevenzione e di protezione necessarie a ridurre i rischi individuati. Tuttavia, laddove il rischio valutato nell’esecuzione di una specifica attività non possa essere ridotto adeguatamente tramite misure tecniche di prevenzione, tramite misure di protezione collettiva o da misure, metodi e procedimenti di riorganizzazione del lavoro, allora è necessario utilizzare specifici DPI (art. 75 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.).
 
La scelta dei DPI deve essere effettuata conformemente al rischio da cui il lavoratore deve essere protetto. Il datore di lavoro, infatti, ha l’obbligo (art. 18) di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale.
 
Considerando le attività prevalenti presenti nell’industria è indubbio che un ruolo fondamentale è svolta dai dispositivi di protezione individuale delle mani e, dove necessario, delle braccia. Infatti, durante le attività lavorative effettuate nell’industria, mani e braccia sono le parti del corpo maggiormente esposte e soggette a potenziali rischi. Questi possono essere di diversa natura e sono racchiudibili nelle seguenti macro categorie:
 
  • rischi meccanici (tagli, graffi, abrasioni, punture, ecc.)
  • rischi termici, 
  • rischi chimici (contatto con prodotti pericolosi),
  • rischi biologici (contatto con microrganismi),
  • rischi elettrici.
 
Chiaramente, per ognuno dei rischi sopra indicati è necessario adottare la tipologia di guanti più adeguata. Questa scelta deve essere il naturale risultato del processo di valutazione dei rischi effettuato in azienda. Infatti, il datore di lavoro, con l’ausilio del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, deve scegliere, i DPI più idonei al rischio da cui proteggere l’operatore e al tipo di intervento previsto.
 
In effetti, la tipologia di guanti intesi come dispositivi di protezione individuale marcati CE ai sensi della Direttiva 89/686/CEE recepita in Italia dal D.Lgs. 475/1992 e s.m.i. è molto ampia e ogni specifica tipologia è utile a proteggere l’operatore da rischi ben definiti. 
Vediamo nel dettaglio le principali tipologie:
 
  • Guanti a manopola: sono adatti per lavori pesanti, che richiedono una grossa presa, intesa anche come capacità di manipolare grossolanamente gli oggetti. Possono essere facilmente sfilati in caso di necessità. Tipicamente sono utilizzati contro il rischio termico, nel momento in cui è necessario manipolare, senza la necessità di avere libertà tra le dita, oggetti ad alta temperatura; possono essere utilizzati anche per evitare lesioni meccaniche durante trasporti o movimentazioni di oggetti con superfici ruvide o spigoli vivi.  Evidentemente a rischi diversi corrispondono guanti a manopola differenti.
  • Guanti a tre dita: sono adatti per lavorazioni che richiedono l’uso delle singole dita, come la saldatura o la molatura.
  • Guanti a cinque dita: sono utilizzati quando è richiesta particolare agilità nelle dita della mano. I materiali in cui sono realizzati devono essere scelti in funzione del rischio da cui è necessario proteggersi: possiamo così avere guanti in fibra antitaglio, guanti in lattice, guanti in pelle, ecc.  Evidentemente, anche in questo caso, un guanto che protegge da rischi biologici non sarà analogo ad un guanto antitaglio. Inoltre, è da considerare come questa tipologia di guanti, in caso di emergenza, sia sfilabile con una certa difficoltà in quanto devono essere, per ragioni operative, abbastanza aderenti alla pelle della mano.
  • Manicotti: si tratta di una manica grossa e corta (arriva fino a poco sopra il gomito), realizzata in materiali differenti (maglia metallica, pelle, polipropilene, ecc.) in funzione del rischio da cui vuole offrire protezione. Sono necessari laddove l’operatore interviene nella zona pericolosa non solo con le mani, ma anche con le braccia.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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La Nuova Norma ISO 9001 : 2015 e la gestione del transitorio
01/04/2015
Nel corso dell’anno 2015 è prevista la pubblicazione della nuova Norma ISO 9001:2015 da parte dell’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO).
La Norma che regola la realizzazione, implementazione e mantenimento di un Sistema di Gestione della Qualità è praticamente immutata dal 2000, anche se l’ultima versione è del 2008, ma ora con la nuova versione 2015 si attendono grandi cambiamenti a vari livelli; la pubblicazione è prevista per il mese di settembre.
 
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel gestire il piano di transizione alla nuova Norma ISO 9001, incorporando le modifiche nel vostro sistema di gestione anche già attuato e certificato.
 
La norma ISO 9001 “Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti” è stata la prima norma pubblicata ad applicazione universale per la realizzazione di un sistema di gestione della qualità di un’organizzazione e per la sua certificazione. La prima pubblicazione della norma risale all’anno 1987, norma poi ripubblicata con successive edizioni nel corso degli anni 1994, 2000 e 2008.
Dal 1987 ad oggi si è modificata la richiesta dei propri clienti circa l’applicazione di tale norma e inoltre i mezzi informatici che aiutano la nostra attività di tutti i giorni, come i software gestionali, adempiono già di per sé ad alcune delle richieste della norma ISO 9001, gestendo così in modo ripercorribile e puntuale aspetti ad esempio correlati a amministrazione, gestione dei fornitori e degli approvvigionamenti, magazzino e relativa fiscalità, gestione dei contatti commerciali, etc. In sostanza quindi ad oggi lavorare in qualità, anche grazie al percorso virtuoso innescato a suo tempo dalla norma ISO 9001, è diventato lo standard per interfacciarsi alla nostra attività lavorativa quotidiana, anche senza essere certificati.
 
Da qui la necessità di rinnovare lo schema della norma dando strumenti nuovi e maggiormente utili alle aziende che vogliono mantenere o approcciarsi per la prima volta a tale schema.
La novità principale introdotta dalla nuova ISO 9001 riguarda la necessità di una valutazione dei rischi correlati alla gestione della qualità come punto di partenza per l’implementazione del sistema. Analogamente a quanto avviene per le altre norme correlate ai temi ambientali e di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, si richiede non solo di individuare i processi aziendali nei quali possiamo scomporre l’azienda, ma di ricercare in questi processi quelli che sono i rischi correlati a falle della gestione della qualità: in questo modo posso fare una valutazione quali-quantitativa ed avere infine un elenco di rischi che posso ordinare per priorità ed agire quindi di conseguenza.
 
Ecco brevemente le altre novità che traspaiono dal draft della norma, pubblicato nel settembre 2013:
 
  • differente struttura di alto livello, applicabile ora a tutti gli standard di sistema di gestione (9001, 14001, 18001);
  • uso dei termini “beni e servizi” al posto del termine “prodotto”;
  • introduzione dell’analisi del contesto e delle aspettative delle parti interessate;
  • enfasi sull’approccio per processi;
  • eliminate le azioni preventive;
  • uso del termine “informazione documentata” anziché “documenti” e “registrazioni”;
  • maggiori precisazioni sul controllo delle forniture esterne di beni e servizi;
  • scompare la figura del Rappresentante della Direzione.
 
Al momento la pubblicazione della nuova norma è previsto per settembre 2015. L’International Accreditation Forum ha pubblicato il documento informativo "Transition Planning Guidance for ISO 9001 : 2015" per supportare tutte le parti interessate (ovvero organizzazioni, enti di certificazione, auditor, consulenti, etc.) nel processo di passaggio alla nuova edizione.
Al momento IAF e ISO hanno definito un periodo transitorio di 3 anni dalla pubblicazione della nuova edizione di norma, ovvero periodo in cui tutte le certificazioni sulla versione 2008 della norma dovranno essere tarate sulla nuova versione. Quanto al momento viene richiesto alle organizzazioni è di creare un piano di transizione, dove si identificano punti, passaggi, tempistiche e responsabilità per arrivare ad allinearsi completamente con la nuova edizione della norma.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Uso scorretto ragionevolmente prevedibile di una macchina
27/03/2015
Secondo quanto richiesto dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE, il Fabbricante di una macchina deve garantire che sia effettuata una valutazione dei rischi esistenti considerando l’uso previsto e l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile della macchina da parte dell’utilizzatore finale. La valutazione dei rischi deve dimostrare la conformità ai requisiti di sicurezza applicabili riportati in Allegato I. Ma cosa si intende per uso scorretto ragionevolmente prevedibile?

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti nel processo di certificazione di una macchina e, in particolare, nello stendere la valutazione dei rischi che possa soddisfare le richieste della Direttiva, anche rispetto all’uso scorretto ragionevolmente prevedibile della macchina.

Prima di immettere sul mercato una macchina, il Fabbricante è tenuto ad effettuare l’intero iter di certificazione che porta alla marcatura CE del prodotto. Uno dei passaggi richiesti consiste nella necessità di redigere una valutazione dei rischi che sia parte del Fascicolo Tecnico della macchina. Questo obbligo è richiamato al punto 1 dell’Allegato I – “principi generali” dove si riporta: “Il Fabbricante deve garantire che sia effettuata una valutazione dei rischi per stabilire i requisiti di sicurezza e di tutela della salute che concernono la macchina. La macchina, inoltre, deve essere progettata e costruita tenendo conto dei risultati della valutazione dei rischi”. Lo scopo della valutazione dei rischi è quello di dimostrare la conformità ai requisiti di sicurezza applicabili della Direttiva Macchine. Sempre in Allegato I, è riportato che, con il processo di valutazione dei rischi il Fabbricante, tra le altre cose, è tenuto a stabilire i limiti della macchina, il che comprende stabilire l’uso previsto e l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile. Questo concetto è stato ripreso dalla norma UNI EN ISO 12100: 2010 che stabilisce i criteri generali di valutazione dei rischi.

Per uso previsto si intende l’uso della macchina in conformità alle informazioni fornite nelle istruzioni per l’uso; uso previsto è anche quello che deriva dal normale uso del tipo di macchina considerata (un trapano, per esempio, viene utilizzato per forare ed esclusivamente per quello scopo). Analogamente, per macchine complesse, è quello ricavabile da pubblicazioni promozionali, depliant, ecc. In generale, comunque, l’uso previsto non si deve limitare alla fase strettamente di uso, ma deve coprire tutte le fasi di vita della macchina. Resta dunque un obbligo del Fabbricante non solo considerare l’uso previsto nel processo di valutazione dei rischi, ma evidenziarlo chiaramente in tutta la documentazione a supporto della macchina, partendo dalle istruzioni per l’uso.

E’ bene sottolineare un aspetto: la macchina viene progettata e costruita dal Fabbricante per svolgere specifiche funzioni nel rispetto dei limiti (come definiti dalla norma UNI EN ISO 12100: 2010) e dell’uso previsto come indicato nelle istruzioni per l’uso. Solo in queste condizioni è garantita la conformità della macchina ai requisiti essenziali di sicurezza e, dunque, la sua sicurezza (tornando all’esempio del trapano, non è garantita la sicurezza della macchina qualora si faccia un’attività diversa dal forare o si lavorino materiali diversi da quelli previsti e indicati nelle istruzioni).

L’uso scorretto di una macchina è un utilizzo della stessa secondo una modalità non prevista dal progettista della macchina (e dunque, non indicata nelle istruzioni per l’uso). Questa situazione si verifica allorché l’utilizzatore abbia particolari esigenze non contemplate dall’uso previsto e le cui caratteristiche non vengano adeguatamente valutate e comunicate dal costruttore; una tal situazione comporta possibili situazioni di rischio e un comportamento anomalo della macchina.

Nella valutazione dei rischi, il Fabbricante è comunque tenuto a considerare quell’uso scorretto che risulti facilmente prevedibile, vale a dire che derivi da un comportamento umano facilmente prevedibile. Il Fabbricante, in quanto progettista e costruttore della macchina, è tenuto a conoscere tutte le modalità di interfacciamento (corrette o meno) dell’operatore con la macchina. Questo può derivare da una specifica valutazione durante la progettazione oppure più semplicemente dalla analisi del comportamento medio degli operatori su macchine simili.

Alcuni esempi di comportamenti umani scorretti, ma facilmente prevedibili da parte del Fabbricante che portano ad un utilizzo scorretto della macchina sono:

  • manomissione dei dispositivi di protezione (per esempio, microinterruttori di sicurezza sui ripari mobili interbloccati), con il solo scopo di aumentare la produttività della macchina o semplificare le modalità di interfacciamento dell’operatore con la macchina;
  • manomissione del circuito elettrico e/o di comando;
  • perdita di controllo della macchina da parte dell’operatore (in particolare per le macchine mobili o a funzionamento manuale);
  • reazione istintiva di una persona, in caso di guasto o malfunzionamento della macchina;
  • comportamento derivante da mancanza di concentrazione.

Il Fabbricante, nella valutazione dei rischi, deve analizzare queste situazioni in cui si potrebbero presentare usi scorretti, ma ragionevolmente prevedibili, della macchina: le scelte progettuali devono sempre essere tali da soddisfare i requisiti della Direttiva Macchine e tali da rendere utilizzabile in sicurezza la macchina, garantendo la massima produttività possibile all’utilizzatore finale. A tal riguardo l’adozione delle soluzioni proposte dalle norme tecniche di riferimento, permette di ridurre la possibilità di uso scorretto da parte dell’utilizzatore. Per esempio, la norma UNI EN ISO 14119: 2013 fornisce indicazioni progettuali da adottare per evitare fenomeni di elusione dei microinterruttori di sicurezza sui ripari mobili.

Concludendo, possiamo dunque affermare che, insieme alle corrette scelte progettuali basate sulle norme tecniche armonizzate, l’indicazione nelle istruzioni per l’uso, in maniera chiara, di qual è l’uso previsto della macchina, quali materiali può lavorare, quale posizione deve occupare l’operatore durante la lavorazione, ecc. tutela il Fabbricante e lo stesso utilizzatore rispetto a quello che potrebbe essere un uso “improprio” e dunque scorretto della macchina stessa.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Nuovo Regolamento sui dispositivi di protezione individuale (DPI)
17/03/2015
A breve la Commissione Europea pubblicherà un nuovo Regolamento inerente i Dispositivi di Protezione Individuale che andrà a sostituire l’attuale Direttiva 89/686/CEE. A riguardo vi saranno una serie di importanti cambiamenti relativamente ai DPI oggetto della normativa, adeguando, nel contempo, il testo al nuovo quadro normativo europeo.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti di DPI nel conformarsi alle indicazioni presenti nel nuovo Regolamento e i Datori di Lavoro nella scelta dei DPI idonei alle mansioni lavorative presenti nel proprio ambiente di lavoro, al fine di conformarsi alle richieste del Titolo III del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
La direttiva 89/686/CEE sui dispositivi di protezione individuale (DPI) è stata adottata il 21 dicembre 1989 ed è pienamente applicabile dal 1º luglio 1995. Essa è stata tra le prime direttive a essere formulata secondo il Nuovo Approccio e disciplina la messa in circolazione nell’UE di dispositivi di protezione individuale (scarpe di sicurezza, indumenti di protezione, occhiali di protezione, tappi auricolari, ecc.). Questa direttiva, in definitiva, consente la libera circolazione in Europa dei DPI che rientrano nel suo campo di applicazione, garantendo al contempo un elevato livello di protezione degli utilizzatori.
 
Come per le altre direttive Nuovo Approccio, la direttiva sui DPI stabilisce i requisiti essenziali cui devono conformarsi i DPI prima di essere messi a disposizione sul mercato dell'UE. I fabbricanti devono apporre la marcatura CE sul prodotto e fornire agli utilizzatori istruzioni per l'uso, la pulizia, la conservazione, la manutenzione e la disinfezione dei DPI.
 
Nelle intenzioni della Commissione Europea vi è l’idea di sostituire questa direttiva ancora vigente con un Regolamento di prossima pubblicazione. Gli obiettivi generali di questa iniziativa sono: proteggere meglio la salute e la sicurezza degli utilizzatori dei DPI, garantire condizioni di concorrenza eque per gli operatori economici del settore nel mercato interno e semplificare il contesto regolamentare europeo in materia di DPI. Il nuovo Regolamento vuole modificare e chiarire alcune delle disposizioni della direttiva esistente e allinearle alle disposizioni della decisione n. 768/2008/CE relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti.
 
La nuova forma giuridica scelta (Regolamento al posto di una Direttiva) che fa sì che il documento, una volta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, abbia una immediata validità in tutti gli Stati membri senza necessità di recepimento. L’aspetto sicuramente più importante che sarà oggetto di aggiornamento è il campo di applicazione del Regolamento: saranno inclusi anche i DPI contro umidità, acqua e calore (per esempio, i guanti da forno) per uso privato (gli stessi prodotti, per uso commerciale, erano già compresi). Un’altra importante novità è rappresentata dalla formulazione di definizioni e dalle nuove procedure di valutazione della conformità per i DPI su misura (identificati come “DPI fatti su misura”) e per i DPI sottoposti ad adeguamenti individuali (“DPI adattati singolarmente”). L'elenco dei prodotti oggetto della procedura di valutazione della conformità più severa è stato rivisto allo scopo di eliminare le incongruenze.
 
Il nuovo Regolamento contiene le disposizioni tipiche della normativa di armonizzazione dell'Unione relativa ai prodotti e stabilisce gli obblighi degli operatori economici interessati (fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori e distributori), conformemente alla decisione n. 768/2008/CE relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti. Il Regolamento CE obbliga i fabbricanti di DPI a redigere una documentazione tecnica e a garantire che i DPI siano accompagnati da una copia della dichiarazione di conformità UE o da una dichiarazione di conformità UE semplificata (con poche fondamentali informazioni e con il rimando a una pagina Internet dove è possibile visionare la dichiarazione di conformità completa). In questo senso il Regolamento inerente i DPI si allinea alle direttive europee di ultima pubblicazione in cui le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti sono chiaramente evidenziate.
 
La proposta semplifica la definizione delle categorie di DPI: la categoria dipende esclusivamente dal rischio da cui il DPI vuole proteggere. I rischi che rientrano in ciascuna categoria sono indicati nell'allegato I. I DPI fatti su misura sono definiti sempre come categoria II. Le procedure di valutazione della conformità da seguire, come riportate dal Regolamento, dipendono dalla categoria di DPI.
 
La nuova normativa modifica la categoria di alcuni tipi di DPI rispetto alla direttiva 89/686/CEE. I DPI destinati a proteggere l'utilizzatore dall'annegamento, dai tagli da seghe a catena portatili, dai tagli da getti d'acqua ad alta pressione, dalle ferite da proiettile o da coltello e dal rumore nocivo sono elencati nella categoria III e sono dunque oggetto della procedura di valutazione di conformità più severa. Per quanto invece riguarda le procedure di valutazione della conformità, esse rimangono inalterate rispetto alla attuale direttiva 89/686/CEE.
 
Il nuovo Regolamento sarà applicabile due anni dopo la sua entrata in vigore al fine di dar tempo a fabbricanti, organismi notificati e Stati membri di adeguarsi alle nuove prescrizioni. Sono previste disposizioni transitorie per i prodotti fabbricati e i certificati rilasciati dagli organismi notificati a norma della direttiva 89/686/CEE, in modo da consentire l’esaurimento delle scorte e agevolare il passaggio alle disposizioni del nuovo Regolamento.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Parti del sistema di comando legate alla sicurezza: una nuova norma supererà a breve le attuali EN ISO 13849 e IEC 62061
09/03/2015
Due importanti norme inerenti la progettazione delle parti del sistema di comando legate alla sicurezza, EN ISO 13849 e IEC 62061, a breve saranno accorpate. Cosa significa questo per i costruttori di macchine? A riguardo è da considerare come la Direttiva Macchine 2006/42/CE definisca i requisiti che deve rispettare il sistema di comando della macchina in modo da evitare l’insorgere di situazioni pericolose. La conoscenza di tali norme tecniche è dunque fondamentale.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti di macchine e impianti nell’analisi delle normative inerenti la progettazione delle parti dei sistemi di comando, anche legate alla sicurezza e quindi di realizzare la conseguente valutazione dei rischi necessaria a dimostrare la conformità del progetto alle richieste della Direttiva.

Il fabbricante della macchina ha l’obbligo di realizzare una valutazione dei rischi con lo scopo di dimostrare la conformità della propria macchina ai requisiti essenziali della Direttiva Macchine 2006/42/CE. Tale valutazione dei rischi deve coprire anche le scelte progettuali legate all’equipaggiamento del sistema di comando della macchina, in particolare per quanto attiene a quelle parti del sistema di comando legate alla sicurezza. Infatti, il requisito 1.2.1 dell’Allegato I –“Sicurezza ed affidabilità dei sistemi di comando”-, definisce i requisiti che deve rispettare il sistema di comando della macchina al fine di evitare l’insorgenza di situazioni pericolose. A riguardo, è da ricordare che la sicurezza della macchina deriva anche dalla idonea progettazione del sistema di comando legato alle funzioni di sicurezza della macchina (avvio, arresto, arresto di emergenza, ecc.). Pertanto, una progettazione dei sistemi di comando della macchina che non sia conforme a quanto richiede la direttiva, potrebbe comportare il verificarsi di una serie di situazioni di pericolo “indirette”, dovute proprio ad un guasto e/o cattivo funzionamento di tali sistemi di comando.

Oggigiorno, per conformarsi a quanto richiesto dalla Direttiva Macchine a riguardo è possibile riferirsi a due distinte norme tecniche: EN ISO 13849 e IEC 62061. Le due norme, pur con le loro differenze, forniscono un criterio per la scelta dei componenti e la progettazione delle parti del sistema di comando legate alle sicurezza. Tutti i componenti del sistema di comando sono soggetti a guasti e/o rotture, pertanto è impensabile immaginare di progettare un sistema di comando che non vada mai a guasto. E’ ragionevole però pensare di poter selezionare le parti del sistema di comando legate alla sicurezza in modo tale da realizzare un sistema che sia sufficientemente sicuro e affidabile rispetto alle situazioni pericolose da cui è necessario proteggere l’operatore, come evidenziate dalla valutazione dei rischi. Quindi, per ogni funzione di sicurezza individuata, se secondo la norma EN ISO 13849 si parla di garantire un definito livello di affidabilità (Perfomance Level), secondo la norma IEC 62061 si parla di confermare un definito livello di integrità della sicurezza (SIL). In particolare, la norma IEC 62061 è specificatamente scritta per garantire la sicurezza funzionale dei sistemi elettrici / elettronici / elettronici programmabili relativi alla sicurezza.

Di fatto, le due norme, pur con strade differenti, portano spesso allo stesso risultato, sebbene con esiti differenti. Al fine di semplificare il processo di analisi, le due norme saranno a breve unificate in una nuova norma, IEC/ISO 17305 entro il 2016. Anche se l’adozione è fissata per il 2016, sono previsti due anni di transizione, fino al 2018, e gli organismi normativi potrebbero necessitare di altro tempo per definire nei dettagli la norma IEC/ISO 17305. La data di entrata in vigore, dunque, è al momento ancora in via di definizione.

La metodologia di base e i requisiti essenziali introdotti nelle norme EN ISO 13849 e IEC 62061 dovrebbero restare inalterati. L’idea che sta alla base della unificazione di tali norme è quello di creare un’unica norma di più facile utilizzo eliminando alcune criticità identificate durante gli anni di utilizzo delle due norme attuali. Un ulteriore motivo che porta alla necessità di effettuare questa fusione è quello di garantire una migliore circolazione delle merci a livello mondiale. Come già successo per la norma ISO 12100 inerente i principi generali per la progettazione, analisi e valutazione dei rischi, la realizzazione di una norma considerata lo stato dell’arte in buona parte del mondo è fondamentale per garantire la circolazione dei prodotti.

In tutto il mondo, un sempre maggior numero di Paesi sta adottando le norme ISO e IEC come norme nazionali. Le differenti norme di riferimento (per esempio, UL, ANSI, EN, GB) forniscono indicazioni tecniche e criteri di progettazione che complicano l’attività di esportatori e importatori in quanto sono norme che si applicano in specifici continenti o addirittura singoli paesi. Tuttavia queste norme sono spesso simili alle norme ISO e IEC. Pertanto, la definizione di un’unica norma che specifichi i criteri di progettazione delle parti del sistema di comando legate alla sicurezza garantirà uniformità in tutto il mondo per quanto attiene a questi aspetti di progettazione.

Fino alla data di entrata in vigore della nuova norma IEC/ISO 17305 è, dunque, necessario applicare le norme EN ISO 13849 e IEC 62061. Le aziende che già conoscono e applicano al proprio processo di progettazione queste due norme non avranno molto probabilmente problemi con la nuova norma unificata.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Il report di sostenibilità
02/03/2015
Negli ultimi anni è in continuo aumento la richiesta di strumenti che permettano alle aziende di comunicare il proprio impegno verso le tematiche ambientali.
Le aziende infatti, trainate dalle grandi di ogni settore, stanno investendo in politiche di sostenibilità e di risparmio energetico tramite disparate tipologie di approccio, sia di carattere tecnologico che gestionale.
Quello che spesso manca in questo processo virtuoso, in particolare per le piccole e medie aziende, è la capacità di comunicare a clienti, fornitori e al pubblico in generale quanto di bene fatto per la tutela dell’ambiente e nella riduzione dei consumi di risorse, in modo semplice e comprensibile, senza dare informazioni errate o fuorvianti.
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel comunicare ai tuoi portatori di interesse l’impegno ambientale messo in campo e i miglioramenti tecnici e gestionali adottati, tramite i protocolli internazionali realizzati nell’ambito del Global Reporting Initiative.
 
Gli strumenti per comunicare all’esterno l’impegno ambientale della propria azienda sono molteplici.
Metodi noti riguardano ad esempio la certificazione di prodotto, ovvero ottenere un’etichetta ambientale da affiggere sul proprio prodotto. Le etichette di prodotto possono essere correlate a differenti schemi di certificazione, che richiedono studi più o meno dettagliati a supporto. Il problema di queste etichette è che sono rilasciate da enti terzi, e quindi richiedono, oltre alle spese per l’esecuzione dello studio tecnico, costi per l’ottenimento e il mantenimento della certificazione. Inoltre si riferiscono al solo prodotto in esame e non all’intera azienda e quindi difficilmente si riesce a far percepire come l’intera catena produttiva si stia muovendo verso un maggiore rispetto dell’ambiente.
Altri metodi scientifici come il Life Cycle Assessment o la Diagnosi Energetica invece hanno altri limiti, quali il livello di comprensione dei loro risultati. Sono infatti metodologie scientifiche con un elevato grado di affidabilità, ma di complicata interpretazione: i risultati sono difficilmente leggibili da parte di un non addetto ai lavori.
 
Prendono quindi piede strumenti di reporting ambientale volontari semplificati, che permettono a tutte le aziende, tramite una figura esperta nel settore, di dimostrare in modo comprensibile a tutti l’impegno verso le tematiche ambientali, trasformando così investimenti svolti in azienda, anche allo scopo di un risparmio economico diretto, in uno strumento di marketing veritiero ed efficace.
 
Nasce in questo contesto il Global Reporting Initiative (GRI), ente non-profit nato con il fine di creare un supporto utile alla rendicontazione della performance sostenibile di organizzazioni e aziende di qualunque dimensione, appartenenti a qualsiasi settore e Paese del mondo.
Il GRI ha emanato nel tempo differenti linee guida che permettono di calcolare e rendicontare in modo ripercorribile e trasparente l’impatto ambientale della propria azienda, nonché aspetti correlati all’ambito sociale ed economico e alle condizioni di lavoro. In sostanza forniscono una metodologia scientifica semplificata ed uno schema di report da applicare alla propria azienda, strumenti che, supportati da dati aventi una qualità definita, permettono di esprimere lo stato ambientale della nostra azienda in modo completo, con informazioni chiare e ripercorribili.
Questa metodologia ha numerosi vantaggi, primo tra tutti l’internazionalizzazione dei risultati proposti: le aziende utilizzano in ogni parte del mondo la stessa metodologia per riportare il proprio bilancio ambientale.
Il secondo vantaggio sta nella visione di insieme che ci offre tale strumento. All’interno di tale report infatti possono emergere tutti gli interventi di miglioramento ambientale che la nostra azienda ha implementato nel tempo, appartenenti alle più disparate tipologie: introduzione di tecnologie più efficienti, minore utilizzo di risorse, utilizzo di fonti alternative, ottenimento di etichettature ambientali, studi di LCA, Sistemi di Gestione Ambientale e dell’Energia, attività di compensazione, aspetti sociali, etc.
Lo schema molto libero lasciato a tale reportistica permette poi di effettuare ad esempio dei confronti tra vecchia tecnologia e nuova tecnologia, permettendo di dimostrare i progressi fatti dalla propria azienda e dando anche un significato ed un valore aggiuntivo agli investimenti fatti. Inoltre è possibile presentare propri dati ambientali confrontandoli con grandezze note o di pubblico interesse, in modo da avere subito visibile la proporzione di quanto è grande il contributo fornito.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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LAUNCH OF CHINA CARBON MARKET RESEARCH REPORT 2015
19/02/2015
The Environomist China Carbon Market Research Report 2015 was launched at the United Nations Development Programme (UNDP) compound.
 
The report has thoroughly examined all official documents published in 2014 at both the central and local government level. In addition, a nation-wide market survey has been conducted to collect first-hand data from China’s Emission Trading Scheme regulated entities and financial institutions on their level of capacity and expectations for the scheme.
 
While the European Union (EU) ETS remains the world’s largest policy instrument for carbon emission control, China has the potential to become the world’s largest in the future. Currently with most of China’s seven designated ETS pilots in operation as of 2014 in Guangzhou, Hubei, Shanghai, Tianjin, Shenzhen, Beijing, and Chongqing, China has the second largest carbon market in the world.  It will almost certainly be the largest when China launches its national ETS in 2016.  The total number of installations – in just these seven pilots, is almost double the number in single countries such as the UK for the mandatory EU scheme.
 
Hannah Ryder, Head of Policy and Partnerships Group in UNDP China said “China’s successful implementation of a national ETS will be game-changing for the world, both in providing a market-based solution to climate change, but also in providing a model that other developing countries can follow”.
 
The report describes lessons learnt to date from China’s experience in implementing the ETS in the seven pilots across China. Richard Mao, Team Leader of Working Group, described the report’s findings and the ETS’s potential to achieve real emissions reduction. The 2nd in an annual series, this report analysed market survey results, the roles of financial institutions and the carbon risks of financial institutions.
 
Zhang Xin, Deputy Director of the CDM Management Center at National Center for Climate Change Strategy and International Cooperation, remarked “2014 and 2015 are critical years for development of the National ETS” and pointed out the challenges.
 
 
[A cura di: ing. Massimo Granchi]


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Nuovi obblighi per le aziende e nuove opportunita' nel campo delle diagnosi energetiche e sistemi di gestione della energia
10/02/2015
Nel corso del mese di luglio 2014 è stata recepita la Direttiva Europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica. Il Decreto italiano di recepimento, D.Lgs. 102/2014, propone un esteso quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell’efficienza energetica. Tale Decreto si propone come una vera e propria linea di indirizzo a medio termine per la gestione politica e pratica dell’energia, coinvolgendo privati, enti pubblici, aziende e gestori di reti e servizi con l’obiettivo ultimo del risparmio energetico a livello nazionale.
 
Se da una parte il Decreto mira a gestire in modo più efficiente e lungimirante reti energetiche, acquisti di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni territoriali e incentivi ai privati nell’ottica della riqualificazione energetica e del conto energia, dall’altra impone nuovi obblighi, parte dei quali insistono su alcune tipologie di aziende produttive, in particolare riguardo all’esecuzione di diagnosi energetiche.
 
MTM Consulting può effettuare diagnosi energetiche per la tua azienda ed aiutarti a rispettare gli imminenti obblighi dettati dal D.Lgs. 102/2014.
 
L'obiettivo di risparmio energetico a cui le misure del D.Lgs. 102/2014 vogliono portare, consiste nella riduzione entro l'anno 2020 in 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio dei consumi di energia primaria, pari a 15,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio di energia finale, conteggiati sulla base dei consumi rilevati nell’anno 2010.
Per raggiungere tale obiettivo il Decreto impone e regola ambiti che in maniera trasversale toccano tantissimi attori presenti sul territorio nazionale. Parte delle novità introdotte riguarda anche le aziende produttive, le quali vengono investite di nuovi obblighi.
 
Il principale obbligo imposto riguarda l’effettuazione di una diagnosi energetica relativa alle proprie unità produttive ubicate sul territorio italiano, da effettuarsi entro e non oltre il 5 dicembre 2015, da ripetere e aggiornare con cadenza quadriennale.
 
Tale diagnosi energetica è obbligatoria per quelle che il Decreto definisce come grandi imprese: “impresa che occupa più di 250 persone, il cui fatturato annuo supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuo supera i 43 milioni di euro”, mentre resta volontaria per le altre imprese. La mancata diagnosi è inoltre un obbligo sanzionato dal Decreto, tramite una sanzione di tipo amministrativo fino ad un massimo pari a 40.000 €.
 
Il Decreto offre poi la possibilità di adempiere a questo obbligo tramite l’adozione di un Sistema di Gestione dell’Energia secondo la norma ISO 50001, a patto che il Sistema stesso comprenda una diagnosi energetica con le caratteristiche indicate nel Decreto.
La diagnosi energetica consiste di varie parti:
 
  • un’indagine dello stato di fatto relativo ai consumi energetici aziendali di ogni natura, comprendente quantomeno un periodo temporale pari agli ultimi tre anni di attività dell’azienda;
  • un’analisi delle caratteristiche energetiche e di efficienza di edifici, processi produttivi, impianti, sistemi di trasporto;
  • le modalità di gestione aziendale e il tipo di controllo in atto in merito a tali aspetti;
  • proposte di interventi di miglioramento (sia tecnici che gestionali), valutati sulla base dell’efficacia e anche in termini economici nell’intero ciclo di vita dell’intervento stesso.
 
Il Decreto poi indica la necessità, per le sole aziende maggiormente energivore, di attuare gli interventi di riduzione emersi nel corso della diagnosi energetica tramite la realizzazione di un piano di intervento a medio termine o tramite l’adozione di un Sistema di Gestione dell’Energia secondo la norma ISO 50001. Per le altre aziende è unicamente obbligatorio monitorare nel tempo i parametri sui quali la diagnosi energetica si basa, avendo però a disposizione uno strumento per valutare investimenti in materia di ammodernamento del proprio sistema di consumo energetico, correlati a benefici a livello ambientale quantificati.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Direttiva 2014/34/UE, la nuova Atex di prodotto
07/01/2015
Sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea, è stata pubblicata la nuova Direttiva Atex 2014/34/UE. Questa Direttiva è inerente i prodotti (apparecchi e sistemi di protezione) destinati ad essere installati all’interno di un’atmosfera potenzialmente esplosiva, come definita in accordo alla Direttiva Atex 1999/92/CE. Di fatto, si tratta di un aggiornamento della Direttiva Atex di prodotto, mentre la cosiddetta Atex sociale resta invariata.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti nell’individuare gli apparecchi e i sistemi di protezione che sono oggetto della Direttiva Atex e quindi di seguirli nel processo di certificazione che porta alla marcatura CE del prodotto prima della immissione sul mercato. Allo stesso modo, è in grado di affiancare importatori o distributori che dovessero trovarsi nella condizione di valutare la conformità del prodotto prima di importarlo o di distribuirlo nel territorio della UE.

La nuova Direttiva Atex 2014/34/UE definisce i criteri di progettazione e realizzazione dei prodotti destinati ad essere utilizzati all’interno di un’atmosfera potenzialmente esplosiva.

Per atmosfera potenzialmente esplosiva si intende una miscela di gas e aria o di polveri e aria che, in determinate condizioni, potrebbe essere all’origine di fenomeni esplosivi laddove vi sia una potenziale sorgente di innesco. Le realtà aziendali che, a seguito della attività svolta, si trovano a dover gestire una atmosfera potenzialmente esplosiva sono molte e diversamente variegate: per esempio, si passa dalle aziende cosmetiche, farmaceutiche o di imbottigliamento, per quanto riguarda la presenza di gas potenzialmente esplosivi, fino alle aziende alimentari o di verniciatura, per la presenza di polveri pericolose dal punto di vista del rischio esplosione. In queste realtà è compito del Datore di Lavoro affrontare il pericolo esplosione all’interno della valutazione dei rischi aziendale in quanto parte degli obblighi a lui soggetti: il rischio esplosione è infatti oggetto del Titolo XI del D:Lgs. 81/2008 e, come tale, deve essere considerato nella valutazione dei rischi. La classificazione dei luoghi rispetto al rischio esplosione deve essere effettuato in accordo a quanto richiesto dalla Direttiva 1999/92/CE, nota come Atex sociale. Tale Direttiva è ancora attualmente vigente. Le attrezzature di lavoro (macchine, impianti, quadri elettrici, ecc.) che il datore di lavoro installa e/o usa in ambienti classificati come potenzialmente esplosivi, devono essere marcate rispetto alla Direttiva Atex di prodotto, attualmente la Direttiva 94/9/CE, che sarà sostituita a breve integralmente dalla nuova Direttiva 2014/34/UE.

Pertanto, Il dover garantire la sicurezza del prodotto rispetto al rischio esplosione è un qualcosa che spetta anzitutto al Fabbricante, che deve correttamente certificare il prodotto rispetto a quanto richiesto dalla Direttiva 2014/34/UE e in seconda battuta al Datore di Lavoro, che deve scegliere l’attrezzatura di lavoro con certificazione Atex di prodotto idonea all’ambiente potenzialmente esplosivo in cui essa sarà installata. è bene sottolineare, che la procedura di valutazione della conformità che il Fabbricante di un prodotto oggetto della Direttiva 2014/34/UE è tenuto ad adottare cambia a seconda del gruppo in cui rientra quel prodotto e della categoria di protezione correlata alla pericolosità dell’ambiente potenzialmente esplosivo in cui quel prodotto deve essere utilizzato. Dal punto di vista tecnico, la suddivisione degli apparecchi in gruppi e in categorie è del tutto analoga a quella presente nella attuale Direttiva 94/9/CE. Stesso discorso vale per le diverse procedure di certificazioni previste e per i requisiti essenziali di sicurezza. Pertanto, a livello puramente tecnico, non vi sono sostanziali aggiornamenti con la nuova Direttiva 2014/34/UE. Quello che è cambiato è una rivisitazione di tutti gli attori della filiera del prodotto, in particolare per quanto riguarda rappresentante autorizzato, importatore e distributore. Gli obblighi esistenti per queste figure, così come quelli che vertono anche sul Fabbricante, sono applicabili già attualmente secondo la nuova Direttiva 2014/34/UE. Invece, le indicazioni puramente tecniche (come le principali definizioni, la classificazione degli apparecchi e i requisiti essenziali di sicurezza) saranno applicabili solo a partire dal 20 aprile 2016 e, per questi aspetti, resta in vigore l’attuale Direttiva 94/9/CE. Di fatto, le due direttive fino a questa data vivranno in parallelo.

Le figure sopra indicate sono state oggetto di riorganizzazione in tutte le direttive di prodotto di ultima pubblicazione in modo che queste ultime fossero correttamente allineate tra loro. Vediamo specificatamente cosa richiede questo nuovo allineamento per le diverse figure coinvolte.

Il rappresentante autorizzato può ricevere mandato scritto da parte del Fabbricante per conservare la documentazione tecnica di progetto e interfacciarsi con le Autorità nazionali di sorveglianza del mercato, tuttavia non può ricevere mandato per garantire la conformità del prodotto ai requisiti di sicurezza della Direttiva né per realizzare la documentazione tecnica che spettano sempre e comunque al Fabbricante. 

Importatore e Distributore, parimenti, sono tenuti a verificare, prima di immettere il prodotto sul mercato della UE, che il Fabbricante abbia seguito l’appropriata procedura di valutazione della conformità, rispetto al gruppo e alla categoria di protezione del prodotto. Inoltre devono verificare la correttezza delle informazioni riportate sulle istruzioni, sulla dichiarazione CE e sulla targa di identificazione CE e sono tenuti immediatamente a informare le corrispondenti autorità nazionali di sorveglianza del mercato qualora riscontrassero anomalie o non conformità inerenti al prodotto che hanno importato e/o distribuito sul territorio della UE. Specifico impegno dell’importatore, in ultimo, è quello di indicare sul prodotto il nome, la denominazione commerciale registrata o il marchio registrato e l’indirizzo postale a cui possono essere contattati.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Le responsabilita' nello acquisto e utilizzo di una macchina non sicura
23/12/2014
L’acquisto di un nuovo macchinario industriale comporta ingenti spese per l’azienda che l’affronta; la garanzia quindi delle migliori prestazioni in termini di salute e sicurezza è solitamente una caratteristica intrinseca che il Datore di Lavoro si aspetta.
Ma cosa succede quando il nuovo macchinario non si presenta alla prova dei fatti sicuro, violando alcuni requisiti della Direttiva Macchine? Su chi ricadono le responsabilità e di quale tipo?
 
MTM Consulting può supportare la tua azienda, sia essa fabbricante di macchinari o utilizzatrice, nell’affrontare controversie legali di tal tipo con perizie tecniche dedicate.
 
L’acquisto di un nuovo macchinario industriale e le relative implicazioni di sicurezza sono normati su due fronti: il lato fabbricante ed il lato utilizzatore.
Il Datore di Lavoro utilizzatore è obbligato dal Testo Unico ad acquistare un macchinario rispondente alle norme vigenti e quindi alla Direttiva Macchine, ovvero Marcato CE; il fabbricante dal suo canto è obbligato dalla Direttiva Macchine a immettere sul mercato solo macchinari rispondenti alla Direttiva e Marcati CE.
La Marcatura CE è però nella maggior parte dei casi una autodichiarazione e quindi un fabbricante non attento potrebbe, assumendosene la responsabilità, immettere sul mercato macchine non rispondenti a tutti i Requisiti Essenziali di Sicurezza (RES) della Direttiva.
La Direttiva Macchine, nel suo recepimento italiano D.Lgs. 17/2010 non presenta sanzioni di tipo penale, ma solo amministrativo vertenti sulla ragione sociale. In caso si riscontri che una macchina non soddisfi tutti i RES della Direttiva, la Direttiva stessa sanziona l’azienda a pagare un ammenda pecuniaria e a ritirare dal mercato o ad adeguare tutte le macchine di tal tipo messe in servizio. Se quindi la sanzione in se può non essere molto elevata, la sistemazione a proprio carico del parco macchine in servizio può diventare molto onerosa per l’azienda, sicuramente in termini economici e anche di immagine.
 
Dal lato Datore di Lavoro invece è necessario specificare che di solito un ente di vigilanza si accorge di una macchina non sicura in caso di infortunio; in questo caso anche il Datore di Lavoro utilizzatore può venire coinvolto con sanzioni specifiche, dettate non dalla Direttiva, ma da vari articoli del Testo Unico e tramite il procedimento con sanzione amministrativa ex D.Lgs. 758/94. Il Testo Unico infatti impone al Datore di Lavoro di mettere a disposizione dei propri addetti macchine sicure, acquistando macchinari Marcati CE, ma anche verificando, tramite l’Allegato VI, l’assenza di evidenti non conformità sulla macchina, effettuando un collaudo della stessa prima della messa in produzione e utilizzandola in conformità alle indicazioni del fabbricante.
Il Testo Unico poi pone anche specifiche sanzioni sul fabbricante che mette in servizio macchine non sicure o non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tramite l’articolo 23 Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori, la cui violazione porta a sanzioni di arresto da quattro a otto mesi o ammenda da 15.000 a 45.000 euro.
 
La sicurezza del macchinario è quindi tutelata su più fronti normativi nei quali è difficoltoso muoversi vista la varietà delle situazioni che è possibile riscontrare e in caso di controversia legale può essere utile richiedere una perizia specifica sia da parte del fabbricante che dell’utilizzatore, per valutare e affrontare aspetti che possono non essere stati correttamente considerati dagli attori in causa.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Luoghi confinati e gestione del rischio
23/12/2014
Un significativo numero di gravi infortuni sul lavoro si verifica in luoghi confinati in cui sono presenti, o si formano accidentalmente, atmosfere pericolose: asfissianti, tossiche, infiammabili o esplosive.
Il Testo Unico, unito all’introduzione del DPR 177/2011, ha voluto sottolineare l’importanza e la gravità dei relativi aspetti operativi dedicando un articolo specifico a questa problematica, che implica numerose responsabilità, anche e in particolare quando si appaltano attività da svolgersi all’interno di tali ambienti presenti nella propria azienda.
MTM Consulting può supportare la tua azienda nel verificare la presenza di tali ambienti e nell’esaminare gli obblighi del Datore di Lavoro nel caso vi si svolgano delle attività anche saltuarie tramite propri addetti o tramite lavoratori in appalto.
 
Ai fini della legge per “ambiente confinato” si intende uno spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un incidente importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (ad esempio, gas, vapori, polveri).
Alcuni ambienti confinati sono facilmente identificabili come tali. Fra di essi si possono citare sicuramente serbatoi di stoccaggio, silos, fogne, fosse biologiche.
Altri ambienti ad un primo esame superficiale potrebbero non apparire come confinati. In particolari circostanze però, in funzione del tipo di attività che vi si può condurre o ad altri fattori ambientali, essi possono invece configurarsi come tali e rivelarsi altrettanto insidiosi. É il caso ad esempio di ambienti con aperture di accesso in alto, vasche, canalizzazioni varie o cavedii, camere non ventilate o scarsamente ventilate.
Il Datore di Lavoro deve quindi, nel corso della valutazione dei rischi aziendali, individuare tutti quegli ambienti che si presentano come confinati, o che potrebbero diventarlo in funzione delle attività da svolgervi.
Da tenere in particolare riguardo sono le disposizioni del DPR 177/2011, in caso di affidamento da parte del Datore di Lavoro di attività in tali ambienti ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda.
Vi sono infatti degli obblighi che per il Datore di lavoro committente si aggiungono a quelli previsti dall’articolo 26 del Testo Unico in merito a contratti d’appalto e rischi da interferenza.
Ad esempio alla verifica della idoneità tecnico professionale si va ad aggiungere la valutazione della qualificazione degli Operatori della ditta appaltatrice proprio secondo lo specifico DPR 177/2011: integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze, integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30%, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Il Datore di Lavoro appaltante è quindi responsabile della mancata verifica dell’idoneità a svolgere lavori in ambienti confinati.
Inoltre è necessario gestire le attività tramite un rappresentante dedicato a sorvegliare le lavorazioni e fornire la formazione specifica in materia. Il rappresentante del Datore di Lavoro committente deve: conoscere i rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, vigilare sulle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice e limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni, con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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CHINA RELEASES BASIC RULES FOR THE NATIONWIDE EMISSIONS TRADING SCHEME
19/12/2014
China’s top economic planning agency has released basic rules for a nationwide emissions trading scheme, expected to be launched in 2016.
 
The regulations published by the National Development and Reform Commission (NDRC) make formal China’s plans to launch an emissions trading scheme, set to be the world’s biggest.
 
China, the world’s largest emitter of climate-changing greenhouse gases, aims to use the market as a key tool to halt the growth of its emissions by the end of next decade.
 
The final version of the scheme rules omitted specifics about the level of penalty that will be handed out to companies missing their targets under the programme. An October draft had proposed a fine of 300 yuan ($48.50) for each tonne of carbon dioxide (CO2) emitters fail to surrender permits for.
 
But observers warned against reading too much into the omission. “This regulation is very general. There will be more detailed rules released later,” said Wang Yao, director of the Research Centre for Climate and Energy Finance at the Central University of Finance and Economics.
 
According to the rules, which will come into effect in January, the NDRC will draw up limits on CO2 emissions for China as a whole, as well as for each individual province, although these will need approval from the State Council.
 
Provincial officials will be allowed to make the scheme more ambitious in their region, either by bringing more sectors into it or reducing the amount of available permits, but they will not be allowed to water it down.
 
Companies brought into the scheme will have to hand over one permit or offset credit to the government for each tonne of CO2 they emit. Initially, most permits will be given to companies for free, but as time passes, the NDRC will charge for an increasing share of them.
 
Government officials have hinted that only some provinces or sectors will be included from the outset, before the scheme gradually expands to cover all of China by 2020.


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COP20: Is Voluntary Action the New Normal?
10/12/2014
We know that the outcomes from the COP20 climate negotiations in Lima are going to be critical to the deal that nations hope to conclude in Paris this time next year. In our preview of Lima, I laid out the challenges, knowing already that a binding top-down agreement is virtually out of the question.
What we’re looking for in Lima are signs that bottom-up commitments by all nations will be made, measured, and actioned and that reductions in aggregate put us on a path to a stable climate.  There is no silver bullet, and all avenues are being explored in Lima through hundreds of discussions and negotiation sessions during these two weeks.
 
At a roundtable convened by the International Carbon Reduction and Offset Alliance (ICROA), International Emissions Trading Association (IETA), and the UNFCCC, we reviewed the role and future potential for voluntary action to make a material contribution to climate mitigation, adaptation and sustainable development.
 
Christiana Figueres, head of the United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), made the point that the concept of carbon neutrality that has been the cornerstone of voluntary carbon offsetting practice, is in fact what policy and regulation will have to deliver for the global economy by the end of the century in order to stabilise the climate. She stressed that the vast majority of businesses, individuals or nations wishing to make absolute reductions to their emissions now would have to rely on quality offsetting.
 
In addition Christiana made two other important observations – first that progress on negotiations was glacial; and second, that although the Clean Development Mechanism’s Certified Emission Reductions (CERs) were designed for a global compliance carbon market, there was now every reason to consider their use by governments, corporates and individuals taking voluntary action ahead of or beyond regulation.
 
The dialogue drew on ICROA’s review of how different governments are creating enabling conditions that can steer, facilitate and reward voluntary action as a valued complement to regulation and so scale and accelerate action.  Government representatives provided examples of government-backed initiatives to encourage voluntary offsetting amongst the public (Sweden), and of large-scale sporting events (Brazil).  Japan shared its experience in developing a comprehensive national voluntary offset scheme which oversees quality, delivery, certification and promotion of a scheme that has earned the support of a number of leading Japanese corporations.
 
The roundtable also drew on recent research about the value derived from voluntary action using carbon offsetting, showing that, when done well, voluntary offsetting delivers a range of climate mitigation, adaptation and indeed sustainable development benefits, over and above the ability to compensate for unavoidable emissions.
 
As the discussion turned to the question of scaling the impact of voluntary action by building demand, the previously clear differentiation between compliance and voluntary narrowed as a number of issues were surfaced:
 
  • While voluntary carbon standards deliver additional value through co-benefits, they don’t always have the host country approvals that are implicit to the CDM.   Could this become a barrier to growth for the more favored voluntary carbon standards?
  • Offset projects tend to be restricted to countries without binding targets under the Kyoto Protocol in order to substantiate additionality.  What will happen when all nations have binding targets?
  • With ICROA calling for more support from governments to recognise and incentivise voluntary action, are we not moving from pure voluntary into a stage of pre-compliance?  Is this a good or a bad thing?
 
As is mostly the case at COPs, there were more questions than answers.  However, still enough ground was covered to acknowledge the real interest in scaling the innovation, reach, and impact of voluntary carbon offsetting to build momentum in developing vital market-based mechanisms for a global climate agreement.
 
Voluntary is not the new normal, but it’s going to play a hugely important role in delivering progress between now and 2020, when the new climate agreement hopefully comes into force.
 
[A cura di: ing. Massimo Granchi]
[Fonte: Jonathan Shopley]


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Gestione aziendale dei carrelli industriali semoventi
02/12/2014
Il D.Lgs n.81/2008 e s.m.i., relativamente agli obblighi del Datore di Lavoro, richiede che le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori siano “sicure”, vale a dire rispondenti ai requisiti di sicurezza ad esse applicabili. Questo livello di sicurezza deve essere mantenuto nel tempo, per mezzo di idonea manutenzione periodica. Per quanto concerne i carrelli industriali semoventi, l’aspetto diventa prioritario per le attrezzature di proprietà dell’azienda, a cui spetta non solo l’utilizzo, ma anche la manutenzione delle attrezzature.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i Datori di lavoro nella valutazione dei rischi esistenti sulle attrezzature di lavoro esistenti in azienda, valutando anche le attività di controllo e di manutenzione periodica che è necessario attuare al fine di garantire il mantenimento dei requisiti di sicurezza.
 
L’art. 71, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. richiama alcuni degli obblighi del datore di lavoro relativamente alle attrezzature di lavoro; nello specifico esse:
 
  1. devono essere installate e utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso, 
  2. devono essere oggetto di idonea manutenzione che possa garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’art. 70, e siano corredate, dove necessario, da apposite  istruzioni d’uso e libretto di manutenzione,
  3. devono essere assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza  stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all’art. 18, comma 1, lettera z).
 
Inoltre, deve essere curata la tenuta e l’aggiornamento di un registro di controllo delle attrezzature per cui lo stesso è previsto.
 
Soffermiamoci quindi sui carrelli industriali semoventi, evidenziando come questa tipologia di macchine si inserisce all’interno degli obblighi ora visti.
 
Gli infortuni legati all’uso di queste attrezzature sono piuttosto frequenti, spesso con gravi conseguenze. I principali pericoli sono legati a:
 
  • investimento di persone,
  • perdita accidentale di stabilità del carrello,
  • uso non corretto, improprio o non adeguato del carrello,
  • caduta del carico.
 
Il primo aspetto da valutare è la sicurezza dell’attrezzatura: un carrello industriale semovente, prima di essere messo a disposizione dei propri lavoratori, deve essere “sicuro”. Questo va oltre la presenza o meno della targa di identificazione CE; in quanto si tratta di valutare la reale sicurezza dell’attrezzatura e di garantirla nel tempo con opportuni interventi di manutenzione che siano documentati.
 
Pertanto, è necessario garantire, anzitutto, che il carrello e i relativi accessori (accessori di sollevamento, come le prolunghe per le forche, ma anche batterie, carica batterie) siano dotati di targa di identificazione con le pertinenti informazioni necessarie ad un loro corretto utilizzo da parte dell’operatore. A riguardo è necessario garantire l’esistenza, in azienda, del manuale di uso e manutenzione dei carrelli industriali utilizzati. Il manuale, infatti, è la documentazione necessaria e indispensabile a formare l’operatore e a informarlo per quanto concerne i limiti e i rischi residui legati all’uso del carrello. Analoga considerazione vale per batterie, carica batterie ed eventuali accessori di sollevamento utilizzati insieme al carrello.
 
La documentazione originale è fondamentale, non solo per formare correttamente l’operatore all’uso del carrello, ma anche per configurare o allestire il carrello al fine di rientrare nell’uso previsto dal fabbricante. Il tipo di configurazione prevista e ammessa è, infatti, indicata dal costruttore all’interno del manuale di uso e manutenzione e/o sulla la targa di identificazione. A riguardo è bene ricordare come alcuni allestimenti dei carrelli elevatori modificano l’originale destinazione d’uso: ad esempio, bracci gru, cestelli porta persone o attrezzature equivalenti trasformano il carrello in una delle attrezzature elencate nell’allegato VII del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. e come tale deve essere sottoposto a verifiche periodiche in accordo a quanto indicato nell’art. 71, comma 11, dello stesso D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
Tra l’altro, in molti casi, Il fabbricante dell’accessorio (per esempio un braccio gru) e del carrello sono diversi (dunque sono acquistati separatamente sul mercato) oppure sono lo stesso fabbricante, ma nella destinazione d’uso del carrello industriale non è menzionato il possibile utilizzo di quell’accessorio. In questo caso, dunque, il braccio gru rappresenta un’attrezzatura intercambiabile ai sensi della Direttiva Macchina, in quanto una volta assemblata al carrello aggiunge una nuova funzione, quale quella, appunto, di sollevare carichi sospesi mediante funi, catene, ganci. Pertanto, il braccio gru dovrà essere marcato CE in accordo alla Direttiva Macchine, essere accompagnato da una dichiarazione CE di conformità e da istruzioni per l’uso che devono, inoltre, specificare il tipo o i tipi di carrelli con cui è possibile assemblare l’accessorio e includere le necessarie istruzioni di montaggio oltre che le prescrizioni di sicurezza e i rischi residui legati all’utilizzo dell’accessorio.
 
Tutte queste informazioni devono essere in possesso del Datore di lavoro nel momento in cui sceglie il carrello industriale semovente e i relativi accessori da mettere a disposizione dei propri lavoratori.
 
Vi sono, infine, da analizzare gli aspetti manutentivi. Nel caso di carrelli elevatori di proprietà, la responsabilità della manutenzione spetta sicuramente al Datore di lavoro, che può eventualmente demandarla a società esterne (rimanendone comunque responsabile). L’art. 71, comma 4 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. è molto chiaro: la manutenzione sulle macchine in azienda deve essere di tipo periodico (dunque non solo a rottura) e deve essere tale da garantire il corretto funzionamento della macchina e un suo utilizzo sicuro, che possa mantenere nel tempo i requisiti di sicurezza che la macchina aveva in origine. Gli interventi di manutenzione richiesti devono essere effettuati secondo quanto indicato nelle istruzioni per l’uso originali del carrello o, qualora non siano presenti, secondo procedure definite dallo stesso Datore di lavoro e documentate in maniera idonea. Gli aspetti da controllare, normalmente, sui carrelli elevatori sono:
 
  • i dispositivi di segnalazione  e di avvertimento, che devono essere efficienti;
  • la presenza delle targhette identificative dei singoli organi di comando presenti;
  • le leve di comando devono tornare in posizione neutra una volta rilasciate;
  • i dispositivi di comando devono essere inattivi in assenza dell’operatore sul posto di guida;
  • le forche del carrello devono essere in condizioni efficienti.
 
Queste e altri controlli, sono reperibili, come detto, sulle istruzioni originali del carrello elevatore o su apposite Linee guida realizzate dall’ISPESL (ora INAIL).
 
Analoghi controlli periodici dovranno essere effettuati sul pacco batterie, sul carica batterie e sugli accessori (come bracci gru, per esempio) che lavorano insieme al carrello elevatore.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Additional benefits of carbon offsetting valued at $664 per credit
13/11/2014
Si riportano di seguito i risultati di un interessante studio condotto dall'Imperial College London in collaborazione con l'International Carbon Reduction and Offsetting Alliance (ICROA).
 
 
LONDON, 3rd September – Offsetting one tonne of carbon dioxide brings an additional $664 in benefits to the communities where carbon reduction projects are based, according to research published today.
 
The research, carried out by Imperial College London in partnership with the International Carbon Reduction and Offsetting Alliance (ICROA), demonstrates how purchasing carbon credits[1] creates economic development opportunities, aids environmental conservation and helps improve people’s lives by delivering household savings, health benefits and improving water resources, among other social benefits.
 
The amount of carbon reduced by such projects has been rigorously measured and independently verified for many years, but to date there has not been academic research conducted to measure and value the impact of investing in carbon offset programmes beyond reducing emissions. This research finds that each tonne of carbon reduced has additional benefits – such as poverty alleviation, infrastructure development and nature conservation – worth  $664, meaning that businesses which are voluntarily offsetting their emissions are having a bigger impact than perceived.
 
The findings of the study also demonstrate that businesses with offsetting programmes report corporate benefits such as enhanced brand image, engaged employees and market differentiation.
 
“The voluntary carbon market is a smart opportunity for businesses to consider as part of their sustainability strategies,” says ICROA Programme Director, Sophy Greenhalgh. “This research demonstrates offset programmes deliver numerous business objectives, such as employee engagement and resource efficiency savings, and make a positive contribution to local communities in addition to reducing emissions.”
 
“By utilising latest natural capital accounting methodologies, we have been able to demonstrate the impact offset projects are delivering on the ground,” says Yiannis Kountouris, an environmental economist at Imperial College.
 
Better identification and measurement of the extra social benefits of buying carbon credits could encourage more governments, companies and individuals to invest in projects that make a real difference to communities around the world, whilst reducing dangerous carbon emissions, finds the report.
 
 
[A cura di: ing. Massimo Granchi]


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Introduzione in azienda di nuovi macchinari
13/11/2014
Introdurre un nuovo macchinario industriale nella propria azienda comporta una serie di obblighi ed adempimenti pratici e formali che devono essere messi in atto dal Datore di Lavoro. Questi obblighi sono dettati dal Testo Unico in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro e coinvolgono una serie di figure aziendali che, in differenti momenti, intervengono nel processo di introduzione dello stesso, dall’acquisto presso il fornitore all’utilizzo in azienda.
MTM Consulting può supportare la tua azienda nello sviluppare la procedura aziendale maggiormente adeguata a mantenere sotto controllo questa attività complessa, responsabilizzando e coinvolgendo le varie figure interessate con corsi di formazione mirati.
 
Come primo passo per l’introduzione di un nuovo macchinario in azienda, il Datore di Lavoro dovrebbe preoccuparsi di eseguire una pre-valutazione dei rischi, ad esempio coinvolgendo l’RSPP. Infatti, tramite la documentazione tecnica che si può richiedere al fabbricante, il Datore di Lavoro è tenuto a farsi alcune domande preventive all’acquisto del macchinario stesso, in modo tale da potersi per tempo premunire per la gestione del cambiamento.
Ad esempio è banalmente necessario valutare se vengono introdotti nuovi rischi in azienda, se il Documento di Valutazione dei Rischi deve essere aggiornato, se i futuri operatori addetti devono essere dotati di nuovi DPI al momento non presenti, etc.
 
All’atto dell’acquisto e del ricevimento è poi obbligatorio effettuare subito una verifica formale di quanto ricevuto, accertandosi che siano presenti la Targa CE posta sul macchinario e la relativa Dichiarazione di Conformità CE redatta dal fabbricante (per tutti i macchinari prodotti dopo il 1996), nonché il Manuale di Uso e Manutenzione, redatto nella lingua del paese di utilizzo. Queste sono considerate dalla legge come parti integranti del macchinario ed è quindi obbligatorio per il Datore di Lavoro conservarle ed archiviarle e richiederle al fabbricante in caso non siano presenti.
A tal fine è quindi necessario sensibilizzare non solo chi effettua il ricevimento del macchinario stesso, ma anche l’ufficio acquisti, in modo da comprendere queste “caratteristiche” dell’acquisto nell’ordine al fornitore.
 
Una volta installato il macchinario, preventivamente alla consegna agli operatori, risulta necessario eseguire un collaudo interno ad opera di personale tecnico specificatamente incaricato. Il collaudo ha lo scopo di verificare lo stato di sicurezza del macchinario; infatti, nonostante lo stesso possa già risultare marcato CE da parte del relativo fabbricante, è obbligo del Datore di Lavoro garantire la sicurezza dei propri lavoratori e quindi è necessario verificare preventivamente l’assenza di evidenti non conformità sulle attrezzature di lavoro.
L’esito del collaudo deve essere riportato in un apposito report. Questo procedimento deve essere ripetuto ogni volta che si sposta il macchinario o si procede ad una reinstallazione dello stesso. Inoltre il nuovo macchinario deve essere inserito in un registro di manutenzione, nel quale sono indicati tutti gli interventi di manutenzione programmata, periodica o straordinaria al quale l’apparecchiatura è stata sottoposta.
 
Sempre preventivamente all’utilizzo del macchinario è necessario predisporre e fornire l’adeguata formazione ed informazione ai lavoratori addetti, in materia di operatività e sicurezza. In particolare bisogna provvedere a redigere una scheda / istruzione operativa che descriva quantomeno:
  • rischi residui presenti sulla macchina (anche tramite l’uso di pittogrammi adesivi sulla stessa);
  • attività vietate e permesse;
  • DPI da impiegarsi per l’utilizzo;
  • descrizione dei comandi principali;
  • modalità di arresto in emergenza e ripristino.
 
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Nuova Direttiva PED, 2014/68/UE
11/11/2014
Sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea del 27/06/2014 è stata pubblicata la nuova Direttiva inerente la messa a disposizione sul mercato delle attrezzature a pressione, Direttiva 2014/68/UE. Rispetto alla precedente Direttiva 97/23/CE, ancora vigente, vi sono alcune novità, in particolare per quanto concerne le responsabilità delle diverse figure coinvolte e per quanto riguarda la classificazione delle attrezzature in funzione del fluido utilizzato.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti nell’individuare quali attrezzature a pressione sono oggetto della Direttiva e quindi di seguirli nel processo di certificazione che porta alla marcatura CE del prodotto prima della immissione sul mercato. Parimenti, è in grado di supportare gli importatori o i distributori che dovessero trovarsi nella condizione di valutare l’effettiva conformità del prodotto prima di importarlo o di distribuirlo sul territorio della UE.

Il campo di applicazione della Direttiva 2014/68/UE è analogo a quello della precedente Direttiva 97/23/CE. Quindi, analizzando il contenuto dell’articolo 1, si verifica come la Direttiva 2014/68/UE si applica alla progettazione, fabbricazione e valutazione di conformità delle attrezzature a pressione e degli insiemi sottoposti ad una pressione massima ammissibile PS superiore a 0,5 bar. Anche il significato di “attrezzatura a pressione” è rimasto lo stesso; per essa si intendono recipienti, tubazioni, accessori di sicurezza ed accessori a pressione, compresi, se del caso, elementi annessi a parti pressurizzate, quali flange, raccordi, manicotti, supporti, alette mobili.

Il campo di applicazione della Direttiva PED è rimasto, dunque, molto ampio. Di fatto, sono escluse in maniera implicita le attrezzature a pressione sottoposte ad una pressione massima ammissibile PS inferiore a 0,5 bar: queste attrezzature non presentano significativi rischi connessi alla pressione. Esse, dunque, non rientrano negli obblighi della Direttiva e possono liberamente circolare sul mercato senza alcuna restrizione; ovviamente potrebbero rientrare nel campo di applicazione di altre direttive europee. Pertanto, è obbligo del Fabbricante analizzare bene tutte le possibili Direttive applicabili alla attrezzatura a pressione anche qualora la Direttiva PED non sia applicabile.

Analogamente, è ancora presente una particolarità del campo di esclusione già presente nella precedente Direttiva 97/23/CE, sebbene in maniera più ristretta: quelle attrezzature a pressione che rientrano in Categoria I e che, dunque, presentano un basso livello di pericolosità dovuto alla pressione, e che contemporaneamente sono oggetto di altre Direttive (tra cui la Direttiva Macchine, Atex, Bassa Tensione, ecc.), non rientrano nella Direttiva PED: il pericolo legato alla pressione viene analizzato e risolto semplicemente risolvendo i requisiti delle altre Direttive applicabili.

Le attrezzature a pressione che rientrano nel campo di applicazione della Direttiva PED 2014/68/UE sono organizzate in categorie, in base all’Allegato II, secondo un criterio di pericolosità crescente. La classificazione è funzione, non solo dei valori di PS, V o DN, ma anche del tipo di fluido presente all’interno dell’attrezzatura. In questo caso le novità rispetto alla precedente Direttiva 97/23/CE sono evidenti, in quanto la classificazione dei fluidi fa riferimento al Regolamento (CE) n. 1272/2008 che classifica non solo i fluidi, ma anche le loro miscele e che identifica una serie di classi di pericolo fisico e per la salute:

  • fluidi gruppo 1: esplosivi, gas infiammabili, gas comburenti, liquidi infiammabili, solidi infiammabili, sostanze o miscele auto-reattive, liquidi e solidi piroforici, liquidi e solidi comburenti, sostanze tossiche per contatto, via aerea, per inalazione, ecc.
  • fluidi gruppo 2:  tutte le sostanze che non rientrano nel gruppo 1.

Tutte le attrezzature a pressione con una pressione massima ammissibile PS superiore a 0,5 bar e che non rientrano nel campo di esclusione della Direttiva, devono rispettare i requisiti di sicurezza (RES) raccolti in Allegato I. Per questo motivo, le attrezzature sono organizzate in funzione della tipologia (“recipienti”, “tubazioni” oppure “attrezzature a pressione a focolare o altro tipo di riscaldamento”) e in funzione dei valori di pressione (PS) e volume (V) o pressione e diametro nominale (DN) secondo le indicazioni in Art. 4, comma 1. La classificazione apportata dalla Direttiva, e riportata in Allegato II, è del tutto analoga a quella già presente nella Direttiva 97/23/CE e permette di classificare, come detto, le attrezzature in Categorie, dalla 1 alla 4, a pericolosità crescente.

Tuttavia, le attrezzature a pressione che, pur avendo una pressione massima ammissibile PS superiore a 0,5 bar, presentano caratteristiche inferiori o pari ai limiti definiti dall’art. 4, comma 1 e comma 2, non devono soddisfare i RES in Allegato I, ma devono essere progettati e fabbricati secondo una corretta prassi costruttiva in uso in uno degli Stati membri che assicuri la sicurezza di utilizzazione e devono essere accompagnati da appropriate istruzioni per l’uso. Queste attrezzature, dunque, non richiedono la marcatura CE ai sensi della Direttiva PED 2014/68/UE. Di fatto si tratta delle medesime attrezzature che, secondo la Direttiva 97/23/CE si diceva finissero in “art 3, comma 3”. Ora il concetto è il medesimo, tuttavia il riferimento legislativo corretto è “art. 4, comma 3”.

Considerando che le attrezzature sono classificate in Categorie, non esiste un’unica procedura di valutazione della conformità, ma ne esistono diverse. Le diverse procedure sono organizzate in moduli; pertanto il Fabbricante, una volta definita la Categoria in cui ricade la propria attrezzatura a pressione (osservando i grafici in Allegato II), è tenuto ad applicare il modulo o i moduli corrispondenti a quella Categoria al fine di arrivare alla certificazione CE del proprio prodotto. Tutti i moduli di certificazione prevedono l’intervento di un Organismo Notificato esterno (intervento più o meno invasivo a seconda del modulo) tranne il modulo A, che è tuttavia applicabile esclusivamente per le attrezzature a pressione in Categoria I.

Tutti i moduli prevedono un “controllo interno della produzione” da parte del Fabbricante. Questo controllo è la procedura di valutazione della conformità con cui il Fabbricante ottempera ai propri obblighi (come previsti dalla Direttiva) e si accerta e dichiara, sotto la sua esclusiva responsabilità, che l’attrezzatura a pressione interessata soddisfa i requisiti della Direttiva. Il primo obbligo che il Fabbricante è tenuto a rispettare è la redazione della Documentazione Tecnica. Questa deve consentire di valutare la conformità dell’attrezzatura a pressione ai requisiti pertinenti e deve includere una analisi e una valutazione adeguate dei rischi (legati alla pressione). Solo al termine della preparazione della documentazione tecnica, il Fabbricante può apporre la marcatura CE sull’attrezzatura a pressione e redigere la Dichiarazione di conformità UE.

Secondo la stessa logica, la Direttiva analizza anche gli obblighi che vertono su rappresentante autorizzato, importatore e sul distributore di attrezzature a pressione.

Il rappresentante autorizzato riceve un mandato scritto da parte del Fabbricante, per eseguire alcuni passaggi della procedura di certificazione, tuttavia non può ricevere mandato per garantire la conformità dell’attrezzatura ai requisiti di sicurezza né per realizzare la documentazione tecnica in quanto sono obblighi che spettano sempre e comunque al Fabbricante.

Importatore e distributore, invece, sono sostanzialmente tenuti a verificare, prima di immettere il prodotto sul mercato, che il Fabbricante abbia seguito l’appropriata procedura di valutazione della conformità come indicata in art. 14 e devono accertarsi che il Fabbricante abbia realizzato la Documentazione Tecnica. Parimenti devono verificare le informazioni riportate sulle istruzioni, sulla dichiarazione UE di conformità e sulla targa di identificazione CE e devono immediatamente informare le corrispondenti autorità nazionali di sorveglianza del mercato qualora riscontrassero anomalie o non conformità inerenti il prodotto che hanno importato e/o distribuito sul territorio della UE.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Obbligo di Marcatura CE per elementi strutturali in acciaio e alluminio La Norma EN 1090-1
07/10/2014
Dal luglio 2014 è obbligatoria la Marcatura CE di elementi strutturali in acciaio e alluminio per l'immissione sul mercato degli stessi in Italia ed in Europa. La Marcatura deve avvenire dopo aver valutato, provato, calcolato, garantito ed infine dichiarato le prestazioni del prodotto, così come avviene già dal luglio 2013 per ogni altro prodotto da costruzione, come sancito dal nuovo Regolamento Prodotti da Costruzione (CPR 305/2011).

Il riferimento normativo per gli elementi strutturali in acciaio e alluminio che descrive tutti i passaggi di questo processo è la Norma armonizzata UNI EN 1090-1:2012 “Esecuzione di strutture di acciaio e di alluminio - Parte 1: Requisiti per la valutazione di conformità dei componenti strutturali”.

MTM Consulting può supportare la tua azienda nell’adempimento di tutti gli obblighi di legge in materia, elaborando la soluzione più pratica e completa per garantire il rispetto delle norme applicabili.

Gli ultimi anni hanno visto introdotte numerose novità per quanto riguarda i prodotti da costruzione. La maggiore è stata introdotta il luglio 2013, quando la Direttiva Prodotti da Costruzione (CPD 89/106) è stata abrogata e sostituita dal Regolamento Prodotti da Costruzione (CPR 305/2011).
Il Regolamento punta a colmare alcuni buchi della precedente Direttiva, rendendola più chiara e meno interpretabile. La novità maggiore è sicuramente la sostituzione della Dichiarazione di Conformità con una vera e propria Dichiarazione di Prestazione (DoP): quindi il fabbricante non dichiara solo la conformità alla Direttiva, ma dichiara e garantisce esplicitamente quali siano le prestazioni proprie dell’elemento da costruzione, siano esse legate ad esempio alla resistenza al fuoco, alla resistenza strutturale, ai tempi di decadimento delle proprie caratteristiche, etc.

Per la definizione quindi delle caratteristiche da dichiarare e dei metodi di prova per calcolarle assumono grande importanza le Norme tecniche. Dal luglio 2014 è obbligatoria la Marcatura CE dei componenti strutturali in acciaio e alluminio utilizzati per le costruzioni di strutture in acciaio e miste acciaio – calcestruzzo, secondo la UNI EN 1090-1:2012.
Il campo di applicazione della Norma risulta comprendere numerosi componenti in acciaio e in alluminio utilizzati in opere anche molto differenti tra loro: capannoni, intelaiature per edifici, ponti in acciaio e calcestruzzo, viadotti, tralicci, prefabbricati, strutture portanti in metallo, etc. Gli elementi a cui la Norma si applica inoltre possono essere utilizzati direttamente nelle opere o essere incorporati nelle stesse dopo essere stati assemblati.
La Norma definisce quindi la modalità di esecuzione dei vari passaggi, di seguito elencati, per poter apporre il Marchio CE sul prodotto, in funzione della classe di esecuzione dell’opera (data dalla complessità strutturale e dalle implicazioni di sicurezza) e della destinazione d’uso.

  • Vengono definite le prove che devono essere svolte sul prodotto, la modalità di esecuzione, i dati prestazionali da ricavare, la documentazione da produrre a supporto del risultato ottenuto.
  • È riportata la modalità di compilazione della Dichiarazione di Prestazione, quali dati prestazionali indicare e con quali riferimenti.
  • Sono riportate le informazioni di sicurezza che devono essere comunicate all’utilizzatore ed i dati da riportare sulla marcatura di ogni singolo prodotto.
  • Vengono definite le caratteristiche legate al processo di saldatura, il quale deve essere certificato da un Organismo di Parte Terza, sia come operatori che come procedure.
  • Vengono infine definite le caratteristiche, in caso di produzione in serie, che deve avere il Sistema di Controllo del Processo di Produzione di Fabbrica (FPC), allo scopo di garantire che ogni singolo prodotto abbia le stesse prestazioni e la completa rintracciabilità di ogni prodotto. Si tratta quindi di un vero e proprio sistema di gestione, dedicato alla produzione dei prodotti, che va a coprire tutte le fasi, dalla progettazione, alla modalità di acquisto delle materie prime, ai controlli e prove da eseguire in produzione, alla commercializzazione, alle informazione da fornire al cliente o installatore.


[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Nuova Direttiva Bassa Tensione, 2014/35/UE
24/09/2014
Recentemente è stata pubblicata la nuova Direttiva inerente la messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione, Direttiva 2014/35/UE. Questa nuova Direttiva introduce alcune novità rispetto alla precedente Direttiva 2006/95/CE di cui ne rappresenta una rifusione.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti nell’individuare il materiale elettrico oggetto della Direttiva e di aiutarli nel processo di certificazione che porta alla marcatura CE del prodotto prima della immissione sul mercato. Parimenti, è in grado di supportare gli importatori o i distributori che dovessero trovarsi nella condizione di valutare l’effettiva conformità del prodotto prima di importarlo o di distribuirlo sul territorio della UE.

La nuova Direttiva 2014/35/UE disciplina la sicurezza del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione. Nel dettaglio, il campo di applicazione della Direttiva copre il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato ad una tensione nominale compresa tra 50 e 1000 V in corrente alternata e tra 75 e 1500 V in corrente continua, fatta eccezione per ciò che rientra esplicitamente nel campo di esclusione della Direttiva, elencato in Allegato II (per esempio, materiale elettrico destinato ad ambiente esplosivo, parti elettriche di ascensori e montacarichi, ecc.).

Trattandosi di una Direttiva di prodotto, è necessario che il prodotto, prima di essere immesso sul mercato, soddisfi gli obiettivi di sicurezza riportati all’Allegato I della Direttiva e il fabbricante è tenuto a dimostrare questo aspetto anche facendo riferimento alle norme tecniche armonizzate. Infatti, la procedura di valutazione della conformità, che il Fabbricante è tenuto a seguire, vuole che sia realizzata una specifica documentazione tecnica per ogni prodotto rientrante nella definizione di materiale elettrico come sopra vista, che permetta di dimostrare come gli obiettivi di sicurezza di cui all’Allegato I siano effettivamente soddisfatti. Questo viene ottenuto, come detto, adottando le indicazioni tecniche delle norme armonizzate inerenti il materiale elettrico che si intende realizzare.

La documentazione tecnica rientra nel più generico “controllo interno della fabbricazione” (Allegato III) di cui il Fabbricante è l’unico responsabile. Per “controllo interno della fabbricazione” si intende la procedura di valutazione della conformità con cui il Fabbricante ottempera ai propri obblighi (tra cui, il principale, è quello di realizzare prodotti che siano conformi agli obiettivi di sicurezza) e si accerta e dichiara, sotto la propria esclusiva responsabilità, che il materiale elettrico interessato soddisfa le prescrizioni della Direttiva ad esso applicabili. In definitiva, la certificazione del materiale elettrico oggetto della Direttiva, non prevede la necessità di rivolgersi a Organismi Esterni di certificazione, ma viene svolta autonomamente da parte del Fabbricante. La necessità di contattare un Organismo Esterno di certificazione potrebbe emergere laddove non si sia in grado di effettuare le prove e i test previsti dalle norme di riferimento al fine di soddisfare le richieste degli obiettivi di sicurezza.

Solo al termine della predisposizione della documentazione tecnica, il Fabbricante può apporre la marcatura CE sul prodotto e redigere la Dichiarazione CE di conformità. Sia la documentazione tecnica che la dichiarazione CE devono essere conservate almeno 10 anni a decorrere dalla data di immissione sul mercato del materiale elettrico (o dell’ultimo esemplare della serie prodotta) in quanto potrebbero essere richiesti dall’Autorità di Sorveglianza del Mercato.

Secondo la stessa logica, la Direttiva analizza anche gli obblighi che vertono su rappresentante autorizzato, importatore e sul distributore del materiale elettrico.

Il rappresentante autorizzato riceve un mandato scritto da parte del Fabbricante, per eseguire alcuni passaggi della procedura di certificazione, tuttavia non può ricevere mandato per garantire la conformità del prodotto agli obiettivi di sicurezza né per realizzare la documentazione tecnica in quanto sono obblighi che spettano sempre e comunque al Fabbricante.

Importatore e distributore, invece, sono sostanzialmente tenuti a verificare, prima di immettere il prodotto sul mercato, che il Fabbricante abbia ottemperato a tutti i propri obblighi per quanto attiene alla certificazione del prodotto (per esempio, per quanto attiene alle prove e verifiche in accordo alle norme tecniche armonizzate). Parimenti devono verificare le informazioni riportate sulle istruzioni, sulla dichiarazione CE e sulla targa di identificazione CE e sono tenuti immediatamente a informare le corrispondenti autorità nazionali di sorveglianza del mercato qualora riscontrassero anomalie o non conformità inerenti al prodotto che hanno importato e/o distribuito sul territorio della UE.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Attrezzature intercambiabili ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE: quali sono e cosa fare
03/09/2014
Le attrezzature intercambiabili rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE; in particolare, prima di immettere sul mercato o mettere in servizio un’attrezzatura intercambiabile, il Fabbricante è tenuto ad effettuare la stessa procedura di valutazione della conformità abitualmente applicata per le macchine oggetto della Direttiva.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti a capire quali prodotti rientrano nella definizione di “attrezzatura intercambiabile” e successivamente a seguire il corretto processo di certificazione e di immissione sul mercato, in modo da rispettare le richieste del D.Lgs. n.17/2010 che recepisce in Italia la Direttiva Macchine 2006/42/CE.

Le attrezzature intercambiabili sono tra i prodotti che rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE. Per attrezzatura intercambiabile si intende un “dispositivo che, dopo la messa in servizio di una macchina o di un trattore, è assemblato alla macchina o al trattore dall'operatore stesso al fine di modificarne la funzione o apportare una nuova funzione, nella misura in cui tale attrezzatura non è un utensile”. Alla luce della definizione ora vista, emergono due peculiarità che identificano un’attrezzatura intercambiabile:

  1. le attrezzature intercambiabili sono progettate e costruite per essere montate alla macchina base successivamente alla sua messa in servizio; le attrezzature, invece, montate su una macchina dallo stesso fabbricante di quest’ultima prima della immissione sul mercato, sono da considerarsi parte della macchina.
  2. le attrezzature intercambiabili sono assemblate alla macchina da parte dello stesso operatore, seguendo le indicazioni fornite dal fabbricante dell’attrezzatura. Qualora l’attrezzatura possa essere montata sulla macchina solo con l’intervento del fabbricante dell’attrezzatura stessa o della macchina base, in entrambi i casi, non si tratta di attrezzatura intercambiabile, ma si evidenzia una modifica della macchina base originale con necessaria e successiva nuova certificazione della macchina.

Ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE e dunque, in Italia, del D.lgs. n.17/2010, le attrezzature intercambiabili rientrano nel processo di certificazione normalmente identificato per le “macchine”. Vale a dire, il Fabbricante di una attrezzatura intercambiabile, prima della sua immissione sul mercato o, se realizzata per uso proprio, messa in servizio, è tenuto a garantire che sia presente il fascicolo tecnico (e dunque anche la valutazione dei rischi che attesti il rispetto del requisiti di sicurezza della Direttiva Macchine riportati in Allegato I), che sia stata redatta la dichiarazione CE di conformità, che il prodotto disponga di targa di identificazione CE e che lo stesso prodotto sia accompagnato da idonee istruzioni per l’uso che ne consentano anche una facile e sicura installazione sulla macchina base per cui quella attrezzatura intercambiabile è stata realizzata.

Esempi di attrezzature intercambiabili sono: attrezzature di lavoro collegate ai tre ganci dei trattori agricoli, benne miscelatrici per macchine operatrici, prolunghe per carrelli elevatori, cesta porta persone per gru, ecc.

Nello specifico, il fabbricante di una attrezzatura intercambiabile deve specificare, nelle istruzioni, su quali macchine può essere assemblata e utilizzata in sicurezza l’attrezzatura, specificando le caratteristiche tecniche che deve avere la macchina oppure facendo riferimento a modelli specifici di macchina.

Inoltre, nell’ambito della valutazione dei rischi che il Fabbricante è tenuto a effettuare per garantire che la propria attrezzatura intercambiabile soddisfi i requisiti di sicurezza della direttiva, è necessario garantire che anche la combinazione dell’attrezzatura intercambiabile e della macchina base a cui l’attrezzatura è destinata, soddisfi tutti i pertinenti requisiti di sicurezza in allegato I e venga, di conseguenza, adottata la idonea procedura di certificazione. Questo è dovuto al fatto che la macchina base è certificata dal fabbricante originale per essere utilizzata così come è stata venduta; pertanto nel momento in cui si installa sulla macchina un’attrezzatura intercambiabile è necessario che l’intero insieme rimanga sicuro e soddisfi sempre i requisiti di sicurezza della Direttiva. Questo aspetto dovrà essere garantito dal Fabbricante dell’attrezzatura intercambiabile in quanto non solo progetta e realizza l’attrezzatura, ma specifica anche su quale macchina/e essa debba/possa essere installata e utilizzata.

Evidentemente, qualora l’insieme macchina base più attrezzatura intercambiabile rientrasse in Allegato IV (elenco di macchine particolarmente pericolose), sarebbe necessaria una specifica procedura di certificazione da parte del Fabbricante della attrezzatura; tale procedura deve contemplare l’insieme macchina base più attrezzatura: si pensi ad una cesta porta persone estensibile e rotante per sollevamento oltre i 3 metri di altezza applicata su un sollevatore telescopico fornito dal corrispondente fabbricante con cesta non estensibile oppure non rotante. Trattandosi di attrezzatura di sollevamento per cose e persone oltre i 3 metri di altezza, ricade in Allegato IV ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE. In questo caso il fabbricante della cesta, venduta come attrezzatura intercambiabile (in quanto aggiunge una nuova funzione alla macchina originale), deve garantire la sicurezza anche dell’intero insieme (in quanto è il fabbricante a definire su quali macchine essa può essere utilizzata) e dunque è tenuto ad effettuare una delle procedure di certificazione previste per le macchine elencate in Allegato IV, secondo la Direttiva Macchine 2006/42/CE.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Polveri e rischio esplosione
01/09/2014
Il pericolo di esplosione dovuto alla presenza di polveri combustibili viene spesso sottovalutato rispetto a quello dovuto ai liquidi e gas infiammabili, ove il pericolo è reso palese dalla etichettatura stessa dei prodotti e dalle loro maggiormente note proprietà. Grandi quantità di polveri create da prodotti anche di origine comune e domestica (ad esempio farine, latte in polvere, cereali, etc.) possono innescare esplosioni e i danni causati da un’esplosione elettrostatica ad esempio, possono essere addirittura maggiori di un’esplosione di una nube di gas infiammabile.
Le polveri combustibili che possono dare origine ad esplosioni sono presenti in una gran parte delle industrie italiane e in particolare in quella alimentare, del legno e della plastica, ma anche in quella chimica e metallurgica.
È necessario affrontare, quindi, le problematiche della scelta degli impianti e componenti elettrici e meccanici da utilizzare in queste industrie e della classificazione dei luoghi pericolosi per presenza di polveri combustibili all’interno degli ambienti.
 
MTM può seguire la tua azienda nella identificazione di polveri combustibili, nella zonizzazione dei luoghi di lavoro e nella scelta e adeguamento dei dispositivi elettrici e meccanici installati, assolvendo così agli obblighi imposti dal Titolo XI del Testo Unico D.Lgs. 81/2008 in materia di protezione da atmosfere potenzialmente esplosive.
 
Le polveri combustibili possono dar luogo a due tipi di pericolo:
 
  • in caso di dispersione in atmosfera possono causare delle esplosioni;
  • in caso di deposito in strati su superfici calde possono dare origine ad incendi.
 
Il pericolo di esplosione dovuto alla presenza di polveri combustibili si manifesta quando queste, disperse nell’aria, formano delle miscele con l’ossigeno, ovvero delle nubi, che in presenza di una sorgente di accensione di sufficiente energia, sono in grado di formare un’onda di pressione ed un fronte di fiamma con effetti esplosivi.
 
Il primo parametro da considerare è quindi il campo di esplodibilità della polvere, ovvero la quantità di polvere in volume di aria che può essere innescata; valori superiori o inferiori a questo campo non sono esplosivi per troppo alta concentrazione di polvere (e quindi troppo poco ossigeno) o troppo bassa. Questo valore è un valore fisico dato dal tipo di polvere.
 
Un altro parametro è la granulometria della polvere ovvero la distribuzione della dimensione delle particelle di polvere. Più è grande la granulometria più è difficile innescare un’esplosione, arrivando a livelli di grandezze superiori a 500 μm, che possono considerarsi in genere non in grado di dare origine a nubi esplosive.
 
Il pericolo di incendio invece è dovuto, solitamente, al deposito di strati di polvere su apparecchiature elettriche o meccaniche; gli strati causano un peggioramento del raffreddamento con un conseguente aumento della temperatura superficiale. Se questo aumento di temperatura porta ad una temperatura finale maggiore di quella di accensione della polvere in strato, questa si innesca dando origine al solo incendio nel caso in cui questi strati siano incapaci di sollevarsi e quindi di formare anche nubi esplosive.
 
Il primo passo da effettuare in azienda è quindi quello di capire se esistono polveri combustibili e quali caratteristiche fisiche esse hanno, ovvero granulometria e campo di esplodibilità.
 
Il passo successivo è quindi quello di effettuare una classificazione in zone, analogamente a quanto avviene per i gas.
Per la classificazione dei luoghi con presenza di polveri combustibili è in vigore una norma Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88), dotata di varie appendici e guide applicative. La procedura descritta nella norma può essere così riassunta per punti:
 
  • individuazione e classificazione delle sorgenti di emissione (SE), valutando se queste sono continue, periodiche o solo in caso di rottura;
  • valutazione delle condizioni di ventilazione, che determinano la possibilità che la nube raggiunga il campo di esplodibilità;
  • individuazione delle zone pericolose;
  • determinazione dell’estensione delle zone pericolose.
 
Per contrastare il problema legato alle polveri combustibili l’azienda poi deve percorrere due strade complementari.
La prima riguarda l’analisi e adeguamento della dotazione impiantistica. Dopo aver infatti effettuato la zonizzazione è necessario verificare quali impianti di tipo elettrico e meccanico ricadono nelle zone identificate. Questi impianti devono essere marcati Atex specificatamente per evitare l’innesco di polveri del tipo censito, per la zona di riferimento.
La seconda è di tipo procedurale e riguarda da una parte il controllo periodico e l’eliminazione degli strati di accumuli di polvere presenti nei reparti, a terra e su macchinari o altre zone poco raggiungibili, e dall’altra la gestione dell’introduzione nelle zone classificate di ulteriori inneschi (ad esempio apparecchiature elettriche per manutenzioni, interventi a caldo di riparazione, etc.).
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Valutazione dei rischi per attività di installazione e montaggio macchinari presso i locali del cliente
07/08/2014
MTM Consulting lavora da anni nel campo della Marcatura CE e parte della nostra attività si sviluppa seguendo i fabbricanti di macchinari industriali nel corso di tutto l’iter CE, dalla progettazione, alla realizzazione fino alla installazione presso il cliente.
 
Dall’avvento del Testo Unico 81/2008 e in generale negli ultimi anni proliferano le richieste di documentazione da parte di vari soggetti con i quali l’azienda produttrice di macchinari si interfaccia, siano essi enti, fornitori, terzisti o clienti.
 
Questo è sicuramente il caso in cui risulta necessario non solo vendere il macchinario industriale al cliente, ma anche installarlo preso i locali del cliente e fare il primo avviamento dello stesso. Quando si opera presso i locali gestiti da un altro Datore di Lavoro è quindi bene conoscere quale documentazione risulta necessario produrre a nostra tutela e a tutela del cliente, e quale invece spetta al cliente stesso.
 
Quando un lavoratore viene mandato dal Datore di Lavoro a compiere un’attività presso i locali di un cliente, e quindi “controllati” da un altro Datore di Lavoro, il lavoratore è esposto ai rischi propri dell’attività svolta più i rischi presenti nei locali del cliente. Il Datore di Lavoro risulta sempre responsabile delle attività svolte dal proprio addetto, anche se effettuate fuori sede, e quindi è responsabile della sua salute e sicurezza nello svolgimento delle attività.
Parlando dell’attività di installazione di un macchinario questa deve essere già contenuta nel Documento di Valutazione dei Rischi aziendali, legata alla mansione dell’installatore, valutata come attività in sé.
 
Quando poi si deve svolgere un’installazione presso il locale del cliente il primo passo è quello di svolgere, da parte del Datore di Lavoro o di un suo diretto incaricato, un sopralluogo presso i locali dove avverrà la lavorazione. In questa sede si formalizza con un breve rapporto la presa visione dei locali e lo scambio di informazioni tra le due aziende, al fine di identificare i possibili rischi da interferenza ed elaborare la necessaria documentazione a supporto dell’intervento.
A questo punto vi sono due alternative, in funzione del fatto che l’attività di installazione venga svolta all’interno di un cantiere mobile o meno.
L’installazione di un macchinario industriale non si configura solitamente come un cantiere temporaneo o mobile: questa evenienza occorre unicamente in caso sia necessario effettuare opere murarie, scavi per realizzare fosse, realizzazione di piani di fondazione o altre attività strutturali. Potrebbe però capitare che l’attività di installazione venga svolta all’interno di un cantiere in essere presso l’azienda cliente. In questo caso il Datore di Lavoro installatore deve redigere un Piano Operativo di Sicurezza (POS), rispettando i contenuti minimi elencati nell’Allegato XV, punto 3.2 del D.Lgs. 81/2008, e consegnarlo al cliente che lo incorpora nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) relativo al cantiere.
 
In caso in cui non vi siano cantieri, l’attività di installazione può essere gestita dal Datore di Lavoro cliente tramite la realizzazione di un Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (DUVRI) o meno, in funzione del tipo di attività da svolgere. Questo obbligo fondamentalmente poco cambia all’azienda installatrice, visto che il DUVRI è sotto la completa responsabilità dell’azienda cliente. Quello che l’azienda installatrice deve predisporre resta invariato: è necessario infatti consegnare un’informativa relativa ai rischi in fase di installazione, ovvero una piccola valutazione dei rischi dedicata per l’intervento, analoga a quanto viene effettuato in un POS.
Di seguito un elenco dei contenuti minimi di questo documento:
 
  • elenco dei nominativi delle figure aziendali di riferimento per la gestione della sicurezza (Datore di Lavoro, RSPP, Preposto operante sul luogo dell’installazione, RLS, Medico Competente), anagrafica e contatti;
  • elenco e qualifica dei lavoratori che effettuano l’intervento;
  • scaletta temporale con le varie fasi relative all’intervento e quali professionalità svolgono le singole fasi;
  • elenco dei pericoli per ogni singola fase, valutazione del rischio ed indicazione di tutte le misure di prevenzione e protezione messe in atto per gestire tali rischi.
 
Particolare attenzione deve poi essere rivolta alle aziende subappaltatrici, nel caso in cui parte delle attività di installazione vengano subappaltate ad un’altra azienda.
Il Datore di Lavoro installatore deve poi avere cura di richiedere al proprio cliente alcuni documenti minimi:
 
  • rischi presenti nell’area oggetto dei lavori e divieti in essere nei reparti o nell’intera azienda;
  • anagrafica e contatti sul luogo dell’installazione;
  • modalità di preparazione dell’area da parte del cliente;
  • planimetrie e modalità di accesso all’area;
  • disposizioni da seguire in caso di emergenza e estratto del Piano di Evacuazione.
 
Sulla base di tutti questi documenti il Datore di Lavoro installatore deve poi avere cura di effettuare un incontro formativo con i propri addetti all’installazione.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Direttiva 2014/29/UE inerente i Recipienti Semplici a Pressione
15/07/2014
Sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea del 29/03/2014 è stata pubblicata la nuova Direttiva inerente la messa a disposizione sul mercato dei Recipienti Semplici a Pressione, Direttiva 2014/29/UE. Questa nuova Direttiva introduce alcune novità rispetto alla precedente Direttiva 2009/105/CE che ha subito sostanziali modifiche e di cui ne rappresenta, quindi, una rifusione.

MTM Consulting s.r.l. è, da una parte, in grado di aiutare i Fabbricanti di Recipienti Semplici a Pressione nel processo di certificazione che porta alla marcatura CE del prodotto prima della immissione sul mercato e, dall’altra, affiancare i Datore di Lavoro nella scelta e valutazione dei prodotti acquistati anche al fine di soddisfare le richieste del D.M. 329/04 relativamente alle attrezzature in pressione, per quanto concerne la dichiarazione di messa in esercizio di tali attrezzature e le eventuali prove da far effettuare.

La nuova Direttiva 2014/29/UE inerente la messa a disposizione sul mercato dei Recipienti Semplici a Pressione disciplina la sicurezza legata alla progettazione, realizzazione e immissione sul mercato dei prodotti che rientrano sotto la definizione di Recipienti Semplici a Pressione (dall’inglese Simple Pressure Vessels, SPV). In particolare, sono oggetto della Direttiva i recipienti fabbricati in serie che presentano le seguenti caratteristiche:

  • recipienti saldati, destinati ad essere soggetti a una pressione interna relativa superiore a 0,5 bar e a contenere aria o azoto e non destinati a essere esposti alla fiamma;
  • parti e componenti che contribuiscono alla resistenza del recipiente alla pressione sono fabbricati in acciaio di qualità non legato, in alluminio non legato oppure in lega di alluminio ricotto;
  • recipiente costituito alternativamente dai seguenti elementi: I) da una parte cilindrica a sezione retta circolare chiusa da due fondi bombati con la concavità rivolta verso l’esterno e/o da fondi piani. L’asse di rivoluzione di questi fondi è lo stesso della parte cilindrica; II) da due fondi bombati aventi lo stesso asse di rivoluzione;
  • pressione massima di esercizio del recipiente inferiore o pari a 30 bar e prodotto di tale pressione per la capacità del recipiente (PS × V) raggiunge al massimo 10 000 bar × l;
  • temperatura minima di esercizio non inferiore a – 50 °C e temperatura massima di esercizio non superiore a 300 °C per l’acciaio e 100 °C per i recipienti in alluminio o lega di alluminio.

In merito al campo di applicazione è doveroso specificare che i limiti di 30 bar per la pressione e di 10000 bar x l rappresentano i limiti superiori oltre i quali il prodotto non rientra nella Direttiva 2014/29/UE qui analizzata, ma cade nella Direttiva 97/23/CE relativa alle attrezzature a pressione, comunemente nota come PED (Pressure Equipment Directive). Pertanto, recipienti a pressione di grosse dimensioni seguono le procedure di certificazione previste dalla PED sebbene contengano aria o azoto e rispettino la forma cilindrica sopra indicata.

Per quanto concerne le disposizioni per i Fabbricanti, la Direttiva pone una importante differenziazione:

  • I recipienti il cui prodotto PS × V è superiore a 50 bar × l devono soddisfare i requisiti essenziali di sicurezza indicati nell’allegato I;
  • I recipienti il cui prodotto PS × V è inferiore o pari a 50 bar × l devono essere concepiti e fabbricati secondo una corretta prassi costruttiva in uno degli Stati membri.

In accordo alla Direttiva 2014/29/UE, dunque, i recipienti in cui il prodotto PS x V è inferiore o pari a 50 bar x l non devono rispettare i requisiti riportati in Allegato I e, di conseguenza, per essi il Fabbricante non è tenuto ad adottare una delle procedure di certificazione previste dalla Direttiva, ma è esclusivamente tenuto a progettare e realizzare il recipiente in accordo a quanto definito dalle norme tecniche in vigore e rappresentative dello stato dell’arte, ad apporre sul recipiente stesso le informazioni richieste dall’Allegato III, punto 1 della Direttiva (ma non la marcatura CE) e ad accompagnare al recipiente le istruzioni per l’uso e le informazioni sulla sicurezza, come richiesta in Allegato III, punto 2. Questo significa che, anche se di dimensione limitata, il recipiente deve essere sempre realizzato in modo che risulti sicuro, adottando le disposizioni delle norme armonizzate, anche se non richiede la marcatura CE e può essere immesso sul mercato senza dover adottare una delle procedure di certificazione previste dalla Direttiva.

Al contrario, nel caso in cui il prodotto PS x V superi il valore di 50 bar x l è necessario che siano rispettati i requisiti essenziali di sicurezza in Allegato I, che sia preparata la pertinente documentazione tecnica ed è necessario adottare una delle procedure di certificazione previste dalla Direttiva prima della immissione sul mercato del prodotto (che dovrà presentare idonea marcatura CE come previsto dalla Direttiva).

La procedura di certificazione, descritta in Allegato II della Direttiva, consiste in un esame “UE” del tipo effettuato da un Organismo Notificato esterno (reperibile a questo indirizzo: http://ec.europa.eu/enterprise/newapproach/nando/index.cfm ). L’esame UE del tipo è la parte di una procedura di valutazione della conformità con la quale un Organismo Notificato esamina il progetto tecnico del recipiente e verifica che rispetti le prescrizioni della direttiva. L’esame UE del tipo consiste in prove e verifiche da effettuarsi prima della fabbricazione in serie del recipiente e, dunque, prima della sua immissione sul mercato. La procedura di certificazione da adottare è, in realtà, tanto più complessa ed invasiva, da parte dell’Organismo Notificato, quanto più alto è il valore PS x V del recipiente e dunque la sua pericolosità, secondo una logica assodata già presente nelle altre Direttive nuovo approccio esistenti (PED, Atex, macchine, ecc.).

In ultimo, è bene ricordare che i recipienti a pressione oggetto della Direttiva 2014/29/UE, per quanto concerne la messa in servizio e l’esercizio nel tempo da parte dell’utilizzatore finale, sono oggetto, in Italia, del Decreto Ministeriale n° 329 del 01/12/2004 che, dal campo di applicazione, esclude esclusivamente i recipienti con capacità inferiore a 25 l e, se con pressione inferiore a 12 bar, anche quelli fino ad una capacità di 50 l. Per tutti i restanti recipienti a pressione oggetto della Direttiva 2014/29/UE il Datore di Lavoro, prima di utilizzare il serbatoio, è tenuto ad effettuare una dichiarazione di messa in servizio all’INAIL e, nei casi previsti dal decreto stesso, far effettuare delle prove di messa in servizio (primo impianto) e delle prove di riqualificazione periodica nel tempo che possano garantire il mantenimento delle condizione di sicurezza del serbatoio.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Scelta e utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale
04/07/2014
Secondo le disposizioni dell’art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. il Datore di Lavoro è tenuto a valutare tutti i rischi a cui sono esposti i lavoratori, elaborando il documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 28 del medesimo decreto. Da questo documento, potrebbe emergere la necessità, per gli operatori, di indossare specifici Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) durante l’esecuzione delle attività previste. Ma in che modo il Datore di Lavoro può scegliere i DPI più idonei e come essi devono essere utilizzati?
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Datori di lavoro nell’effettuare la valutazione dei rischi prevista dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. evidenziando la necessità o meno di scegliere e adottare specifici DPI per le attività previste in azienda.
 
In accordo all’art. 74 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. è considerato Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) una qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza e la salute durante il lavoro o accessorio destinato a tale scopo. La necessità o meno di ricorrere all’utilizzo dei DPI durante le attività previste in azienda deve emergere dalla valutazione dei rischi; questo documento, richiesto dall’art. 28 del D.Lgs. 81/2008, deve a sua volta evidenziare le modalità attuate in azienda per ridurre i rischi correlati alle diverse attività esponendo, in ultimo, i lavoratori esclusivamente a quelli che sono identificabili come rischi residui. Nello specifico, l’art. 75 indica come i DPI debbano essere adottati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
 
In definitiva, la scelta di adottare specifici DPI deve essere individuata come l’ultima soluzione possibile per ridurre l’esposizione dei lavoratori ai rischi residui, così come individuati nel documento di valutazione dei rischi e così come già parzialmente ridotti dalle misure sopra indicate. Ma in che modo è possibile scegliere i DPI più idonei al rischio a cui è esposto l’operatore e al tipo di attività lavorativa richiesta?
 
Anzitutto, è necessario che i DPI siano conformi alla Direttiva 686/99, recepita in Italia dal D.Lgs. 475/1992 e che vengano seguite le seguenti indicazioni:
 
  • i DPI devono essere adeguati ai rischi da prevenire e non devono, di per sé, arrecare ulteriori possibili rischi all’operatore;
  • i DPI devono essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
  • i DPI devono tenere conto delle esigenze ergonomiche e/o di salute del lavoratore;
  • i DPI devono poter essere adattati secondo le necessità;
  • in caso di rischi multipli, l’uso simultaneo di più DPI deve garantire l’efficacia degli stessi (dunque, i diversi DPI utilizzati, devono essere tra loro compatibili).
 
Tutte queste considerazioni che portano alla scelta dei corretti DPI, devono emergere, come evidenziato anche dall’art. 77 del D.Lgs. 81/2008, dalla valutazione dei rischi: la scelta dei DPI deve essere adeguata ai rischi a cui è esposto l’operatore, considerando anche ulteriori possibili fonti di rischio determinate dagli stessi DPI; si consideri, per esempio, l’utilizzo di tappi otoprotettori eccessivamente “coprenti” rispetto al rumore da cui si vuole proteggere l’operatore: questa errata scelta dei DPI porterebbe l’operatore ad essere isolato completamente dai rumori dell’ambiente di lavoro e dunque esposto a rischi supplementari che, in caso di corretta scelta di sistemi di protezione dell’udito, non presenterebbe. Le caratteristiche dei DPI sono dunque fondamentali in quanto evitano il verificarsi di questo ulteriore rischio; esse sono individuabili dalle schede tecniche dei fabbricanti e sono indispensabili per valutare l’adeguatezza del DPI rispetto al luogo di lavoro previsto e al rischio a cui è esposto l’operatore.
 
Pertanto, il Datore di Lavoro, anche sulla base delle indicazioni dei fabbricanti dei DPI, individua le condizioni in cui i DPI devono essere utilizzati in funzione della entità del rischio, della frequenza di esposizione al rischio, delle caratteristiche del posto di lavoro e delle prestazioni degli stessi DPI. Il passo successivo è quello di comunicare agli operatori tali informazioni, arrivando dunque ad una vera e propria attività di formazione che possa evidenziare che cosa sono i DPI, quando devono essere utilizzati, per quanto tempo e in che modo devono essere indossati. in pratica, qualora siano previsti dalla valutazione dei rischi, i DPI devono diventare oggetto della più generica attività di formazione, informazione e addestramento agli operatori, come prevista dall’art. 73 del D.Lgs. 81/2008.
 
Dato che la sicurezza dell’operatore deve essere garantita nel tempo, è obbligo del Datore di Lavoro anche quello di verificare, periodicamente, lo stato dei diversi DPI, assicurandone le condizioni di igiene, mediante la manutenzione e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal corrispondente fabbricante.
 
In ultimo, si vuole qui ricordare come i DPI siano distinti in tre categorie:
 
  • Prima categoria: elenca dispositivi di progettazione semplice, destinati a proteggere l’operatore da rischi di danni fisici di lieve entità (ad esempio, guanti da giardinaggio, occhiali da sole, ecc.).
  • Seconda categoria: elenca dispositivi che non rientrano né nella prima né nella terza categoria (per esempio, scarpe da lavoro, casco, ecc.).
  • Terza categoria: elenca dispositivi di progettazione complessa, destinati a salvaguarda da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente (ad esempio, dispositivi contro le cadute dall’alto, sistemi di protezione delle vie respiratorie, ecc.).
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Ricarica di batterie e problematiche ATEX
01/07/2014
La zonizzazione ATEX è un argomento che tocca tutti i Datori di Lavoro e le aziende, indipendentemente dall’attività lavorativa svolta. Infatti il D.Lgs. 81/2008 richiede che obbligatoriamente ogni azienda debba elaborare un “Documento sulla protezione contro le esplosioni”. 
La problematica relativa alla ricarica di batterie, siano esse di trazione (carrelli elevatori e transpallet) o stazionarie (UPS, soccorritori e grossi gruppi di continuità), crea spesso confusione e si riscontrano da parte di aziende, consulenti e, talvolta, enti preposti soluzioni disparate,  in alcuni casi eccessivamente cautelative o al contrario inefficaci.
La problematica è però bene descritta da due norme abbastanza misconosciute e disattese: MTM Consulting può seguire la tua azienda nel definire la soluzione corretta e sufficiente nel tutelare i tuoi lavoratori e rispettare la normativa vigente.
 
Gli obblighi legislativi espressi dal D.Lgs. 81/2008, nello specifico “Titolo XI Protezione da atmosfere esplosive”, impongono al Datore di Lavoro di prevenire e valutare l’effettiva formazione di atmosfere esplosive tramite la redazione di uno specifico “Documento sulla protezione contro le esplosioni”, Art. 294 del D.Lgs. 81/2008, che deve contenere una effettiva zonizzazione di queste aree.
 
Questo documento è il punto di partenza per valutare poi, sulla base della zonizzazione effettuata, numerosi aspetti procedurali e tecnici, primo tra tutti l’adeguatezza delle apparecchiature elettriche e meccaniche installate all’interno delle zone identificate; le apparecchiature devono infatti essere marcate secondo la specifica Direttiva ATEX dai rispettivi fabbricanti, in funzione del tipo di zona e di sostanza.
 
La zonizzazione in generale viene realizzata basandosi su specifiche Norme CEI EN della serie 60079-10 e 61241-10, e tramite le relative Guide interpretative CEI 31-35 e CEI 31-56 secondo i seguenti passaggi, che si applicano in particolare a gas e liquidi infiammabili e polveri elettrostatiche.
 
Il caso delle batterie è però un caso particolare che viene mal descritto dalle succitate norme, che tendono a sovrastimare la portata di emissione di idrogeno dalla ricarica di batterie al piombo.
 
Le batterie comunemente utilizzate in azienda si distinguono, come già anticipato, in:
 
  • batterie di trazione, ovvero le batterie che equipaggiano carrelli elevatori, transpallet, nelle macchine per la pulizia, etc.
  • batterie stazionarie, ovvero batterie che equipaggiano gli UPS (integrate o meno), servizi ausiliari di centrali elettriche e telefoniche, soccorritori, etc.
 
Le batterie vengono solitamente ricaricate in locali dedicati, oppure in zone poste all’interno di locali anche produttivi.
 
Per la zonizzazione, in alternativa alle Norme CEI EN della serie 60079-10, generiche per i gas, è possibile fare riferimento alle norme EN 50272-2 (CEI 21-39) sulle batterie stazionarie e EN 50272-3 (CEI 21-42) sulle batterie di trazione. Queste due norme analizzano la problematica soffermandosi in particolare sulla corretta ventilazione da garantire alle zone dove sono ubicati i punti di ricarica.
 
L’idrogeno ha infatti un elevato livello di esplodibilità, essendo sufficiente una concentrazione del 4% in aria, per innescare un’esplosione (Limite Inferiore di Esplodibilità). Le norme EN si propongono quindi di mantenere la concentrazione di idrogeno significativamente al di sotto del 4%, attraverso la garanzia di un’idonea ventilazione.
 
La parte interessante è che, essendo appositamente studiate per una problematica specifica, riescono a dare, in funzione del numero massimo di batterie ricaricate e delle loro caratteristiche, indicazioni molto precise e non troppo sovrastimate, facendo sì che nella maggior parte dei casi possa essere sufficiente garantire un’adeguata ventilazione naturale, senza quindi dover installare cappe dedicate, che in alcuni casi potrebbero diventare veri e propri punti di emissione, introducendo problematiche gestionali e tecniche.
 
Le norme EN 50272-2 e EN 50272-3 individuano i provvedimenti necessari nei locali batterie al fine di prevenire il pericolo di esplosione dovuto all’emissione di idrogeno.
 
Le norme quindi analizzano la problematica ATEX specifica dei locali di ricarica:
 
  • prescrivono che i locali batterie siano dotati di una ventilazione (naturale o forzata) minima per mantenere la concentrazione di idrogeno ampiamente inferiore al 4%;
  • indicano come calcolare la ventilazione necessaria e l’ampiezza minima delle aperture per garantirla;
  • specificano che, anche in presenza di un’idonea ventilazione, in prossimità delle batterie è presente comunque una zona potenzialmente esplosiva;
  • forniscono formule semplificate per calcolarne l’estensione.
 
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Scaffalature statiche in metallo: utilizzo e manutenzione
01/07/2014
La gestione dei sistemi di immagazzinamento statici è uno degli aspetti più comuni e maggiormente diffusi nelle aziende di qualsiasi settore. Le implicazioni legate alla sicurezza sono molto elevate: la gravità degli infortuni legati ad un incidente che avviene durante una errata gestione dei sistemi di immagazzinamento è infatti molto significativa; questa condizione fa sì che risultino essere, per alcune tipologie di aziende che non presentano altre lavorazioni particolarmente rischiose, la maggiore fonte di rischio sul luogo di lavoro.
Inoltre la presenza diffusa di sistemi di immagazzinamento statici obsoleti necessita e rende ancora più importante la sorveglianza in merito al corretto funzionamento e utilizzo degli stessi nonché la continua e strutturata manutenzione.
Nel corso del presente articolo vogliamo illustrare gli obblighi di legge in merito a questa tipologia di attrezzature di lavoro e i contenuti di una norma specifica in merito a utilizzo e manutenzione delle attrezzature di immagazzinaggio.
 
Questo tipo di attrezzature non rientrano in una Direttiva di Prodotto specifica e quindi non devono ad oggi essere Marcate CE nel loro insieme. La progettazione, la realizzazione, i metodi di collaudo, le metodologie di determinazione delle portate dei singoli componenti e le qualifiche che il costruttore deve possedere per svolgere tutte queste attività sono pero strettamente normate e vincolate al rispetto di norme costruttive consolidate, tra cui gli eurocodici in merito alle strutture metalliche.
Il fabbricante è comunque tenuto a fornire un Manuale di Installazione e Manutenzione e le indicazioni di portata in merito a intera scaffalatura, singola campata e singolo ripiano.
 
Le scaffalature metalliche come portapallet, portaripiani, cantilever, drive in, utilizzate nei luoghi di lavoro sono da considerarsi a tutti gli effetti attrezzature di lavoro ai sensi del D.Lgs. 81/2008, come specificato anche dal parere del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Div. VII prot. 21346 – 074. Il Datore di Lavoro è quindi tenuto a rispettare gli obblighi generici in merito alle attrezzature di lavoro ed in particolare quelli contenuti nel Titolo III.
Il Datore di Lavoro deve quindi mettere a disposizione attrezzature conformi alle normative vigenti in materia e in generale deve quindi:
 
  • garantire che installazione e utilizzo avvengano in conformità alle istruzioni d’uso del fabbricante, istruzioni che devono sempre e comunque essere presenti in azienda;
  • garantire che a seguito dell’installazione venga eseguito un collaudo iniziale dell’attrezzatura;
  • garantire l’idonea manutenzione, tramite la redazione di un piano di manutenzione, al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza.
 
In generale in merito all’istallazione valgono le seguenti prescrizioni:
 
  • le scaffalature devono essere poste su un pavimento resistente, piano e antisdrucciolevole ove la circolazione di veicoli e pedoni sia debitamente regolata;
  • devono essere attuate tutte le misure atte ad evitarne il ribaltamento, come il fissaggio a terra e l’eventuale ancoraggio ad altre strutture;
  • deve essere presente un cartello ben visibile a indicare la portata massima di progetto in kg per metro quadrato di superficie, la portata della singola campata e del singolo ripiano;
  • non devono presentare parti sporgenti tali da provocare lesioni;
  • i montanti devono poggiare su basette di ripartizione del peso sul pavimento;
  • i montanti devono esser protetti alla base da appositi ripari, per evitare il contatto diretto della scaffalatura con un mezzo di trasporto;
  • nel caso sul retro o sul lato della scaffalatura sia presente una via di circolazione devono essere installati idonei correnti anticaduta o dispositivi analoghi, atti ad impedire la caduta accidentale del carico durante la fase di stoccaggio.
 
Nel 2009 è stata pubblicata dall’UNI la norma UNI EN 15635 “Sistemi di stoccaggio statici di acciaio - Utilizzo e manutenzione dell'attrezzatura di immagazzinaggio”. Essendo una norma la sua applicazione è volontaria ma funge da perfetta linea guida per una corretta e completa gestione della problematica a livello aziendale e per la stesura di una procedura aziendale in merito.
 
La prima parte della norma espone varie problematiche ed aspetti da tenere in considerazione per pianificare e progettare il posizionamento dei sistemi di stoccaggio, aspetti operativi da osservare nel corso dell’installazione (metodi di fissaggio a terra, verifica del corretto appoggio a terra, come posizionare i rinforzi, come fissare i ripiani, come e quando collegare tra loro le varie scaffalature, misure minime da rispettare, etc.), come affrontare la modifica di un sistema di stoccaggio.
La seconda parte della norma specifica e fornisce indicazioni precise su come operare in prossimità delle scaffalature, in funzione del tipo di sistema di immagazzinamento, concentrandosi in particolare sulle corrette manovre da effettuare utilizzando carrelli elevatori, transpallet e autocarri.
L’ultima parte invece riporta una metodologia per effettuare una manutenzione regolare e segnalare anomalie o incidenti che possono diminuire il livello di sicurezza e resistenza delle scaffalature.
 
La gestione delle scaffalature di stoccaggio richiede un approccio simile a quello riservato a i macchinari industriali. Il Testo Unico appunto accomuna queste apparecchiature a vere e proprie attrezzature di lavoro.
Gli obblighi di legge non sono particolarmente difficoltosi da rispettare ma è inevitabile che richiedano attenzione e tempo per il loro corretto e continuo adempimento, in particolare per quanto riguarda la progettazione e pianificazione del lay-out delle aree di stoccaggio e l’effettuazione delle verifiche di manutenzione.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Sicurezza e valutazione dei rischi sulle macchine utilizzate in azienda
06/05/2014
In accordo a quanto richiesto dall’art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. il Datore di Lavoro è tenuto a valutare tutti i rischi a cui sono esposti i propri lavoratori, nelle diverse mansioni previste, con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 28 del medesimo decreto. Tuttavia, in questa valutazione, spesso non sono considerati i rischi correlati all’uso delle attrezzature di lavoro di cui al Titolo III del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Questa mancanza è molte volte legata all’idea che sia sufficiente mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature marcate CE oppure sufficientemente messe in sicurezza. In realtà, gli obblighi del Datore di Lavoro rispetto a questo aspetto sono ben altri.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Datori di lavoro nell’effettuare una valutazione dei rischi sulle proprie macchine e impianti al fine di ottemperare alle richieste in tal senso del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.. La valutazione dei rischi è realizzata in modo da evidenziare la conformità della macchina rispetto alla normativa di riferimento (specificando quali dovranno essere gli eventuali interventi per migliorarne la sicurezza) e in modo da valutare i rischi correlati alle attività effettuate dall’operatore sulla macchina sottolineando i rischi residui a cui sono esposti gli stessi lavoratori nella loro attività lavorativa.
 
Come noto, il Datore di Lavoro è tenuto ad effettuare una valutazione dei rischi correlata alle attività eseguite presso la propria azienda in modo da esporre i propri lavoratori esclusivamente a quelli che sono identificabili come rischi residui. L’art. 17 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. puntualizza come il Datore di Lavoro debba valutare tutti i rischi a cui sono esposti i lavoratori e come conseguenza arrivi ad elaborare un documento di valutazione di tali rischi. Tuttavia, è prassi non effettuare alcun tipo di valutazione in merito ai rischi correlati all’uso delle attrezzature di lavoro di cui al Titolo III del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
Infatti, gli obblighi del Datore di Lavoro in merito cadono esclusivamente sulla conformità e sulla scelta delle attrezzature (art. 71, D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.). Quindi le attrezzature di lavoro devono essere conformi alla legislazione di riferimento (dunque rispettare i recepimenti italiani delle direttive europee oppure rispettare la legislazione italiana previgente) ed essere scelte conformemente alla loro destinazione d’uso e all’ambiente di installazione, al fine di non esporre i lavoratori a rischi supplementari a quelli legati all’uso delle stesse attrezzature. Tuttavia, come richiesto dall’art. 17 citato, il Datore di Lavoro è, come detto, tenuto a considerare tutti i possibili rischi a cui sono esposti i lavoratori, e dunque anche i rischi correlati all’uso delle attrezzature di lavoro (in questo senso, per uso, si intende quanto indicato in art. 69 e quindi non solo l’utilizzo in senso stretto, ma anche il trasporto, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, ecc.). Ma come effettuare la valutazione dei rischi legati all’uso di una attrezzatura di lavoro?
 
Anzitutto è necessario che la valutazione dei rischi possa confermare quello che è un obbligo esplicito del Datore di Lavoro, vale a dire la conformità delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori (art. 71, comma 1). Infatti, non è sufficiente che la macchina o impianto sia marcato CE per garantire questa richiesta. Lo stesso art. 70, comma 1, specifica che le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto. In definitiva, il Datore di Lavoro non solo deve verificare che vi sia la marcatura CE, ma deve soprattutto verificare che la macchina rispetti effettivamente le direttive di prodotto ad essa applicabili (tipicamente, la direttiva macchine). Questa verifica risulta possibile solo a fronte di una valutazione dei rischi correlati alla macchina che possa evidenziare l’effettiva conformità della stessa con le direttive di riferimento. Analoga considerazione vale per quelle attrezzature di lavoro troppo vecchie e dunque prive di marcatura CE; l’obbligo è che esse rispettino i requisiti generali di sicurezza indicati in Allegato V, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Anche in questo caso solo tramite un’attenta valutazione dei rischi sarà possibile evidenziare o meno la conformità dell’attrezzatura di lavoro ai requisiti di sicurezza “minimi” richiesti dall’Allegato V.
 
Un secondo aspetto che deve evidenziare la valutazione dei rischi è quello legato ai rischi correlati strettamente alla modalità di utilizzo delle singole attrezzature di lavoro. Spesso questo aspetto non è legato ai pericoli intrinseci presenti sulla stessa attrezzatura quanto piuttosto alla effettiva modalità di interfacciamento dell’operatore con la macchina. Quest’ultima considerazione non è univoca in quanto può dipendere dalla cultura aziendale legata alla sicurezza e dal livello di formazione e addestramento dell’operatore incaricato di utilizzare la macchina. Lo scopo della valutazione dei rischi, in questo senso, deve essere quello di analizzare i pericoli legati alle procedure di uso della macchina, soffermandosi in particolare su quelli che sono pericoli nascosti (come quelli ergonomici) che potrebbero non essere correlati alla conformità o meno della macchina quanto più strettamente all’interfacciamento dell’operatore con la macchina stessa. Una volta analizzati i pericoli, è necessario evidenziare le situazioni pericolose correlate al pericolo (dunque, quando un operatore risulta esposto a uno o più pericoli) e successivamente, sfruttando una delle metodologie armonizzate e previste dalle norme tecniche, effettuare una valutazione dei rischi correlati a quelle modalità di intervento per valutare se il rischio è sufficientemente basso (dunque residuo) oppure se è possibile prevedere modalità di intervento alternative o ulteriori interventi di formazione, informazione e addestramento (art. 73, D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) che possano garantire agli operatori un’esposizione al rischio inferiore.
 
Lo scopo deve essere sempre lo stesso: arrivare ad una messa in sicurezza delle attrezzature e ad una analisi delle modalità operative sulla macchina che, insieme, possano portare ad una riduzione dei rischi correlati all’uso della macchina stessa da parte del lavoratore.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Lavoratrici Madri e sicurezza sul lavoro
06/05/2014
In merito alla valutazione dei rischi vi sono spesso aspetti sottovalutati dai Datori di Lavoro. Uno di questi riguarda in generale la considerazione degli addetti di sesso femminile presenti in azienda e adibiti a differenti attività, siano esse produttive dirette o indirette. Se da una parte infatti è necessario svolgere una vera e propria valutazione del rischio per le lavoratrici gestanti, dall’altra il Testo Unico impone anche di tenere in considerazione nella valutazione del rischio le differenze di genere nella popolazione lavorativa aziendale.
 
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel valutare quali aspetti delle tue attività devono essere considerati in riferimento al genere dei lavoratori e quali devono essere evitati per le donne in gravidanza.
 
Come detto nell’introduzione il Testo Unico presenta in vari punti, tra cui nelle vere e proprie finalità del Decreto stesso, considerazioni che richiedono al Datore di Lavoro di gestire rischi particolari presenti in azienda, come ad esempio quelli derivanti dalle diversità di genere dei propri addetti. Ciò significa effettuare delle valutazioni che prendano in considerazione le differenze esistenti e sicuramente, tra i temi più delicati e dominanti, vi è la valutazione della possibilità di poter svolgere un’attività tal quale da parte di lavoratrici in gravidanza.
 
In merito alle attività che una donna può svolgere in stato di gravidanza viene richiesto al Datore di Lavoro di eseguire una mappatura delle lavorazioni ove opera personale di sesso femminile, indicando quali sono gli aspetti critici delle singole attività aziendali per una donna in gravidanza.
 
L’elenco completo delle situazioni particolarmente rischiose per le donne in gravidanza è di per sé contenuto nello specifico D.Lgs. 151/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”.
 
Tale Decreto propone un elenco dei pericoli generici e situazioni pericolose correlate, fattori di rischio presenti e esempi di modalità per gestire il rischio in questione.
 
Il Datore di Lavoro deve quindi, per ogni mansione o attività presente in azienda, elencare quali sono i pericoli generici citati dal D.Lgs. 151/2001 per le lavoratrici gestanti e indicare se è possibile mettere in atto una specifica modalità per gestire il rischio. Ad esempio tra i pericoli generici viene indicata la postura sempre in piedi, postura caratteristica della maggior parte delle attività operative manuali. Il Datore di Lavoro può giustificare lo svolgimento di un’attività avente questo pericolo da parte di una sua addetta gestante solo se garantisce che vi è la reale e costante possibilità da parte della lavoratrice di alternare la propria posizione da eretta a seduta nel corso del turno lavorativo.
 
Nel caso il Datore di Lavoro non riesca a far fronte a questa richiesta deve adibire momentaneamente ad altra mansione la lavoratrice o richiedere che alla stessa venga consentita l’astensione anticipata dall’attività lavorativa.
 
Altri pericoli e situazioni pericolose correlate da prendere in considerazione e gestire o limitare sono sicuramente (elenco non esaustivo):
 
  • lavoro a turni;
  • postura sempre seduta;
  • lavoro in postazioni sopraelevate;
  • lavoro solitario, isolato da altri addetti;
  • stress professionale;
  • mancanza di spazi per riposare;
  • scarsi livelli di igiene;
  • alimentazione e orari pasto inadeguati;
  • colpi e vibrazioni;
  • rumore;
  • radiazioni elettromagnetiche e ionizzanti;
  • sollecitazioni termiche;
  • agenti chimici e biologici;
  • movimentazione manuale di carichi;
  • lavoro su mezzi in movimento.
 
Alcune di queste situazioni pericolose, come riportato nel D.Lgs. 151/2001, se non eliminabili, obbligano non soltanto a decidere per l’astensione anticipata, ma riguardano anche l’intero periodo di allattamento. Sono queste stesse anche le tipologie di pericoli che devono essere valutati tenendo conto appunto delle differenze di genere.
 
Una volta mappate le attività che presentano questi pericoli e gli accorgimenti per gestire gli stessi in caso di lavoratrice in gravidanza, il Datore di Lavoro deve produrre una specifica informativa da consegnare a tutte le lavoratrici.
 
L’informativa riepiloga le mansioni aziendali, i correlati pericoli citati dal D.Lgs. 151/2001 e la possibilità o meno di poter gestire questi rischi in caso di gravidanza. Inoltre nell’informativa si deve fare poi specifico riferimento al parere del Medico Competente: è infatti a questa figura professionale che, caso per caso, si assume la responsabilità di giudicare le condizioni di salute della lavoratrice, le condizioni lavorative della mansione svolta, le reali possibilità di gestione dei rischi e quindi la necessità o meno di richiedere l’astensione anticipata dall’attività lavorativa, nonché le precauzioni da prendere nel periodo dell’allattamento.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Elusione dei ripari e dei dispositivi di protezione di una macchina
02/04/2014
La scelta dei ripari e dei dispositivi di protezione di una macchina rientra nel processo di valutazione dei rischi che il Fabbricante è tenuto ad effettuare con lo scopo di dimostrare come la macchina soddisfi tutti i requisiti di sicurezza applicabili della Direttiva Macchine 2006/42/CE. A tal proposito, la scelta di come proteggere l’operatore dai pericoli presenti sulla macchina, anche al fine di evitare fenomeni di elusione da parte dell’utilizzatore, deve rispettare precisi criteri, definiti dagli stessi requisiti essenziali della Direttiva e dalle norme tecniche di riferimento. A fronte di una facile elusione di un riparo o di un dispositivo di protezione, è identificabile, infatti, anche una responsabilità del Fabbricante della macchina in quanto la scelta progettuale effettuata, evidentemente errata, è il risultato della valutazione dei rischi la cui responsabilità è, appunto, del Fabbricante.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti di macchine nella stesura della valutazione dei rischi e dunque nella scelta dei ripari e dei dispositivi di protezioni più idonei in funzione della zona della macchina da proteggere e in funzione degli interventi previsti da parte dell’operatore, in modo che venga il più possibile ridotta l’eventualità di elusione da parte dell’utilizzatore finale.

Come sappiamo, il Fabbricante di una macchina, prima di procedere alla immissione sul mercato o alla messa in servizio, è tenuto a effettuare l’intero iter che porta alla marcatura CE del prodotto. Il documento principale da realizzare è il Fascicolo Tecnico, al cui interno deve essere presente la valutazione dei rischi il cui scopo unico è proprio quello di dimostrare come la macchina soddisfi tutti i requisiti applicabili della Direttiva Macchine 2006/42/CE.

Relativamente alla scelta dei ripari e dei dispositivi di protezione che il Fabbricante applica sulla macchina in modo da ridurre i rischi correlati al suo utilizzo, è importante valutare quanto riporta il requisito essenziale di sicurezza 1.4.1: “I ripari e i dispositivi di protezione (…) non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci, (…)” e ancora “devono permettere gli interventi indispensabili per l'installazione e/o la sostituzione degli utensili e per i lavori di manutenzione, limitando però l'accesso soltanto al settore in cui deve essere effettuato il lavoro e, se possibile, senza smontare il riparo o senza disattivare il dispositivo di protezione”. Dalla lettura del requisito si evince dunque come il Fabbricante sia tenuto ad effettuare una attenta scelta del tipo di riparo o di dispositivo di protezione da adottare per proteggere la macchina. In linea di principio gli interventi, anche di manutenzione, dovrebbero essere fatti senza dover ricorrere allo smontaggio del riparo o senza aggirare i dispositivi di protezione adottando opportune scelte progettuali (per esempio, l’adozione di un selettore del modo di comando e/o di funzionamento in accordo a quanto definito dal requisito di sicurezza 1.2.5); in ogni caso i ripari e i dispositivi di protezione devono sempre essere progettati per non essere facilmente elusi. A riguardo è bene riferirsi a quanto riportano le norme tecniche armonizzate alla Direttiva.

La norma UNI EN ISO 14119: 2013 relativa ai dispositivi di interblocco associati ai ripari mobili interbloccati, fornisce specifiche indicazioni tecniche e progettuali da adottare al fine di evitare fenomeni di elusione degli stessi dispositivi da parte dell’utilizzatore. La stessa norma UNI EN ISO 12100: 2010 che definisce i criteri generali di progettazione al fine di integrare la sicurezza all’interno della progettazione della macchina, fornisce chiarimenti in merito alla scelta dei ripari e dei dispositivi di protezione evidenziando come questa scelta debba essere effettuata durante la stessa valutazione dei rischi. Infatti, tra i vari aspetti da considerare durante la stima del rischio associato ad una definita situazione pericolosa vi è anche la necessità di considerare la possibilità di neutralizzare o eludere le misure di sicurezza, da parte dell’utilizzatore (rif. punto 5.5.3.6 della norma UNI EN ISO 12100: 2010). Gli aspetti da valutare e che possono essere all’origine di una elusione della misura di protezione adottata, sono principalmente i seguenti:

  • la misura di protezione diminuisce la produttività della macchina o interferisce con le attività che l’operatore deve effettuare. In questo caso si tratta evidentemente di una errata progettazione o scelta della misura di protezione da parte del Fabbricante. La misura di protezione, infatti, deve garantire, nel contempo, massima produttività alla macchina e massima sicurezza all’operatore;
  • la misura di protezione è difficile da usare (si pensi, ad esempio, ad un dispositivo laser scanner che, qualora non sia correttamente programmato, apporterebbe solo continui fermi alla produzione e quindi, alla lunga, verrebbe scollegato da parte dell’utilizzatore);
  • la misura di protezione non è riconosciuta dall’operatore oppure è ritenuta non adeguata per la zona pericolosa che si vuole proteggere.

La logica, dunque, è sempre quella di valutare attentamente quale misura di protezione adottare, riparo o dispositivo di protezione, partendo da alcune considerazioni, quali frequenza di accesso alla zona pericolosa, numero di persone coinvolte in zona, ambiente di installazione della macchina, necessità di contenere parti espulse della macchina, ecc. Tutte queste indicazioni sono contenute nella norma UNI EN ISO 12100: 2010. La giusta scelta della misura di protezione deve, dunque, essere finalizzata non solo a ridurre il rischio di esposizione dell’operatore alla zona pericolosa, ma anche a ridurre la possibilità di elusione da parte dell’utilizzatore.

Chiaramente non sarà mai possibile impedire completamente fenomeni di elusione, tuttavia è opportuno che la progettazione della macchina sia orientata a rendere tali interventi quanto più complessi possibile, da intendersi come vere attività di manomissione sulla macchina; l’elusione semplice, ottenuta con l’ausilio di oggetti facilmente reperibili (nastro adesivo, cacciavite, fascette, ecc.) deve essere assolutamente evitata e questo aspetto deve essere considerato già durante la fase di progettazione della macchina.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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La Valutazione del Rischio di Esposizione a Agenti Biologici
01/04/2014

Per rischio biologico si intende la probabilità che un individuo entri in contatto con un organismo patogeno, si infetti e contragga una malattia. Questo tipo di rischio, indipendentemente dall’attività svolta in azienda, deve essere considerato dal Datore di Lavoro tramite una valutazione dei rischio formalizzata. Il rischio è potenzialmente sempre presente in tutti gli ambienti di vita e di lavoro e il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 vi dedica un intero titolo, il Titolo X Esposizione ad agenti biologici.

 

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel valutare l’applicabilità dei disposti legislativi e nella formalizzazione della valutazione stessa del rischio, individuando le attività di prevenzione, protezione e monitoraggio da intraprendere sul luogo di lavoro.
 
Sebbene il rischio di esposizione ad agenti biologici venga spesso associato a metodologie di lavoro in un ambiente nel quale si manipolino agenti biologici, come ad esempio un laboratorio di ricerca o una struttura sanitaria, rischi analoghi possono essere presenti nelle altre attività lavorative, ovvero nelle attività che non prevedono la manipolazione di questi agenti come scopo principale, ma che in alcuni tipi di lavorazioni possono esporre i lavoratori a rischi di contatto con agenti biologici. È questo il caso di chi compie, ad esempio, attività di sanificazione, spurgo di sistemi fognari, accesso in aree remote dell’azienda e con livelli di igiene minimi non garantiti, trattamento e stoccaggio di rifiuti, gestione di depuratori aziendali, interventi su sistemi aeraulici, etc.
 
Allo specifico articolo 271 “Valutazione del rischio”, al comma 5, il Testo Unico indica, in merito al rischio di esposizione ad agenti biologici, quali sono le parti che devono essere comprese nel documento di valutazione specifico:
 
  1. “le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
  2. il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a) […];
  3. i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate”.
 
Il punto di partenza quindi fondamentale, per quelle aziende che non manipolano di per sé agenti biologici, lo riveste l’analisi iniziale dei possibili scenari di esposizione, indicando tutte le attività durante le quali risulta possibile incorrere nel contatto con un agente biologico.
 
A differenza poi di quello che accade per gli agenti chimici, non è possibile stabilire un Valore Limite di Esposizione, ovvero definire delle dosi (sul modello TLV per le sostanze chimiche) che abbiano funzione di soglia per discriminare tra condizioni di presenza e assenza di rischio.
 
Analogamente però a quanto accade per gli agenti chimici, sono state nel tempo realizzati ed approvati metodi qualitativi / quantitativi proposti da ARPA e INAIL, in modo da ricavare un Indice di Rischio partendo dalle caratteristiche mappabili relative all’attività a rischio di esposizione.
 
La valutazione del rischio di esposizione ad agenti biologici deve quindi essere condotta sulla base di tutte le informazioni disponibili relative alle peculiarità degli agenti biologici e alle modalità lavorative ed in particolare sulla base di:
 
  • classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana;
  • fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
  • lavoratori esposti;
  • metodi e procedure lavorative adottate, nonché delle misure preventive e protettive applicate.
 
Possibili attività lavorative che possono comportare la presenza di agenti biologici sono indicate nell’Allegato XLIV del D.Lgs. 81/2008, ove le attività lavorative vengono sostanzialmente separate in 3 gruppi.
 
Nel primo gruppo si inseriscono quelle attività nelle quali gli agenti biologici vengano volutamente introdotti nel ciclo lavorativo per: laboratori, ricerca e sperimentazione biologica, sanità, zootecnia e veterinaria, farmaceutica, alimentare (produzione vaccini e farmaci, kit diagnostici con prove biologiche), etc.
 
Nel secondo gruppo rientrano le attività lavorative nelle quali la presenza dell’agente biologico non è voluta, perché non rappresenta uno specifico oggetto dell’attività stessa, ma esso è quasi sempre presente. In questo gruppo rientrano lavoratori addetti a: industria alimentare, agricoltura e zootecnia, macellazione e industria di trasformazione di derivati animali, servizi veterinari e sanitari, servizi di disinfezione e disinfestazione, servizi di raccolta, trattamento e smaltimento rifiuti, etc.
 
Nel terzo gruppo rientrano le attività lavorative nelle quali la presenza dell’agente biologico non è voluta, ma esso può essere presente in quanto non possono essere eliminati i veicoli di trasmissione. In questo gruppo rientrano i lavoratori non inseriti nelle attività dei due gruppi precedenti. Caso esemplare di questo gruppo sono le attività condotte dagli addetti alle pulizie e le attività di manutenzione dei servizi generali, ove si accede generalmente anche ad aree (cabine, vasche, cavedii, sotterranei, tunnel per impianti, locali tecnici in genere) non considerate luoghi di lavoro e nelle quali, generalmente, è possibile che i livelli minimi di igiene non siano rispettati.
 
Anche per questo tipo di attività deve essere svolta una adeguata valutazione del rischio, mappando le lavorazioni specifiche da svolgere e redigendo apposite procedure.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Uso scorretto ragionevolmente prevedibile di una macchina
25/03/2014
In accordo alla Direttiva Macchine 2006/42/CE, il Fabbricante di una macchina deve effettuare una valutazione dei rischi che permetta di dimostrare come la stessa macchina sia conforme ai requisiti di sicurezza dell’Allegato I della Direttiva, e dunque consideri la sicurezza degli operatori durante l’uso previsto della macchina valutandone anche l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile. Anche il Datore di Lavoro deve valutare attentamente l’uso previsto della macchina al momento della scelta delle attrezzature in quanto è l’unica modalità di utilizzo rispetto alla quale il Fabbricante garantisce la sicurezza dell’operatore.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare sia i Fabbricanti di macchine nella realizzazione della valutazione dei rischi, e dunque anche nella individuazione degli usi scorretti ragionevolmente prevedibili da indicare nelle istruzioni, sia i Datori di Lavoro nella individuazione delle corrette procedure di intervento e di sicurezza sulle attrezzature di lavoro anche al fine di rientrare nell’uso previsto dal corrispondente Fabbricante.

In accordo a quanto richiesto dall’art. 70, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. le attrezzature di lavoro che il Datore di Lavoro mette a disposizione dei propri lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto. Qualora le macchine siano eccessivamente “datate” e dunque le direttive di prodotto non siano applicabili, esse devono comunque essere conformi ai requisiti di sicurezza riportati in Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. In entrambi i casi, dunque, il Datore di Lavoro deve accertarsi che le macchine utilizzate non mettano a repentaglio la sicurezza dell’operatore e, come richiesto dall’art. 71 comma 3, che non possano essere utilizzate per eseguire lavorazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Di fatto, il Datore di Lavoro è responsabile della scelta della attrezzatura in funzione del tipo di lavorazione richiesta al fine di utilizzare la stessa attrezzatura solo secondo l’uso previsto dal corrispondente Fabbricante.

Le informazioni relative all’uso previsto della macchina sono reperibili all’interno delle istruzioni per l’uso dove il Fabbricante è tenuto a riportare anche l’uso scorretto ragionevolmente prevedibile, in modo da informare l’utilizzatore finale su quelli che sono gli usi consentiti e scorretti della macchina.

Pertanto il Fabbricante, nel processo di valutazione dei rischi, deve valutare anche l’uso scorretto ragionevolmente prevedibili della macchina. Chiaramente, non deve considerare tutti i possibili utilizzi scorretti della macchina, ma concentrarsi su alcuni utilizzi scorretti, sia intenzionali che involontari, che risultino prevedibili sulla base della propria esperienza su macchine simili o a seguito di infortuni già successi su macchine analoghe. Quindi, durante la stesura del manuale di istruzioni, più il fabbricante fornisce informazioni sull’uso scorretto prevedibili all’utilizzatore finale, più quest’ultimo sarà responsabile delle proprie scelte legate alla modalità di utilizzo della macchina.

In aiuto al Fabbricante, la norma armonizzata UNI EN 12100: 2010, al paragrafo 5.4, fornisce una serie di esempi di utilizzo scorretto della macchina o di comportamento umano facilmente prevedibile da prendere in considerazione durante il processo di valutazione dei rischi. Tali aspetti sono:

  • perdita di controllo della macchina da parte dell’operatore;
  • reazione istintiva di una persona in caso di malfunzionamento, guasto o incidente durante l’uso della macchina;
  • comportamento derivante da mancanza di concentrazione o noncuranza (soprattutto a seguito di intervento prolungato dell’operatore o laddove l’operatore utilizza l’attrezzatura da parecchi anni);
  • comportamento derivante dall’adozione della linea di minor resistenza nell’esecuzione di un compito;
  • comportamento risultante da pressioni per tenere la macchina in esercizio in tutte le circostanze.

Vi sono situazioni abbastanza comuni in azienda che rientrano nei casi di “utilizzo scorretto ragionevolmente prevedibile” e che possono portare anche ad incidenti particolarmente seri:

  • l’utilizzo di una piattaforma di lavoro mobile elevabile per lo sbarco o l’accesso in quota di operatori alla piattaforma di lavoro;
  • l’utilizzo di un carrello elevatore per il sollevamento di persone;
  • la presenza di due operatori su una macchina prevista per un solo operatore (presse meccaniche e oleodinamiche, per esempio);
  • utilizzo di una macchina non sottoposta a manutenzione ordinaria da parte dell’utilizzatore;
  • utilizzo di una macchina utensile secondo finalità diverse da quelle di progetto (per esempio, un trapano è progettato per forare e non per molare).

In ultimo, è bene ricordare come l’utilizzatore può liberamente utilizzare una macchina secondo un utilizzo non previsto dal Fabbricante originario; tuttavia, in questo modo si prefigura una nuova messa in servizio e dunque la necessità, per il Datore di Lavoro, di identificarsi come fabbricante e dover dunque provvedere ad una nuova certificazione della macchina che possa dimostrare come, anche secondo questa nuova modalità di utilizzo, la macchina stessa resti conforme ai requisiti di sicurezza di cui all’Allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Direttiva Macchine: la nuova norma UNI EN 280:2013 relativa alle piattaforme di lavoro mobili elevabili
07/03/2014
Le piattaforme di lavoro mobili elevabili sono macchine, ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE, e rientrano nell’elenco di macchine particolarmente pericolose raccolte in Allegato IV per le quali è necessario adottare una delle procedure di certificazione previste in questo caso dalla stessa Direttiva. Recentemente, è stata pubblicata la nuova versione della norma di tipo C, UNI EN 280:2013 relativa proprio alle piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE).

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti di macchine e impianti oggetto della Direttiva Macchine 2006/42/CE e dunque anche i fabbricante di PLE, nella stesura del fascicolo tecnico e nella realizzazione della valutazione dei rischi che permetta di dimostrare il soddisfacimento di tutti i pertinenti requisiti di sicurezza della Direttiva anche grazie alle indicazioni tecniche delle norme di riferimento.

Prima di immettere sul mercato una macchina, il Fabbricante, in accordo alle richieste della Direttiva Macchine 2006/42/CE, deve adottare la procedure di certificazione stabilita dalla stessa Direttiva. In particolare, per le macchine che rientrano in Allegato IV, il Fabbricante, qualora costruisca la propria macchina in maniera totalmente conforme alla corrispondente norma di tipo C, può adottare tre possibili strade: valutazione della conformità (rispetto alla norma di tipo C) con controllo interno della fabbricazione, certificazione di tipo presso Organismo Notificato oppure Garanzia Qualità totale sempre grazie all’intervento di un Organismo Notificato.

La norma UNI EN 280:2013 è, esattamente, una norma di tipo C e stabilisce i criteri di stabilità, di costruzione, di sicurezza e definisce gli esami e le prove inerenti le piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE) che sono macchine rientranti in Allegato IV (in quanto apparecchi per il sollevamento di persone con caduta verticale superiore a tre metri). Quindi è fondamentale che un fabbricante di PLE conosca e applichi, in fase progettuale e di verifica, le disposizioni della norma.

Cosa si intende esattamente per piattaforma di lavoro mobile elevabile (MEWP dall’inglese): macchina mobile prevista per spostare persone alle posizioni di lavoro, nelle quali svolgono mansioni dalla piattaforma di lavoro, con l’intendimento che le persone accedano ed escano dalla piattaforma di lavoro solo attraverso posizioni di accesso a livello del suolo o nel telaio e che sia costituita almeno da una piattaforma di lavoro con comandi, da una struttura estensibile da un telaio. La norma classifica le PLE in due grossi gruppi, rispetto ai quali fornisce indicazioni di progettazione differenti:

  • Gruppo A: piattaforme di lavoro mobili elevabili nelle quali la proiezione verticale del centro dell’area della piattaforma, in tutte le configurazioni della piattaforma, alla massima inclinazione del telaio specificata dal fabbricante è sempre all’interno delle linee di ribaltamento.
  • Gruppo B: tutte le altre piattaforme di lavoro mobili elevabili.

Un’ulteriore classificazione viene effettuata rispetto alla traslazione:

  • Tipo 1: la traslazione è consentita solo quando la piattaforma di lavoro mobile elevabile è nella configurazione di trasporto.
  • Tipo 2: la traslazione con la piattaforma di lavoro sollevata è controllata da un punto di comando sul telaio.
  • Tipo 3: la traslazione con la piattaforma di lavoro sollevata è controllata da un punto di comando sulla piattaforma di lavoro.

Come detto, la norma è essenziale per i fabbricanti di PLE in quanto definisce i pericoli derivanti dall’utilizzo delle piattaforme di lavoro mobili elevabili e descrive i metodi per l’eliminazione o la riduzione di tali pericoli. Di fatto, la norma è da considerarsi lo strumento principale per effettuare la valutazione dei rischi richiesta dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE e necessaria a dimostrare come la macchina soddisfi tutti i pertinenti requisiti di sicurezza in Allegato I della stessa Direttiva. Infatti, la norma si applica ai calcoli di progettazione strutturale e ai criteri di stabilità, costruzione, esami e prove per la sicurezza prima che le piattaforme di lavoro mobili elevabili siano messe in servizio per la prima volta. A riguardo infatti, il Fabbricante, prima di immettere sul mercato una PLE deve effettuare una serie di esami e prove, in accordo alla norma, che permettano di dimostrare coma l’attrezzatura sia effettivamente conforme alla stessa. Tali esami e prove consistono in:

  • Controllo del progetto: il Fabbricante deve verificare che la PLE sia progettata in conformità alla norma UNI EN 280:2013.
  • Controllo della fabbricazione: il Fabbricante deve effettuare il controllo interno della fabbricazione con cui verifica che il prodotto realizzato sia conforme ai documenti di progetto, deve verificare che siano disponibili i certificati di prova per ogni fune, catena o tubo flessibile, deve accertarsi della qualità delle saldature, ecc.
  • Prove: il Fabbricante, in accordo alla norma, deve effettuare una serie di prove, tra cui principalmente le prove di stabilità e di resistenza.

La sicurezza delle PLE, come di tutte le macchine, viene garantita solo se sono sottoposte a manutenzione ordinaria da parte dell’utilizzatore. La norma chiarisce quindi che i requisiti di sicurezza definiti sono verificati, nel tempo, solo se la PLE viene sottoposta a controlli di manutenzione periodici secondo quanto indicato nelle istruzioni fornite dal fabbricante e secondo le normative nazionali.

MTM Consulting s.r.l. è, dunque, in grado di affiancare i Fabbricanti di piattaforme di lavoro mobili elevabili in modo da realizzare una valutazione dei rischi che copra le richieste della norma UNI EN 280:2013 e quindi permetta di dimostrare come la macchina soddisfi l’obbligo di legge, rappresentato dai requisiti essenziali di sicurezza applicabili riportati nell’allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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La manutenzione elettrica sui macchinari industriali
12/02/2014
Le attività lavorative su impianti elettrici sono tra le attività con il più alto contenuto di specificità e di rischiosità, dove spesso una procedura scritta e applicata in modo corretto può limitare al minimo la probabilità di errore umano.
L’attività di manutenzione elettrica specifica dei macchinari industriali comprende un elevato numero di casistiche e soprattutto riguarda spesso i manutentori interni all’azienda, in particolare per attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, come ad esempio la ricerca guasti o la sostituzione di componenti danneggiati.
Su questa tipologia di interventi vi sono disposti di legge in capo al Datore di Lavoro molto precisi, che spesso vengono sottovalutati o disattesi.
 
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel mappare e procedurizzare le attività di manutenzione elettrica, indicando le necessarie attività di legge che il Datore di Lavoro deve intraprendere.
 
Il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 presenta un capitolo specificatamente dedicato ai lavori elettrici: Titolo III, Capo III Impianti e apparecchiature elettriche.
 
All’Articolo 82 Lavori sotto tensione viene espresso un perentorio obbligo per il Datore di Lavoro: “È vietato eseguire lavori sotto tensione”. Ciò significa che il Datore di Lavoro deve impedire e ovviamente non autorizzare attività di manutenzione su conduttori o componenti in tensione: è possibile unicamente operare su parti di impianto sezionate dalla corrente elettrica, con quindi il sezionatore elettrico generale dell’impianto bloccato, con idoneo dispositivo, in posizione di 0 - OFF. Vediamo una serie di esempi non esaustivi di che cosa può essere considerato lavoro elettrico in tensione:
 
  • sostituzione di un componente (ad esempio un motore elettrico o una scheda) con macchia o impianto o parte di esso alimentata;
  • operazioni su collegamenti elettrici di macchinari con gli stessi alimentati;
  • impiego di tester per effettuare verifiche o ricerca guasti su parti della macchina in tensione (multimetro, verifica impedenza amperometrica);
  • operazioni con quadri elettrici o involucri elettrici aperti;
  • sostituzione di una lampadina con l’impianto elettrico non sezionato.
  • Il Testo Unico consente però lo svolgimento di attività in tensione solo in alcuni casi specifici, ovvero:
  • si opera su conduttori con tensioni di sicurezza, cioè sistemi elettrici in bassissima tensione di tipo SELV (Safety Extra Low Voltage) aventi, oltre alle altre caratteristiche di sicurezza qui non riportate per esteso, tensioni massime pari 50 V in corrente alternata o 120 V in continua;
  • oppure è possibile operare su conduttori in tensione aventi tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500 V in corrente continua (ovvero in Bassa Tensione) applicando entrambe le seguenti disposizioni:
    1. l’esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere affidata a lavoratori riconosciuti dal Datore di Lavoro come idonei per tale attività secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica, ovvero il lavoratori devono aver svolto specifica attività formativa e essere nominati PEI (Persona Idonea) dal Datore di Lavoro, sulla base della Norma CEI 11-27;
    2. le procedure adottate e le attrezzature utilizzate devono essere conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica, ovvero devono essere presenti e approvate in azienda procedure e istruzioni operative specifiche che riportino responsabilità e corrette modalità di svolgimento delle operazioni su conduttori in tensione.
 
I lavori su parti in tensione aventi tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500 V in corrente possono essere effettuati unicamente da aziende autorizzate dal Ministero del Lavoro.
 
Considerazioni analoghe riguardano i cosiddetti lavori in prossimità, ovvero lavori svolti in prossimità di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive, e quindi in tensione, non protette. Se si opera quindi non direttamente su un componente di impianto elettrico, ma in prossimità di un impianto o parte di impianto in tensione non protetto la distanza minima da mantenere dallo stesso è indicata nell’Allegato IX del Testo Unico. Sotto queste distanze si sta svolgendo a termini di legge comunque un lavoro in tensione.
 
Se un Datore di Lavoro ha necessità di svolgere lavori elettrici in tensione, anche di semplice entità come quelli citati in precedenza, deve far seguire ai propri addetti maggiormente esperti in merito ai lavori elettrici dei corsi di formazione specifici per ottenere la qualifica di Persona Avvertita (PAS) e Persona Esperta (PES). A questo punto è il Datore di Lavoro stesso che si assume la responsabilità di nominare uno di questi addetti come Persona Idonea (PEI) ad effettuare lavori con conduttori sotto tensione, in funzione del suo livello e grado di esperienza teorica e soprattutto pratica.
 
Il passo successivo è quello di dotarsi di procedure puntuali che descrivono come effettuare un intervento di manutenzione elettrica per ogni macchinario presente in azienda, evidenziando le problematiche specifiche di ogni intervento.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Sovraccarico biomeccanico: il sollevamento di carichi
12/02/2014

La movimentazione dei carichi eseguita in modo non corretto risulta essere una delle più frequenti fonti di malattia professionale.

Mappare in modo puntuale tutti i carichi movimentati manualmente dai propri addetti e valutarne il rischio associato è negli anni diventato per il Datore di Lavoro un obbligo imprescindibile: con l’aumento delle richieste di malattia professionale e degli infortuni correlati le ASL richiedo appunto la valutazione specifica del rischio movimentazione carichi della singola postazione.

D’altro canto il Testo Unico e l’abrogato 626 forniscono precisi obblighi da rispettare per effettuare una corretta individuazione e valutazione dei rischi, coadiuvati e supportati da dettagliati e consolidati metodi e studi ergonomici svolti sull’argomento, sia in campo nazionale che internazionale.

 

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel mappare e valutare questo rischio in azienda, con procedure semplici e con la realizzazione di schede interattive, dedicate alle singole postazioni.

 

Gli obblighi del Datore di Lavoro in materia di movimentazione dei carichi sono abbastanza perentori: il Testo Unico ricorda come in primo luogo la movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori deve essere evitata quando possibile, ricorrendo ad attrezzature meccaniche apposite e a misure organizzative.

 

Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il Datore di Lavoro adotta misure organizzative necessarie allo scopo di ridurre il rischio, ovvero organizza i posti di lavoro in modo la movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute, valutandone l’efficacia con i metodi di valutazione del rischio e tramite la valutazione di idoneità alla mansione e la sorveglianza sanitaria svolte dal medico competente.

 

L’Allegato XXXIII fa riferimento alle Norme Tecniche da considerare come criteri di riferimento per lo svolgimento della valutazione dei rischi derivanti da movimentazione manuale dei carichi. Le Norma ISO 11228-1 : 2003 – Ergonomics – Manual handling – Part 1: Lifting and carrying è il punto di riferimento per il sollevamento e trasporto manuale di carichi.

 

Il D.Lgs. 81/2008 stabilisce che le prescrizioni devono si applicare a qualsiasi attività di movimentazione manuale dei carichi; tuttavia, lo spostamento episodico di carichi aventi pesi inferiori o uguali a 3 kg non risulta, generalmente, significativamente rischioso, anche se deve essere mappato e sottoposto al proprio medico competente. La Norma ISO 11228-1 : 2003 individua infatti il carico di peso pari 3 kg come limite inferiore di applicabilità delle metodologie trattate dalla stessa.

 

La Norma ISO 11228-1 : 2003 innanzitutto propone delle masse di riferimento (Allegato C, Tabella C.1) applicabili alla popolazione lavorativa. Queste masse di riferimento risultano essere pari a:

 

 

  • 25 kg per addetti di sesso maschile;
  • 20 kg per addetti di sesso femminile e per addetti di età inferiore a 18 anni.

 

 

Sono questi quindi i valori che, se superati, identificano un carico come “troppo pesante”. A differenza di quanto avveniva con il D.Lgs. 626/94, il quale indicava direttamente il peso relativo ad un carico troppo pesante, pari a 30 kg, ora il peso limite è “consigliato” dalla Norma ISO: per valutare se questo è “troppo pesante” è necessario contestualizzarlo nel tipo di attività svolta (in funzione di altezze, ergonomia, frequenze, etc.) svolgendo una vera e propria valutazione del rischio.

 

La Norma ISO 11228-1: 2003 propone quindi un metodo composto da una serie di passi (step) successivi. Seguendo i vari step si giunge in sostanza a seguire l’approccio ergonomico, che consiste nell’applicazione del metodo NIOSH 1993, proposto dal National Institute for Occupational Safety and Health e ormai ampiamente riconosciuto e studiato.

 

L’apporto dell’Unità di Ricerca Ergonomia della Postura e del Movimento (EPM) di Milano ha permesso di introdurre valutare il risultato del metodo NIOSH in ottica della legge italiana, indicando quando ad esempio la movimentazione porta ad un obbligo di sorveglianza sanitaria specifica o quando risulta vietata poiché troppo gravosa.

 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Direttiva Macchine: la nuova norma UNI EN ISO 14119 relativa ai dispositivi di interblocco associati ai ripari
03/02/2014
Recentemente è disponibile anche in Italia, grazie al recepimento da parte dell’UNI, la nuova norma tecnica relativa alla progettazione e alla scelta dei dispositivi di interblocco associati ai ripari: UNI EN ISO 14119: 2013. Questa norma apporta diverse modifiche alla precedente norma UNI EN 1088 e, essendo armonizzata alla Direttiva Macchine 2006/42/CE, permette il soddisfacimento dei pertinenti requisiti di sicurezza in Allegato I.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti di macchine e impianti nella stesura della valutazione dei rischi e dunque nella corretta progettazione e/o scelta dei dispositivi di interblocco da associare ai ripari mobili in modo da rispettare le indicazioni tecniche della norma UNI EN ISO 14119: 2013 e, nel contempo, i requisiti di sicurezza della Direttiva Macchine 2006/42/CE.

Il Fabbricante, prima di immettere sul mercato e/o mettere in servizio una macchina o impianto, deve garantire che su di essa sia effettuata una valutazione dei rischi che dimostri come la stessa macchina soddisfi tutti i pertinenti requisiti della Direttiva Macchine 2006/42/CE. Come sappiamo, in aiuto del Fabbricante vi sono le norme tecniche armonizzate. Qualora la macchina presenti ripari mobili, il Fabbricante è tenuto a rispettare il requisito 1.4.2.2 dell’Allegato I della Direttiva. Le indicazioni tecniche della norma UNI EN ISO 14119: 2013 garantiscono la presunzione di conformità a questo requisito specifico, come indicato peraltro in introduzione alla stessa norma. Pertanto, l’adozione delle soluzioni proposte dalla norma, pur essendo esclusivamente di applicazione volontaria, permettono di soddisfare l’obbligo che è quello di rispettare le indicazioni del citato requisito.

Qualora dalla valutazione dei rischi emerga la necessità di predisporre, sulla macchina, un riparo mobile interbloccato, il Fabbricante può dunque adottare le indicazioni della norma. La prima questione che il Fabbricante è tenuto ad affrontare è questa: il riparo deve essere dotato di bloccaggio del riparo? In linea di principio è richiesto un bloccaggio del riparo ogni volta che il tempo di accesso alla zona pericolosa, una volta aperto il riparo, è inferiore al tempo necessario agli elementi pericolosi a fermarsi. Tuttavia le modalità di bloccaggio del riparo sono, in effetti, diverse tra loro e sono funzionali anche alla operatività del riparo nel ciclo di lavoro e all’ambiente in cui la macchina è previsto che lavori. La norma a tal riguardo fornisce i requisiti che devono avere i dispositivi di interblocco con bloccaggio, siano essi di tipo meccanico oppure non a contatto.

Proprio a partire dalla distinzione tra dispositivo di interblocco meccanici e non a contatto, la norma classifica i dispositivi in quattro tipologie: meccanici non codificati, meccanici codificati, senza contatto non codificati e senza contatto codificati. La norma evidenzia pregi e difetti di ogni singola tipologia. Ad esempio, un riparo interbloccato aperto frequentemente durante il processo lavorativo richiede preferibilmente un interblocco non a contatto in quanto ha una vita media decisamente più lunga di un dispositivo meccanico che presenta, tipicamente, usura e rotture meccaniche. Analogamente, scegliere un dispositivo codificato o meno è, parimenti, un risultato della valutazione del rischio: alcuni dispositivi, come il classico interblocco meccanico a chiavetta presentano un livello di codifica molto inferiore ad altri dispositivi come gli interblocchi non a contatto con codifica reed o addirittura RFID.

Ulteriore ampia trattazione riguardano i dispositivi di interblocco meccanici con sistema a chiave prigioniera, dove una chiave è utilizzata sia su un elemento di controllo (un selettore a chiave di abilitazione o di potenza) che su un sistema di blocco (la serratura) su un riparo. Quando il selettore è in posizione ON, la chiave è bloccata sul selettore e non può essere estratta: in questa condizione il riparo non può essere aperto. Viceversa, quando la chiave è bloccata nella serratura del riparo (e questo avviene solo quando il riparo è aperto), il selettore di abilitazione non può essere ruotato sulla posizione ON. Evidentemente, l’utilità di tale sistema emerge, in particolare, nel caso si abbia un sistema con più ripari (o cancelli di accesso): in questo caso è necessaria l’adozione di un box di scambio chiavi in cui sono inserite le chiavi di sblocco dei diversi ripari sulla macchina (una chiave per ogni riparo).

La norma fornisce altre importanti indicazioni, come la definizione di un criterio di progettazione dell’equipaggiamento elettrico che possa portare alla prevenzione della causa comune di guasto secondo la logica già adottata dalla norma UNI EN ISO 13849-1: 2008 e come modalità di progettazione che possano ridurre il fenomeno dell’elusione del dispositivo di interblocco da parte dell’operatore finale.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti di macchine e impianti nella scelta migliore che possa soddisfare il requisito di sicurezza 1.4.2.2 dell’Allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE in funzione delle indicazioni della norma UNI EN ISO 14119: 2013. Le soluzioni fornite dalla norma, infatti, sono diverse; tuttavia l’applicazione di una soluzione piuttosto che un’altra deve essere il conseguente risultato di un processo di valutazione dei rischi effettuata sulla macchina in modo da evidenziare come la soluzione tecnica adottata e fornita dalla norma sia effettivamente quella che permette di esporre l’operatore al minimo rischio residuo.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Abilitazione all’uso di specifiche attrezzature di lavoro secondo D.Lgs. 81/2008 - MTM Consulting s.r.l.
10/01/2014
Per talune attrezzature di lavoro è richiesta una specifica abilitazione all’uso in accordo a quanto indicato dall’art. 73 comma 5 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. In particolare, l’elenco di queste attrezzature e le modalità per conseguire la corrispondente abilitazione all’uso sono riportate nell’Accordo tra Stato e Regioni del 22 Febbraio 2012. Con il recente DL 69/2013 (“decreto del fare”), e la successiva legge di conversione n. 98/2013, sono state apportate interessanti modifiche al citato art. 73, che è bene analizzare.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Datori di Lavoro nell’individuare quali attrezzature di lavoro richiedano abilitazione specifica fornendo inoltre le modalità idonee per conseguire tale abilitazione al fine di soddisfare quanto indicato all’art. 73 comma 5 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
L’art. 71 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. riporta gli obblighi del Datore di Lavoro. Specificatamente, il comma 7, rispetto alle attrezzature di lavoro, qualora esse richiedano competenze e responsabilità particolari, richiede che l’uso della stessa attrezzatura sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione e addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l’uso di tali attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possono essere causati da altre persone (art. 73, comma 4). Evidentemente, dunque, il Datore è sempre responsabile della informazione, formazione e addestramento dei proprio lavoratori all’uso delle attrezzature messe loro a disposizione, siano esse di proprietà o noleggiate. Infatti, l’art. 72, comma 2, richiede che i lavoratori incaricati di utilizzare attrezzature di lavoro prese a noleggio (o comodato d’uso) siano egualmente informati, formati e addestrati all’uso; inoltre, il Datore di Lavoro è tenuto a consegnare alla società proprietaria dell’attrezzatura, un elenco con i nominativi dei lavoratori incaricati all’uso della stessa. Laddove l’attrezzatura rientri nell’elenco di attrezzature riportate dall’Accordo tra Stato e Regioni del 22 Febbraio 2012, il Datore di Lavoro è tenuto a dimostrare che tali lavoratori sono anche in possesso di idonea abilitazione all’uso.
 
Di quali attrezzature stiamo parlando? Un elenco esaustivo comprende piattaforme di lavoro mobili elevabili, gru a torre, gru mobile, gru per autocarro, carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo, trattori agricoli o forestali, macchine movimento terra, pompe per calcestruzzo. Come indicato dal Ministero del Lavoro, nella Circolare n.21/2013 del 10/06/2013 tale elenco è da intendersi completo e non suscettibile di ampliamento per via interpretativa. L’accordo di cui sopra è in vigore dal 12 marzo 2013, tuttavia i lavoratori che alla data di entrata in vigore dell’accordo sono già incaricati dell’uso delle attrezzature ora citate devono effettuare i corsi di abilitazione entro il 12 marzo 2015.
 
Con la recente legge n. 98/2013, per le sole macchine agricole, viene spostato avanti fino al 22 marzo 2015 la data ultima entro cui i lavoratori devono acquisire specifica abilitazione all’uso. Questo vale, dunque, sia per il personale già in servizio prima del 12 marzo 2013 che per il personale assunto in data successiva.
 
Evidentemente il percorso che porta il lavoratore alla specifica abilitazione non è sempre uguale, ma cambia a seconda dell’esperienza maturata nel corso degli anni e di eventuali corsi precedentemente seguiti; a tal riguardo l’Accordo tra Stato e Regioni del 12 Febbraio 2012 analizza tutti i vari casi. Proprio rispetto a questo aspetto, il Ministero del Lavoro ha pubblicato un paio di circolari esplicative, la più importante delle quali è la Circolare n.12/2013 del 11/03/2013, in cui si analizza specificatamente l’esperienza documentata di almeno 2 anni per i lavoratori del settore agricolo: in questo caso i lavoratori sono tenuti a seguire uno specifico corso di aggiornamento in accordo al punto 6 dell’Accordo entro il 12 marzo 2018. La Circolare analizza due casi separati: lavoratore autonomo (o datore di lavoro) e lavoratore subordinato. In entrambi i casi è necessario redigere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (secondo DPR 445/2000) in cui si attesti la propria esperienza all’uso dell’attrezzatura.
 
La stessa Circolare fa inoltre notare come l’abilitazione all’uso dell’attrezzatura risulti obbligatoria anche in caso di utilizzo saltuario o occasionale, mentre non è necessaria nel caso in cui non si configuri alcuna attività lavorativa connessa all’utilizzo dell’attrezzatura di lavoro (manutenzione, pulizia, spostamento a vuoto, ecc.).
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Datori di Lavoro nell’individuare quali attrezzature di lavoro richiedano abilitazione specifica fornendo inoltre le modalità idonee per conseguire tale abilitazione al fine di soddisfare quanto indicato all’art. 73 comma 5 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Adeguamento macchine secondo D.Lgs. 81/2008 - MTM Consulting s.r.l.
23/12/2013
Le attrezzature di lavoro utilizzate in azienda devono essere rispondenti ai requisiti di sicurezza di cui all’art. 70 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Questo vale sia per le attrezzature marcate CE, secondo quanto riportato al comma 1, sia per le attrezzature messe in servizio prima dell’entrata in vigore delle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto, dunque prive di marcatura CE, secondo quanto riportato al comma 2. Importante evidenziare questo aspetto anche alla luce di una recente Circolare emessa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare e di seguire i Datori di Lavoro nel processo che porta a individuare gli interventi da applicare sulle diverse attrezzature di lavoro al fine di soddisfare i requisiti indicati all’art. 70 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
L’art. 70 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. richiede che le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori siano rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto (in definitiva siano marcate CE e rispondano effettivamente ai requisiti di sicurezza delle direttive applicabili). Per quei prodotti per i quali non esistono direttive di prodotto specifiche, non esistano disposizioni legislative di recepimento o che siano stati messe in servizio prima della data di entrata in vigore del recepimento italiano della direttiva di riferimento, il datore di lavoro deve garantire che siano rispettati i requisiti minimi di sicurezza di cui all’Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. 
 
Rispettare le indicazioni tecniche di sicurezza riportate in Allegato V significa effettuare una valutazione dei rischi sull’attrezzatura che possa evidenziare i pericoli presenti sulla macchina correlati alle diverse attività previste su di essa, sia dal punto di vista operativo che dal punto di vista manutentivo. L’analisi non si deve limitare dunque a installare un semplice riparo o a posizionare un nuovo pulsante di emergenza, ma deve essere un’analisi più completa, che permetta di mettere in luce tutte le reali situazioni di pericolo sulla macchina rispetto alle quali adottare idonee misure di protezione.
 
Recentemente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato una circolare (n.41 del 25/10/2013) che affronta il problema degli infortuni legati all’uso di attrezzature quali motocoltivatori e motozappatrici. I dati registrati fino al 30 settembre 2013 da parte dell’INAIL permettono di evidenziare un alto numero di infortuni legati all’uso di queste attrezzature con una percentuale elevata (circa il 20%) di eventi mortali. Evidentemente l’alto numero di infortuni è direttamente collegato al contatto non intenzionale con gli utensili di lavoro. Per il tipo di lavorazione che effettuano queste attrezzature, è impossibile eliminare la possibilità di raggiungere tali elementi, tuttavia con adeguati accorgimenti tecnici è possibili rendere più remota tale evenienza. A tal riguardo la Circolare mette proprio in evidenza come la maggior parte di tali attrezzature già in servizio alla data del 21 settembre 1996 (dunque prive di marcatura CE), dopo analisi da parte degli Ispettori incaricati, è risultata non conforme ai requisiti di sicurezza definiti dal citato Allegato V del D.Lgs. 81/2008. Si ricorda, a riguardo, come il Datore di Lavoro abbia l’obbligo di adeguare le proprie attrezzature non marcate CE alle disposizioni tecniche dell’Allegato V (obbligo a cui è ricollegabile specifica sanzione).
 
In merito alle attrezzature di lavoro oggetto della Circolare qui citata è stata anche realizzata una sorta di linea guida da parte dell’INAIL (scaricabile dal sito www.inail.it) che permette di individuare le soluzioni tecniche migliori per mettere in sicurezza motocoltivatori e motozappatrici al fine ridurre al minimo possibile il rischio correlato al loro utilizzo.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Datore di Lavoro nell’individuare le situazioni di pericolo correlate alle proprie attrezzature e, grazie alla conoscenza delle norme tecniche di riferimento, valutare le soluzioni tecniche migliori che possano migliorare la sicurezza della macchina e, dunque, rispettare i requisiti tecnici di cui all’Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Ergonomia del posto di lavoro
20/12/2013
La progettazione ergonomica dell’interfaccia uomo-macchina e in generale della postazione di lavoro riveste un’importanza fondamentale nella gestione delle attività lavorative contemporanee, in particolare nel settore metalmeccanico. Basti pensare che nel corso del quadriennio 2005-2009 l’INAIL ha registrato un incremento del 100% delle denuncie di malattie professionali correlate a patologie osteo-articolari e muscolo-tendinee, patologia direttamente o indirettamente correlate all’ergonomia del posto di lavoro e all’organizzazione del lavoro in genere.
 
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel progettare macchinari, postazioni e luoghi di lavoro nel rispetto dei principi dell’ergonomia, verificando l’efficacia degli interventi effettuati.
 
Le norme tecniche fornisco da un lato gli strumenti per progettare la postazione di lavoro, dall’altro gli strumenti per verificare l’efficacia della progettazione effettuata, per validare organizzazione e metodo di lavoro.
Le norme interpretano quelli che sono gli obblighi fissati da Testo Unico D.Lgs. 81/2008 e dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE. Se infatti il Datore di Lavoro è obbligato a rispettare i principi ergonomici come misura di tutela del lavoratore, anche il fabbricante di macchine deve adempiere al requisito essenziale di sicurezza in merito all’ergonomia.
Le norme tecniche, alcune delle quali armonizzate alla Direttiva Macchine, da tempo forniscono strumenti per il fabbricante di macchine per limitare l’insorgere di patologie, in particolare legate a forze di azionamento e movimentazione, e a posizioni mantenute nel ripetere i vari compiti sulla macchina, come ad esempio il carico e scarico del pezzo da una macchina o una linea produttiva.
 
Una norma applicabile in vari ambiti è la UNI EN 1005-3: 2009 “Sicurezza del macchinario - Prestazione fisica umana - Parte 3: Limiti di forza raccomandati per l’utilizzo del macchinario”, che esprime la massima forza applicabile da un operatore nell’utilizzo di un macchinario o nel compiere un’azione ripetuta, in funzione della posizione e del tipo di attività svolta. La norma UNI EN 1005-3 disciplina la massima forza applicabile in funzione del tipo di movimento effettuato (sia esso di spinta o tiro, effettuato da mano, dito, braccio, tronco, gamba, piede, etc.) e di velocità necessaria per l’esecuzione, frequenza di azioni nella giornata lavorativa e durata dell’azione.
Altre norma che analizza la postazione di lavoro è la UNI EN 1005-4: 2009 “Sicurezza del macchinario – Prestazione fisica umana – Parte 4: Valutazione delle posture e dei movimenti lavorativi in relazione al macchinario”. La norma disciplina le posture e i movimenti ripetitivi che l’operatore è tenuto ad effettuare non solo in corrispondenza del posto di lavoro sulla macchina (quindi durante l’uso vero e proprio) ma anche durante la movimentazione, l’installazione, la manutenzione, la pulizia e lo smontaggio, analizzando le postazioni mantenute e ripetute dei singoli distretti articolari principali (collo, busto, gomito, spalla).
 
Per la verifica invece del livello di ergonomia realmente raggiunto esisto tre norme, che rimanda a metodi ormai universalmente riconosciuti.
La prima è contenuta la Norma ISO 11228-1 “Ergonomia — Movimentazione manuale — Parte 1: Sollevamento e trasporto”, norma che fornisce la metodologia per valutare il sollevamento di carichi con peso superiore ai 3 kg, ovvero riporta l’ormai famoso metodo NIOSH.
La seconda è la Norma ISO 11228-2 “Ergonomia — Movimentazione manuale — Parte 2: Azioni di tiro e spinta” fornisce la metodologia per valutare azioni di spinta o tiro manuale di carrelli e altre attrezzature per trasportare carichi, in funzione di distanza, peso, altezza dell’impugnatura e frequenza di azione.
La terza è contenuta nella Norma ISO 11228-3 “Ergonomia — Movimentazione manuale — Parte 3: Movimentazione di carichi ad alta frequenza”, norma che fornisce la metodologia per valutare l’impatto dei movimenti ripetitivi sul lavoratore, ovvero riporta il metodo dell’indice OCRA, universalmente riconosciuto come standard per la valutazione di queste specifiche problematiche.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Attrezzature in pressione
20/12/2013
La presenza di attrezzature in pressione impone al Datore di Lavoro di verificare l’applicazione delle specifiche Direttive di Prodotto e di intraprendere, in funzione dei casi, procedure di messa in servizio e manutenzione periodica in accordo con gli enti preposti al controllo. Le leggi e le norme che gestiscono la vita di questa tipologia di apparecchiature sono complesse e più volte negli anni sono state modificate.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel mappare le attrezzature a pressione presenti in azienda, separandole per gruppo di appartenenza e indicando le necessarie attività di legge che il Datore di Lavoro deve intraprendere.

Le attrezzature in pressione possono rientrare sotto varie direttive, che impongono obblighi differenti.
La Direttiva PED 97/23/CE si applica alla progettazione, fabbricazione e valutazione di conformità delle attrezzature a pressione e degli insiemi sottoposti ad una pressione massima ammissibile PS > 0,5 [bar]. Solo alcune però di queste attrezzature, in funzione del tipo di gas o liquido contenute e del rapporto tra volume e pressione, devono essere a sottoposte a procedura di marcatura CE secondo la Direttiva 97/23/CE PED, altrimenti ricadono nel campo delle Direttive 87/404/CE e 90/488/CE, e in questo caso vengono denominate recipienti a pressione semplici.
Le attrezzature marcate PED devono essere sempre sottoposte alla Dichiarazione di Messa in Servizio, alla Verifica di Messa in servizio e alla Riqualificazione periodica. Per le tempistiche da rispettare invece il riferimento normativo è l’Allegato VII D.Lgs. 81/2008.

Con Dichiarazione di Messa in Servizio si intende un documento da inviare all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) contenente: l'elenco delle singole attrezzature, con i rispettivi valori di pressione, temperatura, capacità e fluido di esercizio, una relazione tecnica, con lo schema dell'impianto, una espressa dichiarazione attestante che l'installazione è stata eseguita in conformità a quanto indicato nel manuale d'uso.
Con Verifica di Messa in Servizio si intende invece una verifica da parte di un ente esterno indicato dalla ASL competente, effettuata su richiesta dell'azienda utilizzatrice, circa l'accertamento della corretta installazione sull'impianto e ne permette, in caso di esito positivo, la messa in servizio.
Con Verifiche di riqualificazione periodica si intendono verifiche periodiche da parte di un ente esterno indicato dalla ASL competente, effettuata su richiesta dell'azienda utilizzatrice in merito all’integrità e al funzionamento dell’attrezzatura in pressione.

I Recipienti semplici a pressione sono invece attrezzature che, a differenza delle attrezzature che ricadono in Direttiva PED, manipolano fluidi non pericolosi e a pressioni e volumi inferiori. Devono essere anch’essi marcati CE ai sensi delle Direttive 87/404/CE, 90/488/CE, e 2009/105/CE (per i soli serbatoi d’aria) e avere Istruzioni per l’uso dedicate.
Anche i Recipienti semplici e a pressione possono essere soggetti a Dichiarazione di Messa in Servizio, alla Verifica di Messa in servizio e alla Riqualificazione periodica completamente o in parte; la necessità di eseguire questi tre passaggi o parte di essi dipende dal prodotto tra pressione e volume del Recipiente semplice a pressione. Restano esclusi serbatoi aventi capacità inferiori ai 50 litri, e pressione di esercizio massima inferiore di 12 bar; il prodotto tra volume e pressione deve essere inoltre inferiore a 600 bar per litro.


[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Sicurezza e Agenti chimici
13/11/2013

L’esposizione ad agenti chimici è un aspetto trasversale nel panorama aziendale, risultando presente per la quasi totalità dei lavoratori, indipendentemente dal tipo di attività svolta; la sicurezza chimica inoltre è anche un tema di recente legiferazione ed evoluzione, con l’introduzione del Regolamento REACH  CE 1907/2006 e del Regolamento CLP Classification, Labelling and Packaging) CE 1272/2008.

Al contempo è anche uno dei temi di rischio specifico che presenta una enorme letteratura di indagine professionale, che origina in un modello di applicazione dei metodi preventivi, protettivi e di indagine comprovata.

MTM Consulting può seguire la tua azienda nel valutare l’esposizione dei tuoi addetti al Rischio Chimico, nonché fornire indicazioni sulla corretta gestione di questo aspetto, sia per quanto riguarda misure di prevenzione e protezione da adottare e le adeguate istruzioni di lavoro, sia per la stesura di procedure per gestire correttamente il processo di acquisto, stoccaggio, acquisizione della documentazione, dichiarazioni da fornire ai propri clienti.

 

La pericolosità delle sostanze chimiche ha vari livelli, che possono essere semplificati e accorpati, evitando di trattare sostanze cancerogene e mutagene, nelle tre definizioni di irritante, nocivo e tossico.

Gli effetti legati all’assorbimento di una sostanza, in funzione di caratteristiche chimiche,  pericolosità e quantità, possono essere locali o sistemici, acuti o cronici. Il danno può quindi manifestarsi immediatamente o dopo periodi più o meno lunghi di assorbimento.

Nel primo caso si parla di infortunio, ovvero il danno si manifesta subito dopo il contatto con l’agente chimico, come ad esempio può accadere con sostanze corrosive o urticanti. Nel secondo caso invece l’esposizione all’agente chimico provoca una malattia professionale, che si manifesta dopo un certo periodo di tempo dall’esposizione, come ad esempio può accedere con sostanze sensibilizzanti o bioaccumulabili. L’indagine statistica condotta dall’INAIL, per il periodo 2005-2009, evidenzia che le denunce accettate di malattia professionale da esposizione ad agenti chimici sono circa il 10% delle denunce totali pervenute all’INAIL.

 

I fabbricanti e fornitori di agenti e sostanze chimiche devono sottostare ad una rigida e completa legislazione, che copre tutti gli aspetti della loro attività, dalla formulazione della sostanza all’immissione sul mercato.

Le ultime novità che interessano l’utilizzatore riguardano il Regolamento CE 1272/2008 , conosciuto come CLP (Classification, Labelling and Packaging), che regola e gestisce come il fabbricante deve comunicare tutte le informazioni, comprese quelle di sicurezza, all’utilizzatore, sia tramite la scheda di sicurezza, sia tramite l’etichettatura vera e propria del prodotto. La scheda di sicurezza è parte integrante del prodotto e serve a indicare all’utilizzatore i rischi relativi a uso, stoccaggio e manipolazione della sostanza e relativi limiti di esposizione. È anche un documento che il Datore di Lavoro deve avere in azienda per ogni prodotto e agente chimico impiegato dai propri addetti, come appunto predisposto dal Testo Unico D.Lgs. 81/08. Il Testo Unico individua infatti nella scheda di sicurezza lo strumento basilare in mano al Datore di Lavoro per trasferire ai propri lavoratori formazione, informazione e addestramento adeguati.

 

Altro obbligo consta nella valutazione preliminare del rischio di esposizione. La valutazione preliminare è un primo passo che deve compiere il Datore di Lavoro obbligatoriamente, indipendentemente dal tipo di attività svolte. Questa valutazione serve a determinare o escludere la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.

Lo scopo è quindi, come indicato dall’Articolo 224 del D.Lgs. 81/2008, quello di capire se l’esposizione porta ad avere un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute o, in caso contrario, ad avere un rischio non moderato.

Per la valutazione preliminare sono disponibili vari metodi quantitativi approvati da diversi enti territoriali. Tra questi metodi semplificati segnaliamo i più completi: metodo InfoRisk e metodo MovaRisk. Il risultato fornito permette di individuare un’esposizione che, se così mantenuta, non provoca rischi per la salute, o la necessità di indagare maggiormente la situazione (rischio non moderato) con analisi specifiche, in particolare strumentali.

 

L’esposizione ad agenti chimici è quindi una delle problematiche maggiormente diffuse nel panorama lavorativo nazionale e internazionale, che spesso si manifesta in modo indiretto.

Con la creazione di banche dati unificate e di metodologie comprovate aumentano però gli strumenti per la prevenzione e protezione dei lavoratori e in particolare le metodologie per l’identificazione dei reali rischi e degli effetti dannosi.

 

Su queste tematiche MTM Consulting può seguirvi direttamente ed offrire la propria esperienza in merito.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Responsabilità del Datore di Lavoro sulla sicurezza delle macchine marcate CE - MTM Consulting s.r.l.
10/10/2013
Tra gli obblighi del Datore di Lavoro, in merito alle attrezzature di lavoro utilizzate in azienda, vi è quello di mettere a disposizione dei propri lavoratori attrezzature che siano sicure conformemente al loro uso previsto. Resta opinione diffusa che tale obbligo valga esclusivamente per le macchine non marcate CE in quanto per quelle che presentano idonea marcatura CE è sufficiente quest’ultima a garantire la sicurezza del prodotto e dunque a esimere il Datore di Lavoro da qualunque tipo di responsabilità in merito al suo utilizzo in sicurezza. La realtà è ben diversa ed è chiaramente indicata all’interno del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare e di seguire i Datori di Lavoro nella verifica delle macchine utilizzate nella propria azienda al fine di verificare che esse rispondano a quanto richiesto dalla legislazione vigente, sia per quanto concerne le macchine marcate CE sia per quelle particolarmente datate e dunque prive della marcatura CE.
 
L’art. 71 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. riporta gli obblighi del datore di lavoro in merito alle attrezzature di lavoro utilizzate in azienda. In particolare, queste attrezzature dovranno rispondere a quanto richiesto dal precedente articolo 70. Qui si richiede che le attrezzature messe a disposizione dei lavoratori siano rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto (in definitiva siano marcate CE e rispondano effettivamente ai requisiti di sicurezza delle direttive applicabili). Per quei prodotti per i quali non esistono direttive di prodotto specifiche, non esistano disposizioni legislative di recepimento o che siano stati messe in servizio prima della data di entrata in vigore della direttiva di riferimento, il datore di lavoro deve garantire che siano rispettati i requisiti minimi di sicurezza di cui all’Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
L’art. 70 è dunque molto chiaro. Per quanto riguarda le attrezzature soggette alle disposizioni legislative di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto, il Datore di Lavoro non è solo tenuto a verificare che la macchina acquistata sia formalmente a posto, con idonea marcatura CE, idonea dichiarazione CE di conformità e un manuale di uso e manutenzione che risulti completo. L’obbligo del Datore di Lavoro è quello di mettere a disposizione dei lavoratori una macchina che sia effettivamente sicura vale a dire rispondente ai requisiti delle Direttive ad essa applicabili. Pertanto, il pensare che, se una macchina è già marcata CE allora essa è sicuramente sicura e qualora anche non lo fosse, la responsabilità cadrebbe esclusivamente sul Fabbricante è una consuetudine palesemente sbagliata. A supporto di ciò vi sono parecchie sentenze della Corte di Cassazione da cui si evince che, per quanto concerne quei vizi palesi presentati dalle attrezzature di lavoro, il Datore di Lavoro non può dire di non essersene accorto. Questo vale sia per le macchine CE che per le macchine non CE.
 
A tal riguardo è importante anche osservare un documento del Coordinamento tecnico delle Regioni e delle Province Autonome di prevenzione nei luoghi di lavoro, pubblicato nel giugno del 2012, dal titolo “Applicazione del Titolo III del D.Lgs 81/08 e nuova Direttiva Macchine (D.Lgs 17/2010). Indicazioni procedurali per gli operatori dei servizi di vigilanza delle Asl” elaborato dal Gruppo Interregionale “Macchine e Impianti” e rivolto agli organi di vigilanza. Per le macchine con situazioni di rischio riconducibili al mancato rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza (RES), il documento propone specifiche procedure per l’applicazione dell’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/2008. Di fatto, di fronte a situazioni di rischio riscontrate su una macchina e ricollegabili a specifiche non conformità ai RES, l’organo di vigilanza attiva due distinti fronti:
 
  • Azione di tipo amministrativo, nei confronti del Fabbricante, con segnalazione dell’esemplare di macchina non conforme alle Autorità nazionali per la sorveglianza del mercato, secondo le procedure definite dalla stessa Direttiva Macchine.
  • Azione di tipo penale, nei confronti del Datore di Lavoro utilizzatore della macchina e comunicazione al Pubblico Ministero della notizia di reato relativa al fabbricante e ai soggetti della catena di distribuzione. Per quanto concerne l’azione intrapresa nei confronti del Datore di Lavoro, essa rientra in quanto previsto dagli art. 20 e 21 del D.Lgs. 758/94, vale a dire prescrizione atta a rimuovere la situazione di rischio riscontrata sulla macchina con comunicazione della notizia di reato all’Autorità Giudiziaria competente per territorio.
 
Quanto appena visto per il Datore di Lavoro si applica nei casi in cui, sulla macchina, si riscontrassero dei vizi palesi, che il Datore di Lavoro non poteva non aver visto. In questo caso, la prescrizione atta a rimuovere la situazione di rischio può contenere indicazioni precise, che non comportano comunque una nuova marcatura della macchina in quanto non verrebbero modificate le scelte progettuali del Fabbricante, oppure contenere indicazioni generiche dove le soluzioni possibili sono diverse ed egualmente idonee; tuttavia, in quest’ultimo caso si tratterebbe di apportare pesanti modifiche progettuali alla macchina con la necessità di arrivare ad una nuova marcatura della stessa. In questo ultimo caso è dunque necessario rivolgersi al fabbricante originario oppure ad un proprio tecnico esperto. In ultimo, a seconda del tipo di rischio individuato sulla macchina da parte dell’organo di vigilanza, può essere necessario, in attesa dell’adeguamento, diffidare il datore di lavoro al divieto d’uso o all’allontanamento della macchina dal ciclo produttivo.
 
MTM Consulting s.r.l. da anni si occupa di Direttiva Macchine e di sicurezza delle attrezzature di lavoro in azienda; dunque, è in grado di aiutare i Datori di Lavoro nell’effettuare una valutazione dei rischi sulle macchine presenti in azienda, siano esse marcate CE siano esse non marcate CE in modo da ottemperare a quanto richiesto dall’art. 70 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. L’attività di consulenza può risultare efficace anche a seguito di contestazione, su una propria macchina, portata avanti dall’organo di vigilanza, in modo da individuare le soluzioni tecniche migliori e più efficienti che possano risolvere le non conformità individuate.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Le modifiche al DUVRI e le Procedure Standardizzate
25/09/2013
Il 21 giugno 2013 è stato pubblicato il Decreto Legge 69/2013 "Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia", ovvero il cosiddetto Decreto "del fare". Oltre alle disposizioni contenute in materia di rilancio dell’economia, il suddetto Decreto apporta anche modifiche al D.Lgs. 81/2008, ovvero al Testo Unico sulla Sicurezza.
L’entrata in vigore di queste modifiche è, tra l’altro, immediata per alcune di esse e invece demandata all’emanazione di specifici ulteriori accordi o Decreti per altre, creando quindi non pochi problemi legati a corretta interpretazione e necessità di rapida implementazione. Ci soffermiamo qui sulle modifiche apportate alla redazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze (DUVRI), analizzando anche quanto emerso in merito alla recente scadenza legata alle Procedure Standardizzate.
 
Il Decreto "del fare" ridefinisce i termini relativi all’applicazione, e quindi alla redazione, del DUVRI.
Il Decreto "del fare" ci dice che in alcuni settori di “attività a basso rischio infortunistico”(stabilite tramite un futuro Decreto del Ministro del Lavoro, sulla base di indici infortunistici calcolati dall’INAIL) è sufficiente individuare un incaricato “in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, tipiche di un preposto, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell'ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento”. Tale incaricato dovrà essere nominato dal Datore di Lavoro e sovraintendere alle lavorazioni. Al momento quindi è ancora una strada che è consigliabile non percorrere!
Una modifica maggiormente importante riveste invece la durata delle attività che non richiedono la redazione del DUVRI: il DUVRI non si applica (e quindi non si redige) ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, a lavori o servizi la cui durata non è superiore ai cinque uomini-giorno, sempre che essi non comportino rischi derivanti da rischio di incendio di livello elevato, dallo svolgimento di attività in ambienti confinati, dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’Allegato XI del D.Lgs. 81/2008. Per uomini-giorno si intende l'entità presunta dei lavori, servizi e forniture rappresentata dalla somma delle giornate di lavoro necessarie all’effettuazione dei lavori, servizi o forniture considerata con riferimento all'arco temporale di un anno dall'inizio dei lavori.
 
Il 31 maggio 2013 scadeva invece la possibilità per le imprese sotto i 10 dipendenti di effettuare la Valutazione dei Rischi solo tramite l’autocertificazione. Dopo infatti numerose proroghe, dal giugno 2013 è diventato obbligatorio redigere per tutte le attività il Documento di Valutazione dei Rischi, risultando infatti non più valido il sistema dell’autocertificazione. La redazione del DVR, sempre e solo per le imprese sotto i 10 dipendenti, è quindi stata facilitata con l’emissione di Procedure Standardizzate, tramite le quali è possibile redigere un DVR semplificato, ma completo.
L’uscita delle Procedure Standardizzate, pubblicate sul sito del Ministero, è stata comunque, se pur in piccola parte, un buono strumento di semplificazione di un processo oneroso per le piccole aziende.
Le Procedure Standardizzate pubblicate si presentano come un fac-simile in bianco da compilare e utilizzare come DVR, separato in vari moduli, e una relativa guida alla compilazione; ci si rende subito conto che la compilazione delle stesse non è purtroppo di così facile interpretazione. Difatti, pur volendo rappresentare un DVR semplificato, per chi non ha mai effettuato una valutazione dei rischi formalizzata, i singoli quesiti di queste procedure rimangono abbastanza complessi, variamente interpretabili e non evitano al Datore di Lavoro la possibilità di dimenticarsi determinati aspetti o pericoli. Lo scopo principale di queste procedure, che considererei come raggiunto, è comunque quello di permettere ad un Datore di Lavoro, che fino allo scorso maggio valutava i rischi tramite autocertificazione, di effettuare una sorta di valutazione dei rischi ridotta ma documentata.
 
Su queste tematiche MTM Consulting può seguirvi direttamente ed offrire la propria esperienza in merito.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Regolamento REACH e utilizzatore finale
24/09/2013
Negli ultimi anni sono state introdotte numerose novità in merito alla immissione sul mercato e all’utilizzo delle sostanze e dei preparati chimici.
Una delle novità riguarda l’introduzione del Regolamento REACH (Regolamento CE 1907/2006). Esso è entrato in vigore nel giugno del 2007, aprendo la strada ad un numero elevato di Regolamenti paralleli; se da una parte è stata fatta chiarezza allo scopo di unificare comportamenti internazionali in una materia che vede la comunicazione come fonte principale dell’utilizzo in sicurezza, come ad esempio l’introduzione del Regolamento CLP, che modifica l’etichettatura dei prodotti pericolosi (uniformando i pittogrammi) e la modalità di redazione della Scheda di Sicurezza (SDS, Safety Data Sheet), dall’altra parte sono stati introdotti alcuni obblighi in capo a produttori e utilizzatori di sostanze e preparati che creano non poca confusione dell’utilizzatore finale. Il settore dell’industria chimica e dei relativi utilizzatori infatti comprende un numero di attori molto vasto e interconnesso in modo vario; l’introduzione di nuovi obblighi ha fatto in primo luogo impennare le richieste di documentazione e certificazioni ai propri fornitori di sostanze e materie prime o semilavorati, anche nel caso in cui queste non fossero necessarie.
Vediamo di fare chiarezza in merito a quello che è l’aspetto maggiormente semplice, ma anche maggiormente diffuso, introdotto dal Regolamento REACH: gli obblighi in capo all’utilizzatore finale.
 
Lo scopo del Regolamento REACH è quello istituire un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, allo scopo di tracciare anche il tipo di impiego dedicato alla tale sostanza o preparato.
Il campo di applicazione del regolamento copre tutte le sostanze fabbricate, importate, commercializzate o utilizzate, in quanto tali o nelle miscele.
La maggior parte degli obblighi riguarda i fabbricanti. Pochi sono invece gli obblighi che ricadono sull’utilizzatore finale o meglio chiamato, per seguire la terminologia del Regolamento REACH, utilizzatore a valle (downsteram user), ovvero colui che impiega agenti chimici acquistati da fornitori esterni allo scopo di realizzare il proprio prodotto, senza alterarne o modificarne la formulazione, come appunto accade nella maggior parte dei casi.
 
Gli obblighi in capo all’utilizzatore a valle sono principalmente due.
Il primo è correlato alla Scheda di Sicurezza: il Testo Unico D.Lgs. 81/2008 impone al fabbricante di possedere tutte le SDS delle sostanze e preparati utilizzati mentre per il Regolamento REACH è necessario verificare, sempre sulle SDS, per ogni prodotto utilizzato, che l’impiego fatto in azienda rispetti quanto indicato dal fabbricante stesso nello specifico paragrafo “Scenario di esposizione”. Con il Regolamento REACH infatti il fabbricante della sostanza è obbligato a mappare e dichiarare gli usi consentiti; l’utilizzatore deve quindi verificare che l’uso da lui fatto rientri in quelli consentiti dal fabbricante.
Nel caso l’uso fatto non sia registrato dal fabbricante come possibile Scenario di esposizione, è necessario comunicarlo al fabbricante stesso.
 
Il secondo obbligo riguarda la presenza di sostanze SVHC (Substance of Very High Concern). Le sostanze SVHC sono sostanze incluse nella cosiddetta Candidate List, ovvero una lista stillata dalla European Chemicals Agency (ECHA) che riguarda sostanze che necessitano di una particolare tracciatura, ma non per questo vietate.
Da regolamento REACH ogni cliente ha la possibilità di richiedere per un materiale o prodotto acquistato, qualsiasi tipo di prodotto, sia esso finito o semilavorato, una dichiarazione al fabbricante in merito alla presenza di sostanze SVHC (ovvero concentrazioni superiori allo 0,1% peso) o assenza delle stesse nel prodotto. L’obbligo imposto dal Regolamento REACH è quello di fornire una risposta entro 45 giorni dalla richiesta.
Buona norma quindi per ogni utilizzatore a valle è quella di richiedere ai propri fornitori, in particolare quelli di materiali e semilavorati che vengono incorporati nel prodotto finale, una dichiarazione in merito alla presenza o assenza di sostanze SVHC.
Sulle Schede di Sicurezza inoltre la presenza di sostanze SVHC è indicata al Punto 16.
 
Esistono poi altri obblighi maggiormente complessi che riguardano sostanze dotate di particolare pericolosità. Su queste tematiche MTM Consulting può seguirvi direttamente ed offrire la propria esperienza in merito.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Verifiche sulle attrezzature di sollevamento secondo D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. - MTM Consulting s.r.l.
17/09/2013
Le attrezzature di sollevamento, come tutte le attrezzature di lavoro utilizzate in azienda, devono essere sottoposte a verifiche e interventi di manutenzione idonei a mantenere nel tempo i requisiti di sicurezza di cui all’art. 70 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare e di seguire i Datori di Lavoro nel processo che porta a individuare le attrezzature che richiedono tali verifiche, adottando successivamente la strada migliore per rispettare quanto richiesto dal decreto.
 
L’art. 71 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. riporta gli obblighi del datore di lavoro in merito alle attrezzature di lavoro utilizzate in azienda. In particolare, queste attrezzature dovranno rispondere a quanto richiesto dal precedente articolo 70. Qui si richiede che le attrezzature messe a disposizione dei lavoratori siano rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto (in definitiva siano marcate CE e rispondano effettivamente ai requisiti di sicurezza delle direttive applicabili). Per quei prodotti per i quali non esistono direttive di prodotto specifiche, non esistano disposizioni legislative di recepimento o che siano stati messe in servizio prima della data di entrata in vigore della direttiva di riferimento, il datore di lavoro deve garantire che siano rispettati i requisiti minimi di sicurezza di cui all’Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
 
Evidentemente le attrezzature devono risultare sicure, secondo il proprio uso previsto, non solo al momento della installazione, dunque al momento della messa a disposizione dei lavoratori, ma anche nel tempo in modo che il livello di sicurezza offerto agli operatori rimanga inalterato. Questo è possibile ottenerlo solo con una accurata manutenzione periodica della attrezzatura, peraltro documentata, come indicato appunto nell’art. 71, comma 4.
 
Se per le attrezzature dotate di manuale di uso e manutenzione è possibile riferirsi allo stesso manuale per gli interventi di manutenzione periodica previsti, per le attrezzature più datate, di cui non si possiede un libretto di istruzioni originale, è necessario realizzare internamente una documentazione, non solo di utilizzo (in grado di servire come supporto per la formazione del personale incaricato all’uso dell’attrezzatura), ma anche di manutenzione, in modo da poter dimostrare di aver creato uno scadenzario di interventi da effettuarsi sulla attrezzatura (tali interventi dovranno poi essere documentati).
 
Per le attrezzature di sollevamento ci sono delle accortezze particolari? In effetti no, se non valutare quali debbano essere gli elementi da sottoporre a controllo o manutenzione periodica laddove non esista una documentazione originaria del fabbricante. In questo caso è sempre necessario riferirsi a quegli elementi che potrebbero impattare sulla sicurezza: funzionalità dei freni, integrità dei golfari, dei moschettoni o delle funi di sollevamento, conservazione delle saldature, ecc. La periodicità di controllo/manutenzione deve essere eseguita con frequenza comparabile con i tempi di sviluppo di un deterioramento potenzialmente pericoloso, a sua volta funzione della periodicità di utilizzo della attrezzatura di sollevamento e del luogo in cui è utilizzata (all’aperto, al coperto, ecc.). In linea di principio verifiche con periodicità trimestrale sono ragionevoli. Questa periodicità è indicata anche dallo stesso D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. in Allegato VI per quanto concerne le catene e le funi delle attrezzature di sollevamento e movimentazione. Ovviamente, vi deve essere traccia, in azienda, di tali verifiche/manutenzioni, in modo da dimostrare l’intento, da parte del Datore di Lavoro, di mantenere inalterato nel tempo il livello di sicurezza offerto dalla stessa attrezzatura.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Datore di Lavoro nel capire quali verifiche e interventi di manutenzione sono necessari per le proprie attrezzature di lavoro al fine di garantire, nel tempo, un loro utilizzo in sicurezza da parte dei lavoratori.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Modifiche apportate dal decreto -Del Fare- in merito alla verifiche periodiche secondo art.71 del D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i. - MTM Consulting s.r.l.
03/09/2013
Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della legge di conversione del decreto-legge 21 giugno n. 69 (cosiddetto Decreto “Del Fare”), sono in vigore, definitivamente, le ultime modifiche al Testo unico sulla sicurezza. Analizziamo qui le modifiche apportate all’art. 71 relativamente alle verifiche periodiche delle attrezzature indicate in Allegato VII.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare di seguire i Datori di Lavoro nel processo che porta a individuare le attrezzature che richiedono tali verifiche, adottando successivamente la strada migliore per rispettare quanto richiesto dal decreto.
 
Come sappiamo, il decreto legge 21 giugno 2013, n.69 (cosiddetto decreto “Del Fare”), recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, ha apportato anche diversi aggiornamenti al Testo Unico sulla Sicurezza, il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. In particolare, le modifiche sono relative agli articoli 3, 6, 26, 27, 29, 31, 32, 37, 67, 71, 88, 225, 240, 250 e 277 ed è stato inserito l’articolo 104-bis rubricato “Misure di semplificazione nei cantieri temporanei e mobili”.
 
Successivamente è stata pubblicata la conversione in legge del decreto, legge 9 agosto 2013, n.98 che, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, è diventata applicabile a partire dal 21 agosto 2013. Pertanto, le modifiche inerenti il Testo Unico sulla Sicurezza sono in essere da questa data.
 
Con riferimento alla sola modifica apportata all’art. 71 del Testo Unico sulla Sicurezza, si possono fare delle considerazioni relativamente a come è cambiato l’iter da adottare per applicare le richieste del decreto relativamente alle verifiche periodiche per le attrezzature che ricadono in Allegato VII.
 
La modifica apportata riguarda essenzialmente il comma 11 dell’art. 71. Qui si ricorda come il Datore di Lavoro sia tenuto a sottoporre le attrezzature che rientrano in Allegato VII a verifiche periodiche in grado di valutare il loro effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza, con la frequenza indicata nell’allegato stesso. Per la prima di queste verifiche il Datore di Lavoro è tenuto ad avvalersi dell’INAIL che vi deve provvedere entro 45 giorni dalla messa in servizio dell’attrezzatura. Una volta decorso inutilmente il termine di 45 giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati. Qui vi è la prima sostanziale modifica: la prima delle verifiche periodiche obbligatorie deve essere effettuata entro 45 giorni dalla messa in servizio e non dalla richiesta di tale verifica da parte del datore di lavoro. Infatti, la data della richiesta poteva lasciare adito a diverse interpretazioni diverse (si veda a riguardo la Circolare Ministeriale n. 11 del 25/05/2012), invece la data della messa in servizio viene decisa dal Datore di Lavoro ed è una data ben definita.
 
Per le verifiche periodiche successive, da effettuarsi secondo le periodicità indicate in Allegato VII, il Datore di Lavoro può avvalersi liberamente di soggetti pubblici (ASL o ARPA) o privato abilitati senza dover comunicare nulla alle ASL come era invece nella precedente versione del decreto. Di fatto, è stata introdotta, almeno per le verifiche periodiche successive alla prima, la totale libertà di scelta dell’ente verificatore da parte del Datore di Lavoro.
 
In ultimo viene specificato come i verbali redatti all'esito delle verifiche ora citate devono essere conservati e tenuti a disposizione dell'organo di vigilanza.
 
Restano inalterate le disposizioni relative alle attrezzature a pressione definite dal D.M. 329/2004 e che rientrano anche in Allegato VII del Testo Unico sulla Sicurezza; pertanto, oltre alle verifiche periodiche qui citate possono essere necessarie anche delle preventive verifiche di messa in servizio, seguite da una dichiarazione di messa in servizio da inviare all’organo di vigilanza prima di esercire l’impianto.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Datore di Lavoro nel capire quale procedura adottare per le diverse attrezzature che rientrassero in Allegato VII e che dunque richiedessero opportune verifiche periodiche. L’affiancamento è volto a individuare non solo se risulta applicabile il solo D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. o anche il D.M. 329/2004 ma anche nel capire come agire nei confronti dei soggetti pubblici o privati abilitati in modo da poter utilizzare in sicurezza l’attrezzatura in esame.
 
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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La Compensazione della CO2
29/07/2013
Negli ultimi anni prendono sempre più piede strumenti correlati al marketing che propongono prodotti e servizi verdi personalizzati. L’ecosostenibilità si sta infatti trasformando da problema ambientale ad opportunità per aziende e imprese.
Il green marketing riveste un’importanza strategica per un’azienda che vuole innovare e accogliere sempre un numero maggiore di acquirenti. Molti sono gli strumenti possibili per intraprendere questo percorso di efficienza e riduzione degli impatti ambientali. Alcuni sono di carattere legato alla modifica del proprio processo, ovvero legati al miglioramento diretto delle prestazioni ambientali del proprio sistema produttivo o del prodotto / servizio offerto, altri sono di carattere compensativo.
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel valutare le emissioni in atmosfera create nel corso di tutto o parte del ciclo produttivo, tramite uno studio di Life Cycle Assessment (LCA), individuando le attività a maggior impatto e quindi quelle che è più utile compensare, creando report ambientali personalizzati, per dimostrare a clienti, fornitori e competitors il proprio interesse verso queste tematiche specifiche e le azioni intraprese per migliorare la propria impronta ecologica.
 
Ormai da anni le istituzioni mondiali stanno sviluppando politiche per ridurre in primis le emissioni dei gas che incrementano l’effetto serra e quindi l’aumento della temperatura atmosferica. Dalla stesura del Protocollo di Kyoto (1997) la riduzione delle emissioni di CO2 diventa il simbolo di questa battaglia; la CO2, ovvero l’anidride carbonica, viene ormai globalmente individuata come metro di valutazione per misurare il livello di emissioni nocive di un prodotto, servizio, attività o azienda nel complesso.
 
Lo strumento della compensazione ha caratteri sia obbligatori che volontari. La Direttiva Emission Trading infatti obbliga grandi aziende che hanno notevoli emissioni, come ad esempio aziende estrattive o centrali termoelettriche, ad acquistare certificati verdi sul mercato, per compensare le proprie emissioni.
Le piccole e medie imprese possono invece contrastare i cambiamenti climatici attraverso differenti strumenti volontari, tra i quali appunto la compensazione delle emissioni, ovvero il cosiddetto carbon offset.
 
L’acquisto dei crediti viene svolto quindi da privati tramite organizzazioni che operano nel campo della protezione dell'ambiente. Sostanzialmente quindi un’azienda può “acquistare” una quantità di CO2, compensando ad esempio la quantità di CO2 emessa dalla propria attività per un anno, utilizzando poi questo comportamento virtuoso per una specifica attività di reporting ambientale o green marketing.
La compensazione basata sull’acquisto di certificati di CO2 è la metodologia al momento maggiormente sviluppata, nonché più aderente ai meccanismi ambientali, rispetto alla compensazione per rimboschimento. Acquistando e ritirando uno di questi certificati si contribuisce a finanziare un progetto che permette la creazione, soprattutto in paesi in via di sviluppo, di parchi energetici basati sullo sfruttamento delle fonti rinnovabili, andando così a creare energia pulita, energia che verrebbe altrimenti consumata da fonti fossili. Si evita così l’immissione in atmosfera di ulteriore CO2.
 
Compito fondamentale in questo particolare settore lo gioca la credibilità di chi si fregia di questo tipo di servizio, ma ancor di più dell’organizzazione che lo può offrire, sia in termini di acquisto di certificati, sia in termini di esatto calcolo (studio di LCA) delle reali emissioni che si vogliono compensare.
MTM Consulting vanta un’esperienza decennale in merito agli studi di LCA e può calcolare per la tua azienda le emissioni di CO2 ad esempio correlate al singolo prodotto, oppure ad una linea di produzione o all’intera azienda, oppure ancora ad attività ed eventi specifici come il parco auto aziendale, il consumo elettrico annuale, il riscaldamento termico, la realizzazione o partecipazione ad una fiera. Dopo questo passaggio MTM Consulting può guidarti nello svolgimento vero e proprio della compensazione, sfruttando progetti di sviluppo ubicati in paesi dove è forte l’esportazione dei tuoi prodotti, creando report ambientali che possono sottolineare i vari sforzi condotti negli anni per rendere la tua azienda sempre maggiormente sostenibile.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Benne miscelatrici per calcestruzzo, attrezzature intercambiabili ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE - MTM Consulting s.r.l.
29/07/2013
Le benne miscelatrici per la produzione di calcestruzzo montate sui caricatori compatti rappresentano attrezzature intercambiabili ai sensi delle Direttiva Macchine 2006/42/CE. Recentemente, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha affrontato il problema legato all’alto numero di infortuni, anche mortali, correlati all’utilizzo di queste attrezzature, tramite la Circolare n.28 del 2 Luglio 2013. 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare Fabbricanti o Mandatari nel processo di certificazione e di immissione sul mercato di queste benne miscelatrici e in generale di tutte le attrezzature intercambiabili, in modo da rispettare le richieste del D.Lgs. n.17/2010 che recepisce in Italia la Direttiva Macchine 2006/42/CE.

Ai sensi della Direttiva Macchine 2006/42/CE e dunque, in Italia, del D.lgs. n.17/2010, le attrezzature intercambiabili rientrano nel processo di certificazione tipico delle “macchine”. Vale a dire, il Fabbricante di una attrezzatura intercambiabile, prima della sua immissione sul mercato o, se realizzata per uso proprio, messa in servizio, è tenuto a garantire che sia presente il fascicolo tecnico (e dunque anche la valutazione dei rischi), che sia stata scritta la dichiarazione CE di conformità, che il prodotto disponga di targa di identificazione CE e che lo stesso prodotto sia accompagnato da idonee istruzioni per l’uso.

Vediamo cosa si intende per attrezzatura intercambiabile: “dispositivo che, dopo la messa in servizio di una macchina o di un trattore, è assemblato alla macchina o al trattore dall'operatore stesso al fine di modificarne la funzione o apportare una nuova funzione, nella misura in cui tale attrezzatura non è un utensile”.

Recentemente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite la Circolare n.28 del 2 Luglio 2013, ha affrontato la sicurezza legata all’utilizzo di una particolare attrezzatura intercambiabile: le benne miscelatrici per la produzione di calcestruzzo montate su caricatori compatti. Nello specifico, nel tempo si sono evidenziati diversi infortuni collegati ad incidenti correlati all’errato accoppiamento tra la benna miscelatrice e il caricatore compatto, in special modo conseguenti ad un ribaltamento longitudinale del caricatore stesso durante la fase di scarico del calcestruzzo. Durante gli accertamenti compiuti dall’INAIL per conto dell’Autorità di sorveglianza del mercato (lo stesso Ministero) è emerso come gli incidenti sono conseguenti ad un errato accoppiamento tra benna e macchina operatrice in quanto era lo stesso utilizzatore della benna a dover capire, applicando uno specifico procedimento di calcolo, il livello raccomandato di riempimento della benna in funzione delle caratteristiche della macchina operatrice, in modo da evitare fenomeni di ribaltamento. Tuttavia, non tutte queste caratteristiche sono a conoscenza dell’utilizzatore, pertanto questa richiesta risultava non applicabile e la conseguenza sono stati i molti incidenti occorsi nell’utilizzo di tali benne miscelatrici.

Il Ministero, nella Circolare citata, riporta dunque la necessità che nelle istruzioni per l’uso delle benne miscelatrici da applicare ai caricatori compatti venga chiaramente specificato quale sia la macchina operatrice base a cui quella benna può essere applicata, dando dunque più responsabilità al Fabbricante della benna il quale non può demandare la sicurezza dell’accoppiamento finale all’utilizzatore. Qualora invece la benna miscelatrice venga utilizzata su caricatori di cui il fabbricante della benna non ha indicato la compatibilità, è necessario verificare (da parte dell’utilizzatore) che la macchina operatrice abbia un carico operativo ammesso superiore alla massa della benna miscelatrice nelle condizioni di carico massimo tecnicamente possibile. Ne deriva dunque che, in caso di impossibilità di determinare la massa massima della benna come sopra definita (derivante da mancate informazioni riportate nelle istruzioni per l’uso) e in caso di mancata autorizzazione all’accoppiamento da parte del costruttore della benna, è fatto divieto di utilizzo di benne miscelatrici su caricatori compatti.

La Circolare del Ministero ha dunque voluto evidenziare come le istruzioni per l’uso che accompagnano il prodotto siano fondamentali, non solo per utilizzarlo correttamente, ma soprattutto per utilizzarlo in sicurezza, in particolar modo per le attrezzature intercambiabili dove è lo stesso utente finale a dover prima scegliere e successivamente montare e smontare l’attrezzatura dalla macchina su cui è montata.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di seguire i fabbricanti di attrezzature intercambiabili e, nello specifico, di benne miscelatrici per caricatori compatti, al fine di rispettare tutte le richieste della Direttiva Macchine 2006/42/CE: redazione del fascicolo tecnico con valutazione dei rischi tesa a dimostrare il soddisfacimento di tutti i requisiti essenziali di sicurezza applicabili della Direttiva, marcatura CE sul prodotto, stesura della istruzioni per l’uso secondo la logica esposta sopra e redazione della Dichiarazione CE di conformità.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Immissione sul mercato e messa in servizio di macchine- MTM Consulting s.r.l.
01/07/2013
La Direttiva Macchine 2006/42/CE richiede che, prima di effettuare l’immissione sul mercato o la messa in servizio di una macchina, vengano svolti, da parte del Fabbricante o del Mandatario, una serie di verifiche che possano garantire il soddisfacimento delle richieste della Direttiva e, dunque, la sicurezza del prodotto.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare Fabbricante o Mandatari ad eseguire queste verifiche in modo da rispettare le richieste del D.Lgs. n.17/2010 che recepisce in Italia la Direttiva Macchine 2006/42/CE.

Gli obblighi del Fabbricante o del Mandatario relativamente alle verifiche e alle attività da effettuare prima di immettere sul mercato o mettere in servizio un macchina sono riportati all’art. 3 del D.Lgs. 17/2010 (art. 5 della Direttiva Macchine 2006/42/CE). Il concetto di immissione sul mercato e di messa in servizio si applicano alla macchina in senso lato, dunque non solo a ciò che rientra strettamente nella definizione di macchina ma anche a tutto ciò che richiede lo stesso processo di certificazione prima di essere immesse sul mercato o messe in servizio, vale a dire attrezzature intercambiabili, componenti di sicurezza, accessori di sollevamento, catene, funi e cinghie e dispositivi amovibili di trasmissione meccanica.

Nello specifico, per immissione sul mercato si intende la “prima messa a disposizione, all’interno della Comunità, a titolo oneroso o gratuito, di una macchina o di una quasi-macchina ai fini di distribuzione o di utilizzazione” mentre per messa in servizio si intende il “primo utilizzo, conforme alla sua destinazione, all’interno della Comunità, di una macchina oggetto della presente decreto legislativo”.

Dunque, il Fabbricante o il Mandatario, prima di immettere sul mercato e/o mettere in servizio un macchina:

  1. si accerta che soddisfi i pertinenti requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute indicati dall’allegato I;
  2. si accerta che il fascicolo tecnico di cui all’allegato VII, parte A, sia disponibile;
  3. fornisce in particolare le informazioni necessarie, quali ad esempio le istruzioni;
  4. espleta le appropriate procedure di valutazione della conformità ai sensi dell’articolo 9;
  5. redige la dichiarazione CE di conformità ai sensi dell’allegato II, parte 1, sezione A e si accerta che accompagni la macchina;
  6. appone la marcatura “CE” ai sensi dell’articolo 12.

Qualora sia stato nominato per iscritto, come prevede la Direttiva, tutti gli obblighi sopra elencati possono essere svolti dal Mandatario del Fabbricante. Nella maggioranza dei casi tali obblighi devono essere ottemperati prima di immettere la macchina sul mercato della UE (come prevede la definizione di immissione sul mercato), tuttavia in caso di macchine non destinate alla vendita, come quelle realizzate per uso interno in azienda o quelle direttamente importate nell’UE sempre per uso interno, gli obblighi devono essere ottemperati prima della messa in servizio.

Lo stesso articolo prosegue affermando che il Fabbricante o il suo Mandatario, al fine di eseguire le procedure di conformità previste dalla Direttiva Macchine (che possono prevedere o meno l’intervento di un Organismo Notificato esterno in caso di macchine in Allegato IV), dispone o può usufruire dei mezzi necessari ad accertare la conformità della macchina ai requisiti essenziali di sicurezza di cui all’allegato I.

Nel caso in cui la macchina non ricada nell’elenco previsto dall’Allegato IV (o anche in questo caso, qualora si voglia adottare una specifica norma di tipo C in maniera completa), la procedura di certificazione prevede esclusivamente un controllo interno della fabbricazione in cui le verifiche necessarie possono essere effettuate da o per conto del Fabbricante o del suo Mandatario. Dunque, colui che effettua la valutazione della conformità della macchina deve possedere o avere a disposizione i mezzi necessari per verificare la conformità della macchina ai requisiti applicabili dell’allegato I. Tali mezzi possono includere, ad esempio, il personale qualificato necessario, l’accesso alle informazioni necessarie, le competenze e le attrezzature necessarie per effettuare le verifiche di progetto, i calcoli, le misurazioni, le prove funzionali, le prove di resistenza, le ispezioni visive al fine di verificare la conformità della macchina ai pertinenti requisiti essenziali di sicurezza.

MTM Consulting s.r.l. è in grado effettuare la valutazione della conformità della macchina per conto del Fabbricante e/o Mandatario al fine di soddisfare le richieste della Direttiva Macchine. In particolare, la valutazione consiste nella stesura della valutazione dei rischi come strumento atto a dimostrare il soddisfacimento dei requisiti di sicurezza della Direttiva, nella stesura delle istruzioni per l’uso, nella redazione della dichiarazione CE di conformità e nella fornitura delle indicazioni necessarie al fine di costituire correttamente il fascicolo tecnico ed espletare la procedura di conformità necessaria a poter immettere sul mercato e/o mettere in servizio la macchina. 


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Nuova Direttiva RAEE e obblighi per il produttore
28/06/2013
Nel luglio del 2012 è stata pubblicata la nuova Direttiva RAEE, ovvero la Direttiva 2012/19/UE “sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)”. Questa Direttiva sostituisce la precedente Direttiva RAEE 2002/96/CE, apportando in realtà poche modifiche sostanziali, in particolare in merito al campo di applicazione, che entreranno in vigore nell’agosto del 2018.
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel valutare l’applicabilità della nuova Direttiva, nonché fornire indicazioni sulla corretta documentazione da consegnare ai propri clienti e su come interfacciarsi con i consorzi di smaltimento, in funzione della tipologia di prodotti immessi sul mercato.

Lo scopo della Direttiva RAEE è quello di regolamentare la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, ponendo obblighi in materia di gestione sia relativi ai fabbricanti, che ai consorzi di smaltimento che agli stati membri in generale. La nuova Direttiva RAEE, come la versione precedente, si presenta molto complessa e necessita di professionalità specifiche.

All’Allegato I la Direttiva propone un elenco di gruppi di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) che rientrano nel campo di applicazione, di cui i principali li riportiamo qui di seguito: grandi elettrodomestici, piccoli elettrodomestici, apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni, apparecchiature di consumo e pannelli fotovoltaici, apparecchiature di illuminazione, strumenti elettrici ed elettronici (ad eccezione degli utensili industriali fissi di grandi dimensioni) , etc.
All’Allegato II viene data una spiegazione di ognuno di questi gruppi. Il campo di applicazione è vastissimo; addirittura nella specificazione di quanto rientra nel precedentemente citato punto 6, strumenti elettrici ed elettronici (ad eccezione degli utensili industriali fissi di grandi dimensioni), vengono fatti rientrare torni industriali, trapani, presse, piegatrici, etc., ovvero macchinari prettamente industriali, esclusi dal campo di applicazione ad esempio della Direttiva RoHS.

Questo campo di applicazione è identico a quello della precedente Direttiva e viene ritenuto valido fino all’agosto 2018, data in cui entrerà invece in vigore il campo di applicazione dell’Allegato III. Dall’agosto del 2018 il campo di applicazione si modifica quindi, eliminando la parola “elettrodomestico”. La differenza del tipo di onere in capo al fabbricante è data comunque e sempre dall’applicazione professionale o domestica della AEE prodotta che ricade nel campo di applicazione della Direttiva.

Vediamo ora quali sono gli obblighi per i fabbricanti di apparecchiature che diventano dei Rifiuti di AEE professionali, quindi apparecchiature destinate all’uso non domestico o correlato al nucleo famigliare, bensì commerciale o industriale.
Come nella precedente Direttiva, i RAEE professionali seguono un regime finanziario e di raccolta diverso da quelli domestici. Nel caso dei RAEE professionali il singolo Produttore o il suo Distributore, in funzione di contratti stipulati a tal fine, è tenuto a farsi carico di ritirare i RAEE presso l’acquirente finale di un suo prodotto, oltre che naturalmente curare a sue spese il trattamento di tali rifiuti. Non è quindi necessario, per questo tipo di rifiuti, iscriversi ad un Consorzio per lo smaltimento di AEE

Per i RAEE domestici nulla cambia con la nuova Direttiva; per la gestione dei RAEE domestici il Produttore, come identificato dalla Direttiva, deve iscriversi a Consorzi autorizzati per lo smaltimento di AEE e finanziare l’attività di recupero e smaltimento dei rifiuti messa in atto dal consorzio stesso.
I costi che il Produttore deve sostenere per finanziare il Consorzio sono quindi funzione del tipo di AEE, della diffusione dell’AEE sul territorio, della possibilità di gestione del rifiuto e della quantità di AEE messe in commercio.
Esistono casi in cui anche i Produttori di AEE Professionali di larga diffusione optano comunque per l’impiego di un Consorzio, o per vantaggi economici o logistici.

Risulta pertanto molto importante per il Produttore distinguere gli AEE domestici da quelli professionali; inoltre la nuova Direttiva stabilisce che gli apparecchi “Dual Use”, ossia quegli apparecchi che si prestano per qualità, prezzo, canale di vendita ad un uso sia domestico che professionale, sono trattati, quando diventano rifiuti, come RAEE domestici e non professionali.


[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Importazione di macchine nell’UE - MTM Consulting s.r.l.
30/05/2013
La Direttiva Macchine 2006/42/CE definisce il Fabbricante come la figura fisica o giuridica che progetta e/o realizza una macchina e che, dunque, deve provvedere a realizzare l’intero iter che porta alla marcatura CE del prodotto. Tuttavia, in alcuni casi il Fabbricante della macchina è una figura extra-UE; in queste situazioni è importante che anche l’importatore, il distributore o lo stesso utilizzatore siano a conoscenza delle richieste della Direttiva relativamente al processo di certificazione che deve rispettare la macchina.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare queste figure che provvedono ad importare direttamente o meno macchine da aree extra UE in modo da rispettare le richieste del D.Lgs. n.17/2010 che recepisce in Italia la Direttiva Macchine 2006/42/CE.

La definizione di Fabbricante è riportata all’art. 2 della Direttiva Macchine: il Fabbricante è quella persona fisica o giuridica che progetta e/o realizza una macchina o una quasi-macchina ed è responsabile della conformità della macchina o della quasi-macchina con la direttiva ai fini della immissione sul mercato con il proprio nome o con il proprio marchio ovvero per uso personale. Chiaro dunque come il Fabbricante non è necessariamente colui che fisicamente progetta e/o realizza la macchina, quanto piuttosto è colui che, assumendosi la responsabilità della conformità della macchina alla Direttiva, identifica la stessa macchina sul mercato col proprio nome o col proprio marchio.

Tuttavia, considerando le macchine provenienti da regioni extra-UE potrebbero sorgere dei problemi. Infatti, qualora un Fabbricante di macchine con sede fuori dall’UE decida di vendere le proprie attrezzature nel mercato dell’UE, può assolvere da solo a tutti gli obblighi ai sensi della Direttiva Macchine avendo solo l’accortezza di indicare, sulla dichiarazione CE di conformità, la persona (fisica o giuridica) e il corrispondente indirizzo all’interno dell’UE, autorizzata a costituire il Fascicolo Tecnico della macchina (o la documentazione tecnica pertinente, se trattasi di quasi-macchina). In alternativa, il Fabbricante extra-UE può incaricare, per iscritto, un Mandatario, con sede all’interno dell’UE, che svolga in toto o in parte la procedura di certificazione inerente le macchine.

Tuttavia, può presentarsi la situazione in cui il Fabbricante con sede fuori dall’UE non si preoccupi di seguire l’iter CE richiesto dalla Direttiva Macchine (facendo vendere all’importatore in territorio UE un prodotto non conforme alla direttiva) o che l’importazione del prodotto venga eseguita direttamente dall’importatore, dal distributore o dallo stesso utilizzatore (che potrebbe acquistare la macchina direttamente fuori dall’UE e importarla per un proprio utilizzo interno). In questi casi, dunque, si applica la seconda parte della definizione di “Fabbricante” come riportata sempre nell’art. 2 della Direttiva Macchine: in mancanza di un fabbricante quale sopra definito, è considerato fabbricante la persona fisica o giuridica che immette sul mercato o mette in servizio una macchina o una quasi-macchina oggetto della direttiva. In definitiva, qualora il Fabbricante extra-UE non soddisfi tutti gli obblighi ai sensi della Direttiva Macchine, questi devono essere soddisfatti dalla figura che si preoccupa di importare tali macchine all’interno del territorio della UE. Infatti, l’importatore (o, a seconda dei casi, distributore o utilizzatore) deve poter garantire che il Fabbricante del prodotto importato assolva agli obblighi che gli spettano in merito alla certificazione della macchina; qualora ciò non sia possibile, questi obblighi ricadono sulla persona che effettua l’importazione. In questi casi, importatore, distributore o utilizzatore, vale a dire la persona giuridica che effettua l’importazione, sono equiparati al Fabbricante della macchina per quanto concerne gli obblighi ai sensi della Direttiva Macchine.

Dunque, la persona giuridica che immette la macchina sul mercato deve essere in grado di assolvere a questi obblighi qualora non sia in grado di accertarsi che siano già stati assolti dal Fabbricante extra-UE. Di fatto, deve accertarsi che la macchina soddisfi i requisiti della direttiva macchine, assicurarsi della disponibilità del fascicolo tecnico, fornire le istruzioni per l’uso, effettuare la procedura di valutazione della conformità, redigere la dichiarazione CE di conformità e apporre la marcatura CE.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di affiancare le aziende che decidono di importare una macchina da un Fabbricante extra-UE per una vendita sul territorio dell’UE o per un semplice utilizzo interno. Inizialmente verificando la documentazione fornita dal Fabbricante originale al fine di verificare se ha assolto agli obblighi inerenti la certificazione della macchina. Successivamente, qualora risulti necessario, preparando la documentazione necessaria (quale valutazione rischi, fascicolo tecnico, istruzioni e dichiarazione CE) e sottoponendo la macchina ai test di laboratorio e alle prove che risultassero necessarie al soddisfacimento dei requisiti della direttiva, come peraltro indicate dalle stesse norme tecniche armonizzate di riferimento.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Decreto 231 e sistemi di gestione per la sicurezza e l’ambiente - mtm consulting s.r.l.
28/05/2013
Dal 2007 per la sicurezza e dal 2011 per l’ambiente il campo di applicazione del D.Lgs. 231/01 è stato esteso ai reati commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro ed agli illeciti ambientali. L’implementazione di un sistema di gestione secondo le norme BS OHSAS 18001 e UNI EN ISO 14001 diventa quindi un processo aziendale che, oltre a portare l’organizzazione ad ottenere un’aumentata consapevolezza delle prescrizioni legali applicabili e delle prestazioni delle proprie attività, permette anche di evitare sanzioni amministrative in merito a comportamenti scorretti perpetrati all’interno dell’azienda stessa.
MTM Consulting può seguire la tua azienda nell’implementazione di sistemi di gestione per la sicurezza e l’ambiente, integrati tra loro e integrati con eventuale sistema della qualità, nonché a fornire indicazioni sull’applicazione aziendale degli stessi, in relazione alle richieste poste dal D.Lgs. 231/01.
 
Il Decreto 231 nasce nel 2001 con lo scopo di dare la possibilità all’azienda di essere esentata dalle conseguenze amministrative, e quindi dal pagamento di un’ingente sanzione pecuniaria, legate alla commissione di un delitto di carattere economico / finanziario, a patto di aver correttamente implementato e mantenuto attivo un “sistema organizzativo e di controllo che non possa essere aggirato se non fraudolentemente”, allo scopo di prevenire i delitti di qui sopra. Il D.Lgs. 231/01 quindi fornisce una serie di requisiti che il modello o sistema di gestione aziendale deve avere per garantire questa caratteristica esimente della responsabilità amministrativa.
 
Nel 2007 ai delitti di carattere economico / finanziario sono stati affiancati nel D.Lgs. 231/01 anche i delitti commessi in violazione delle norme antinfortunistiche, ovvero infortunio grave e gravissimo. La normativa internazionale già ci propone un modello gestionale specifico per la tematica di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero il modello normato dalla BS OHSAS 18001.
Questa norma è inoltre indicata dal Testo Unico sulla sicurezza D.Lgs. 81/2008, all’articolo 30, come punto di riferimento per implementare un “modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, richiamando così proprio i benefici portati dal Decreto 231.
Il modello organizzativo e gestionale deve quindi soddisfare sia il Decreto 231 che la norma BS OHSAS 18001 sui seguenti punti:
 
  • prevedere idonei sistemi di registrazione e di controllo sull’attuazione dello stesso;
  • prevedere un’articolazione di funzioni tale da assicurare le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio;
  • prevedere un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
 
L’adozione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro non costituisce quindi un obbligo di legge, ma uno strumento ad adozione volontaria, utile ai fini dell’esonero ex. D.Lgs. 231/01, portando al contempo notevoli effetti positivi circa l’organizzazione aziendale e il controllo delle prescrizioni legali.
Per avere inoltre questa “efficacia esimente” viene specificato come il sistema stesso non debba per forza essere certificato da un ente terzo, ma debba solo essere completo ed efficacemente attuato in azienda.
 
Le medesime considerazioni possono essere estese dal 2011 alla tematica ambientale, ovvero da quando anche i delitti di carattere ambientale sono stati fatti rientrare nel campo di applicazione del D.Lgs. 231/01. Anche per questa tematica troviamo già una norma di riferimento per l’implementazione di un sistema di gestione ambientale, ovvero la UNI EN ISO 14001.
 
Implementare un sistema di gestione integrato ambiente e sicurezza in un’azienda che già adempie a tutti gli obblighi normativi ad essa applicabili risulta essere una operazione lineare e metodica e consta nel descrivere dettagliatamente, tramite diversi strumenti, le attività svolte in azienda per la gestione di tutto ciò che riguarda la salute e sicurezza sul lavoro e le tematiche ambientali di rilievo, soffermandosi in particolare su responsabilità, metodi di registrazione e competenze.
Questo passaggio risulta ancora più immediato nel caso in cui in azienda sia già presente ed implementato un sistema di gestione della qualità che può benissimo essere integrato con gli aspetti legati a sicurezza e ambiente, partendo quindi da una base comune.

D.Lgs 231/01 - Sicurezza e Ambiente
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Rischio esplosione all’interno delle macchine - MTM Consulting s.r.l.
30/04/2013
La Direttiva Atex 94/9/CE disciplina la progettazione e realizzazione di apparecchiature, tra cui le macchine, che sono installate in ambiente classificato potenzialmente esplosivo e che, dunque, sia stato analizzato in accordo alla Direttiva Atex sociale 1999/92/CE. Qualora, invece, la singola macchina presenti al proprio interno un pericolo esplosione, ma non sia installata in ambiente potenzialmente esplosivo, essa deve essere analizzata esclusivamente dal punto di vista del requisito 1.5.7 – “Esplosione” della Direttiva Macchine. 

MTM Consultng s.r.l. è in grado di affiancare il Fabbricante nell’analizzare le sorgenti di innesco presenti nella macchina e le correlate misure di protezione in modo da ottenere una valutazione dei rischi il cui risultato sia quello di dimostrare come la macchina soddisfi le richieste della Direttiva Macchine in merito al rischio “Esplosione”.

La classificazione dei luoghi di lavoro in accordo alla Direttiva Atex sociale 99/92/CE rientra negli obblighi del Datore di lavoro in quanto deve analizzare tutti i possibili rischi presenti nel proprio luogo di lavoro; l’analisi del rischio esplosione, laddove presente, porta a suddividere l’ambiente di lavoro in zone, in funzione del grado di pericolosità evidenziato. Installare un’apparecchiatura (e dunque anche una macchina) in una di queste zone comporta la certificazione di quella apparecchiatura anche secondo la Direttiva Atex 94/9/CE. In effetti, non è decisivo il luogo di installazione come tale per l’applicazione della Direttiva Atex 94/9/CE, quanto l’esistenza o meno di un contatto tra le potenziali sorgenti di innesco presenti sull’apparecchio e la stessa atmosfera potenzialmente esplosiva in cui l’apparecchio viene installato. Di fatto, qualora si installi un apparecchio che non presenti assolutamente possibili sorgenti di innesco, esso non comporta pericoli di esplosione e, dunque, non richiede la marcatura CE in accordo alla Direttiva 94/9/CE.

Analogamente, qualora l’atmosfera potenzialmente esplosiva sia esclusivamente all’interno della macchina e non vi è alcun tipo di interfaccia che metta in comunicazione l’ambiente interno alla macchina con l’ambiente di installazione esterno, non deve essere applicata la Direttiva Atex 94/9/CE nel percorso di certificazione CE in quanto non vi è diretto contatto tra le possibili sorgenti di innesco esterne alla macchina e l’ambiente potenzialmente esplosivo interno. In questo caso, infatti, il pericolo esplosione è affrontato esclusivamente dal punto di vista della direttiva macchine, dove al requisito essenziale 1.5.7 – “Esplosione” vengono specificatamente forniti dei requisiti di sicurezza che devono essere obbligatoriamente adottati.

Chiaramente, è necessario in questo caso adottare specifiche scelte progettuali e di protezione che possano evitare il verificarsi di un fenomeno esplosivo all’interno della macchina. A tal riguardo è necessario riferirsi alle norme tecniche armonizzate (in particolare la UNI EN 1127-1) che forniscono indicazioni di progettazione e protezione in funzione della probabilità con cui un’atmosfera potenzialmente esplosiva potrebbe formarsi all’interno della macchina (sempre presente, presente solo a seguito di malfunzionamenti prevedibili, presente solo a seguito di guasti rari). Dunque, sebbene non sia richiesto da nessuna direttiva, spesso si arriva ad una classificazione della zona interna alla macchina in modo da evidenziare chiaramente quali zone sono maggiormente esposte alla formazione di una atmosfera potenzialmente esplosiva e quali attrezzature e/o componenti è necessario posizionare in esse: apparecchi, sistemi di protezione e componenti destinati ad essere utilizzati all’interno della macchina dove potrebbe generarsi un’atmosfera potenzialmente esplosiva devono infatti presentare una grado di protezione contro le esplosioni (dunque una Categoria) consona alla classificazione della zona in cui sono posizionati. Di fatto si adotta la stessa logica che segue il Datore di lavoro quando deve installare una nuova macchina in un ambiente classificato potenzialmente esplosivo.

Laddove, invece, l’atmosfera potenzialmente esplosiva presente all’interno della macchina e dovuta al processo lavorativo eseguito dalla macchina stessa, abbia modo di interfacciarsi con l’ambiente esterno è necessario considerare la possibilità che si generi un’atmosfera potenzialmente esplosiva anche all’esterno della macchina e dunque nel luogo di installazione. In questo caso, sempre a fronte di una analisi della probabilità di formazione di un’atmosfera esplosiva e dunque una suddivisione in zone dell’ambiente esterno circostante la macchina, è necessario analizzare il pericolo esplosione non solo interno alla macchina ma anche esterno; dunque è necessario analizzare le possibili misure di progettazione e protezione non solo a fronte delle richieste del requisito 1.5.7 della Direttiva Macchine (per la parte interna della macchina) ma anche a fronte di quanto richiede la Direttiva Atex 94/9/CE (per la parte esterna della macchina) in quanto in questo caso è richiesta anche la marcatura CE secondo la Direttiva 94/9/CE.

MTM Consulting s.r.l. da sempre affianca i Fabbricanti nella analisi del pericolo esplosione. Sia che esso derivi da un’atmosfera potenzialmente esplosiva interna alla macchina e dovuta al processo lavorativo, sia che esso derivi dalla installazione della macchina in un ambiente già classificato come potenzialmente esplosivo o che diventi tale a seguito della installazione della macchina. 

Il risultato è quello di realizzare una valutazione dei rischi che metta in evidenza tutte le possibili sorgenti di innesco e come esse sono state affrontate durante la progettazione della macchina (dal punto di vista delle scelte progettuali e dal punto di vista delle misure di protezione), in modo da ridurre il rischio associato al pericolo di esplosione. La documentazione finale entra così a far parte del fascicolo tecnico della macchina realizzato in accordo alla Direttiva Macchine 2006/42/CE e, dove previsto secondo quanto esposto sopra, anche alla Direttiva Atex 94/9/CE.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Nuova Direttiva RoHS e Marcatura CE
24/04/2013
Nel gennaio del 2013 è entrata in vigore la nuova Direttiva RoHS o RoHS 2, ovvero la Direttiva 2011/65/UE “sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche”. Questa Direttiva sostituisce e abroga la precedente Direttiva RoHS 2002/95/CE, apportando numerose modifiche in merito al campo di applicazione e introducendo una vera e propria Marcatura CE in conformità ai requisiti della Direttiva stessa.
MTM Consulting può seguire la tua azienda nel valutare l’applicabilità della nuova Direttiva, nonché fornire indicazioni sulla corretta documentazione da consegnare ai propri clienti e su documenti tecnici da produrre internamente o richiedere ai propri fornitori, per dimostrare la conformità al disposto legislativo.

La Direttiva RoHS 2 (Restriction of Hazardous Substances) si pone l’obiettivo, come la prima versione del 2002, di ridurre o eliminare la presenza di sostanze e agenti chimici pericolosi all’interno delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) e nei relativi componenti.
Le sostanze che vengono individuate dalla RoHS 2 sono le stesse presenti nella prima versione; sono tutte sostanze riconosciute ormai da lungo tempo come altamente tossiche e bioaccumulabili, sia a livello umano che biologico in generale.
Nell’Allegato II della Direttiva è presente l’elenco delle sostanze con restrizioni di uso, riportate qui nel seguente elenco, con indicata la massima percentuale tollerabile in peso nei materiali omogenei che compongono il prodotto: Piombo (0,1 %), Mercurio (0,1 %), Cadmio (0,01 %), Cromo esavalente (0,1 %), Bifenili polibromurati (PBB) (0,1 %), Eteri di difenile polibromurato (PBDE) (0,1 %).

All’Allegato I la Direttiva propone l’elenco di gruppi di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) che rientrano nel campo di applicazione: grandi elettrodomestici, piccoli elettrodomestici, apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni, apparecchiature di consumo, apparecchiature di illuminazione, strumenti elettrici ed elettronici, giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e per lo sport, dispositivi medici, strumenti di monitoraggio e controllo, compresi gli strumenti di monitoraggio e controllo industriali, distributori automatici, altre AEE non comprese nelle categorie sopra elencate.

L’ultima di queste categorie è stata inserita con al nuova edizione della Direttiva, andando così a comprendere un largo numero di apparecchiature. Largo numero di apparecchiature che è però limitato dal campo di esclusione dalla Direttiva: nel campo di esclusione rientrano anche, ad esempio, utensili industriali fissi di grandi dimensioni e impianti industriali fissi di grandi dimensioni.
Leggendo quindi queste due esclusioni sembrano essere lasciate fuori le applicazioni industriali. In realtà l’applicabilità della Direttiva ai macchinari di tipo industriale dipende dal tipo di lavorazione svolta, dalle modalità di approntamento del luogo di installazione, dal tipo di installazione svolta, dalle dimensioni e dal carattere permanente o meno dell’installazione, come indicato anche dalle linee guida interpretative emesse dalla Comunità Europea. È quindi necessario analizzare ogni singolo caso per avere certezza in merito all’esclusione o inclusione del proprio prodotto all’interno della Direttiva.

Il primo obbligo in capo ai fabbricanti di AEE che ricadono nel campo di applicazione della Direttiva RoHS è quindi quello di predisporre la documentazione tecnica necessaria per dimostrare l’assenza dei suddetti materiali nel proprio prodotto. Inoltre è necessario redigere una procedura di controllo interno della produzione, in modo tale da garantire che ogni singolo prodotto risulti conforme.

Ulteriore e nuovo obbligo che spetta ai fabbricanti, introdotto dalla RoHS 2, è quello di redigere una Dichiarazione di Conformità alla Direttiva e di apporre il marchio CE sull’apparecchiatura messa in servizio.
La Direttiva quindi in questa seconda edizione viene a configurarsi come una vera e propria Direttiva di Prodotto, introducendo l’obbligo di Marcatura CE per i prodotti alla quale si riferisce.


[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Nelle città sostenibili la soluzione alla crisi economica
11/04/2013
Dal 17 al 19 aprile, l'Europa si interroga a Ginevra sul futuro della sostenibilità urbana e rapporto tra finanza e pubbliche amministrazioni.
 
Si svolgerá a Ginevra dal 17 al 19 aprile la settima edizione della Conferenza Europea delle Cittá Sostenibili, dal titolo "Un'economia ecologicamente e socialmente responsabile: una soluzione alla crisi?". La conferenza è dedicata al rapporto tra finanza e amministrazioni pubbliche nell'ottica del raggiungimento di uno sviluppo sostenibile in grado di rispondere efficacemente alle attuali crisi finanziarie ed ecologiche. In questo quadro la cittá di Ginevra ha organizzato una sessione speciale per i Sindaci ed Assessori delle Cittá europee sostenibili, il 17 aprile, presso il Quartiere Generale delle Nazioni Unite, che prevede un dibattito sul finanziamento dei servizi pubblici in tempo di crisi. Nel dell'evento, sono in programma interventi di relatori di fama internazionale presso Centre International de Confèrence Genève. I partecipanti avranno l'occasione di scambiare esperienze e confrontare 'best practice' in materia di sviluppo sostenibile. Sono attesi oltre 1.000 partecipanti tra rappresentanti delle autoritá locali e nazionali, delle istituzioni europee e delle Nazioni Unite, Ong, imprese, istituzioni scientifiche e organismi di ricerca e di sviluppo di tutta Europa.  
 
"Le nuove politiche urbane stanno diventando un trampolino per le politiche d'uscita dalla crisi. - ha detto Andrea Poggio, Vicedirettore Legambiente Onlus, che domani, giovedì 4 aprile, presenterà alla Feltrinelli di Varese il suo volume "Le città sostenibili - la Commissione europea sta proponendo il tema dello sviluppo degli ecoquartieri come centrale nelle politiche urbane e nelle linee di finanziamento 2014-2018. La rigenerazione urbana, la ricostruzione in qualità, i quartieri a zero energia e zero emissioni sostituiscono, persino nella speranza degli imprenditori, la speculazione immobiliare del decennio scorso. Nell'Italia dell'abusivismo edilizio è una doppia rivoluzione culturale".


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Emirati: inaugurato più grande impianto solare a concentrazione del mondo
11/04/2013
Con i suoi 100 MW di potenza e un’estensione di due chilometri e mezzo, è di proprietà della società arabo-franco-spagnola Masdar. Pecoraro Scanio: "In italia, sul solare a concentrazione, ritardi e occasioni perse".
 
Inaugurato pochi giorni fa Shams 1, il più grande impianto termodinamico mai realizzato al mondo. La mega centrale solare, con i suoi 100 MW di potenza e un’estensione di due chilometri e mezzo, è stata realizzata a Madinat Zayed, alle porte della capitale Abu Dhabi. Shams 1, che prende il nome dalla parola araba “sole”, è di proprietà di Masdar, società delle rinnovabili di proprietà degli Emirati Arabi Uniti (60%), della spagnola Abengoa Solar (20%) e della francese Total (20%). Si tratta di un progetto del valore di 600 milioni dollari, e oltre a rappresentare il più grande impianto Concentrated Solar Power (CSP) al mondo è soprattutto il primo del suo genere ad essere realizzato in Medio Oriente. Con la sua capacità è in grado di produrre abbastanza energia elettrica da soddisfare le esigenze di 20.000 abitazioni, risparmiando all’atmosfera ogni anno ben 175.000 tonnellate di anidride carbonica – lo stesso quantitativo rilasciato da 30.000 automobili su strada. “Ciò che sta avvenendo – ha commentato Adnan Amin, segretario generale dell’Irena, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili – dimostra che il Medio Oriente non sarà considerato solo uno dei maggiori produttori ed esportatori di greggio, ma tra i principali esportatori ed esperti in energie rinnovabili al mondo”.
 
"Ancora un volta, anche le società petrolifere, tra 'green washing' e vantaggio economico decidono di puntare sul sole come fonte di energia - ha commentato Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente di Fondazione UniVerde ed ex Ministro dell'Ambiente italiano - non posso non pensare alle occasioni perse finora in Italia. Nel 2008 firmai infatti un decreto per finanziare gli impianti di solare a concentrazione dopo l'ottimo lavoro fatto dalla task force che avevo istituito presso il ministero dell'ambiente sotto la guida di Carlo Rubbia. Il premio Nobel, che aveva avviato il famoso progetto Archimede, poi rallentato dal governo Berlusconi, sarebbe tornato in Italia per aiutarmi a far ripartire una strategia solare. Ma mentre il decreto del 2007 sul solare fotovoltaico  (il cosiddetto Secondo Conto energia: ndr) ha prodotto un boom di impianti, il decreto del 2008 è rimasto sostanzialmente inutilizzato. Anzi, addirittura nel luglio 2009 il Senato approvò una mozione contro questo tipo di tecnologia solare. Forse faceva troppo paura? Ciononostante, io continuerò a battermi perché tutte tecnologie solari siano sostenute e sviluppate, ovviamente in modo sostenibile. Io infatti sostegno la produzione con piccoli impianti distribuiti, mentre gli impianti molto grandi possono aver senso nel deserto, in aree industriali o da bonificare, non certo su terreni agricoli o dove l'impatto ambientale sia negativo".


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L'Iccg lancia l'osservatorio partecipato sulle buone pratiche
11/04/2013
Il Best climate practices mira a fornire una panoramica completa delle piú innovative ed efficaci buone pratiche in campo climatico ponendo l'accento sulla vasta gamma di azioni che possono davvero fare la differenza.
 
L'International Center for Climate Governance ha annunciato il lancio del suo nuovo osservatorio, Best climate practices, che mira a fornire una panoramica completa delle piú innovative ed efficaci buone pratiche in campo climatico ponendo l'accento sulla vasta gamma di azioni che, se perseguite dal mondo della politica e dell'economia, dalla ricerca e dai privati cittadini, possono davvero fare la differenza. Attraverso una mappa interattiva, la piattaforma consente di visualizzare la disposizione geografica dei progetti, di valutare quali sono le regioni piú attive e in quali settori. L'Iccg ritiene fondamentale la partecipazione attiva degli utenti nello sviluppo della piattaforma attraverso l'invio di buone pratiche, siano esse il frutto di una ricerca o un loro progetto esclusivo, e la loro votazione. Grazie alle votazioni degli utenti, il team di ricerca Iccg sará in grado di valutare il livello di approvazione di cui beneficiano alcune azioni specifiche, garantendo allo stesso tempo visibilitá ai realizzatori dei progetti e sará inoltre redatta una graduatoria ed eletta la pratica vincitrice del Premio degli utenti. È prevista la partecipazione al progetto di esperti nel campo dei cambiamenti climatici appartenenti a universitá e organizzazioni internazionali, che avranno il compito di valutare le best practice dell'osservatorio ed eleggere la vincitrice del Premio degli esperti. Best climate practices rappresenta il punto di partenza per la compilazione di una serie di report e studi, disponibili nell'apposita sezione, e uno strumento fondamentale per la creazione di una rete di dialogo e confronto tra cittadini, imprese e istituzioni.


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Sicilia: da Sace 31 mln per il parco FV Librandello
11/04/2013
Si tratta di un impianto da circa 9 MW di potenza, situato a Chiarimonte Gulfi (Ragusa), in una delle aree con miglior irraggiamento solare della Sicilia.
 
Sace, gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’assicurazione del credito, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring, ha garantito un finanziamento da 31 milioni di euro, su base project finance, per il parco fotovoltaico “Librandello” a Chiarimonte Gulfi (Ragusa), di proprietà di Solar Energy Italia 6. Con una potenza di circa 9,2 MW, l'impianto è situato in una delle aree con miglior irraggiamento solare della Sicilia. La garanzia di Sace è pari al 50% dell’importo erogato per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico. Con questa operazione, salgono a 700 milioni le garanzie emesse dal gruppo negli ultimi cinque anni per le energie rinnovabili, un settore strategico per la diversificazione delle fonti energetiche nazionali. Solar Energy Italia 6 è uno special purpose vehicle di TEP Solar Holdings Ltd, società irlandese attiva nel settore fotovoltaico con una capacità istallata totale di 24,6 MW, controllata da Trading Emissions Plc.


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La Danimarca trae il 25% della propria energia dal vento
11/04/2013
La Danimarca ha appena varcato la soglia del gigawatt di potenza complessiva installata, un quantità sufficiente a dare al Paese un quarto dell'energia di cui ha bisogno.
 
La Danimarca ha appena superato il gigawatt di potenza complessiva installata, una capacità sufficiente a fornire al Paese il 25% del proprio fabbisogno energetico. Questo brillante risultato, però sembra non soddisfare il Governo danese, che ha appena varato un piano ambizioso che prevede, entro otto anni, di raggiungere il 50% del proprio approvvigionamento energetico con l'energia eolico, prevalentemente offshore. Il piano precedente prevedeva, entro il 2020, di raggiungere "soltanto" il 35% della quota di energia necessaria a far funzionare il Paese, ma le nuove tecnologie che permettono turbine sempre più potenti e performanti da un lato e lo sviluppo straordinario che il settore sta vivendo nelle nazioni nordeuropee dall'altro, stanno spingendo investimenti sempre maggiori nel mercato dell'energia dal vento.
 
Costruire turbine soltanto eoliche non permetterà però alla Danimarca di raggiungere questi obiettivi ambiziosi: il Paese necessita di una serie di riforme politiche volte allo sviluppo e alla diffusione del risparmio energetico, con l'adozione di tecnologie ad alta efficienza. Obiettivo finale: il 100% del proprio fabbisogno energetico interno soddisfatto con le rinnovabili entro il 2050.


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Valutazione dei rischi secondo la Direttiva Macchine 2006/42/CE - MTM Consulting s.r.l.
26/03/2013
La Direttiva Macchine 2006/42/CE attualmente vigente impone che il Fabbricante di una macchina effettui una valutazione dei rischi che permetta di stabilire quali requisiti essenziali di sicurezza dell’Allegato I sono applicabili e come sono stati risolti. Questa valutazione deve far parte del fascicolo tecnico e serve a dimostrare il livello di sicurezza offerto dalla macchina in tutte le sue fasi di vita.

MTM Consultng s.r.l. da anni segue i Fabbricanti nella stesura della valutazione dei rischi sulle macchine da loro realizzate, adottando le procedure armonizzate come indicate all’interno delle pertinenti norme tecniche di riferimento.

L’allegato I della Direttiva Macchine 2006/42/CE, nei principi generali, riporta come il Fabbricante di una macchina, o il suo Mandatario, debba garantire che sia effettuata una valutazione dei rischi della macchina al fine di stabilire i requisiti di sicurezza che concernono la macchina. Infatti, non tutti i requisiti essenziali di sicurezza saranno applicabili alla macchina; in funzione dei pericoli effettivamente presenti su di essa, in tutte le sue fasi di vita, saranno applicabili solo alcuni dei requisiti essenziali. Dunque, il primo scopo della valutazione dei rischi è proprio quello di identificare tutti i possibili pericoli presenti sulla macchina in tutte le sue fasi di vita e dunque evidenziare quali requisiti essenziali siano effettivamente applicabili.

In effetti, la valutazione dei rischi deve seguire un percorso ben definito, come delineato dallo stesso Allegato I. Il Fabbricante, di fatto, è tenuto prima ad identificare i limiti della macchina, tra cui fondamentale è l’identificazione chiara dell’uso previsto e dell’uso scorretto ragionevolmente prevedibile; successivamente deve individuare, come detto, tutti i pericoli e le correlate situazioni pericolose, in tutte le fasi di vita della macchina; il passaggio successivo è la stima del rischio correlato alla situazione pericolosa, valutando quindi se quel rischio è sufficientemente basso oppure può essere ulteriormente ridotto arrivando in ultima analisi anche ad una eliminazione del pericolo. Questo processo iterativo, dunque, deve essere effettuato durante la progettazione stessa della macchina in modo da, eventualmente, modificarla qualora il processo di valutazione dei rischi comporti questa necessità.

Risulta chiaro, dunque, come questo processo iterativo di valutazione dei rischi debba seguire un iter ben definito, come specificato dalle correlate norme armonizzate di riferimento (in particolare dalla norma generale UNI EN 12100).

Il risultato ultimo della valutazione dei rischi è, dunque, quello di progettare e realizzare una macchina in cui le scelte progettuali e realizzative effettuate siano il diretto risultato della stessa valutazione dei rischi in modo da poter esporre gli operatori, che avranno a che fare con la macchina in tutte le sue fasi di vita, solo a quel rischio residuo emerso dalla valutazione stessa.

MTM Consulting s.r.l. segue da sempre i Fabbricanti nella realizzazione del documento di valutazione dei rischi come parte integrante del Fascicolo Tecnico di una macchina. Ora che la Direttiva Macchine 2006/42/CE cita espressamente come obbligo, per il Fabbricante, quello di effettuare o far effettuare una valutazione dei rischi sulla macchina, questa esigenza risulta ancora più stringente. A tal scopo MTM Consulting s.r.l., nella stesura della valutazione dei rischi, adotta le procedure fissate dalle norme armonizzate di riferimento in modo da analizzare solo i requisiti di sicurezza pertinenti e in modo da fornire le soluzioni tecnico progettuali più aggiornate e che rappresentino l’attuale stato dell’arte.


[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Dichiarazioni Ambientali di Prodotto: uno strumento in forte crescita
22/03/2013
Nonostante il periodo economico difficile e delicato sono in forte crescita, in particolare in Italia, le aziende che intraprendono la strada per la certificazione ambientale di un prodotto / servizio. Molte aziende infatti voglio emergere sul mercato grazie all’innovazione e ad una aumentata visibilità su temi cosiddetti “verdi”.
Le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto, come ad esempio l’EPD, sono la tipologia di etichettatura ambientale maggiormente completa ed esaustiva, che può mettere in luce sia gli sforzi atti al miglioramento ambientale del prodotto e della catena di produzione e logistica, sia gli interventi strutturali sull’azienda, come ad esempio il risparmio energetico.
MTM Consulting può seguire la tua azienda nello svolgimento delle analisi e degli studi scientifici necessari (LCA) a richiedere la tua etichetta ambientale, nonché a intrattenere i rapporti con gli organismi preposti al rilascio del marchio.
 
Le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto sono regolate a livello europeo e internazionale dalla norma UNI EN ISO 14025:2010 “Etichette e dichiarazioni ambientali - Dichiarazioni ambientali di Tipo III”.
Le etichette di Tipo III sono etichette ecologiche con Dichiarazione Ambientale di Prodotto, il cui rilascio è effettuato da un organismo indipendente, ovvero un ente notificato a tale scopo. Rispetto alle classiche etichette ambientali di Tipo I, come ad esempio l’Ecolabel, presentono tre sostanziali differenze.
 
La prima differenza riguarda la considerazione del ciclo vita: mentre le etichette ambientali di Tipo I si fondano su criteri “basati” su un concetto di ciclo vita del prodotto, le etichette di Tipo III richiedono invece che il fabbricante esegua realmente uno studio del ciclo vita (LCA) del proprio prodotto.
 
La seconda differenza risiede invece nelle modalità di rispetto dei criteri. Le etichette di Tipo I si basano infatti sul rispetto di criteri “a soglia”: se non raggiungo prestazioni ambientali elevate non mi viene rilasciato il marchio. Per le etichette di Tipo III invece i criteri non fissano alcuna soglia o parametro qualitativo o quantitativo da rispettare. Al contrario vengono fissati i criteri, sulla base dei quali bisogna effettuare il calcolo delle prestazioni del proprio prodotto, tramite uno studio di LCA, prestazioni che vengono riportate appunto nella Dichiarazione Ambientale di Prodotto.
Le prestazioni ambientali calcolate risultano quindi confrontabili con i risultati condotti su altri prodotti, poiché effettuati tutti con gli stessi criteri. Lo scopo è appunto quello di ottenere Dichiarazioni Ambientali di Prodotto confrontabili tra loro, non quello di raggiungere determinate soglie; ovviamente minore sarà l’impatto creato dal nostro prodotto, migliore sarà la nostra Dichiarazione Ambientale.
 
La terza differenza risiede nella modalità di creazione dei criteri stessi. Per le etichette di Tipo I le aziende possono unicamente verificare se per il loro prodotto sono presenti i criteri di etichettatura ed adottarli. Per le etichette di Tipo III invece sono le aziende stesse che, all’interno di linee guida generali, creano i criteri per certificare prodotti che ne sono ancora scoperti. Chi per primo intraprende quindi il percorso di certificare tramite Dichiarazione Ambientale il proprio prodotto, si carica dell’onere di stabilire anche i criteri di valutazione per la propria categoria di prodotto di appartenenza, acquisendo però un sicuro vantaggio competitivo verso i propri concorrenti.
 
Con le etichette di Tipo III si vuole quindi instaurare un processo più raffinato: mentre tutti i prodotti che ottengono l’etichettatura di Tipo I sono considerati “ambientalmente equivalenti”, per i prodotti che ottengono l’etichettatura di Tipo III è possibile realizzare una graduatoria sulla base degli impatti ambientali dichiarati. Questo tipo di approccio incentiva maggiormente le aziende verso un miglioramento continuo delle prestazioni. Bisogna comunque ricordare che al momento le etichette di Tipo III influenzano maggiormente i rapporti tra i vari fabbricanti e fornitori e si addicono maggiormente a prodotti di tipo tecnico, anche se, in particolare nel campo dell’industria alimentare, stanno prendendo piede numerose certificazioni, in particolare nell’anno in corso, di prodotti dedicati al largo consumo.
 
L’etichetta di Tipo III maggiormente sviluppata a livello internazionale è sicuramente l’EPD, acronimo di Environmental Product Declatation. Sul sito dell’ente che ne gestisce il rilascio () è possibile visionare i prodotti e le aziende che hanno ottenuto questo tipo di etichettatura, consultando la loro Dichiarazione Ambientale di Prodotto.
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Le quasi-macchine in accordo alla Direttiva Macchine - MTM Consulting s.r.l.
20/03/2013

Ad oltre tre anni di distanza dall’entrata in vigore, in Italia, della Direttiva Macchine 2006/42/CE ancora non è ben chiaro cosa si intenda per quasi-macchina, concetto introdotto proprio dalla nuova direttiva macchine. MTM consulting s.r.l. è in grado di affiancare i fabbricanti di attrezzature al fine di individuare quelle unità prodotte che rientrano nella definizione di quasi-macchina, aiutandoli a realizzare la documentazione obbligatoria richiesta dalla direttiva.

Il concetto di quasi-macchina è stato espressamente introdotto con la Direttiva Macchine 2006/42/CE al fine di fornire un percorso di immissione sul mercato di quelle unità che non rientrano espressamente nella definizione di macchina e che, nel contempo, richiedono precisi criteri di progettazione in grado di garantire la sicurezza di tutte quelle figure che avranno a che fare con queste unità (installatori, utilizzatori, manutentori, ecc.).

Precisamente, la definizione di quasi-macchine recita “insiemi che costituiscono quasi una macchina, ma che, da soli, non sono in grado di garantire un’applicazione ben determinata. Un sistema di azionamento è una quasi-macchina. Le quasi-macchine sono unicamente destinate ad essere incorporate o assemblate ad altre macchine o ad altre quasi-macchine o apparecchi per costituire una macchina disciplinata dalla presente direttiva”.

Dunque, una quasi-macchina è un qualcosa che potrebbe ricordare una macchina ma che, dato che non è in grado di garantire un’applicazione ben determinata, non può essere utilizzata così com’è, piuttosto deve essere incorporata o assemblata ad un’altra unità in modo che tutto l’insieme possa rientrare nella definizione di macchina. Questo vuol dire che la quasi-macchina, per il fatto stesso di non essere una macchina completa, non può soddisfare tutti i requisiti dell’allegato I della direttiva macchine (altrimenti sarebbe macchina), in quanto alcuni dei rischi potrebbero essere correlati al fatto che l’unità non è completa oppure dall’interfaccia tra la stessa quasi-macchina e le altre unità a cui dovrà essere incorporata al fine di definire una macchina.  Per questi motivi, la quasi-macchina potrà soddisfare solo alcuni dei requisiti di sicurezza dell’allegato I. E qui arriva il primo obbligo per il Fabbricante della quasi-macchina: all’atto dell’immissione sul mercato essa deve essere accompagnata da una dichiarazione di incorporazione scritta in accordo a quanto riportato nell’allegato II, punto B della direttiva macchine; in questa dichiarazione, tra le altre cose, il Fabbricante è tenuto ad indicare quali requisiti della direttiva macchine sono stati applicati e soddisfatti nella progettazione della quasi-macchina. 

Evidentemente la scelta dei requisiti da indicare non è libera. Per arrivare a questo risultato, il Fabbricante è tenuto a realizzare una documentazione tecnica pertinente in accordo a quanto indicato nell’allegato VII punto B della direttiva. All’interno di questo documentazione vi deve essere la valutazione dei rischi effettuata sulla quasi-macchina che permetta di dimostrare il soddisfacimento dei requisiti che devono essere indicati nella dichiarazione di incorporazione.

MTM Consulting s.r.l. è in grado di aiutare i Fabbricanti di attrezzature anzitutto nel capire se l’unità prodotta rientra nella definizione di macchina o di quasi-macchina e successivamente di realizzare l’intera documentazione pertinente. Quindi, se trattasi nello specifico di quasi-macchina, MTM Consulting s.r.l. è in grado di effettuare la valutazione dei rischi sul prodotto identificando quali requisiti essenziali di sicurezza dell’Allegato I sono applicati e soddisfatti e di realizzare la dichiarazione di incorporazione e le istruzioni per l’assemblaggio (redatte in accordo a quanto riportato nell’Allegato VI della direttiva 2006/42/CE) che dovranno accompagnare il prodotto all’atto dell’immissione sul mercato.

 

[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]



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Sicurezza macchine secondo D.Lgs. 81/2008 - MTM Consulting s.r.l.
28/02/2013
Quando si parla di sicurezza macchine si intende, in primo luogo, la sicurezza delle macchine rientranti nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE e che dunque devono rispettare tale direttiva, ma anche, e soprattutto (considerata la ancora grande diffusione sul territorio) le macchine “usate” previgenti l’entrata in vigore della prima direttiva macchine in Italia, vale a dire messe in servizio prima del 21/09/1996. Queste attrezzature di lavoro devono rispettare la legislazione previgente, attualmente rappresentata dai pertinenti articoli del D.Lgs. 81/2008. MTM consulting s.r.l. è in grado di seguire gli utilizzatori di tali attrezzature al fine di realizzare quel documento di valutazione dei rischi inerente le proprie attrezzature di lavoro, come richiesto dall’art. 71 del D.Lgs. 81/2008.
 
La sicurezza legata all’uso delle proprie attrezzature di lavoro è, spesso, un aspetto poco considerato dal Datore di lavoro in quanto si pensa che la sola esperienza nell’uso dell’attrezzatura (seguito molte volte di un semplice affiancamento iniziale e non di una reale formazione documentata) sia sufficiente a garantire un utilizzo sicuro della macchina. In realtà, le cose sono diverse, in quanto la sola esperienza, e la necessaria formazione, non sono sufficienti a garantire la sicurezza dell’operatore (come chiaramente indicato dal D.Lgs. 81/2008); inoltre, nel tempo, anche a seguito di continui interventi manutentivi, le macchine vengono modificate e, dunque, l’attrezzatura che poteva essere sicura inizialmente quando è stata acquistata, non mantiene lo stesso livello di sicurezza nel tempo.
 
A riguardo, l’Art. 70, comma 2 riporta l’obbligo, per il datore di lavoro, di mettere a disposizione dei propri lavoratori macchine “non marcate CE”, perché previgenti l’entrata in vigore della prima direttiva macchine (21/09/1996), che siano conformi ai requisiti di sicurezza di cui all’Allegato V e che siano adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi (in questo ultimo caso si prefigurerebbe una nuova messa in servizio e dunque la necessità di certificare CE la macchina secondo la legislazione attuale).
 
Per dimostrare che la propria attrezzatura risponda alle richieste dell’Allegato V, il Datore di lavoro è tenuto a redigere una valutazione dei rischi sulle proprie attrezzature che sia in grado di evidenziare i diversi pericoli presenti e come essi sono stati affrontati, ridotti ed eventualmente eliminati in modo da garantire un utilizzo della macchina che esponga gli operatori solo a quelli che sono identificabili come “rischi residui”; il documento deve dunque evidenziare quali interventi devono essere apportati alla macchina in modo da aumentare la sicurezza legata ad un suo utilizzo (installazione di ripari o di dispositivi di protezione, miglioramenti alla logica delle sicurezze, posizionamento di segnaletica, ecc.) e in modo da evidenziare quali siano effettivamente i rischi residui legati alla attrezzatura, su cui successivamente concentrare la formazione dell’operatore. Quest’ultimo aspetto è essenziale in quanto, ulteriore obbligo del Datore di lavoro, è quello di garantire adeguata formazione e addestramento dei lavoratori (Art. 73 – D.Lgs.81/2008). Laddove il lavoratore intervenga su di una attrezzatura di lavoro è necessario dunque possedere un manuale operativo che raccolga le diverse attività previste sulla macchina e su cui effettuare anche la formazione. Questo manuale operativo deve essere il risultato della valutazione dei rischi sopra indicata in quanto deve raccogliere tutti i rischi residui risultanti dal processo di valutazione dei rischi.
 
MTM Consulting s.r.l. è in grado di affiancare efficacemente il Datore di lavoro in questo compito, realizzando un documento di valutazione dei rischi che permetta di raccogliere tutti i possibili pericoli individuabili sulla macchina, affrontandoli facendo riferimento non solo alle soluzioni presentate dall’Allegato V del D.Lgs. 81/2008, ma anche alle soluzioni tecnico progettuali proposte dalla norme tecniche UNI e CEI applicabili a quella specifica attrezzatura. In questo modo si è in grado di ottenere un documento che propone migliorie alla macchina in termini di sicurezza e nel contempo eleva il livello di sicurezza della stessa allo stato dell’arte attualmente applicabile.
 
Analogamente, MTM Consulting s.r.l. è in grado di realizzare il manuale operativo delle singole attrezzature di lavoro, come documento fondamentale per la formazione dei lavoratori e per garantire un utilizzo sicuro della macchina.
 
Il risultato ultimo è quello di ottenere una documentazione (valutazione dei rischi sulle macchine e manuale operativo) che analizza la sicurezza delle attrezzature utilizzate in azienda e rientra nel più complesso documento di valutazione dei rischi aziendale che il Datore di lavoro è tenuto a realizzare ai sensi del D.Lgs. 81/2008.
 
[A cura di: ing. Christian Trinastich per mtm consulting s.r.l.]


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Dallo Studio del Ciclo di Vita al Carbon Footprint - mtm consulting s.r.l.
26/02/2013
Lo Studio del Ciclo di Vita di un prodotto / servizio (in lingua inglese Life Cycle Assessment, LCA) è la base scientifica per quantificare impatti di diverso genere creati dai processi aziendali, riportandoli sotto forma di indicatori ambientali aggregati, come ad esempio il consumo di energia, il consumo di acqua, il consumo di suolo, il contributo legato alla formazione di piogge acide e anche le emissioni di anidride carbonica, ovvero il Carbon Footprint.
Dalla sua fondazione MTM Consulting segue lo sviluppo delle etichette ambientali e degli studi di LCA in Europa e può aiutare la tua azienda a svolgere uno Studio di Ciclo di Vita e a sfruttare tutte le molteplici opportunità che uno studio di questo tipo offre, compresa appunto l’analisi della propria impronta di carbonio.
 
Lo studio di LCA è una metodologia scientifica, il cui svolgimento è definito da Norme di carattere internazionale (serie ISO 14040), proprio per definire uno schema univoco e ripercorribile per il calcolo dei risultati prodotti.
 
Lo studio di LCA ha lo scopo di calcolare indicatori ambientali numerici, relativi agli impatti creati da un prodotto / servizio, in varie fasi della vita del prodotto / servizio stesso. Il calcolo infatti può comprendere varie parti, in funzione del tipo di studio che si vuole condurre: impatti correlati unicamente a quello che accade all’interno della nostra azienda, oppure alla catena logistica, all’estrazione delle materie prime, alla fase di uso del prodotto, alla fase di smaltimento e fine vita, o a un mix di queste.
Lo studio di LCA può avere quindi molteplici forme e non è necessario rispettare determinati limiti legati ad emissioni o essere aziende ambientalmente virtuose; l’importante è che si seguano le indicazioni normate per rendere i risultati ripercorribili e quindi con validità scientifica adeguata.
 
Quali sono quindi gli scopi di uno studio di LCA? Anche questi possono essere vari, ma sempre tra di loro interconnessi:
 
  • studio scientifico, per confrontare due differenti tipologie di prodotto che svolgono la medesima funzione oppure diversi processi produttivi che portano al medesimo risultato;
  • analisi interna all’azienda, per sviluppare e migliorare il prodotto (Eco-design) e/o i metodi di produzione, andando ad intervenire sul miglioramento delle performance ambientali e sui consumi di risorse ed energia, traendo così anche benefici economici;
  • etichettatura ambientale di Tipo I, come ad esempio l’Ecolabel;
  • etichettatura ambientale di Tipo III, ovvero Dichiarazioni Ambientali di Prodotto, come ad esempio l’EPD;
  • calcolo di indicatori ambientali specifici, come il Carbon Footprint o il Water Footprint;
  • scopo commerciale, per comunicare risultati aziendali ottenuti in campo ambientale o nel miglioramento delle prestazioni del prodotto.
 
Un unico studio di LCA può quindi essere impiegato per differenti scopi ed è proprio questo il vantaggio dato da questa metodologia innovativa e in fase di forte sviluppo a livello internazionale e in particolare nazionale, per quello che riguarda le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto.
 
Nella pratica lo studio di LCA si divide in cinque fasi principali:
 
  • la definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione, stabilendo quindi lo scopo dello studio e i confini e le fasi del sistema di prodotto da analizzare e indagare;
  • la fase di inventario (LCI), ovvero la fase maggiormente laboriosa e da svolgere in campo, che consta nel rilevare tutti i parametri ambientali in ingresso e uscita dalle singole fasi del prodotto, come ad esempio consumi energetici, consumi idrici, quantità di materie prime impiegate, emissioni di sostanze nei vari comparti ambientali, etc., misurando, stimando ed eseguendo bilanci energetici e di massa sui dati aziendali;
  • fase di valutazione degli impatti (LCIA), ovvero il calcolo degli indicatori ambientali aggregati, sulla base dei valori rilevati in campo, attività svolta con l’aiuto di software di calcolo dedicati e di metodologie riconosciute a livello internazionale;
  • fase di interpretazione e presentazione dei risultati, ovvero l’analisi dei risultati e l’esecuzione e la rendicontazione di bilanci, calcoli incrociati per garantire consistenza e ripercorribilità ai risultati numerici e alle ipotesi e semplificazioni introdotte.
 
MTM consulting può quindi seguire la vostra azienda nella completa realizzazione dello studio di LCA, nella presentazione e ottenimento di un’etichettatura ambientale e nello sviluppo della comunicazione interna ed esterna in merito ai risultati ottenuti, proponendo più strade per poter ottenere il maggior numero di risultati, in funzione degli sforzi messi in campo.
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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Italiani sempre più "green": il 12% sceglie le rinnovabili
06/02/2013
Gli ultimi dati dell’Osservatorio SuperMoney, portale per il confronto dell’energia, rivelano che negli ultimi sei mesi i consumatori alla ricerca di una fornitura di elettricità da fonti rinnovabili sono passati dall’8 al 12%.
 
Sono tanti gli italiani disposti a “un piccolo sacrificio economico” in nome dell’ecologia: i dati dell’Osservatorio SuperMoney rivelano che il 12% dei consumatori cerca tariffe “ecologiche”, che forniscano elettricità proveniente da fonti rinnovabili. Solo 6 mesi fa, questa percentuale era pari all’8%.  La sensibilità nei confronti dell’energia verde appare in aumento, complice anche una riduzione dei costi delle energie rinnovabili.  L’analisi condotta da SuperMoney ha messo a confronto i prezzi di alcune tariffe classiche con quelli delle offerte “eco” proposte dalle stesse compagnie. La media è stata calcolata sulla base dei primi quattro operatori più convenienti (Enel Energia, E.On, A2A, Blue META) che propongono anche tariffe “verdi”.
 
Per un consumo annuo di 2.500 kWh di elettricità, la differenza è di 54 euro all’anno: questo significa che con appena 15 centesimi al giorno è possibile dare un contributo importante al risparmio energetico, scegliendo le fonti rinnovabili.  Per gli utenti con consumi più ridotti di elettricità, la differenza di prezzo è ancora più impercettibile: per chi utilizza 1500 kW/h di elettricità annua bastano 10 centesimi in più al giorno per avere una tariffa “green” (costo medio: 271 euro) anziché una tariffa tradizionale (costo medio 234 euro). Sono già numerose le compagnie sul mercato che propongono offerte ad hoc per chi desidera contribuire al risparmio di energia con una fornitura “green”.
 
“Questi dati evidenziano una situazione molto positiva: da un lato, i fornitori di energia riescono a proporre offerte competitive per le fonti rinnovabili, con una differenza di prezzo minima rispetto alle tariffe tradizionali; dall’altra, i consumatori si mostrano aperti e ricettivi nei confronti delle forniture ecologiche, segno di una crescente sensibilità ambientale - ha detto Andrea Manfredi, Amministratore Delegato di SuperMoney - la scelta di molti cittadini a favore dell’energia proveniente da fonti rinnovabile può a sua volta rappresentare un incentivo per i produttori di energia nella direzione di un sempre maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili”.


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Più di 480 mila impianti fotovoltaici attivi in Italia
06/02/2013
Secondo gli ultimi dati forniti dal Gse, nel 2012 gli impianti in Italia sono cresciuti del 44%, per una potenza fotovoltaica installata di 17.047.613 kW. Mentre il costo annuo degli incentivi ha raggiunto i 6.566.723.768 euro.
 
Crescono sensibilmente gli impianti fotovoltaici installati in Italia. Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Gse, infatti, sono 482.677 quelli in esercizio lungo tutto il territorio nazionale, ovvero il 44% in più rispetto a quelli funzionanti a inizio 2012, per una potenza complessivia di 17.047.613 kW,  ovvero quasi il 30% in più rispetto alla capacità registrata l'anno scorso. La classifica regione per regione vede ancora in testa la Lombardia, con oltre 68 mila impianti, seguita dal Veneto (quasi 65 mila) ed Emilia Romagna (45 mila). Nel frattempo, il consto annuo degli incentivi previsti dal Quinto Conto energia ha raggiunto i 6.566.723.768 euro, ovvero mancano meno di 140 mila euro al termine del regime incentivante.


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In funzione il parco eolico di Deliceto con turbine Leitwind
06/02/2013
Si tratta di un impianto da 24 MW dotato di 16 aerogeneratori gearless LTW80 da 1,5 MW di potenza nominale.
 
Leitwind ha annunciato oggi la messa in funzione del parco eolico di Deliceto, in Puglia, di proprietà di Elce Energia Spa. L'impianto, la cui costruzione è durata solamente sei mesi, vanta una potenza installata di 24 MW ed è composta da 16 aerogeneratori "gearless" Leitwind LTW80 da 1,5 MW ciascuno, realizzate nello stabilimento di Telfs, in Austria. Il parco eolico di Deliceto sarà in grado di produrre 57 GWh di elettricità all'anno, quanto basta per dare energia pulita a oltre 18.000 famiglie pugliesi. "Leitwind si è occupata del trasporto, sell'installazione e della messa in servizio del parco eolico - ha detto il CEO di Leitwind Anton Seeber - inoltre, l'azienda ha firmato un contratto di servizio per 15 anni. Questo ordine è importante per un'ulteriore sviluppo delle energie rinnovabili in questa regione. Inoltre, il progetto porta nuovi posti di lavoro in una regione che deve fare i conti con un alto tasso di disoccupazione". Il parco eolico di Deliceto si aggiunge ai 40 MW di capacità eolica installata da Leitwind in Puglia negli ultimi anni.


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Usa: emissioni in atmosfera scese ai livelli del 1994
06/02/2013
Secondo l'ultima analisi di Bloomberg, commissionata dal Business Council on Sustainable Energy, l'anno scorso le emissioni di climalteranti sono scese a 5,67 Gt, con un calo del 5% rispetto al 2011 del 13% rispetto al record negativo del 2007.
 
Nel corso del 2012, le emissioni di gas serra negli Stati Uniti sono scese ai livelli del 1994. E' il dato emerso dall'ultima ricerca di Bloomberg, commissionata dal Business Council on Sustainable Energy, secondo cui, nell'anno appena conclusosi, le emissioni di climalteranti hanno raggiunto le 5,67 Gt, con un calo del 5% rispetto al 2011 e del 13% rispetto ai livelli record registrati nel 2007. Non si tratta, in realtà, di quantità rassicuranti, in quanto si parla comunque di 55 kg al giorno di gas serra immessi in atmosfera, ma è comunque sintomo di un'evoluzione, che sta  cambiando gli equilibri tra le diverse fonti energetiche all'interno del mix nazionale: da un lato, complice la crisi economica internazionale, i consumi elettrici dal 2007 sono diminuiti del 6,4%, dall'altro le fonti rinnovabili, negli ultimi cinque anni, sono state soggette a un vero e proprio boom, che ha fatto registrare un incremento del 130%, a fronte di un calo dal 22,5 al 18% del peso del carbone tra le fonti utilizzate.


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Comune di Milano: contributi per la riqualificazione estetica ed ambientale a favore delle attività del commercio, artigiane, turismo e servizi dei distretti urbani del commercio
04/02/2013
I soggetti promotori dei Distretti del Commercio di Milano intendono destinare risorse di fonte regionale e comunale a sostegno di progetti di riqualificazione estetica e ambientali di attività commerciali, artigianali, del turismo e dei servizi ubicate nei cinque DUC di Milano: Brera, Giambellino, Isola, Navigli e Sarpi.
Le risorse disponibili ammontano ad euro 500.000,00.


 
Beneficiari

Destinatari del bando sono gli intestatari, a qualsiasi titolo, di attività commerciali, artigiane, del turismo e di servizi quali micro, piccole e medie imprese con attività e accesso ai locali dal piano strada, con affaccio con vetrine sulla pubblica via. Inoltre i beneficiari dovranno essere in possesso dei seguenti requisiti:
 
  • sede operativa nelle vie comprese nei cinque distretti del commercio indicati nel bando
  • per le imprese: essere regolarmente iscritte in Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura alla data di presentazione delle domanda e in attività
  • per le attività del Commercio, Turismo e Servizi: possedere i codici ATECO 2007 di attività primaria indicati dal bando
  • per i professionisti: iscrizione al relativo Albo/Ordine professionale laddove previsto dalla disciplina vigente
 
Spese ammissibili
 
  • acquisizione di nuove attrezzature per spazi esterni ai locali ad uso commerciale (tende, dehors, tavoli e sedie da esterno, insegne, illuminazione esterna, chioschi per edicole) compresa manodopera, installazione ed opere murarie strettamente connesse alla posa in opera delle attrezzature finanziabili
  • lavori e opere edili (tinteggiatura, intonacazione, pavimentazione, opere da fabbro, ecc.) per la risistemazione di facciate e fronti strada a quota marciapiede, pertinenti ad attività commerciali, artigianali, turismo e servizi
  • acquisto di vetrine, anche vetrine interattive touch screen con affaccio sulla strada e saracinesche con tipologia antigraffito, riqualificazione saracinesche attraverso decorazioni artistiche
  • acquisto di pannelli solari (non saranno finanziati gli impianti)
  • acquisto e istallazione di sistemi esterni di video-sorveglianza e di allarme elettronici, istallazione di mezzi di dissuasione ed anti intrusione
 
Agevolazione

Il contributo, a fondo perduto, è pari al 50% delle spese ammissibili con un massimale di euro 10.000,00.
Non saranno ammessi interventi di spesa inferiori ad euro 2.000,00.
 

Termini di presentazione delle domande

Il termine perentorio di presentazione delle domande è il 28 febbraio 2013. 


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INAIL: contributi per interventi per migliorare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro
04/02/2013
L'Inail intende incentivare le imprese a realizzare interventi finalizzati al miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le risorse economiche a disposizione delle imprese lombarde sono oltre 27 milioni.
 
Beneficiari
Destinatari dei contributi sono le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale e iscritte alla Camera di Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura.
 
Progetti
Sono ammessi a contributo progetti ricadenti in una delle seguenti tipologie:
 
  • progetti di investimento
  • progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale
 
Le imprese possono presentare un solo progetto riguardante una sola unità produttiva e una sola tipologia tra quelle sopra indicate.
 
Spese ammissibili
Sono ammesse a contributo tutte le spese direttamente necessarie alla realizzazione del progetto, nonché le eventuali spese accessorie o strumentali, funzionali alla realizzazione dello stesso ed indispensabili per la sua completezza.
 
Agevolazione
L'incentivo è costituito da un contributo a fondo perduto nella misura del 50% dei costi del progetto con un massimale di euro 100.000,00.
L'investimento minimo richiesto è pari ad euro 10.000,00.
 
Termini di presentazione delle domande
A partire dal 15 gennaio ed inderogabilmente fino alle ore 18 del 14 marzo 2013, sul sito www.inail.it le imprese avranno a disposizione una procedura informatica che consentirà di verificare la possibilità di presentare la domanda di contributo.
La data e l’ora dell’apertura e la data e l’ora della chiusura dello sportello informatico per l’invio definitivo delle domande, saranno pubblicate a partire dall'8 aprile 2013.


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Bando di finanziamento per lo sviluppo di progetti di Carbon Footprint applicato ai prodotti di largo consumo
31/01/2013

Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 468 del 19 maggio 2011, ha emanato un bando pubblico per finanziare, in regime di “de minimis”, progetti per l’analisi dell’impronta di carbonio nel ciclo di vita dei prodotti di largo consumo, ai fini della individuazione ed attuazione delle misure per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.

mtm consulting s.r.l. è in grado di suppportare le aziende interessate:

  • nella stesura del bando;
  • nell'effettuazione delle studio per il carbon footprint;
  • nella compensazione delle emissioni attraverso l'accesso al mercato dei VER o dei CER.


Per avere maggiori informazioni andate al seguente link per contattarci.



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wwf: "L'1% di superficie FV darebbe energia al mondo"
24/01/2013
L'ultimo rapporto dell'associazione mostra attraverso sette casi come meno dell'1% della massa totale della terra sarebbe necessaria per soddisfare il 100% della domanda di energia elettrica prevista nel 2050.
 
Il fotovoltaico in armonia con la natura per dare energia al mondo intero. Un nuovo rapporto del Wwf, pubblicato a margine del World Future Energy Summit di Abu Dhabi dimostra che il solare fotovoltaico da solo, potrebbe soddisfare la domanda mondiale di energia prevista per il 2050, soltanto occupando meno dell'1% della superficie totale del globo.  sarebbe occupano solo una quantità trascurabile di Superficie totale, contrariamente alla percezione comune. Il rapporto "Solar PV Atlas: l'energia solare in armonia con la natura", mostra attraverso sette casi - sei Paesi e una regione - che il fotovoltaico, se supportato da reti intelligenti e nuove infrastrutture, potrebbe da solo dare energia alla terra, senza significativi impatti ambientali.
 
Il Wwf ha collaborato con First Solar, 3tier e Fresh Generation per sviluppare il rapporto, prendendo in considerazione Indonesia, Madagascar, Messico, Marocco, Sud Africa, Turchia, e la Regione indiana del Madhya Pradesh. Si tratta di aree geografiche diverse, per demografia, ambienti naturali, economie e strutture politiche. La relazione dimostra che la tecnologia fotovoltaica, se ben pianificata, non è in contrasto con gli obiettivi di conservazione e chiarisce che nessun paese o regione deve scegliere tra solare fotovoltaico e spazio per gli esseri umani e la natura. "La ricerca ha scoperto che il fotovoltaico è ingrado di fornire notevoli benefici ambientali, tra cui un basso impatto e con un ritorno economico molto rapido - ha detto Lettemieke Mulder, Vice Presidente di First Solar per la sostenibilità. - la sostituzione della rete elettrica esistente per adeguarla al fotovoltaico ridurrà in modo significativo le emissioni di gas a effetto serra e di metalli pesanti, come l'utilizzo di acqua".


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Un cittadino europeo su tre punterebbe sull'auto ecologica
24/01/2013
Secondo l'ultima ricerca presentata da Ford, il 35% dei cittadini europei, anche con la crisi, sarebbe disposto a pagare di piú per un'auto piú ecologica.
 
Un'inchiesta realizzata da Ford rivela che l'Europa è pronta a investire in auto ecologiche Il 35% dei cittadini europei, anche con la crisi, sarebbe disposto a pagare di piú per un'auto piú ecologica, anche se il 71% ha ridotto le proprie spese generali a causa della debolezza delle attuali condizioni economiche. Questi i dati dell'analisi di Ford per conoscere meglio l'opinione pubblica e l'atteggiamento dei cittadini europei rispetto a una serie di questioni relative alla mobilitá. Piú della metá del campione ritiene che il cambiamento climatico sia il principale problema globale, e desidera condurre uno stile di vita piú ecosostenibile. Il sondaggio mostra come, il 71% del campione, l'efficienza è uno degli elementi principali che guidano la scelta di un'auto nuova. Il 60% preferisce, inoltre, i modelli prodotti da quei costruttori che dimostrano il proprio impegno nei confronti dell'ambiente. Il 68% degli europei guida cercando di applicare uno stile di guida eco-consapevole, che riduce i consumi.


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La zonizzazione ATEX di mtm consulting s.r.l.
24/01/2013
Grazie all’esperienza maturata negli anni nel campo della sicurezza sul lavoro e dei macchinari industriali MTM Consulting offre un servizio di consulenza completo alle aziende in materia di zonizzazione di aree potenzialmente esplosive legate alla presenza di gas infiammabili e polveri esplosive, sia per quanto riguarda il Testo Unico 81/2008 e quindi la cosiddetta ATEX Sociale e la redazione del “Documento di Protezione contro le Esplosioni”, che per i fabbricanti che costruiscono macchine che impiegano o creano sostanze o polveri potenzialmente esplosive.
 
La zonizzazione ATEX riveste da sempre una problematica aziendale delicata, che si ribalta su molti aspetti legati alla sicurezza sul luogo di lavoro e coinvolge la maggior parte delle attività e dei Datori di Lavoro.
La possibile formazione di un area potenzialmente esplosiva deriva da varie e diffuse attività industriali:
 
  • ricarica di batterie di trazione (carrelli elevatori e transpallet elettrici);
  • impiego, manipolazione, distribuzione o stoccaggio di sostanze infiammabili (gas o liquidi);
  • impiego di macchinari e attrezzature di lavoro che manipolano o producano sostanze infiammabili o polveri esplosive o elettrostatiche (polveri di carta, polveri di legno, polveri di origine polimerica, etc.);
  • centrali termiche;
  • impianti di depurazione.
 
Gli obblighi legislativi espressi dal D.Lgs. 81/2008, nello specifico “Titolo XI Protezione da atmosfere esplosive”, impongono al Datore di Lavoro di prevenire e valutare l’effettiva formazione di atmosfere esplosive tramite la redazione di uno specifico “Documento sulla protezione contro le esplosioni”, Art. 294 del D.Lgs. 81/2008, che deve contenere una effettiva zonizzazione di queste aree.
Allo stesso modo il fabbricante che realizza attrezzature di lavoro, macchinari o impianti che manipolano o creano prodotti infiammabili o esplosivi deve comunicare in modo dettagliato questi rischi all’utilizzatore, effettuando anch’esso una zonizzazione relativa alla macchina e inoltre impiegando gli accorgimenti tecnici richiesti dalla Direttiva ATEX.
La zonizzazione di MTM Consulting viene effettuata basandosi su specifiche Norme CEI EN della serie 60079-10 e 61241-10, e tramite le relative Guide interpretative CEI 31-35 e CEI 31-56 secondo i seguenti passaggi.
 
  1. Individuazione delle sorgenti di emissione e delle caratteristiche chimico / fisiche delle sostanze emesse.
  2. Assegnazione del grado di emissione per ogni sorgente: grado Continuogrado Primo (emissione periodica o occasionale) - grado Secondo (emissione non prevista, avviene a rottura)
  3. Valutazione della portata di emissione.
  4. Valutazione del tipo di Zona, ovvero della probabilità di presenza di un’atmosfera esplosiva, sulla base di grado di emissione e ventilazione.
  5. Calcolo e rappresentazione grafica dell’estensione della Zona, sulla base di: portata di emissione - ventilazione (artificiale, naturale, grado e disponibilità, con o senza impedimenti fisici, numero di ricambi d’aria, etc.).
 
 
[A cura di: ing. Riccardo Bozzo per mtm consulting s.r.l.]


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A fine 2012 il fotovoltaico mondiale tocca i 100 GW
16/01/2013
Secondo l'associazione solare tedesca BSW, il fotovoltaico è la fonte energtica a più rapida crescita a livello mondiale e la Solarpraxis di Berlino ritiene che il settore potrebbe crescere ancora addirittura di dieci volte.
 
Nuovo record messo a segno dal fotovoltaico mondiale. Secondo l'associazione solare tedesca BSW, questa settimana, il mondo ha toccato la soglia dei 100 GW  di installato nel settore. Secondo l'organizzazione, il fotovoltaico è la fonte energetica a più rapida crescita e, secondo la Solarpraxis di Berlino, il settore potrebbe crescere ancora addirittura di dieci volte. la BSW stima inoltre che l'energia solare prodotta da tutti gli impianti FV installati nel mondo siano in grado di ridurre le emissioni emesse in atmosfera di oltre 70 milioni di tonnellate all'anno.
 
La Germania sarebbe in grado già oggi di ottenere il 5% dell'energia elettrica da fotovoltaico, ma il valore, secondo la BSW, potrebbe raggiungere il 10% entro il 2020 "senza significativi costi aggiuntivi" per toccare il 20% entro il 2030. Solarpraxis ha lanciato a settembre una campagna globale per promuovere l'installazione di 300 GW di capacità solare ogni anno e per promuovere il raggiungimento dei 250 GW in Germania entro il 2020, due obiettivi ambiziosi che dimostrano come il fotovoltaico sia ancora, nonostante il periodo di crisi, un settore promettente su cui il mondo vuole investire nel medio periodo.


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Nel 2012 l'eolico mondiale ha raggiunto i 270 GW
16/01/2013
Negli ultimi dodici mesi sono stati prodotti 500 TWh, una quantità pari al consumo di 450 milioni di abitanti. Il trend di crescita ha rispettato le previsioni del Gwec.
 
Nel 2012 l'energia eolica mondiale ha superato i 270 GW di potenza installata, con una produzione complessiva stimabile in oltre 500 TWh in 12 mesi, pari ai consumi di oltre 450 milioni di persone. Nel 2012 il trend di crescita ha rallentato, ma rimane comunque esponenziale, rispettando le previsioni del Gwec, Global Wind Energy Council. A fine 2011 portano, il totale installato era di 240 GW. Negli ultimi anni la producibilità mondiale dell'energia dal vento si è assestata intorno alle 2.000 ore totali.


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Europa a buon punto sulla riduzione dei gas serra
16/01/2013
Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, la maggior parte dei Paesi in linea con gli impegni per raggiungere gli obiettivi di Kyoto.
 
In base alle stime dell'Agenzia europea per l'Ambiente l'Europa nel suo complesso potrà raggiungere l'obiettivo previsto di Kyoto, per abbattere le emissioni del 20%  entro il 2020, rispetto ai dati del 1990.E' quanto emerge da un report dell'Agenzia. Due gli elementi che hanno contribuito nel periodo 2010-2011 alla riduzione dei gas serra: non solo la crisi economica, visto che a fronte della diminuzione del 2,5% della CO2 nel 2011 l'economia è cresciuta dell'1,5%. Un ruolo ha svolto anche l'inverno caldo, che ha consentito una riduzione delle emissioni in virtù della minore richiesta di combustibili fossili per il riscaldamento. Il Paese che ha ridotto in modo più consistente, in termini assoluti, le emissioni tra 2010 e 2011 è la Gran Bretagna (- 36 milioni di ton equivalenti di CO2, pari a -6%), seguita da Francia (24 milioni, -5%) e Germania (17 milioni, -1,8%),
 
L'Italia, dopo due anni di crescita delle emissioni (+2% 2009-10), ha fatto registrare una diminuzione nel 2011 (8 milioni di emissioni in meno, pari a -1,5%).Come riportato da Arpa Toscana, di recente l'Organizzazione Meteorologica Mondiale ha pubblicato nel proprio bollettino i dati sulle emissioni di gas serra nel mondo. Emerge un livello record di quantità di gasserra emessi in atmosfera nel 2011 (+30% tra 1990 e 2011) per CO2 e altri gas. I dati sono preoccupanti, perchè si riferiscono non alle generiche emissioni di gas, ma alla concentrazione, cioè alla quantità di gas che effettivamente permane nell'atmosfera.


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Inquinamento globale: ci salverà l'energia dell'aria liquida
16/01/2013

Case, auto e persino fabbriche che impiegano energia prodotta con l'aria che respiriamo.

 
Non è un romanzo di Jules Verne ma il frutto degli studi di uno scienziato britannico. Peter Dearman ha 61 anni ed è una specie di "inventore pazzo", come lo definisce uno dei suoi figli. Nel laboratorio che ha trovato spazio nel suo garage sta facendo esprimenti con l'azoto liquido, estratto dall'aria atmosferica impiegando energie rinnovabili. Dearman chiama la sua invenzione "energia ad aria liquida.


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Bando Inail per la sicurezza sul lavoro
14/01/2013
155 milioni di euro per gli investimenti delle imprese; contributo fino al 50% dei costi del progetto, per un massimo di 100.000 euro.
 
Si apre domani 15 gennaio 2013 la finestra temporale di due mesi entro la quale le imprese potranno inoltrare online all’Inail la domanda per accedere ai 155 milioni di euro di incentivi per interventi in favore della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, previsti dal Bando 2012 lanciato dall’Istituto lo scorso dicembre.


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Clini e l’Ue giudicano poco soddisfacenti gli esiti di Doha
18/12/2012
Per il ministro dell’Ambiente “Il bicchiere dopo la conferenza di Doha è pieno per un quarto”. Per la Commissione europea il risultato della Conferenza sul clima è un “passo in avanti modesto verso un accordo globale nel 2015”.
 
A Doha, alla 18esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, pur con il via libera alla seconda fase del protocollo di Kyoto si evidenzia maggiormente il fatto che da esso restino fuori i Paesi grandi inquinatori. A dare l’ok all’impegno a ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra sono stati i paesi industrializzati dell’Unione europea con la Svizzera, la Norvegia e l'Australia. Si sono tenuti fuori Usa, Canada, Giappone, Russia e Nuova Zelanda. Nessun impegno anche da Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa e da altri paesi emergenti. Sull’esito di Doha il ministro dell’Ambiente Corrado Clini si è mostrato poco soddisfatto. Per lui il bicchiere è “pieno per un quarto”. Secondo il suo parere, “Sarebbe eccessivo dire che il bicchiere è mezzo pieno. I paesi Ue, la Norvegia, la Svizzera e l’Australia si sono impegnate a ridurre le emissioni del 18%, ma insieme contano per il 20% delle emissioni globali, mentre gli altri non hanno impegni. Si sarebbe potuto ottenere di più se gli Usa, dopo la rielezione di Obama, avessero preso degli impegni, ma loro ci dicono che sono bloccati dal Congresso a maggioranza repubblicana”.
 
 La crisi, a parere di Clini, è stato un alibi addotto da diversi Paesi per non impegnarsi in modo serio sulle questioni climatiche: “Il problema è che molti hanno messo i cambiamenti climatici in basso nell’agenda, con la scusa della crisi ma è un errore, perché i disastri causati dai cambiamenti climatici mettono a rischio anche l’economia, quindi i due discorsi vanno portati avanti insieme”. È parziale invece la soddisfazione dell’Ue per gli esiti del summit climatico Onu. Il risultato della Conferenza sul clima per la Commissione Ue è un “passo in avanti modesto verso un accordo globale nel 2015”. Allo stesso tempo l’Ue, si legge in una nota, “accoglie con favore quanto deciso a Doha in quanto pone le basi per un’azione internazionale più ambiziosa contro i cambiamenti climatici nel breve periodo”, e permette l’avvio di un secondo periodo del Protocollo di Kyoto da gennaio 2013. “Abbiamo passato il ponte tra il vecchio e il nuovo regime climatico, ora siamo sulla strada verso un accordo globale nel 2015”, ha affermato la commissaria Ue all’ambiente Connie Hedegaard, riconoscendo che “non è stata una passeggiata nè comoda né veloce. Quello di cui abbiamo bisogno ora è più ambizione e velocità”.


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A novembre le rinnovabili hanno prodotto il 27% dell'energia
18/12/2012
Questi i dati di Terna: l’energia elettrica richiesta in Italia ha fatto registrare una flessione del 5,6% rispetto a novembre dello scorso anno.
 
A novembre le rinnovabili hanno soddisfatto il 27,14% della richiesta di energia elettrica in Italia, scesa a 26.106 GWh. Su base annua, invece, la richiesta di energia elettrica (326.195 GWh) è stata soddisfatta al 24,12% dalle fonti pulite. Nel mese scorso, l’energia elettrica richiesta in Italia ha fatto registrare una flessione del 5,6% rispetto a novembre dello scorso anno. Rispetto al corrispondente mese di novembre del 2011, si è infatti avuto lo stesso numero di giorni lavorativi (21) ma una temperatura media mensile di circa un grado e mezzo superiore. I 26,1 miliardi di kWh richiesti nel mese di novembre 2012 sono distribuiti per il 47,4% al Nord, per il 29.3% al Centro e per il 23,3% al Sud.
 
Passando nello specifico alle diverse fonti, nonostante il calo di produzione dovuto al minor irraggiamento solare (-3,18%), a novembre l'energia prodotta con il fotovoltaico è cresciuta, passando dal 5,55% del 2011 al 5,59% dello scorso mese. Per quanto riguarda l'idroelettrico, la produzione è stata di 4.529 GWh, mentre per il geotermoelettrico è stata di427 GWh. Nel mese di novembre 2012 la domanda di energia elettrica è stata soddisfatta per l’82,7% con produzione nazionale e per la quota restante (17,3%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta (21,8 miliardi di kWh) è calata del 6,9% rispetto a novembre 2011. Su base annua, sono in crescita le fonti di produzione idrica (+24,2%), eolica (+88,0%) e fotovoltaica (+3,7%).


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Eolico e solare, entro il 2030, potrebbero alimentare la rete al 99%
18/12/2012
Secondo uno studio dell'Università del Delaware, le rinnovabili, combinate ad un adeguato sistema di immagazzinamento dell'energia, potrebbero fornire elettricità alla rete per quasi tutto il tempo.
 
L'eolico e il fotovoltaico potrebbero alimentare una rete di distribuzione estesa per il 99,9% del tempo già entro il 2030. Secondo uno studio dell'Università del Delaware, allo stesso costo di gestione delle reti attuali, entro quella data, le due principali fonti rinnovabili, se integrate con sistemi di accumulo di energia adeguati, potrebbero garantire energia pulita e reti anche molto estese, come quelle degli Stati europei. I ricercatori, infatti, hanno svolto simulazioni su un modello di rete (Pjm Interconnection) equivalente a un quinto della rete statunitense. Il punto chiave sarebbe proprio quello di combinare la produzione di energia cosiddetta "imprevedibile" con sistemi di immagazzinamento di ultima generazione che entrino in funzione quando la produzione da fonte eolico o solare è più bassa o assente. La ricerca, però, aveva come obbiettivo non la produzione continuata di energia ma la minimizzazione dei costi e ha dimostrato come produrre energia in eccesso rispetto alla domanda media è meno costoso che immagazzinare energia per richieste future.


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Rinnovabili: attesa crescita del 60% entro il 2017
20/11/2012
Lo dice il Medium-Term Renewable Energy Market Report 2012, presentato nei giorni scorsi dalla Iea, secondo cui la produzione elettrica da fonte rinnovabile su scala globale passerà dai 4.540 TWh annui prodotti nel 2011 a quasi 6.400 TWh nel 2017.
 
Le rinnovabili, nei prossimi cinque anni, cresceranno più di quanto fatto nei cinque anni precedenti. A dirlo è la Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia, che, nella ricerca Medium-Term Renewable Energy Market Report 2012, ha spiegato come, entro il 2017, sia attesa una crescita nella produzione elettrica da fonte rinnovabile pari  al 60%, con un balzo di 1.840 TWh, dai 4.540 TWh prodotti nel 2011 ai quasi 6.400 TWh attesi per il 2017, con un incremento annuo del 5,8%. Nei prossimi cinque anni, quindi, la crescita del settore sarà sostenuta, più di quanto registrato nel quinquennio precedente, quando è stato registrato un aumento nella produzione elettrica da fonte rinnovabile di "soli" 1.160 TWh.
 
Saranno installati nuovi impianti per una potenza complessiva di circa 710 GW, di cui il 40% in Cina (270 GW). Seguiranno gli Stati Uniti con 56 GW e India, Germania e Brasile con oltre 30 GW ciascuno. Risultati positivi sono attesi anche in Italia, dove, nonostante la crisi economica, la produzione di energia rinnovabile dovrebbe crescere di circa 34 TWh, fino a quasi 120 TWh nel 2017, rispetto agli 85 TWh prodotti nel 2011. Il fotovoltaico, complice la tanto attesa grid parity, dovrebbe registrare un nuovo boom, pari a 20 TWh, dai10 registrati l'anno scorso ai circa 30 TWh del 2017.


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Mercato globale eolico potrebbe triplicare entro il 2012
20/11/2012
Secondo il Global Outlook Wind Energy 12 l'energia eolica potrebbe fornire fino al 12% dell'elettricità mondiale, la creazione di 1,4 milioni nuovi posti di lavoro e la riduzione delle emissioni di CO2 di oltre 1,5 miliardi di tonnellate l'anno.
 
Ottime notizie dall'eolico mondiale. Greenpeace International e il Global Wind Energy Council hanno pubblicato la relazione biennale sul futuro del settore eolico. La quarta edizione del Global Outlook Wind Energy mostra che l'energia eolica potrebbe fornire fino al 12% dell'energia elettrica mondiale entro il 2020, la creazione di 1,4 milioni nuovi posti di lavoro e la riduzione delle emissioni di CO2 di oltre 1,5 miliardi di tonnellate l'anno, più di 5 volte il livello di oggi. Entro il 2030, l'energia eolica potrebbe fornire più del 20% della fornitura mondiale di elettricità.
 
Il Global Wind Energy Outlook dipinge tre scenari diversi per il settore eolico, al 2020, 2030, e al 2050. "E 'chiaro che l'energia eolica giocherà un ruolo importante nel nostro futuro energetico - ha detto Steve Sawyer, segretario generale del Global Wind Energy Council - ma pper raggiungere il pieno potenziale dell'eolico, i governi devono agire rapidamente". L'energia eolica è, per definizione, una fonte di energia "autoctona", che è particolarmente utile per i paesi che importano energia a prezzi poco convenienti con ricadute positive a diversi livelli: zero emissioni di CO2, utilizzo d'acqua pari a zero, e nessun inquinamento.
 
"L'ingrediente più importante per il successo a lungo termine del settore eolico è una politica a lungo termine, l'invio di un segnale chiaro agli investitori circa la visione dei governi per la tecnologia - ha dichiarato Sven Teske, esperto di energia di Greenpeace - il Global Wind Energy Outlook mostra che l'industria potrebbe impiegare 2,1 milioni di persone entro il 2020, 3 volte più di oggi, con l'adeguato sostegno politico". Entro il 2020, si prevede che la capacità totale raggiungerà 587 GW, fornendo circa il 6% dell'energia elettrica mondiale, ma lo scenario GWEO più moderato suggerisce che questa potrebbe raggiungere addirittura i 759 GW, fornendo 7,7-8,3% della fornitura mondiale di elettricità. Lo scenario avanzato suggerisce che con un adeguato sostegno politico,  la capacità eolica potrebbe raggiungere i 1.100 GW entro il 2020, fornendo tra il 11,7-12,6% dell'elettricità globale.


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Verifica emissioni CO2: cresce l'impegno delle aziende
20/11/2012
Ancora pochi però gli obiettivi di riduzione a lungo termine. Pubblicato oggi il "CDP Italy 100 Climate Change Report 2012", dal Carbon Disclosure Project e da Accenture.
 
Le aziende italiane hanno migliorato il loro livello di verifica sulle emissioni di CO2. E' questo il dato che emerge dal rapporto CDP Italy 100 Climate Change Report 2012, pubblicato oggi dal Carbon Disclosure Project e da Accenture, che rivela come quasi la metà delle più grandi aziende italiane siano idonee a rivelare le emissioni di carbonio e le loro performance. Secondo al ricerca, 46  delle 100 aziende più importanti in Italia per capitalizzazione di mercato hanno risposto al questionario che ha generato l’annuale report CDP. Quest’anno si è registrato un significativo  aumento nel numero dei rispondenti del panel italiano: 46 contro i 35 dello scorso anno e i 21 del 2010. CDP raccoglie le informazioni per conto di 655 investitori istituzionali con più di 78,000 miliardi di dollari in asset, che utilizzano i dati come parte delle loro analisi di strategie e investimenti. Nel 2012 in cima al Carbon Disclosure Leadership Index troviamo Fiat con 95 punti, che si conferma quindi leader per il terzo anno consecutivo, seguita da STMicroelectronics e Enel (con 92 punti) e Eni (con 91). 
 
Il cambiamento climatico sta assumendo un’importanza crescente nell’agenda delle società quotate, aumenta infatti il numero di aziende che affidano la gestione del tema a livello di Board o di senior management (95% rispetto al 61% del 2011). Il report indica inoltre che più della metà delle imprese (58%) ha fissato obiettivi di riduzione, dei rispondenti 7 su 8 appartengono al settore delle Utilities e 4 su 6 al settore degli Industrials. Nonostante questo, solo cinque aziende hanno stabilito obiettivi a lungo termine da raggiungere entro il 2020. Il 90% degli obiettivi saranno raggiunti entro il 2015 ma il 40% di questi sarà già raggiunto entro la fine del 2012. L’analisi di CDP e Accenture condotta su un campione di 33 delle 46 aziende che hanno risposto al questionario, ha dimostrato che il risparmio annuo che potrebbe essere raggiunto dai loro obiettivi di riduzione delle emissioni potrebbe raggiungere  630 milioni di euro. Rispetto al numero totale di investimenti legati alla riduzione delle emissioni, più della metà ha un payback period di meno di tre anni.
 
"Le iniziative di riduzione delle emissioni in Italia possono avere un soddisfacente ritorno sugli investimenti - spiega Diana Guzman, Southern Europe Director CDP - tuttavia, nonostante il notevole vantaggio economico che porterebbe la riduzione delle emissioni, notiamo che le aziende non stanno ancora definendo un approccio a lungo termine per la gestione della CO2, che è vitale per la costruzione di una futura prosperità economica".
 
“Le aziende italiane hanno significativamente migliorato la trasparenza sulle performance delle loro emissioni e il crescente impegno per la divulgazione contribuirà a ridurre i rischi finanziari e a migliorarne lo standing con investitori e assicuratori - ha dichiarato Danilo Troncarelli, Sustainability Lead di Accenture - più importante è una migliore qualità nella misurazione delle emissioni che porterà a maggiori forme di gestione delle stesse”. 
 
Quest’anno le aziende sono state valutate da IMQ, ente Italiano del Marchio di Qualità, leader in Europa nell’attività di valutazione della conformità e di laboratorio di prova. IMQ valuta le aziende in base alla loro trasparenza, i migliori disclosers vengono inclusi nel Carbon Disclosure Leadership Index (CDLI) di CDP. Le aziende sono state valutate anche in base alla quantità e la qualità delle loro riduzioni di emissioni e delle strategie, e classificate in base ai diversi livelli di performance. I migliori risultati di performance sono inclusi nel CDP Carbon Performance Leadership Index (CPLI). Gli indici sono utilizzati dagli investitori per valutare la preparazione aziendale alle norme che regolano le emissioni e per guidare le decisioni di investimento.


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Create prime celle solari al 100% carbonio
20/11/2012
Un team di ricercatori dell’Università statunitense di Stanford ha sviluppato le prime celle solari interamente in carbonio. Potrebbero essere un’alternativa molto più conveniente ai costosi materiali di quelle attualmente sul mercato.
 
Il carbonio entra in gioco nella realizzazione delle celle solari per sviluppare alternative decisamente più low cost di quelle oggi presenti sul mercato. A mettere a punto i primi prototipi in assoluto è stato un team di ricercatori dell’ateneo statunitense della Stanford University, che ha realizzato le prime celle solari interamente in carbonio. Le celle realizzate presso l’ateneo californiano sono costituite da uno strato di nanotubi di carbonio in grado di assorbire la luce, inserito tra due elettrodi di fullerene, capaci di trasportare gli elettroni. In questo modo si possono sostituire elementi piuttosto costosi e difficilmente smaltibili come silicio, argento e indio.
 
Certo, la scoperta in prospettiva è decisamente interessante. Tuttavia, a livello attuale, l’unico limite è rappresentato dalla bassa efficienza energetica, che impedisce di fatto la rapida diffusione sul mercato di questa nuova soluzione tecnologica. I primi pannelli sviluppati sono infatti in grado di trasformare in elettricità soltanto l’1% dell’energia solare. Ciò è dovuto principalmente al fatto che l’assorbimento dell’energia avviene solo su settore molto piccolo dell’intera radiazione di luce, il vicino infrarosso.Ma questo limite potrà essere successivamente superato, come ha spiegato Zhenan Bao, uno dei responsabili della ricerca: “è evidente che la strada da percorrere per l’efficienza è molto lunga ma con migliori materiali e le migliori tecniche di lavorazione, ci aspettiamo che l’efficienza salirà notevolmente”.


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Aumenta energia da fonti rinnovabili: lo dice l'Istat
03/08/2012
L'istituto statistico ha pubblicato l'indagine 'Dati ambientali nelle città'.
 
Sono 88 i comuni che, secondo l'Istat, dichiarano di ricorrere all'impiego del fotovoltaico, con una potenza media installata attribuibile alle amministrazioni comunali pari a 2,4 kW ogni mille abitanti, il doppio rispetto all'anno precedente. Il dato, relativo al 2011, emerge dall'indagine Istat "Dati ambientali nelle città".
In base allo studio, 32 comuni nel 2011 hanno predisposto forme di teleriscaldamento, mentre 72 comuni hanno dichiarato di aver installato pannelli solari termici. Alla fine dello scorso anno l'estensione dei pannelli solari termici sugli edifici comunali, prossima allo zero nel 2000, era pari a 1,3 metri quadrati ogni mille abitanti.
Sul fronte dell'utilizzo, l'Istat evidenzia un andamento sostanzialmente stabile per l'energia elettrica nei capoluoghi di provincia, dove nel 2011 il consumo per uso domestico è sceso dello 0,3% attestandosi a 1.199,6 kWh per abitante.
Contemporaneamente il consumo pro capite di gas metano per uso domestico e riscaldamento, anche in conseguenza delle temperature invernali più miti registrate nell'anno considerato e del contestuale rincaro delle tariffe del settore energetico, è diminuito del 7,4% raggiungendo i 391,2 metri cubici per abitante.


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In Brasile più grande parco eolico Sud America
03/08/2012
Produrrà una quantità di energia sufficiente a rifornire una città di due milioni di abitanti.
 
E' in Brasile il più grande parco eolico del Sud America: il progetto prevede la creazione di un complesso di 14 parchi eolici in grado di generare 293,6 MW, una quantità sufficiente a rifornire una città di due milioni di abitanti. Si chiama Alto Serto-I ed è situato nei municipi di Caetitè, Igapor e Guanambi, nel sud-est dello Stato di Bahia. Costerà complessivamente 480mln di euro, darà lavoro a 1300 persone e genererà ricavi per circa 73mln di euro all'anno per i prossimi 20 anni. L'aspetto negativo è che potrà entrare a pieno regime solo tra un anno quando la Compagnia Idroelettrica San Francisco (Chesf) terminerà la costruzione delle due linee di trasmissione per la connessione al Sistema Elettrico Nazionale.
 
A questo, che già è un progetto ambizioso, se ne aggiunge un altro situato nella regione della Chapada Diamantina sempre nello Stato di Bahia che prevede un investimento complessivo di 172mln di euro e sarà in grado di generare 90 MW. 
Con questi progetti entro 3-4 anni lo Stato di Bahia sarà il maggior produttore di energia eolica del Paese. Nel Nord-Est si concentrerà il 30% del potenziale brasiliano e Bahia ne produrrà il 15%. Oltre alla produzione lo Stato di Bahia sta sviluppando tutta la catena produttiva con investimenti mirati.
 
Attualmente in Brasile l'energia eolica è la seconda fonte di energia più a buon mercato, con una capacità complessiva di 423 megawatt, e a livello mondiale il Paese sud americano è quello che la produce ai costi minori.


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Calcio: un ritiro green per l'Inter in Trentino Alto Adige
27/07/2012
Strutture in legno smontabili, divieto di utilizzare l'auto, solo energie rinnovabili, cibo a km zero.
 
Corriere.it di qualche giorno fa riporta la notizia del ritiro "verde" che Inter ha fatto in Trentino Alto Adige dal 5 al 15 luglio scorso. "Molte le accortezze ecologiche - si legge sul sito -: dall'uso di stoviglie biodegradabili ai compattatori per i rifiuti, dal divieto di utilizzare l'automobile nel villaggio Inter e nelle zone limitrofe ai consumi energetici fatti mediante energia pulita certificata. Fino alla scelta di allestire mercati con prodotti tipici a chilometri zero e di costruire le strutture di servizio, dalle aree ospitalità alla sala stampa, in legno certificato locale. Il tutto smontabile e riutilizzabile per nuove occasioni".
"Per l'Inter - continua il corriere.it riportando un'affermazione di Milly Moratti - si tratta di un percorso in evoluzione, visto che da quando mio marito ha rilevato la squadra, abbiamo sempre cercato di promuovere messaggi extracalcistici di grande importanza. Oggi, incrociamo sul nostro sentiero il tema della sostenibilità, trovando nel Trentino Alto Adige un compagno di squadra serio e preparato, da cui tutti abbiamo molto da imparare". 
"Molti i risultati verdi portati dall'Inter dopo questo ritiro. Tra questi, complice il divieto delle automobili, il giro di vite sulle emissioni di CO2. Con 700 tonnelate risparmiate e un notevole impatto sulla qualità dell'aria".


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Cinque azioni per ecoinnovare l'Italia
27/07/2012
Il documento dall'assemblea programmatica 'Sviluppo dell'Ecoinnovazione.
 
Cinque punti per affrontare e vincere la sfida di uno sviluppo sempre più green. E' la ricetta che arriva dall'assemblea programmatica 'Sviluppo dell'Ecoinnovazione' che si è svolta il 24 luglio a Roma in preparazione degli Stati Generali della Green Economy (Rimini il 7-8 novembre), organizzati dal Ministero dell'Ambiente e da 39 associazioni di imprese green.
 
Il passaggio alla green economy implica la capacità di innovare non solo cicli produttivi e consumi, ma anche approcci culturali e stili di vita. Questo si può realizzare tramite lo sviluppo e la messa in pratica dellecoinnovazione, l’innovazione che tiene conto non solo del profilo economico, ma anche delle dimensioni sociali e ambientali. La valutazione della dimensione del settore dell'ecoinnovazione e delle ecoindustrie è stata valutata dall’UNEP sino ai 0,5-1,5 trilioni di dollari/anno nel 2020 e tra i 3 ed i 10 trilioni/anno nel 2050.
 
"L'obiettivo dell’ecoinnovazione – ha detto Roberto Morabito, Responsabile dell’Unità Tecnica Tecnologie Ambientali dell'ENEA e coordinatore del gruppo di lavoro sull’ecoinnovazione – è quello di un radicale cambiamento verso nuovi sistemi di produzione e consumo basati su un approvvigionamento ed un utilizzo sostenibile delle risorse e una riduzione/eliminazione delle emissioni e dei conseguenti impatti, che porti gradualmente al disaccoppiamento assoluto tra crescita, utilizzo delle risorse e impatti sugli ecosistemi".
 
Strumento prioritario per questo percorso è l'avvio di un Piano nazionale per lo sviluppo, diffusione ed implementazione dell'ecoinnovazione "made in Italy", in coerenza con una nuova e rilanciata politica industriale che sappia coniugare la competitività delle imprese alla sostenibilità dei sistemi produttivi, basato su almeno 5 Azioni prioritarie da mettere in campo da subito:
 
1) Politiche coerenti. Una politica ambientale che offra un quadro normativo coerente a vari livelli (locale, nazionale, europeo ed internazionale), che promuova l’ecoinnovazione tramite l’applicazione di norme esistenti riviste e il varo di nuove norme che indirizzino anche le attività di ricerca e sviluppo, e che sia a sua volta coerente con politiche industriali ed economiche.
 
2) Formazione/informazione. Avviare un Programma di formazione/informazione nazionale che sappia, da una parte, preparare nuove competenze/professionalità (sia per i settori strategici di nuova economia, sia per riqualificare figure professionali che operano in settori e comparti tradizionali del sistema produttivo italiano, interessati a processi di riconversione “verdi”) e, dall’altra, favorire cambi di stili di vita, approcci culturali, consenso sociale verso le tecnologie, i processi, i servizi e i prodotti ecoinnovativi. Innovazioni tecnologiche, anche radicali, del solo processo produttivo non riescono a esprimere, infatti, a pieno il loro potenziale di cambiamento se non sono accompagnate da un forte cambiamento anche a livello culturale e sociale, oltre che istituzionale.
 
3) Promozione attraverso "etichette" e appalti verdi. Promozione a tutti i livelli di prodotti e servizi basati su un uso sostenibile delle risorse e su bassi impatti ambientali, lungo tutto il loro ciclo di vita, mediante la promozione di marchi, etichette, etc. di prestazione, di prodotti e servizi, che favoriscano la crescita di mercati ecoinnovati e nuovi mercati, aumentando la percezione dell’ecoinnovazione. Diffusione di appalti “verdi”, pubblici e privati, per la promozione dell’ecoinnovazione.
 
4) Cabina di regia per partenariati pubblico/privato. Una forte cabina di regia per mettere a sistema il patrimonio nazionale di competenze sia nel pubblico (università ed enti di ricerca), sia nel privato, in cui, ad esempio, i Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico promuovano joint venture con mondo scientifico e imprese per coniugare insieme sostenibilità e competitività, che non possono essere affrontate in maniera separata e settoriale. In questo quadro, devono essere favoriti progetti sistemici e integrati di dimensioni significative, che coinvolgano singole aziende, distretti, reti di impresa, sistemi territoriali, istituzioni locali e organizzazioni sociali che possano fungere da nuclei di condensazione di questa fase di transizione verso la green economy.
 
5) Supporto alle imprese. L’Italia è uno dei più importanti Paesi industriali al mondo e il secondo Paese manifatturiero europeo e come tale deve affrontare la sfida globale della competitività in un orizzonte di sostenibilità. Produzione sostenibile e uso efficiente dell’energia e approvvigionamento sostenibile e uso efficiente dei materiali sono le due facce dello strumento con il quale affrontare la sfida. Se sul versante dell’approvvigionamento sostenibile dell’energia l’Italia ha fatto significativi passi in avanti anche a supporto del sistema di imprese, sul fronte dell’utilizzo sostenibile delle materie prime vi è un vuoto enorme da colmare. In questo quadro, sembra non più rinviabile seguire l’esempio di altri Paesi europei istituendo un’Agenzia per l’uso efficiente dei materiali, sfruttando risorse e strutture già esistenti, a diretto supporto delle imprese e in particolare delle PMI.


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Deliberazione della Giunta Provinciale Nr. 939
23/07/2012
Prestazione energetica nell’edilizia.
 
È stata approvata dalla Provincia Automa di Bolzano la deliberazione nr. 939 che ha come oggetto l’attuazione della direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo (19 maggio 2010) sulla prestazione energetica nell’edilizia. L’Unione Europea promuove l'incremento di edifici ad alta efficienza e un aspetto molto importante contenuto in questo documento è l’ aumento di quota delle energie rinnovabili per gli impianti di riscaldamento, di raffrescamento e di produzione di acqua calda sanitaria.
 
In sintesi le novità della deliberazione:
 
  • I termini tecnici vengono definiti in modo esaustivo e chiaro.
  • A partire dal 1°gennaio 2015 gli edifici di nuova costruzione devono raggiungere un rendimento energetico pari o superiore alla Classe CasaClima A.
  • Il fabbisogno totale di energia primaria deve essere coperto per almeno di 40% da energie rinnovabili. Dal 1° gennaio 2017 questa percentuale dovrà essere almeno del 50%.
  • In caso di sostituzione o rinnovamento degli impianti deve essere coperto il fabbisogno totale di energia primaria per almeno il 25% da energie rinnovabili. Dal 1° gennaio 2017 questa percentuale dovrà almeno del 30%.
  • Gli interventi devono garantire un livello ottimale rispetto ai costi.
  • La metodologia di calcolo del rendimento energetico dell’involucro edilizio e della prestazione energetica degli edifici viene chiaramente descritta con i relativi algoritmi di calcolo.
  • Vengono chiariti i criteri e la procedura di certificazione energetica degli edifici.


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Dal 27 agosto entra in vigore il V Conto Energia
20/07/2012
Pessimiste le associazioni di categoria delle aziende che operano nel campo del fotovoltaico.
 
Il 27 agosto entra in vigore il V Conto Energia. Il GSE ha infatti comunicato all'Autorità per l'energia elettrica e il gas l'aggiornamento del costo cumulato annuo per gli incentivi pari a 6 miliardi di euro per 14.300 MW di potenza installata, equivalenti a oltre 400mila impianti fotovoltaici in esercizio.
L'Autorità, con propria delibera del 12 luglio, ha determinato quindi il raggiungimento del valore annuale di 6 miliardi di euro e ha fissato il 27 agosto la data di decorrenza delle nuove modalità di incentivazione disciplinate dal decreto 5 luglio 2012 (GU 159 del 10/07/12 Suppl. Ord. 143), esattamente 45 giorni solari dalla data di pubblicazione della deliberazione dell'Autorità.
Lo stesso decreto stabilisce che il V Conto energia in ogni caso non trovi più applicazione decorsi 30 giorni solari dalla data di raggiungimento di un costo indicativo cumulato di 6,7 miliardi di euro l'anno e che la data di raggiungimento di tale valore sia comunicata dall'Autorità, sulla base degli elementi forniti dal Gse.
Il V Conto Energia non è stato accolto con entusiasmo dalle associazioni di categoria che rappresentano le aziende che operano nel campo del fotovoltaico. Secondo le ultime stime il tetto di spesa di 6,7 miliardi di euro è troppo basso e verrà raggiunto entro poco tempo, costringendo molti progetti a fermarsi per la mancanza di finanziamento.
"Le intenzioni verbali dei Ministri non si sono tradotte in fatti concreti – dichiara Valerio Natalizia, Presidente GIFI-ANIE (Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane). Con il 5° Conto Energia molte aziende che fino ad oggi hanno seriamente investito capitali sono costrette a ridimensionare drasticamente il personale e ridurre gli investimenti a scapito non solo del Sistema Paese ma anche delle casse dello Stato".
“L'imposizione del registro, il contingentamento delle risorse disponibili e la non adeguata gestione dei tempi di emanazione del Decreto – continua Natalizia – hanno come effetto quello di imbrigliare il mercato e renderlo accessibile a pochi, aumentare la burocrazia e l'incertezza nonchè generare un effetto boomerang sui costi legati all'incentivazione.
L'annuncio prematuro del cambio legislativo ha infatti inevitabilmente generato una corsa all'installazione, testimoniata anche dal contatore del GSE, e quindi l'aumento degli incentivi erogati, che di fatto vanifica quelle che sono le intenzioni del 5° Conto Energia. Il rischio è che la legge entri in vigore quando il limite dei 6 mld sarà ampiamente superato".


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Certificati Verdi 2011: le indicazioni per la fatturazione
20/07/2012
La nota operativa del GSE.
 
In una nota di questi giorni il GSE informa gli operatori che per le richieste di ritiro dei Certificati Verdi (CV) del 2011, la fatturazione dovrà essere effettuata in due rate distinte, corrispondenti al 50% dell'importo complessivamente spettante per i CV. Ciascuna fattura, redatta su carta intestata del soggetto richiedente, dovrà essere inviata in formato pdf via e-mail all'indirizzo fattureCV@gse.it. L’aliquota IVA da applicare è del 21%.
 
Nella fattura devono essere obbligatoriamente specificate le seguenti informazioni:
Il numero della rata oggetto della fattura;
Il numero totale di CV 2011 oggetto di ritiro, il corrispondente prezzo di ritiro e la quota (50%) oggetto della fattura;
Il numero totale di CV_TLR 2011 oggetto di ritiro, il corrispondente prezzo di ritiro e la quota (50%) oggetto della fattura.
 
Per le fatture corrispondenti alla prima rata pervenute entro il 22 luglio 2012, il pagamento sarà effettuato con valuta 9 agosto 2012 (30 giorni dalla data di pubblicazione del DM 6 luglio 2012). Successivamente, per le fatture pervenute entro il generico mese "n" il pagamento sarà effettuato entro la fine del mese "n+1".
 
Per le fatture corrispondenti alla seconda rata pervenute entro il 30 novembre 2012, il pagamento sarà effettuato con valuta 31 dicembre 2012. Successivamente, per le fatture pervenute entro il generico mese "n" il pagamento sarà effettuato entro la fine del mese "n+1".


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Green Economy: Stati Generali a novembre
13/07/2012
Il 7 e l'8 novembre a Rimini verrà elaborato un Programma per lo sviluppo dell'Economia Verde.
 
Si terranno a Rimini il 7 e l'8 novembre prossimo gli Stati Generali della Green Economy. Promossi dal Ministro dell'Ambiente Corrado Clini, avranno lo scopo di elaborare un Programma per lo sviluppo dell'Economia Verde e si concluderanno con documento che verrà poi presentato alle istituzioni, agli operatori del settore e alla società civile.
 Otto i temi strategici delle due giornate: eco-innovazione, energia e problematiche connesse, fonti rinnovabili, materiali e rifiuti, mobilità, agricoltura di qualità ecologica, qualità degli ecosistemi e servizi ambientali, finanza e strumenti economici.
"La Conferenza Onu Rio +20 sulla sostenibilità - ha dichiarato il ministro dell'Ambiente - ha confermato che la green economy è lo strumento per consentire la crescita, soprattutto in questi anni di crisi, e per aiutare a uscire dalla povertà i Paesi in via di sviluppo senza gravare in modo irreparabile sul pianeta".


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Rinnovabili: entro il 2020 il 45 per cento dell'energia dalle campagne
06/07/2012
I dati della Cia-Confederazione italiana agricoltori.
 
Nella sfida del 202020 (-20% di emissioni inquinanti, +20% di energia alternativa entro il 2020), "l'agricoltura italiana si candida ad essere protagonista: entro quella data, infatti, il 45 per cento dell'energia green verrà dalle campagne e dai boschi. Ma a una condizione, cioè che questo processo venga accompagnato da politiche chiare, mirate e lungimiranti, ma soprattutto finalizzate all'integrazione".
E’ il messaggio lanciato dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori alla VI Conferenza economica della Confederazione a Lecce, nel corso della sessione dei lavori su “Le nuove opportunità: le agroenergie”.
"Biomasse e biogas insieme hanno i numeri e il potenziale per diventare una fonte strategica per la nuova politica energetica nazionale - ha spiegato la Cia - ma rappresentano anche un’opportunità di reddito integrativa per le aziende agricole, in grado di far crescere il Pil del settore di almeno 5 punti. Ma soprattutto puntare sulle agroenergie vorrebbe dire abbassare i costi della bolletta energetica e dei carburanti e ridurre le emissioni di anidride carbonica. Un aiuto per le imprese, ma anche un vantaggio per tutti".
"Ogni anno -ha osservato la Cia- si perdono 60 miliardi di euro per l'acquisto di petrolio e gas dai Paesi esteri. Una condizione che ci accomuna al resto d'Europa: solo nel 2011 la Ue a Ventisette ha speso 488 miliardi di euro per questa voce di import. Sfruttando al meglio le agroenergie, invece, l’Italia potrebbe diminuire la sua dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, con un doppio vantaggio: fino a 20 miliardi di euro di risparmio in termini di costi e, soprattutto, un grande beneficio all’ambiente con 240 milioni di tonnellate in meno di Co2 nell’aria nei prossimi dieci anni. Senza contare che gli effetti del pacchetto Ue clima-energia, e in particolare le riduzioni di emissioni di gas serra, determinerebbero un taglio dei costi sanitari stimato tra i 12 e i 26 miliardi di euro".
In più - ha continuato la Cia - lavorare a una filiera energetica “green” tutta italiana favorirebbe l’occupazione, in particolare quella giovanile. Secondo uno studio recente dell’Università Bocconi, se l’Italia riuscirà a raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Europa per il 2020, l’industria energetica verde avrà creato nel Belpaese ben 250 mila posti di lavoro, di cui presumibilmente più di 100 mila lavoreranno nel settore delle biomasse.
Purtroppo, però, i problemi sono ancora tanti. A partire dal sistema degli incentivi. “Prima di tutto -ha dichiarato il vicepresidente della Cia, Domenico Brugnoni- è necessario che i contributi alle energie sostenibili accompagnino la transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, con interventi che premino l’innovazione e l’efficienza a discapito delle speculazioni”.
Gli obiettivi, però, non devono essere solo quantitativi ma anche qualitativi: “bisogna avere le idee chiare sui modelli aziendali che vogliamo sostenere tramite il sistema delle tariffe incentivanti -ha proseguito Brugnoni-. La generazione distribuita, cioè piccoli e medi impianti diffusi nel territorio e orientati allo sviluppo locale, è la chiave per dare agli agricoltori un ruolo centrale nella ‘rivoluzione verde’ e trasformarli da semplici fornitori di biomasse, che altri trasformeranno energeticamente, in protagonisti virtuosi e consapevoli sul fronte alimentare, energetico e ambientale”. Insomma, “il ‘food’ resta la vera vocazione dell’azienda agricola -ha aggiunto Marino Berton, presidente dell’Aiel, l’associazione italiana energie agroforestali della Cia- ma l’integrazione con la produzione energetica è un’occasione eccezionale di competitività che può dare al ‘made in Italy’ agricolo una marcia in più”, anche per uscire dall’attuale fase di crisi.
Ma quanto “valgono” le biomasse? Sono la principale fonte di energia rinnovabile in Europa -ha sottolineato la Cia - e, solo in Italia, hanno fatto risparmiare all’ambiente 24 milioni di tonnellate di Co2. Già oggi oltre 20 milioni di tonnellate di biomasse legnose sono destinate ogni anno alla produzione di energia termica, con un fatturato che supera abbondantemente i 5 miliardi di euro. E il futuro è ancora più promettente: perché ogni 10 mila litri di gasolio che sostituiamo con interventi di efficienza energetica e l’uso di combustibili legnosi prodotti “in loco”, lasciamo sul territorio 10mila €/anno a sostegno dell’economia locale.
Quanto al biogas, oggi sta vivendo un momento di grande espansione: solo fra il 2010 e il 2011 gli impianti in Italia sono quasi raddoppiati, passando da 273 a 521, con un aumento del 91 per cento. A dare il contributo più rilevante allo sviluppo del settore è stato finora il Centro-Nord, in particolare la Lombardia (210 impianti). Però c’è ancora molto da fare -ha dichiarato la Cia- poiché solo nel campo del biogas l’Italia ha un obiettivo al 2020 pari a 1,2 gigawatt, e ora siamo a meno di un terzo di questo potenziale (650 megawatt).


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SISTRI: confermata la sospensione al 2013
29/06/2012

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Sviluppo che nell'art. 52 prevede la  sospensione “non oltre” il 30 giugno 2013 del  termine  di  entrata  in operatività del SISTRI, unitamente ad ogni adempimento  informatico  relativo e alla sospensione del pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.



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Il sole batte il vento: fotovoltaico prima fonte energetica alternativa
29/06/2012
I dati diffusi dall'Ufficio studi di Confartigianato.
 
Il fotovoltaico supera l'eolico e diventa la prima fonte energetica rinnovabile d'Italia, ad eccezione dell'idroelettrico. Un sorpasso storico, avvenuto a febbraio 2012, quando il fotovoltaico produceva 10.678 GWh contro i 10.568 GWh dell’eolico. A maggio 2012, la distanza è aumentata ulteriormente, 14.490 GWh contro 11.541 GWh.
A rilevarlo è l'Ufficio studi di Confartigianato che sottolinea come oggi, soltanto con l'energia prodotta dal fotovoltaico, potrebbe essere soddisfatto il fabbisogno energetico delle famiglie di tutto il Sud Italia (14.451 GWh).
 
Un risultato raggiunto grazie al boom dell'ultimo anno del fotovoltaico. Da maggio 2011 a maggio 2012, la produzione di energia fotovoltaica è aumentata di 11.220 GWh, contro un aumento di 2.448 GWh realizzato dall’eolico. Nello stesso periodo, si registra una crescita contenuta della produzione energetica da fonti geotermiche (+121 GWh), mentre è in calo la produzione idroelettrica, con una riduzione di 7.416 GWh. Crolla, invece, la produzione termica. Da maggio 2011 a maggio 2012, le fonti tradizionali hanno prodotto 12.373 GWh in meno.
 
Nonostante la corsa del sole e del vento, le energie rinnovabili rappresentano ancora oggi il 26,2% della produzione energetica italiana, contro il 73,8% del termico. Investire sulle rinnovabili, però, non sembra portare vantaggi soltanto in termini ambientali. Secondo l’Ufficio studi di Confartigianato, infatti, i primi benefici sono di natura economica. Dal 2007 al 2011, il numero di impianti fotovoltaici installati in Italia è passato da 7.647 a 330.196. Un incremento che ha permesso al settore dei “Lavori di costruzione specializzata” di registrare un aumento dell’occupazione dell’11,9% tra il 2010 ed il 2011. Un dato settoriale straordinario, se si considerano le dinamiche occupazionali del nostro Paese, che ha permesso all’Italia di conquistare il primo posto nel confronto con le altre principali economie nazionali europee. Soltanto la Germania ha registrato un aumento dell’occupazione nel settore (+1,2%). Segno rosso, invece, per Francia (-1%), Gran Bretagna (-4,2%) e Spagna (-9,8%). Con l’occupazione, aumenta anche il numero delle imprese coinvolte. Dal I trimestre del 2009 al I trimestre del 2012, il numero delle aziende attive nel settore delle fonti rinnovabili aumenta del 10,2%, attestandosi su 100.289 imprese con 369.231 addetti.
 
“Le energie rinnovabili – sottolinea il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini - offrono grandi potenzialità di sviluppo alle piccole imprese, sia in termini di innovazione sia per la creazione di posti di lavoro. Per questo, Confartigianato si batte affinchè i decreti sulle energie rinnovabili in corso di emanazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente, non penalizzino i piccoli impianti”.


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Pannelli fotovoltaici, obbligo di riciclo per i produttori
29/06/2012
Dal primo luglio entra in vigore quanto stabilito dal Quarto Conto energia
 
Dal primo luglio, per accedere agli incentivi, tutte le aziende produttrici di moduli fotovoltaici dovranno garantire la corretta gestione del "fine vita". Lo prevede il Quarto conto energia, entrato in vigore il 5 maggio del 2011 e tutt'ora valido, in attesa che subentri il Quinto.
 
Secondo l'articolo 11, comma 6 del decreto, per gli impianti fotovoltaici che entreranno in esercizio dopo il 30 giugno di quest'anno è previsto l'obbligo per i soggetti responsabili di trasmettere al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) il certificato che attesti l'adesione del produttore o importatore ad un sistema o consorzio che garantisca il riciclo dei moduli fotovoltaici a fine vita. E' però previsto previsto un periodo transitorio di 6 mesi per adeguarsi pienamente ai requisiti previsti dalle regole con effetto retroattivo a partire dal 1° luglio
 
In questo senso, lo scorso ottobre è stato siglato un accordo di programma per la creazione di una filiera italiana di raccolta, riciclo e smaltimento dei pannelli tra Cobat-Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo e il Comitato IFI-Industrie Fotovoltaiche Italiane che di fatto ha sancito la nascita della prima filiera tutta italiana per la corretta gestione del fine vita dei moduli fotovoltaici.
 
Quanto previsto dal Quarto Conto Energia, in materia di garanzie del fine vita dei moduli fotovoltaici, anticipa la revisione della Direttiva 2002/96/CE sui RAEE, che dovrebbe essere resa nota entro l'estate, e che prevede l’inclusione dei moduli fotovoltaici tra le apparecchiature elettriche ed elettroniche inserendoli in categoria 4.


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Energia: fonti rinnovabili in aumento e boom del fotovoltaico
29/06/2012
I dati della relazione annuale dell'Autorità per l'Energia
 
I dati della relazione annuale dell'Autorità per l'Energia
La produzione da fonti rinnovabili è aumentata nel 2011 del 9,4% rispetto al 2010, nonostante la riduzione della produzione idroelettrica da apporti naturali (-9,3%), per effetto del forte aumento nella generazione da biomassa e rifiuti (+19,9%), da fonte eolica (+11,1%) e geotermica (+5,2%) e della crescita esponenziale nella generazione fotovoltaica (+463%), che ha raggiunto circa 10,7 TWh, contro i circa 1,9 TWh dell'anno precedente.
 
Dal 2000 a oggi, la potenza complessivamente installata è raddoppiata, con un forte incremento della potenza netta termoelettrica (+38 GW circa) e rinnovabile (+11 GW circa). E' quanto emerge dalla relazione annuale dell'Autorità per l'Energia illustrata oggi dal presidente dell'Authority, Guido Bortoni.
 
Nel corso del 2011, si rileva, la produzione lorda totale di energia elettrica in Italia è risultata pari a circa 300,3 TWh, in diminuzione dello 0,6% rispetto al 2010. In calo la produzione termoelettrica (- 3,7%), passata da circa 222 TWh nel 2010 a 214 TWh nel 2011. La produzione di energia elettrica da gas naturale ha riportato una contrazione del 7% rispetto al livello raggiunto un anno prima, mentre è aumentata in misura significativa la generazione elettrica da carbone (+11,1%). Nel 2011 è continuata la contrazione della produzione da prodotti petroliferi (- 9,5%), che segue alla riduzione del 2010 (-37,6%).
 
L'energia rinnovabile è un pilastro per lo sviluppo sostenibile. "Questa Autorità – ha detto Bortoni – ritiene corretto che l'onere degli incentivi sia sostenuto attraverso le bollette di tutti, a patto però di contenerlo entro un livello sostenibile ed efficientemente commisurato alle esternalità energetico-ambientali. Non è ragionevole oltrepassare tale livello per esigenze di politica industriale o occupazionale". L?Autorità considera dunque un primo passo la riduzione degli incentivi alla fonti rinnovabili per la produzione dell'energia elettrica ma chiede di più. "In un contesto di risorse scarse, come quello attuale, – ha detto Bortoni – solo un ridimensionamento dei futuri incentivi “elettrici” può consentire di trasferire risorse allo sviluppo delle fonti rinnovabili termiche e all’efficienza energetica, nell’auspicio di poter così cogliere anche i punti di forza dell’industria italiana in tali settori".


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Umbria, 20 milioni di investimenti nelle rinnovabili
22/06/2012
Presentati due bandi rivolti ai Comuni.
 
La Regione Umbria investe oltre tredici milioni di euro per il risparmio energetico. Risorse regionali che svilupperanno sul territorio umbro più di venti milioni di investimenti in materia di energia da fonti rinnovabili e per il risparmio energetico. Sono le cifre fornite dalla presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini e dall'assessore regionale all'ambiente, Silvano Rometti, illustrando l'esito di due bandi rivolti ai Comuni, a valere sul Por Fesr 2007-2013 Asse III.
''I due bandi - hanno detto Marini e Rometti - hanno riscosso una adesione straordinaria da pare della amministrazioni locali che ci ha spinto ad aggiungere alle risorse inizialmente previste, 10 milioni e mezzo di euro, ulteriori 3 milioni 269.036 euro per arrivare a finanziare tutte le richieste ammesse''.
''Con la nuova politica energetica - ha proseguito Marini - la Regione Umbria offre un significativo contributo sul versante del risparmio, dell'efficientamento degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, su quello della riduzione di emissione in atmosfera di sostanze inquinanti e, al tempo stesso, contribuisce a determinare positive prospettive di crescita e di sviluppo dell'economia dell'Umbria. Il successo di questi bandi - ha proseguito la presidente - ci fa raggiungere l'80 per cento di spesa delle risorse comunitarie previste nella 'misura energia'. Grazie a ciò l'Umbria si avvicina moltissimo al raggiungimento degli obiettivi indicati dall'Unione Europea Europa 20-20-20, vale a dire ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili''.


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Sistri: in arrivo la sospensione fino al 2013
19/06/2012
Il Ministro Corrado Clini ha proposto la sospensione del Sistri per verificare la funzionalità del sistema.
 
Il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha proposto al Consiglio dei Ministri la sospensione del SISTRI allo scopo di effettuare le verifiche richieste dopo il parere di DIGITPA (Ente nazionale per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione) sulla funzionalità del sistema.
 
Il SISTRI doveva entrare in piena operatività a partire dal 1 luglio 2012, dopo una serie di rinvii stabiliti a partire dal 2009.
Fermo restando che il SISTRI rappresenta uno strumento necessario per la “tracciabilità” dei rifiuti, come richiesto dalle direttive europee e stabilito dalla legge nazionale, a seguito delle difficoltà operative riscontrate nella fase di avvio sperimentale il Ministero dell’Ambiente aveva richiesto fin dal maggio scorso alla DIGITPA una valutazione sulla funzionalità del sistema.
 
DIGITPA ha trasmesso al Ministero le sue valutazioni solo lo scorso 16 maggio 2012, in prossimità dell’entrata in funzione del SISTRI.
 
Il parere di DIGITPA solleva una serie di questioni in merito alle procedure seguite da parte del Ministero per l’affidamento a SELEX-FINMECCANICA della progettazione e realizzazione del SISTRI, in merito ai costi ed al funzionamento del sistema.
Il Ministro ha trasmesso questa relazione all’Avvocatura dello Stato ed al Comando del Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri per le valutazioni di competenza.
Clini ha inoltre richiesto agli organi competenti del Ministero di effettuare una valutazione interna in merito a quanto osservato da DIGITPA.
 
Le verifiche avviate richiedono tempi non compatibili con l’entrata in funzione del SISTRI il 1 luglio prossimo.
 
Per questo motivo il Ministro ha proposto di sospendere gli effetti del contratto stipulato tra il Ministero dell’ambiente e la SELEX. Contestualmente il Ministro ha proposto di sospendere il pagamento dei contributi da parte delle imprese  per l’anno 2012.
Il periodo di sospensione sarà necessario per chiarire tutti gli aspetti relativi al SISTRI, e decidere definitivamente se il sistema funziona, se deve essere modificato o sostituito, entro al più tardi il 30 giugno 2013. Perché in ogni caso è necessario avere a disposizione un sistema efficiente per la tracciabilità dei rifiuti.


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Decreti rinnovabili: dalle Regioni parere favorevole ma con modifche
15/06/2012
Soddisfazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico
 
Via libera condizionato delle Regioni ai due decreti rinnovabili elettriche e fotovoltaico. La Conferenza Stato Regioni ha dato parere favorevole con la garanzia che i Ministeri si impegnino ad apportare le modifiche indicate nella stesura definitiva dei testi.
 
Le modifiche riguarderebbero l'accesso diretto alle tariffe incentivanti per gli impianti realizzati durante la bonifica delle coperture in eternit fino a 1000 kW, per gli interventi che combinano la produzione di energia al risparmio energetico e per gli impianti realizzati da enti pubblici fino a 30 kW. Verrà previsto inoltre un periodo di transitorietà tra il quarto e il Quinto conto energia, per salvaguardare gli investimenti già effettuati da Comuni e enti pubblici, con priorità alle aree soggette a grave crisi industriale o degradate dal punto di vista ambientale. Per le altre rinnovabili, viene riconfermato il sistema di priorità per gli interventi pubblici, soprattutto per la cogenerazione, oltre alla proposta di istituire un periodo transitorio come per il fotovoltaico. Secondo il Sole24ore, inoltre, gli aggiustamenti probabilmente riguarderanno 5 punti:

 
  1. Innalzamento della soglia relativa all'accesso ai registri obbligatori per gli impianti.
  2. Aumento dello stanziamento complessivo assegnato ai nuovi meccanismi di incentivazione da 3 ad almeno 3,5 miliardi di euro.

  3. Reintroduzione del premio per il fotovoltaico in sostituzione delle coperture contenenti amianto.

  4. Reintroduzione del premio per gli impianti fotovoltaici realizzati con tecnologie made in Ue.
  5. Infine, saranno favoriti maggiormente gli impianti realizzati dal settore pubblico.
 
Soddisfazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico che in un comunicato stampa ha espresso "la propria soddisfazione per l'esito della Conferenza Unificata che, dopo un articolato confronto, ha fatto registrare il parere positivo di regioni, province e comuni sui due decreti relativi alle energie rinnovabili". Il ministero ha sottolineato come "nel corso della Conferenza, il Governo, in risposta alle richieste formulate da istituzioni ed enti locali, abbia proposto delle modifiche - a cui è legato il parere positivo - che verranno incorporate nei testi dei due decreti".


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CCIAA FE: contributi per l'introduzione di sistemi di qualità, di gestione ambientale e di responsabilità sociale
14/06/2012
Nell'ambito delle iniziative promozionali volte a favorire lo sviluppo del sistema economico locale, la Camera di Commercio di Ferrara in collaborazione con l'Associazione per l'Innovazione ha stanziato la somma di € 120.000,00 per sostenere, attraverso la concessione di contributi, le imprese della provincia di Ferrara che intendono adottare sistemi di gestione ambientale, di gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di qualità dei processi e dei prodotti e di responsabilità sociale.

L'intervento è rivolto alle imprese e loro consorzi, con sede e/o unità operativa nella provincia di Ferrara.
 
Interventi finanziabili

Misura 1 - conseguimento della certificazione di sistemi di gestione della qualità di prodotto e di processo

Misura 2 - acquisizione di servizi di consulenza finalizzati alla certificazione alla certificazione

L'effettivo ottenimento entro il 28 febbraio 2014 della certificazione da parte di un organismo accreditato è condizione necessaria per l'erogazione del contributo.
E' consentita la presentazione di una sola domanda a valere sul presente bando da parte della medesima impresa. La domanda di contributo potrà riguardare alternativamente un unico intervento rientrante nella Misura 1 o un unico intervento rientrante nella Misura 2, con esclusione di ogni possibilità di cumulo di contributi.

Sono ammesse al contributo camerale le spese, al netto di IVA, sostenute nel periodo compreso tra l'1 gennaio 2012 e il 31 marzo 2014
 
Ammontare contributo

certificazione di sistemi di gestione della qualità di prodotto e di processo - interventi Misura A: contributo pari al 60% dell'importo complessivo delle spese sostenute (al netto di IVA) sino ad un massimo di 5.000 euro (costo minimo: 1.500 euro);

acquisizione di servizi di consulenza - interventi misura B: contributo pari al 50% dell'importo complessivo delle spese sostenute (al netto di IVA) sino ad un massimo di 3.000 euro (costo minimo: 1.000 euro);

Gli interventi sono realizzati in regime "de minimis"
 
Premialità

Nel caso di domande presentate da imprese femminili anche di tipo cooperativo, i cui soci ed organi di amministrazione sono costituiti per almeno il 50 per cento da donne residenti in provincia di Ferrara e nelle quali il capitale sociale è per almeno il 50% di proprietà di donne, purché il Presidente, l'amministratore delegato o legale rappresentante sia donna; imprese individuali con titolare donna), l'importo del contributo massimo erogabile è elevato di 1.000,00 euro per ogni tipologia.


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Detrazioni per le ristrutturazioni al 50% e proroga di 1 anno del 55%
08/06/2012
I provvedimenti dovrebbero essere contenuti nel dl sviluppo.
 
Elevazione dal 36% al 50% delle detrazioni per interventi di ristrutturazione edilizia e innalzamento del limite di importo detraibile (con estensione delle detrazioni alle ristrutturazioni fatte con criteri antisismici). Riconduzione a regime delle detrazioni del 55% per interventi di riqualificazione energetica che attualmente vengono prorogati di anno in anno (ma la percentuale potrebbe abbassarsi al 50%). Due dei provvedimenti che dovrebbero essere contenuti nel DL Sviluppo.
 
La bozza del Dl sviluppo, al fine di favorire interventi di ristrutturazione edilizia e incentivare la ripresa del mercato, prevederebbe l'innalzamento delle soglie di detrazione IRPEF, in un tempo limitato fino al 31 dicembre 2014. nello specifico, l'intervento prevederebbe di innalzare le detrazioni IRPEF al 50% per le spese per ristrutturazioni edilizie, e a 96mila euro il limite massimo di detrazione per ciascuna unità immobiliare. Le minori entrate per lo Stato, determinate dall'innalzamento delle soglie di detrazioni proposte, verrebbero ripartite in dieci annualità e sarebbero parzialmente compensate dal maggior gettito di imposte, che si determinerebbe grazie all'aumento di entrate connesse all'aumento del numero di interventi che si prevede la norma possa generare per l'IV A e IRPEF/IRES/IRAP.
 
La detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica è stata prorogata fino alla fine del 2013 (era previsto che scadesse il 31 dicembre 2012). La bozza del Dl sviluppo su infrastrutture e trasporti conferemerebbe l'entità della detrazione al 55% anche se si sono rincorse voci che la volevano abbassata al 50%.


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Fino a 60mln di nuovi posti di lavoro con l'economia verde
08/06/2012
Sono le conclusioni di uno studio commissionato dall'ILO.
 
Si intitola "Lavorare per uno sviluppo sostenibile. Opportunità di lavoro dignitoso e inclusione sociale nell'economia verde" lo studio voluto dall'Ilo secondo il quale "il passaggio verso una economia più verde potrebbe generare tra i 15 e i 60 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo nei prossimi vent'anni e aiuterebbe decine di milioni di lavoratori ad uscire dalla povertà". Lo studio aggiunge anche però che "il numero di posti di lavoro creati dipenderà dall'adozione di una corretta combinazione di politiche". Secondo lo studio saranno otto i settori che avranno un ruolo centrale e subiranno le conseguenze maggiori: agricoltura, industria forestale, pesca, energia, industria manifatturiera ad alta intensità di manodopera, riciclaggio dei rifiuti, costruzioni e trasporti.
 
"L'attuale modello di sviluppo si è dimostrato inefficace e insostenibile, non solo per l'ambiente, ma anche per le economie e le società - ha affermato il direttore generale dell'Ilo Juan Somavia -. Dobbiamo muoverci al più presto verso un percorso di uno sviluppo sostenibile attraverso un insieme coerente di politiche che riconosca alle persone e al pianeta un posto centrale. Per questo - aggiunge Somavia - la Conferenza delle Nazioni Unite 'Rio+20' che si terrà dal 20 al 22 giugno sarà un momento determinante per garantire che, nel futuro, il lavoro dignitoso e l'integrazione sociale siano parti integranti di ogni strategia di sviluppo".
 
"I risultati del rapporto - ha aggiunto Achim Steiner, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (Unep) - sottolineano che l'economia verde potrebbe aiutare milioni di persone ad uscire dalla povertà, garantendo migliori condizioni di vita a questa generazione e a quelle future. Mentre i leader si stanno preparando al vertice Rio+20, vogliamo diffondere in tutte le capitali del mondo questo messaggio positivo che apre nuove prospettive e opportunità". 
La transizione verso una economia più verde, dice l'Ilo, avrà ripercussioni su almeno la metà della manodopera mondiale l'equivalente di 1,5 miliardi di persone.


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Allarme di Ernst & Young: calano gli investimenti nelle rinnovabili
08/06/2012
Segno meno nonostante tutti concordino sui vantaggi che la green economy apporterebbe.
 
Secondo l'ultimo Country Attractiveness Indices di Ernst & Young, nel primo trimestre 2012 si sarebbe registrato, a livello globale, un calo del 69% negli investimenti di energie rinnovabili rispetto al 2011. Nel mondo ci sarebbero state 157 operazioni di mercato per un totale di 14,3 miliardi di dollari. Al ribasso le nuove disponibilità finanziarie: nel primo trimestre 2012 sarebbero stati raccolti "solo" 24,2 miliardi di dollari che corrispondono a un calo del 30% rispetto al trimestre precedente e un ribasso del 7% rispetto allo stesso periodo del 2011.
 
"In Italia - spiega Andrea Paliani, partner Ernst & Young - i tagli tariffari e le sfide sulle reti hanno ridotto l'attrattività nel breve termine. Bene, invece, Messico, Cile e soprattutto Giappone che ha aumentato il suo punteggio Cai (Country Attractiveness Indices) e incoraggiato nuovi investimenti". Nella classifica di 40 paesi che Ernst & Young ha stilato e che tiene conto del mercato nazionale delle energie rinnovabili, delle infrastrutture e della rilevanza tecnologica, al primo posto c'è la Cina mentre l'Italia è quinta.


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Quinto Conto Energia e Decreto Rinnovabili Elettriche, ancora un rinvio
01/06/2012
Spostato l'incontro della Conferenza Stato Regioni
 
Il Quinto Conto Energia e il decreto rinnovabili elettriche rimangono in attesa. Sembrerebbe spostato alla prossima settimana, l’incontro decisivo della Conferenza Stato-Regioni. Sul tema, il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, è intervenuto alla Camera per rispondere ad un’interrogazione sui tempi per l’adozione dei due decreti attuativi. La previsione fatta dallo stesso ministro è che i provvedimenti possano essere emanati "nelle prossime settimane".
 
Stiamo finalizzando un decreto interministeriale che entro questa settimana sarà avviato alla discussione con i ministeri concertanti per dare il via a un nuovo sistema di incentivazione per le energie rinnovabili termiche e per interventi di efficienza energetica”.


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Dal 2020 al 2030, la Commissione Europea a lavoro
01/06/2012

Nuovi obiettivi per far crescere le rinnovabili

 

In previsione della scadenza del 2020, la Commissione europea sta preparando un documento dove vengono identificate le possibili tappe della prossima road map che dovranno seguire gli Stati dell'Unione dal 2020 fino al 2030. La bozza, suscettibile di modifiche, prevede che se non saranno raggiunti obiettivi comuni entro il 2030, la crescita delle energie rinnovabili arriverà al 25% del mixer energetico dal 2030 e del 29% dal 2050.

 

La crescita del comparto dovrebbe scendere dal 6% di questo decennio all'1% nel periodo 2020-2050, riducendo l'occupazione ed aumentando la dipendenza dalle importazioni dall'estero. Dal 2007 al 2010 l'espansione del comparto eolico era arrivato a creare fino a 50 posti di lavoro al giorno, in netta controtendenza rispetto all'andamento generale della disoccupazione.

Secondo la Commissione, lo sviluppo delle energie rinnovabili richiederà investimenti fino a 100 miliardi di euro, e questo solo per l'adeguamento delle linee di trasmissione; 9 miliardi invece dovranno essere stanziati tra il 2014 ed il 2020 per il finanziamento di nuovi progetti.

 

Il Commissario per l'energia, Gunther Oettinger ha detto che vuole raggiungere un accordo politico prima della fine del mandato dell'attuale Commissione che scada nel 2014. Secondo il Commissario europeo ''l'obiettivo generale è che le energie rinnovabili dovrebbero essere sviluppate in modo sostenibile in mercato integrato e conveniente". Il settore delle energie rinnovabili, grazie agli incentivi, è cresciuto in Europa a ritmi sostenuti, ora però prevale un sentimento di incertezza tra gli investitori; alimentano i dubbi la mancanza di obiettivi per il dopo 2020, il calo dei prezzi del carbone e, soprattutto, la politica di diminuzione degli incentivi ormai adottata da quasi tutti i Paesi dell'Unione.



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Certificati Verdi: dal Gse le modalità per il ritiro
01/06/2012
Le indicazioni e il modulo per fare la richiesta
 
Di seguito la nota del Gse per informare gli operatori sulle modalità di ritiro dei Certificati Verdi (CV) rilasciati per le produzioni dell'anno 2011, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 25, comma 4 del D.Lgs. n. 28 del 3 marzo 2011.
 
"I soggetti interessati al ritiro dei CV 2011 devono inviare al GSE, utilizzando il modello disponibile sul sito, la richiesta vincolante con l’indicazione della quantità e della tipologia dei CV 2011 nella propria disponibilità per i quali si chiede il ritiro ai sensi dell’articolo 25, comma 4 del D.Lgs. 28/11. I soggetti che avessero già provveduto a inviare al GSE una richiesta per il ritiro dei CV 2011 sono tenuti a inviare una nuova richiesta secondo quanto previsto nella presente procedura.
 
La richiesta di ritiro dei CV 2011, redatta su carta intestata del soggetto richiedente, dovrà essere inviata preferibilmente attraverso e-mail all’indirizzo ritiroCV@gse.it o, in alternativa, tramite raccomandata A/R all’indirizzo: Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., Direzione Commerciale e Attività Regolatorie – Unità Gestione Contratti – Viale Maresciallo Pilsudski, 92 - 00197 Roma.
Nel campo oggetto della e-mail, oppure sul plico della raccomandata, dovranno essere indicati il numero del conto proprietà e la denominazione del soggetto richiedente, riportando la dicitura: “Richiesta di ritiro CV anno 2011”. Le eventuali spese e/o gli oneri sostenuti per la presentazione delle richieste sono totalmente a carico del richiedente e nessun rimborso sarà riconosciuto dal GSE.
A seguito della ricezione della suddetta richiesta il GSE verificherà la disponibilità dei CV oggetto di ritiro sul conto del soggetto richiedente e, in caso di esito positivo, procederà al ritiro e al contestuale trasferimento degli stessi CV sul conto del GSE.
Le modalità in base alle quali ogni operatore dovrà procedere alla emissione e all’inoltro delle fatture relativamente al ritiro dei CV 2011, nonché le indicazioni circa il piano temporale dei relativi pagamenti, verranno fornite dal GSE tramite un comunicato sul proprio sito internet, coerentemente con quanto verrà disposto dalle autorità competenti ai sensi del citato articolo 25, comma 4 del D.Lgs. 28/11.
 
I produttori qualificati IAFR possono procedere alla richiesta di ritiro vincolante solo a seguito del completamento di tutte le operazioni di compensazione relative agli impianti nella propria titolarità che abbiano ricevuto CV a preventivo relativamente all’anno 2011.
Per ogni titolare di conto proprietà sarà possibile presentare nel 2012 un’unica richiesta per il ritiro dei CV dell’anno 2011. Per i soli produttori qualificati IAFR sarà possibile presentare nel corso dell’anno 2012 ulteriori richieste di ritiro di CV 2011 esclusivamente nel caso di emissioni di CV relative a impianti nella propria titolarità intervenute successivamente al 1° giugno 2012.
Si comunica, infine, ai produttori titolari di impianti qualificati IAFR che, per l’anno 2012, il prezzo di riferimento stabilito ai sensi dell’articolo 14, comma 4 del DM 18/12/2008, da utilizzare ai fini del calcolo della fideiussione a garanzia delle emissioni a preventivo di cui all’articolo 11, comma 5 del medesimo decreto, è pari a 81,68 €/MWh.
 
" La nota informa inoltre che:
• il prezzo di offerta dei CV del GSE per l’anno 2012 è pari a 105,28 €/MWh, al netto di IVA, calcolato come differenza tra il valore di riferimento, fissato dall'articolo 2, comma 148 della Legge n. 244 del 24 dicembre 2007 pari a 180,00 €/MWh e il valore medio annuo registrato nel 2011 del prezzo di cessione dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, comma 3, del D.Lgs. 387/03, pari a 74,72 €/MWh, definito dalla AEEG con la deliberazione 11/2012/R/EFR;
  • il prezzo di ritiro dei CV rilasciati per le produzioni da fonti rinnovabili dell’anno 2011 è pari a 82,12 €/MWh, al netto di IVA (78 percento del prezzo di offerta dei CV del GSE);
  • il prezzo di ritiro dei CV rilasciati per le produzioni 2011 relative agli impianti di cogenerazione abbinati a teleriscaldamento è pari a 84,34 €/MWh, al netto di IVA (prezzo medio di mercato registrato nel 2010).


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Il sondaggio di CE&Co, pubblicato su Ecoseven.net
25/05/2012
L'eolico piace agli italiani. A dirlo è un sondaggio condotto dalla CE&Co che è pubblicato su Ecoseven.net. L’indagine condotta dall’Istituto di ricerca milanese mostra che agli italiani, tra pregi e difetti, l'eolico alla fine non dispiace affatto.
A favore (tra chi lo è totalmente, il 56%, e chi invece moderatamente, il 34%) si esprime il 90% del campione. Tra i punti di forza dell’eolico innanzitutto vi è il fatto che è un’energia pulita>, poi la libertà dalla dipendenza dei produttori di gas e petrolio, il fatto che il vento è una risorsa inesauribile, che non ci sono rischi per le persone e l’ambiente, la disponibilità di questa energia rinnovabile, il fatto che crea sviluppo e occupazione e contribuisce allo sviluppo tecnologico.
Tra i difetti dell’eolico, il campione si esprime così: può rovinare il paesaggio (31%), ha un impatto sull’ambiente e occupa spazio (17%), è poco economico (9%), non tutte le zone sono adatte (9%), fa rumore (8%) e una fascia minoritaria pensa che gli investimenti attraggano la malavita (2%) e che l’eolico crei problemi agli uccelli migratori (1%).
Per il campione dell’indagine, l’eolico creerà lavoro soprattutto per gli installatori (68%), per gli ingegneri (59%), per gli operai specializzati (58%), per i geologi (42%), per le piccole imprese di lavori edili e di manutenzione (35%), per gli operai generici (29%), per gli architetti (15%), per i giuristi e gli avvocati (7%).
A livello generale delle rinnovabili invece gli italiani dimostrano di conoscere di più il fotovoltaico, al secondo posto l’eolico, al terzo la geotermia e poi biomasse, energia marina e altro.


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Nuovi obiettivi per far crescere le rinnovabili
25/05/2012
In previsione della scadenza del 2020, la Commissione europea sta preparando un documento dove vengono identificate le possibili tappe della prossima road map che dovranno seguire gli Stati dell'Unione dal 2020 fino al 2030. La bozza, suscettibile di modifiche, prevede che se non saranno raggiunti obiettivi comuni entro il 2030, la crescita delle energie rinnovabili arriverà al 25% del mixer energetico dal 2030 e del 29% dal 2050.
 
La crescita del comparto dovrebbe scendere dal 6% di questo decennio all'1% nel periodo 2020-2050, riducendo l'occupazione ed aumentando la dipendenza dalle importazioni dall'estero. Dal 2007 al 2010 l'espansione del comparto eolico era arrivato a creare fino a 50 posti di lavoro al giorno, in netta controtendenza rispetto all'andamento generale della disoccupazione.
Secondo la Commissione, lo sviluppo delle energie rinnovabili richiederà investimenti fino a 100 miliardi di euro, e questo solo per l'adeguamento delle linee di trasmissione; 9 miliardi invece dovranno essere stanziati tra il 2014 ed il 2020 per il finanziamento di nuovi progetti.
 
Il Commissario per l'energia, Gunther Oettinger ha detto che vuole raggiungere un accordo politico prima della fine del mandato dell'attuale Commissione che scada nel 2014. Secondo il Commissario europeo ''l'obiettivo generale è che le energie rinnovabili dovrebbero essere sviluppate in modo sostenibile in mercato integrato e conveniente". Il settore delle energie rinnovabili, grazie agli incentivi, è cresciuto in Europa a ritmi sostenuti, ora però prevale un sentimento di incertezza tra gli investitori; alimentano i dubbi la mancanza di obiettivi per il dopo 2020, il calo dei prezzi del carbone e, soprattutto, la politica di diminuzione degli incentivi ormai adottata da quasi tutti i Paesi dell'Unione.


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Approvata la mozione di Grande Sud
25/05/2012
L'Aula di Palazzo Madama ha approvato, a larga maggioranza e con parere favorevole del governo, la mozione di Grande Sud in tema di energie rinnovabili. 
Il documento impegna il Governo "a definire, in tempi rapidi e previo confronto con tutti gli operatori del settore, i decreti attuativi di incentivazione alle fonti rinnovabili (il cosiddetto conto energia fotovoltaico) la cui mancanza sta creando una situazione di incertezza che penalizza fortemente un settore importante e innovativo della nostra economia;
a determinare gli incentivi previsti in modo tale da armonizzarli con il livello di incentivazione adottato nei principali Paesi dell'Unione europea;
a definire un sistema di incentivazione che garantisca nel nostro Paese una prospettiva di crescita di lungo termine, che consenta un maggior radicamento nell'economia reale e favorisca le ricadute positive sul sistema produttivo nazionale; a rendere ancor più trasparente l'impatto delle agevolazioni sui costi dell'energia elettrica di famiglie e imprese;
a prevedere che il regime agevolativo permanga fino al raggiungimento di quote di produzione significative, anche per far fronte alla costante oscillazione dei prezzi dei prodotti petroliferi".
 
"Un atto di indirizzo molto importante - commenta il senatore del movimento arancione Salvo Fleres - che sgombera il campo da ogni malcelato intento di cattive politiche per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Il settore della produzione di energia pulita è una componente essenziale del tessuto economico del nostro Paese e del Meridione in particolare, politiche efficaci, regole certe e incentivi mirati non possono che favorirne la crescita, con inevitabili ricadute occupazionali positive. E in un periodo di così profonda crisi - conclude l'esponente del movimento arancione - sarebbe incomprensibile e delittuoso chiudere a possibili nuovi posti di lavoro, in special modo al Sud".


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Il comunicato congiunto di Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente, Symbola e WWF
25/05/2012
In un momento così delicato per il Paese in cui appare indispensabile rilanciare l'economia e creare nuovo lavoro, è importante che si definiscano prospettive chiare per i comparti delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, tra i pochi che in questi anni hanno garantito nuova occupazione grazie alla nascita di migliaia di imprese". Comincia così il comunicato congiunto delle Associazioni Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente, Symbola e WWF. Rivolto alla Conferenza delle Regioni e agli enti locali, l'appello chiede di fare pressione sul Governo al fine di apportare una profonda revisione dei decreti sulle rinnovabili elettriche e sul fotovoltaico.
 
"In realtà - si legge nel comunicato -, siamo in presenza di un forte ritardo, più di otto mesi, nella emanazione dei decreti che dovrebbero indicare il percorso più efficace per consentire di raggiungere gli obiettivi del 2020, ridurre le importazioni di combustibili fossili, dare fiato all’economia.
I provvedimenti sulle rinnovabili elettriche proposti dal Governo rischiano in realtà di affossare un comparto che aveva e ha tutte le carte per divenire l’asse portante della green economy e della rivoluzione energetica avviata a livello mondiale. Sembra prevalere un atteggiamento punitivo: invece di accompagnare la necessaria riduzione degli incentivi con un alleggerimento degli oneri burocratici, vengono introdotte nuove pastoie.
 
"Per conseguire l'obiettivo, condiviso da tutti, di tenere sotto controllo la quantità totale degli incentivi, - affermano le associazioni - il Governo ha scelto un sistema dirigista e burocratico, basato sui registri, che significherà il crollo degli investimenti per mancata bancabilità. Al posto di questa impostazione, suggeriamo di adottare un approccio molto più efficiente ed efficace basato sulla riduzione automatica delle tariffe al superamento di scaglioni di potenze prefissate. Si impedirebbe così la corsa alle installazioni e il mercato si autoregolerebbe. Ad esempio, riducendo per il fotovoltaico la tariffa del 2% ogni 150 MW installati, si otterrebbe lo stesso valore previsto dalla tariffa per il quinto semestre avendo installato 3 GW senza l'incubo dei registri. Meno burocrazia, più efficacia.
 
"Crediamo quindi - concludono i firmatari - che le Regioni e le Istituzioni locali debbano richiedere una profonda revisione dei decreti altrimenti sarebbe persino meglio non esprimere alcun parere e non avere nessun provvedimento. In Germania i Länder hanno imposto al Governo federale una rivisitazione di provvedimenti che rischiavano di mettere in ginocchio il comparto del solare. Questa la strada da seguire anche nel nostro Paese: si eliminino le storture più evidenti arrivando a soluzioni ragionevoli come quelle espresse dagli Stati Generali delle Rinnovabili e dell’Efficienza Energetica.


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Lo schema di proposta legislativa nel corso di un convegno dell'Enea
25/05/2012
Uno schema di proposta legislativa che prevede l'istituzione di un'assicurazione obbligatoria che sollevi lo Stato dalle spese di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi e di un Fondo per la Sicurezza e l’efficienza Energetica, che potrebbe alimentarsi anche con quota parte del premio di assicurazione obbligatorio e che consentirebbe nel giro di qualche decennio di mettere in sicurezza gran parte del costruito. E' l'idea lanciata nel corso del convegno "Gestione sostenibile del costruito: Proposte per la Sicurezza e l'Efficienza Energetica" da ENEA, Unione Romana Ingegneri e Architetti (URIA), Federproprietà, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, UNEDI e UCIT.
 
L'incontro ha infatti posto l’accento su due punti importanti: l'esigenza di una politica più efficace di prevenzione dei rischi naturali per l’intero patrimonio immobiliare nazionale, pubblico e privato, in gran parte costruito oltre 50 anni fa con sistemi e materiali non più soddisfacenti per al sicurezza strutturale. La necessità di verificare nel tempo lo stato di conservazione degli edifici, oltre che da un punto di vista strutturale anche da quello impiantistico, con particolare attenzione all'efficienza energetica, per porre rimedio all’enorme sperpero di energia che contraddistingue il patrimonio edilizio italiano.
 
È stata inoltre ribadita l’importanza di una gestione ottimale delle spese per la ricostruzione dopo eventi calamitosi, ma anche di una graduale opera di miglioramento strutturale ed energetico dell'esistente, creando un sistema virtuoso che possa anche favorire il rilancio del settore edilizio e del mercato immobiliare.


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Le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi
22/05/2012
La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro istituita presso il Ministero del Lavoro ha approvato il 16 maggio le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi, ai sensi dell'art. 29, commi 5 e 6 del Decreto legislativo  81/2008.
 
Procedure, già citate nel decreto 626/1994 ma mai definite compiutamente, e che riguardano sia le aziende che occupano fino a 10 lavoratori, sia le aziende che ne occupano fino a 50, benché con "modalità" differenti.


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Valutazione dei rischi: ennesimo rinvio per il decreto 81
16/05/2012

Roma, 16 Maggio 2012

 
È stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il DECRETO-LEGGE 12 maggio 2012, n. 57 contenente “Disposizioni urgenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dei trasporti e delle microimprese.” che contiene il rinvio al 31 dicembre 2012 dell’obbligo per le microimprese di effettuare la valutazione dei rischi secondo le procedure standardizzate.


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DVR: stop all'autocertificazione dal 1° Luglio
27/04/2012
Dal 1° Luglio p.v. tutte le aziende, indipendentemente dal numero di lavoratori occupati, dovranno essere in possesso del Documento di Valutazione dei Rischi
 
L'articolo 29 del D.lgs. 81/2008 prevede che i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuino la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate che la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro avrebbe dovuto elaborare entro e non oltre il 31 dicembre 2010.
 
Stabilisce, inoltre, che fino al diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore di tali procedure per mezzo di Decreto Interministeriale del Ministero del Lavoro, e comunque non oltre il 30 giugno 2012, i datori di lavoro possano certificare di aver effettuato la valutazione dei rischi senza necessariamente elaborare il documento. Pertanto l'autocertificazione può essere effettuata dai datori di lavoro non oltre la data del 30 giugno 2012.


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Valutazione del rischio da esposizione ai campi elettromagnetici (CEM): rinvio al 31 ottobre 2013
26/04/2012

Il Parlamento europeo con Direttiva 2012/11/UE del 19 aprile 2012 rinvia al 31 ottobre 2013 l'entrata in vigore della Direttiva 2004/40/CE sui “Campi elettromagnetici"

L'art.1 della suddetta direttiva modica l'art.13, paragrafo 1 della Dir. 2004/40/CE sostituendo la data "30 aprile 2012" con quella del "31 ottobre 2013".
Affinché l’emendamento diventi legge occorre il recepimento (obbligatorio per lo stato italiano) della direttiva con:


  • la pubblicazione della modifica della Direttiva 2004/40/CE sulla GUCE;

  • l'approvazione della modifica con provvedimento di legge italiano, pubblicato sulla G.U.


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Sistri, slitta al 30 novembre il pagamento delle quote 2012
26/04/2012

Comunicato del Ministero dell’ambiente del 20 aprile 2012: il ministero sta procedendo ad una revisione del sistema per rendere più semplici ed efficienti le procedure

Fonte: Ministero dell'Ambiente
 
Nell’ambito di questo lavoro, d’accordo con la società che ha fornito il sistema, la Selex Elsag del gruppo Finmeccanica, è stato concordato un differimento al 30 novembre 2012 del termine per il pagamento dei contributi per l’anno in corso, che scadeva il 30 aprile prossimo.
Il ministro Corrado Clini ha proposto al nuovo presidente di Confindustria e ai presidenti delle associazioni delle categorie interessate di valutare insieme le modalità per rendere finalmente operativo il sistema, senza aggiungere oneri amministrativi alle già complesse procedure cui le imprese sono sottoposte per rispettare gli adempimenti ambientali ed in particolare quelli in materia di rifiuti.



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Regione Lombardia: dote impresa - salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
17/04/2012

Obiettivo dell’intervento è sostenere il miglioramento e l’innalzamento del livello delle conoscenze e competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (SSL), ai sensi del D.Lgs. 81/2008 ss. mm. e ii. e della vigente normativa di settore.

Le risorse disponibili per l’intervento ammontano ad euro 9.000.000,00.



Beneficiari

Possono accedere ai servizi di formazione previsti dalla dote i soggetti ai quali è stata attribuita o si intende attribuire una funzione in materia di SSL, occupati nelle sedi operative di micro e piccole imprese ubicate in Lombardia.



Ambito d'intervento

L’iniziativa prevede l’attivazione di specifici percorsi formativi rivolti al personale competente delle micro e piccole imprese lombarde.



Agevolazione

La dote consiste in un voucher assegnato alla micro o piccola impresa, per la formazione di soggetti con funzione in materia di SSL.

Il voucher ha un valore massimo di euro 5.000,00 ed è riconosciuto alla singola impresa per la formazione dei suoi lavoratori.



Termini di presentazione delle domande

La domanda di dote può essere presentata a partire dalle ore 12 del 18 aprile 2012 fino ad esaurimento delle risorse.



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Ridurre i costi della sicurezza con il modello OT24 INAIL
02/02/2012

Entro il 28 febbraio le aziende che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro possono presentare domanda di riduzione del tasso medio di tariffa.

 
L’INAIL premia con uno “sconto” denominato “oscillazione per prevenzione”, le aziende che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro.
 
Esistono due tipologie di oscillazione:

 
L’ultima tipologia si differenzia in:

 
L’oscillazione per prevenzione premia le aziende, operative da almeno un biennio, che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla normativa in materia ( D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni).
 
Le aziende interessate devono presentare o spedire all’INAIL, entro il 28 febbraio una domanda di riduzione del tasso medio di tariffa su apposito modello predisposto dall’INAIL.
 
Ricordiamo che con nota del 20 ottobre 2011 INAIL ha rilasciato il nuovo modello OT24 che ha portato diverse novità.
 
 
 


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Rinvio per le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro
26/01/2012

Ulteriore rinvio per l’entrata in vigore del decreto dell’11 aprile 2011 relativo alla disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo.

Ricordiamo che il decreto 11 aprile 2011 doveva entrare in vigore inizialmente entro 90 giorni quindi il 28 luglio 2011, in seguito era stato rinviato al 24 gennaio 2012, ed ora con questo ulteriore rinvio entrerà in vigore il 23 maggio 2012.
 
Fatto salvo l’allegato III che era valido dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, quindi il 30 aprile 2011.



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Dall'INAIL incentivi alle imprese per 205 milioni
29/12/2011

Pubblicato in G.U. il bando del regolamento per l'assegnazione degli stanziamenti mediante procedura valutativa a sportello. Da domani fino al 7 marzo sarà possibile presentare la richiesta sul portale dell'Istituto. Dopo il 14 marzo sarà resa nota la data per l'invio telematico. Ecco la guida in "pillole" per partecipare.

ROMA - Al via la seconda tranche di contributi erogati dall'INAIL a favore di tutte le imprese italiane interessate alla realizzazione di interventi in materia di prevenzione. Viene  pubblicato, in Gazzetta ufficiale, il bando del regolamento per l'assegnazione dei finanziamenti mediante procedura valutativa a sportello (ai sensi del decreto legislativo n.123/98 e delle successive modifiche e integrazioni). Se nel 2010 l'Istituto aveva destinato 60 milioni di euro, per il 2011 sono a disposizione complessivamente 205 milioni di euro, ripartiti in budget regionali (la ripartizione delle risorse tiene conto del numero degli addetti e della gravità degli infortuni sul territorio). Nel complesso l'intervento, nel quadriennio 2011/2014, vedrà l'INAIL mettere a disposizione la cifra complessiva di circa 850 milioni.

Le aziende interessate e la copertura del contributo.
Per quanto riguarda i contenuti del bando, il contributo dell'INAIL copre il 50% delle spese ammesse in relazione a ciascun progetto presentato dalle aziende, è in conto capitale e non può superare i 100mila euro. Il bando è rivolto a tutte le imprese - anche a quelle individuali - purché abbiano sede in Italia e siano iscritte alla Camera di commercio. Le imprese possono presentare un solo progetto, di un solo tipo, per una sola unità produttiva. Si possono presentare solo progetti di investimento o di adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale.

La procedura per presentare la domanda.
Le imprese possono operare on line - cliccando sul portale dell'INAIL, nell'area "punto cliente" - a partire da domani, 28 dicembre 2011, e fino al 7 marzo 2012. La procedura consente di valutare i propri requisiti, di inserire il proprio progetto e le informazioni richieste, di salvare la domanda e di ricevere, infine, il codice identificativo che permetterà l'invio telematico alla data stabilita. Quest'ultima sarà pubblicata sul sito dell'INAIL a partire dal 14 marzo 2012.

I criteri per l'assegnazione dei contributi.
Per quanto riguarda i criteri relativi all'assegnazione degli stanziamenti, le domande trasmesse con l'invio telematico saranno registrate nell'ordine cronologico di arrivo al sistema informatico INAIL. L'elenco cronologico per ciascuna regione (e provincia autonoma) sarà pubblicato successivamente sul portale dell'Istituto. Saranno ammesse alle fasi di conferma e di verifica dei requisiti le domande collocate nell'elenco cronologico fino alla copertura delle risorse disponibili.

Cosa fare se la domanda è ammessa.
Successivamente, entro 30 giorni, le imprese ammesse dovranno confermare le domande salvate online, inoltrando via Pec (posta elettronica certificata) anche i documenti relativi al progetto e al possesso dei requisiti dichiarati. Se questo non avviene, l'impresa non sarà ammessa. La documentazione che non è possibile inviare via Pec dovrà essere consegnata a mano - o spedita per posta - nello stesso termine di 30 giorni alla sede regionale INAIL di competenza.

Le verifiche finali e le modalità di erogazione.
La domanda e la documentazione trasmessa saranno, infine, esaminate dagli uffici tecnici e amministrativi dell'INAIL per la verifica del progetto e del possesso dei requisiti dichiarati. Saranno ammesse al finanziamento soltanto le domande con esito positivo. Il contributo sarà erogato dopo la realizzazione del progetto, ma è possibile chiedere un'anticipazione per le domande superiori a 30mila euro.

Nel 2010 finanziati con 60 milioni 1.086 progetti, il 98% di pmi.
Lo scorso 12 gennaio - in occasione dell'assegnazione della prima tranche di stanziamenti - i 60 milioni di euro allora a disposizione vennero esauriti nel  giro di un'ora. Al termine delle verifiche, risultarono finanziati 1.086 progetti, il 98% dei quali relativi a progetti di prevenzione realizzati da parte di piccole e medie imprese (quelle, di fatto, dove è più alto il rischio infortunistico).

Il 74% dei progetti ha interessato investimenti in sicurezza.
Per quanto riguarda la tipologia di progetti ammessi, quasi tre quarti (74%) sono stati relativi a investimenti (in particolare, per l'acquisto di attrezzature), il 20% all'adozione di modelli organizzativi responsabili e un restante 6% alla formazione. A presentare la richiesta di finanziamento sono state soprattutto le aziende manifatturiere (600 domande, il 41,7% del totale) e  le aziende del settore  costruzioni (295 domande, pari al 20,5% ), ma una significativa presenza è stata riscontrata anche da imprese operanti nell'agricoltura, nella silvicoltura e nella pesca (133 domande, 9,2%).

Per saperne di più: "Primo piano": incentivi alle imprese 2011



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La sicurezza a “COSTO ZERO”
19/12/2011
Il 2012 vede ancora una volta le Istituzioni intenzionate a stimolare le aziende per migliorare gli standard di sicurezza. Con gli incentivi previsti dall’INAIL sarà possibile, pianificando e valutando in modo appropriato tempi e costi, far rientrare tutte le attività previste nell’importo finanziato:vale a dire a “costo zero” per l’impresa.
 
Incentivi Inail
Sono due gli aiuti previsti dall’INAIL a favore delle imprese che rispettano la sicurezza nei loro luoghi di lavoro e che si certificano 18001. Si tratta del bando per finanziare la certificazione OHSAS e della riduzione del premio INAIL. Le due misure si sommano e si rivolgono anche a piccole aziende rendendo l’adeguamento legislativo e la certificazione più che mai convenienti. Ecco i dettagli:
 
1. Bando per finanziamenti su consulenza e certificazione OHSAS 18001:2007
 
E’ di prossima pubblicazione, il bando  l'INAIL per incentivare le imprese ad  implementare e certificare il sistema di gestione per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro OHSAS 18001:2007. Nelle misure finanziabili, al 50% a fondo perduto, sono comprese sia i costi di consulenza che quelli per la certificazione. La richiesta di finanziamento è ad esaurimento fondi e segue il criterio cronologico di presentazione della domanda/progetto. 
La tempestività è un elemento essenziale per fruire dei fondi, quindi se l’azienda è interessata, bisogna già iniziare a preparare il progetto e la documentazione di accesso. Le domande si presenteranno presumibilmente dal 12/01/2012 fino a metà febbraio ma i termini potranno essere chiusi in anticipo in caso di esaurimento fondi. Tra i documenti da presentare si sono anche le offerte per la consulenza e la certificazione che noi siamo in grado di fornire in tempi brevissimi.
 
2. Riduzione del premio
 
La RIDUZIONE DEL PREMIO INAIL ANNUALE si ottiene a fronte di interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza ed igiene sul lavoro. 
Tale riduzione inizialmente prevista nell’art. 24 del D.M. 12.12.2000 è stata migliorata, per rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese. 
Le aziende più piccole, hanno la riduzione più alta. Si parte dal 30%, per le aziende fino a 10 dipendenti e si avanza a scalare fino al  7% per aziende con oltre 500 dipendenti. 
Siamo a vostra disposizione per approfondimenti e/o analisi di fattibilità e convenienza per  l’implementazione di  un sistema OHSAS nella vostra azienda.


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In arrivo l'Accordo Stato-Regioni per la formazione sulla sicurezza
16/12/2011

Convocata la Conferenza Stato-Regioni che dovrà esprimersi sull'accordo relativo alla formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro RSPP.

Si riunirà mercoledì 21 dicembre 2011 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome che dovrà esprimersi in materia di formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro che intendano svolgere direttamente i compiti di RSPP, e in materia di realizzazione e funzionamento del SINP.

L’ordine del giorno prevede:
 

  1. Schema di accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi, ai sensi dell' art. 34, commi 2 e 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (LAVORO E POLITICHE SOCIALI - SALUTE). Accordo, ai sensi dell'articolo 34, comma 2, del decreto legislativo 9 apdle 2008, n. 81.
  2. Schema di accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la formazione dei lavoratori. (LAVORO E POLITICHE SOCIALI - SALUTE). Accordo, ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 apri/e 2008, n. 81.
  3. Parere sullo schema di decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro della Salute di concerto con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, recante le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP, nonché le regole per il trattamento dei dati. (LAVORO E POLITICHE SOCIALI). Parere, ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
  4. Omissis...
  5. Acquisizione della designazione di un rappresentante delle Regioni, in sostituzione di uno effettivo, in seno al “Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale per l'attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro". (LAVORO E POLITICHE SOCIALI). Acquisizione delle designazioni ai sensi dell'ari. 2, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281.


Visualizza la convocazione integrale



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OHSAS 18001:2007: Finanziamenti INAIL
24/11/2011
È di prossima pubblicazione, il bando  l'INAIL per incentivare le imprese ad  implementare e certificare il sistema di gestione per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro OHSAS 18001:2007. Nelle misure finanziabili,  al 50% a fondo perduto, sono compresi sia i costi di consulenza che quelli per la certificazione. 
La richiesta di finanziamento è ad esaurimento fondi e  segue  il criterio cronologico  di presentazione della domanda/progetto. La tempestività è un elemento essenziale per fruire dei fondi, quindi se l’azienda è interessata, bisogna già iniziare a preparare il progetto e la documentazione di accesso. Le domande si presenteranno presumibilmente dal 12/01/2012 fino a metà febbraio ma i termini potranno essere chiusi in anticipo in caso di esaurimento fondi. 
 
Tra i documenti da presentare vi sono anche le offerte per la certificazione che noi siamo in grado di fornire in tempi brevissimi. Contattaci per avere un'offerta commerciale o per saperne di più.
 
1. Obiettivo
Incentivare le imprese a realizzare interventi finalizzati all'adozione di modelli di organizzazione e gestione conformi alla OHSAS 18001:2007
 
2. Ammontare del contributo
Il contributo a fondo perduto è del 50% dei costi del progetto fino ad un massimo erogabile pari a € 100.000,00. Per gli importi maggiori può essere richiesta un'anticipazione del 50%.
 
3. Destinatari
Tutte le imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura.
 
4. Risorse 
Per l'anno 2011 l'INAIL ha stanziato circa 150 milioni di euro ripartiti in budget regionali.
 
5. Modalità e tempi
La domanda dovrà essere presentata attraverso una procedura informatica che prevede l'istruttoria a sportello, fino ad esaurimento delle risorse disponibili. Condizione per la presentazione della domanda è, oltre al possesso dei requisiti di ammissibilità, il raggiungimento di un punteggio soglia, determinato da diversi parametri: dimensione aziendale, rischiosità dell'attività di impresa, numero di destinatari, finalità ed efficacia dell'intervento.
 
 
Per ulteriori informazioni www.inail.it oppure chiama il numero 803.164 Contact Center Inail.


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Iscrizione obbligatoria all'elenco pubblico per newslot e videolottery
17/11/2011
Per effetto  di recenti provvedimenti finanziari adottati dal Governo, proprietari, detentori, possessori, concessionari e ogni altro soggetto che svolga sulla base di un contratto stipulato con i predetti (gestori di bar e sale slot, ad esempio), debbono essere iscritti in un apposito elenco pubblico istituito per legge presso L’Amministrazione dei Monopoli di Stato, previo versamento di una tassa annuale.
Coloro che non avranno presentato domanda non potranno a seguito del mancato inserimento  nell’elenco, mantenere rapporti contrattuali idonei a qualunque attività funzionale alla raccolta del gioco mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento. I predetti moduli per la richiesta di  inserimento possono essere scaricati, da apposito link.  www.aams.gov.it .
Il primo elenco sarà pubblicato l’ 01/12/2011. Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, all’art. 5 comma 6 lettera b ed all’art. 7 stabilisce che tra i requisiti necessari per l’iscrizione all’elenco è richiesta la certificazione ISO 9001:2008. Per approfondimenti Si allega il testo integrale.


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Progetti per l’analisi dell’impronta di carbonio (Carbon Footprint) per la produzione di prodotti di largo consumo
10/11/2011
Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 468 del 19 maggio 2011, emana un bando pubblico per finanziare, in regime di “de minimis”, progetti per l’analisi dell’impronta di carbonio nel ciclo di vita dei prodotti di largo consumo, ai fini della individuazione ed attuazione delle misure per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.
 
Per l’anno 2011, sono destinate risorse complessive pari a € 1.000.000,00 (un milione/00) a valere sul Fondo di cui all’articolo 2, comma 322 della Legge 24 dicembre 2007, n.244. 
 
Le imprese interessate potranno presentare istanza, nelle modalità descritte dal bando, a decorrere dalle ore 9.00 del quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del comunicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie Generale e, comunque, entro e non oltre le ore 17.00 del trentesimo giorno successivo alla suddetta data di pubblicazione.


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Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro
24/10/2011

Dal 24 al 28 ottobre 2011 si celebra la Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro nel corso della quale sono previste conferenze, mostre e dibattiti.

Tema prioritario è quello lanciato dall’Agenzia europea per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro con la Campagna “Ambienti di lavoro sani e sicuri. Un bene per te. Un bene per l’azienda” che, nel biennio 2010-2011, riguarda la manutenzione sicura nei luoghi di lavoro.



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Eurotrans-Bio: MSE partecipa a bando di progetti di ricerca e sviluppo
13/10/2011

Il Ministero dello Sviluppo Economico partecipa al programma europeo EUROTRANS-BIO che si propone di sostenere la crescita delle piccole e medie imprese nel settore delle biotecnologie in Europa e coinvolge diversi Ministeri e Agenzie governative attivi in più Paesi e Regioni (Austria, Regioni delle Fiandre e della Vallonia in Belgio, Finlandia, Regione dell'Alsazia in Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Ungheria, Regioni dell'Andalusia, della Catalogna, di Navarra e dei Paesi Baschi in Spagna).

Il Programma prevede in particolare lo scambio di informazioni tra Ministeri e Agenzie in Europa specializzate nel settore e, soprattutto, la realizzazione di programmi congiunti per il finanziamento a bando di progetti di ricerca e sviluppo sperimentale transnazionali presentati da almeno due imprese di due differenti Paesi europei, e coordinati da una PMI. Oltre alle imprese, possono partecipare all'iniziativa anche gli organismi di ricerca, purché sia coinvolta un'impresa del corrispondente Paese.
Sviluppato nel quadro dello schema ERA-NET ("European Research Area Network"), EUROTRANS-BIO, avviato nel 2004, ha già lanciato sei bandi per la selezione di progetti transnazionali inerenti le biotecnologie.
Ad oggi sono stati complessivamente ammessi al finanziamento 114 progetti, con un investimento complessivo di circa 200 milioni di euro. I settori industriali coinvolti hanno riguardato principalmente la salute, l'agro-alimentare e l'ambiente.
Aperta il 4 ottobre 2011 e fino al 1° febbraio 2012 la 7 call transnazionale EUROTRANS-BIO.
Bandi a partecipazione italiana.
L'Italia ha già partecipato alla seconda, terza, quarta, quinta e sesta call EUROTRANS-BIO, rispettivamente nel 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011, con uno stanziamento complessivo di fondi pari a 20,5 milioni di euro. Le proposte progettuali a partecipazione italiana complessivamente ricevute nell'ambito delle suddette cinque call sono state 61 (su un totale di 246 a livello europeo), di cui 28 riconosciute ammissibili al finanziamento, ponendo l'Italia al terzo posto - dopo Germania e Olanda - sia per tasso di partecipazione ai bandi che per numero di progetti finanziati.



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MSE: assegnati 20 milioni di euro alle PA sulla linea di attivita’ 1.3., per progetti innovativi di impianti a fonti rinnovabili nel Sud
13/10/2011

In arrivo 20 milioni di euro per finanziare interventi per energie rinnovabili e risparmio energetico nel Mezzogiorno. Al termine della valutazione tecnica, la Direzione generale per l'energia nucleare, le energie rinnovabili e l'efficienza energetica del Dipartimento Energia del Ministero ha pubblicato l'elenco dei progetti cosiddetti "esemplari", proposti dalle Pubbliche Amministrazioni, che sono stati ammessi al contributo (pari al 100%) a valere sulle risorse del Programma Operativo Interregionale Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico 2007-2013 (POI Energia).

Si tratta di strutture regionali, di comuni, di scuole che hanno risposto positivamente al bando di dicembre scorso, presentando progetti che integrassero interventi di produzione di energia da fonti rinnovabili sull'edilizia pubblica con elementi di innovazione tecnologica o con interventi di uso efficiente dell'energia prodotta.

Con questi interventi viene impresso un altro colpo di acceleratore all'aumento della capacità di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ma soprattutto allo sviluppo di modelli di intervento integrato "rinnovabili-efficienza energetica" e alla valorizzazione del ruolo della Pubblica Amministrazione che, nel Piano nazionale per l'efficienza energetica appena varato, dovrebbe assumere un ruolo sempre più esemplare.

In piena coerenza con gli obiettivi del POI Energia, la localizzazione al Sud non solo migliorerà la capacità produttiva, ma valorizzerà le performance geografiche, contribuendo così alla diversificazione delle fonti energetiche ed allo sviluppo socioeconomico dei territori.

In precedenza, il MiSE aveva finanziato altri progetti per energie rinnovabili, sempre a favore di soggetti pubblici, per 30 milioni di euro; è stato, inoltre, definito a luglio 2011 un accordo con il Ministero per i beni culturali per la realizzazione di interventi specifici su strutture di pregio o di alto valore culturale ed architettonico, sulla base di standard rispettosi della natura del bene.

Scarica la graduatoria



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Aumenta il budget del fondo europeo per l’efficienza energetica (EEEF)
13/10/2011

Lanciato nel Luglio 2011, il Fondo Europeo per l'efficienza energetica ha l'obiettivo di promuovere un mercato dell'energia sostenibile con una più efficace protezione dell'ambiente.

La Commissione Europea ha di recente investito una prima tranche di ml€ 125, i quali vanno ad aggiungersi ai ml€ 75 della Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Ulteriori depositi sono stati previsti dalla Cassa di Depositi e Prestiti che contribuirà con ml€ 60. La Deutsch Bank, cha ha stanziato un somma pari a ml€ 5, svolgerà il ruolo di "investment manager" per il fondo.

Il Fondo Europeo per l'efficienza energetica, si configura come una "sustainable energy facility" all'interno di una Public Private Partnership. Più in generale, l'obiettivo a breve termine consiste nell'innalzare il valore totale del fondo (EEEF) fino ad un max. di € 800 milioni attraendo nuovo investitori. In particolare, il nuovo fondo finanzierà progetti realizzati da autorità municipali, locali e regionali oltre a entità private che operano per conto delle sopra citate autorità. Le azioni chiave dovranno essere inquadrate principalmente nel quadro dell'efficienza energetica, "small-scale renewable energy" e "clean
urban transport".

Il Presidente della Banca Europea degli Investimenti, Philippe Maystadt, intervenendo nel corso della giornata di presentazione del Fondo (EEEF) ha evidenziato: " We expect the fund to focus on smaller scale investments by local authorities or energy service companies (ESCOs), thereby complementing the larger scale finance that the EIB already offers for energy efficiency investments throughout the European Union."

E' stato lanciato un sito web al fine di fornire informazioni concernenti il fine ed i principali obiettivi dell'EEEF. Le informazioni sono complementate dalle opportunità di finanziamento messe a disposizione della promozione e della sostenibilità energetica a livello locale e regionale.

Vai al sito internet dell'EEEF



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Il Comitato delle Regioni sostiene i piani europei per un'industria più competitiva e più verde
13/10/2011

In October 2010, the European Commission set out a strategy for boosting growth and jobs by maintaining a competitive industrial base in Europe offering well-paid jobs while becoming less carbon intensive. Presenting his proposals at the Committee of the Regions plenary session, European Commission Vice-President responsible for Industry and Entrepreneurship, Antonio Tajani, underlined the key role of regional and local authorities in this process: "We urgently need a new industrial policy in a broader - and truly integrated - sense, to keep improving EU competitiveness. Our constructive co-operation with the Committee of the Regions is essential to ensure delivery, as many of the key decisions on issues such as infrastructure, skills, and regulations are taken at regional level."

The CoR opinion on the issue was drafted by Patxi López (ES/PES), President of the Basque country, and was adopted unanimously by elected representatives of local and regional authorities from across the EU. The CoR rapporteur built on the experience of his own region, which underwent a radical transformation after the decline of the traditional steel and shipbuilding industry in the 1970s. With a focus on new technologies, renewable energy and innovation, the Basque country today is more prosperous than ever.

The President of the Basque government emphasised the key role of industry in getting Europe's economy back on track: "We need to make sure that Europe does not fall behind in the globalisation era. Boosting industry to make it competitive at global level must be compatible with economic and social development, and respect for the environment."

Following the presentation of the European Commission plans, President López urged concrete measures that would give businesses greater flexibility in their employment strategies, in return for adequate protection providing income security for workers in sectors that are likely to be affected by the changes. In addition, he calls for access to credit to be improved and for stronger links between the financial markets and the real economy.

The CoR rapporteur stresses that it is particularly important to protect the intellectual property rights of businesses. It is essential to simplify the procedure for obtaining patents, make it less expensive, and ensure that patents are automatically valid in all Member States, in line with the single European patent proposal.

The CoR opinion also underlines that local and regional authorities are key players in economic development as they are closest to the reality on the ground for businesses. This is especially important for supporting small and medium-sized enterprises, which provide two thirds of Europe's industry jobs. EU policy should follow the "think small first" principle to deal specifically with the needs of SMEs, and should give a more prominent role to regional and local authorities which provide essential support services to SMEs.

The Committee of the Regions
The Committee of the Regions is the EU's assembly of regional and local representatives. The mission of its 344 members from all 27 EU Member States is to involve regional and local authorities and the communities they represent in the EU's decision-making process and to inform them about EU policies. The European Commission, the European Parliament and the Council are obliged to consult the Committee in policy areas affecting regions and cities. It can appeal to the EU Court of Justice if its rights are infringed or it believes that an EU law violates the subsidiarity principle of fails to respect regional or local powers.

Leggi il comunicato stampa



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Norme armonizzate Direttiva Compatibilità Elettromagnetica (Direttiva 2004/108/CE)
30/09/2011
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Compatibilità Elettromagnetica (Direttiva 2004/108/CE).

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Norme armonizzate Direttiva Attrezzature a Pressione (Direttiva 97/23/CE)
09/09/2011
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Attrezzature a Pressione (Direttiva 97/23/CE).

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Norme armonizzate Direttiva Bassa Tensione (Direttiva 2006/95/CE)
31/08/2011
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Bassa Tensione (Direttiva 2006/95/CE).

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Norme armonizzate Direttiva Prodotti da Costruzione (Direttiva 89/106/CEE)
24/08/2011
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Prodotti da Costruzione (Direttiva 89/106/CEE).

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Formazione in materia di sicurezza svolta da enti bilaterali e organismi paritetici
02/08/2011

Circolare n. 20 del 29 luglio 2011

Con la Circolare n. 20 del 29 luglio 2011 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce chiarimenti in merito all’attività di formazione svolta dagli enti bilaterali e dagli organismi paritetici o realizzata dal datore di lavoro in collaborazione con essi, con riferimento alla salute e alla sicurezza sul lavoro.
Alla bilateralità, si ricorda, viene attribuito un ruolo fondamentale dallo stesso Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 - e successive modifiche e integrazioni - che, nel rivisitare la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, connota questo strumento quale supporto alle imprese e ai lavoratori per una corretta gestione delle attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

fonte: Ministero del Lavoro
1 agosto 2011



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Verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro
02/08/2011

Proroga dell'entrata in vigore del decreto 11 aprile 2011

L’entrata in vigore del Decreto 11 aprile 2011 recante disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo è stata prorogata di 180 giorni, passando così da 90 a 270 dalla pubblicazione del decreto, il 29 aprile 2011.

E' quanto disposto dal Decreto Interministeriale del 22 luglio 2011 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero della Salute e con il Ministero dello Sviluppo Economico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 27 luglio 2011.

fonte: Ministero del Lavoro
1 agosto 2011



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Rinviato l'Accordo Stato-Regioni per la formazione
29/07/2011

Roma, 29 Lug - Gli schemi di accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, riguardanti i corsi di formazione per i datori di lavoro che intendano svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi e i corsi di formazione per i lavoratori non hanno ricevuto i pareri favorevoli della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome. Tuttavia gli accordi non sono stati rigettati: la discussione sui pareri tuttavia è solo rinviata, probabilmente a settembre.



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Regolamento per la semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi
29/07/2011
il Consiglio dei Ministri del 22 luglio u.s. ha approvato in via definitiva (in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale) il
 
Decreto del Presidente della Repubblica  recante "Regolamento per la semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122".
 
L'emanazione del testo deriva dunque dalle indicazioni e dalle previsioni del Dl 78/2010 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" (Decreto sullo sviluppo) e arriva per "dare un contributo al rilancio del sistema produttivo attraverso la riduzione, laddove possibile, degli oneri amministrativi mantenendo inalterati i livelli di garanzia e di sicurezza".
 
Di seguito riportiamo un estratto del comunicato esplicativo del Dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione
 
"... Il regolamento in materia di prevenzione incendi completa il pacchetto di interventi di semplificazione contenuti nel "Decreto sviluppo" (decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011) in materia di privacy, appalti, edilizia, trasparenza e certezza degli adempimenti ed estensione della misurazione e riduzione degli oneri amministrativi alle Regioni e agli Enti locali.
 
Si tratta di misure a "costo zero", che contribuiscono alla crescita attraverso la riduzione della pressione regolatoria dello Stato. È un importante tassello dell'attuazione delle previsioni del Documento di Economia e Finanza, che assegna un ruolo strategico alla semplificazione e alla riduzione degli oneri nell'ambito delle politiche per la crescita del Paese.
 
.......
 
 In tema di prevenzione degli incendi, la semplificazione approvata è davvero incisiva: si abbandona un approccio che non riconosce alcuna differenza tra imprese e le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi vengono distinte in tre categorie per le quali è prevista una disciplina differenziata in relazione al rischio:
 
  • per le attività a basso rischio, viene eliminato il parere di conformità e sarà sufficiente utilizzare la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), con tempi certi per tutte le imprese. I controlli successivi all'avvio delle attività saranno effettuati a campione entro 60 giorni;
 
  • per le attività a medio rischio, la valutazione di conformità dei progetti ai criteri di sicurezza antincendio si dovrà invece ottenere entro 60 giorni. Per avviare l'attività sarà sufficiente presentare la SCIA e i controlli successivi saranno effettuati a campione entro 60 giorni;
 
  • per le attività ad alto rischio, la valutazione di conformità dei progetti ai criteri di sicurezza antincendio si dovrà anch'essa ottenere entro 60 giorni. Per avviare l'attività sarà sufficiente presentare la SCIA e i controlli successivi saranno effettuati a tappeto entro 60 giorni.
 
Si ricorda infine che l'azione del Governo per la semplificazione proseguirà con l'approvazione definitiva, prevista a breve, del regolamento di semplificazione per le PMI in materia ambientale (lo schema di decreto ha infatti già avuto il parere favorevole delle Commissioni parlamentari)."
 
Clicca qui per scaricare il documento di sintesi dei contenuti del regolamento di semplificazione


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Norme armonizzate Direttiva Macchine (Direttiva 2006/42/CE)
20/07/2011
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (GUUE) i titoli e i riferimenti delle norme armonizzate ai sensi della Direttiva Macchine (Direttiva 2006/42/CE).

Cliccare qui per visualizzare il documento

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Responsabilità delle persone giuridiche: approvato il 231 Ambiente
11/07/2011

Il consiglio dei Ministri ha approvato il recepimento delle direttive 2008/99 e 2009/123 a tutela dell’ambiente.

Roma, 11 Lug - Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 07 luglio 2011 il provvedimento di recepimento delle direttive 2008/99 e 2009/123, che danno seguito all’obbligo imposto dall’Unione europea di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente, sanzionando penalmente condotte illecite individuate dalla direttiva e fino ad oggi non sancite come reati ed introducendo la responsabilità delle persone giuridiche, attualmente non prevista per i reati ambientali. Due le nuove fattispecie incriminatrici introdotte nel codice penale per sanzionare la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede fuori dai casi consentiti esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette e di chi distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto”.

Il provvedimento va ora alla firma del Presidente della Repubblica per l’approvazione definitiva.



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Apparecchiature elettriche ed elettroniche: nuova Direttiva
08/07/2011
Il Parlamento e il Consiglio dell'Unione Europea, hanno emanato la direttiva 2011/65/UE sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il punto e il testo della direttiva.

Bruxelles, 8 Lug - Il Parlamento e il Consiglio dell'Unione Europea, hanno emanato la direttiva 2011/65/UE dell'8 giugno scorso, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L 174 del 1° luglio 2011, sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
 
Lo scopo di questa norma, come indicato nell’art. 1 della stessa, è istituire "norme riguardanti la restrizione all’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) al fine di contribuire alla tutela della salute umana e dell’ambiente, compresi il recupero e lo smaltimento ecologicamente corretti dei rifiuti di AEE".



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Recepimento ADR 2011
24/06/2011

Roma, 24 Giu - Sulla GU n. 39 del 17 febbraio 2011 è stato pubblicato il Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 3 gennaio 2011 recante il recepimento nell’ordinamento nazionale dell’edizione 2011 dell’Accordo ADR.
Il recepimento implica che le nuove disposizioni dell’ADR 2011 siano già applicabili per trasporti nazionali dal 4 marzo 2001, con un periodo transitorio che porterà all’adozione coercitiva del nuovo testo dal 1° luglio 2011.



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Sulle modalità di misurazione del rumore
20/06/2011

La Corte di Giustizia UE in una recente sentenza ha espresso il proprio parere sul rispetto dei limiti di esposizione dei lavoratori al rumore. Il DdL deve ridurre il rumore alla fonte senza tenere conto dell'attenuazione dei DPI.E’ importante questa sentenza  della Corte di Giustizia UE, chiamata ad esprimere il proprio parere in relazione ad una sentenza emessa dal Tribunale Superiore di Giustizia di Castilla e Leon (Spagna) e relativa ad una controversia sorta fra due lavoratori  di un’azienda ed il proprio datore di lavoro, perché fornisce utili indirizzi sulle modalità di  misurazione del rumore nei luoghi di lavoro. Secondo la stessa, infatti, il livello di esposizione giornaliera al rumore superiore agli 85 dB(A) dei lavoratori va misurato senza tenere conto dell’attenuazione dei DPI ed il datore di lavoro ha anzi l’obbligo di applicare un programma di misure tecniche o organizzative volte a ridurre alla fonte tale esposizione al rumore a un livello inferiore agli 85 dB(A) misurato senza tenere conto dei DPI.



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Rinviata al 1° settembre la partenza del SISTRI
15/06/2011

E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il decreto del ministero dell'Ambiente con il quale vengono prorogati i termini di operatività del sistema di tracciabilità dei rifiuti originariamente fissati al 1 giugno. Sono previste cinque diverse scadenze in base alla tipolgia di attivtà e alle dimensioni delle imprese.
Scarica il decreto ministeriale pubblicato nella Gazzetta Ufficale n. 124 del 30/5/2011.



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Countdown to end of EN 954-1
06/04/2011

There are now around 180 working days until EN 954-1 ceases to provide a presumption of conformity to the Machinery Directive. Although it may seem like a long time until 31 December (269 days), we should assume that there are only five working days in the week, with two days off at Christmas, a week's annual leave over the summer, plus a handful of bank holidays.

If you have no 'real' work to do, then 180 days is plenty of time to get up to speed with EN ISO 13849-1 and/or EN 62061. But most machine builders and system integrators will have sufficient work to keep them busy for most of that time.



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Machinery safety - an evolution
02/03/2011

It is now more than a year since the new Machinery Directive (2006/42/EC) came into force, but the situation is still fairly fluid in some respects. The EC Machinery Working Group meets regularly to discuss matters relating to the Directive and corresponding standards; the last meeting took place on 21/22 December. According to the Stakeholder Report published in the UK by BIS (the Department for Business, Innovation & Skills), a number of issues were discussed, which demonstrates that the Machinery Directive is not as 'black and white' as might be expected.

For example, EN 12635 (Industrial, commercial and garage doors and gates - Installation and use) is currently harmonised to the Machinery Directive, but the UK has raised a formal objection against this standard, as it would appear that there is scope for improvement. Other topics under discussion ranged from variable reach trucks, tail lifts and loader cranes, to stave splitters, dynamometers and 'grey' imports of machinery.

If you would like more information, copies of the current and previous Stakeholder Reports are available in PDF format from the BIS website.



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Revised standard for risk assessments
01/12/2010

ISO 12001:2010 'Safety of machinery. General principles for design. Risk assessment and risk reduction' will combine the old ISO 12100 (parts 1 and 2) and ISO 14121. This should simplify the process of designing machinery to fulfil the requirements of relevant standards, and we are told that there are no changes to the actual requirements. However, machine builders need to ensure that their documentation cites the standards that are current when machinery is placed on the market.



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mtm consulting s.r.l. s.u. (in seguito, “Titolare”), con sede legale in Via L. Ariosto 10, 20900 Monza (MB), P.iva 02994950968, Tel. (+39)0392848437, e-mail: info@emtem.com, in qualità di Titolare del trattamento, La informa ai sensi dell’art. 13, Regolamento UE n. 2016/679 (in seguito, “GDPR”) e dell’art. 13, D.Lgs. n. 196/03 (in seguito “Codice Privacy”) che i Suoi dati saranno trattati con le modalità e per le finalità seguenti:

1. Origine, finalità e modalità del trattamento cui sono destinati i dati

I dati personali trattati sono quelli da Lei forniti volontariamente:
a) per l’iscrizione alla newsletter inserendo la Sua e-mail nell’apposito campo sul sito web,
b) per la richiesta di maggiori informazioni compilando gli appositi campi sul sito web,
c) in occasione dell’invio del curriculum tramite la pagina dedicata sul sito web,
e verranno trattati esclusivamente per, rispettivamente,
a) inviarle periodicamente la newsletter informativa contenente anche materiale informativo, anche a contenuto commerciale/promozionale, dei prodotti, delle iniziative e degli eventi della nostra Società;
b) risponderLe relativamente al quesito inserito sulla pagina dedicata del sito web,
c) seguire le finalità connesse alla valutazione e alla selezione dei candidati.

I Suoi Dati Personali sono trattati esclusivamente a fronte del consenso rilasciato tramite specifica applicazione della spunta prevista sulla pagina del sito web in accordo a quanto richiesto dall’Art. 6 paragrafo 1 del GDPR.

2. Modalità del trattamento

Il Trattamento dei Suoi dati personali sarà improntato a principi di correttezza, liceità e trasparenza, tutelando la Sua riservatezza ed i Suoi diritti ed avverrà mediante strumenti e secondo procedure aziendali idonee a garantirne la sicurezza e la riservatezza. 
Le modalità di Trattamento dei dati a Lei riferibili prevederanno l'utilizzo di strumenti manuali, informatici e telematici, con logiche strettamente correlate alle finalità sopra indicate.
Il trattamento dei Suoi dati personali è realizzato secondo le operazioni indicate all’art. 4 punto 2) del GDPR e precisamente: raccolta, registrazione, organizzazione, strutturazione, conservazione, adattamento, modifica, estrazione, consultazione, uso, cancellazione e distruzione dei dati. 

3. Esclusivamente per quanto riferito al punto c) - Categorie particolari di dati personali trattati 

Tra i dati raccolti potrebbero essere presenti dati personali rientranti nelle categorie particolari, di cui all’Art. 9, paragrafo 1 del GDPR, quali dati personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale nonché dati genetici, dati relativi alla salute e alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona.

Per tale motivo, il trattamento delle categorie di dati sopra indicati è effettuato in accordo a quanto previsto dall’Art. 9, paragrafo 2, lettera a) del GDPR che prevede il consenso esplicito da parte dell’interessato (come indicato al punto 1), al trattamento dei dati personali sopra indicati per le finalità connesse alla valutazione e alla selezione dei candidati.

4. Durata del trattamento

Il Titolare del trattamento conserva e tratta i dati personali per il tempo strettamente necessario ad adempiere alle finalità sopra indicate.
Esclusivamente per quanto riferito al punto c), i dati personali saranno conservati per un periodo non superiore a 24 mesi dalla loro ricezione o dal loro ultimo aggiornamento.

5. Natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati

Il conferimento dei dati personali è facoltativo, tuttavia il Suo rifiuto a fornirli o a prestare il consenso al trattamento determinerà unicamente per il Titolare l’impossibilità di trattare i Suoi dati e conseguentemente, di perseguire le finalità indicate al punto 1.

6. Categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili.

I suoi dati personali saranno trattati esclusivamente da dipendenti e/o collaboratori del Titolare nominati Responsabili o persone autorizzate al trattamento, nel rispetto di quanto previsto dalla legge anche con riguardo alle misure di sicurezza a protezione e salvaguardia dei Suoi dati.
Il Titolare potrà comunicare i Suoi dati personali a quei soggetti legittimati ad accedervi in forza di disposizioni di legge, regolamenti, normative.
I suoi dati non saranno in alcun modo diffusi.

7. Trasferimento dei dati

Il Titolare del trattamento non trasferirà i Suoi dati personali in paesi terzi o a organizzazioni internazionali. 
Tuttavia, si riserva la possibilità di utilizzare servizi in cloud; nel qual caso, i fornitori dei servizi saranno selezionati tra coloro che forniscono garanzie adeguate, così come previsto dall’art. 46 del GDPR. 

8. Diritti dell’interessato

Con riferimento agli artt. 15 (diritto di accesso), 16 (diritto di rettifica), 17 (diritto alla cancellazione), 18 (diritto alla limitazione del trattamento), 20 (diritto alla portabilità), 21 (diritto di opposizione), 22 (diritto di opposizione al processo decisionale automatizzato) del GDPR e all’art. 7 del Codice Privacy, l’interessato può esercitare i suoi diritti scrivendo al Titolare del trattamento all’indirizzo sopra riportato, oppure a mezzo email, specificando l’oggetto della sua richiesta, il diritto che intende esercitare e allegando fotocopia di un documento di identità che attesti la legittimità della richiesta.
Per Sua comodità, si riporta di seguito il contenuto dell’Art. 15 del GDPR.

Art. 15 Diritti di accesso dell’interessato
1. L'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e in tal caso, di ottenere l'accesso ai dati personali e alle seguenti informazioni:
a) le finalità del trattamento;
b) le categorie di dati personali in questione;
c) i destinatari o le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati, in particolare se destinatari di paesi terzi o organizzazioni internazionali;
d) quando possibile, il periodo di conservazione dei dati personali previsto oppure, se non è possibile, i criteri utilizzati per determinare tale periodo;
e) l'esistenza del diritto dell'interessato di chiedere al titolare del trattamento la rettifica o la cancellazione dei dati personali o la limitazione del trattamento dei dati personali che lo riguardano o di opporsi al loro trattamento;
f) il diritto di proporre reclamo a un'autorità di controllo;
g) qualora i dati non siano raccolti presso l'interessato, tutte le informazioni disponibili sulla loro origine;
h) l'esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione di cui all'articolo 22, paragrafi 1 e 4, e, almeno in tali casi, informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l'importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l'interessato.
2. Qualora i dati personali siano trasferiti a un paese terzo o a un'organizzazione internazionale, l'interessato ha il diritto di essere informato dell'esistenza di garanzie adeguate ai sensi dell'articolo 46 relative al trasferimento.
3. Il titolare del trattamento fornisce una copia dei dati personali oggetto di trattamento. In caso di ulteriori copie richieste dall'interessato, il titolare del trattamento può addebitare un contributo spese ragionevole basato sui costi amministrativi. Se l'interessato presenta la richiesta mediante mezzi elettronici, e salvo indicazione diversa dell'interessato, le informazioni sono fornite in un formato elettronico di uso comune.
4. Il diritto di ottenere una copia di cui al paragrafo 3 non deve ledere i diritti e le libertà altrui.

9. Revoca del consenso

Con riferimento all’art.6 del GDPR l’interessato può revocare in qualsiasi momento il consenso prestato senza pregiudicare la liceità del trattamento basata sul consenso prestato prima della revoca.

10. Processi decisionali automatizzati

Il Titolare non effettua trattamenti che consistono in processi decisionali automatizzati sui dati trattati.

11. Estremi identificativi del Titolare

Il Titolare dei suddetti Trattamenti è 
mtm consulting s.r.l. s.u.
Via L. Ariosto 10, 20900 Monza (MB), 
P.iva 02994950968 
Tel. (+39)0392848437
e-mail:
info@emtem.com  .

L’elenco aggiornato dei responsabili e delle persone autorizzate al trattamento è custodito presso la sede del Titolare del trattamento.

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mtm consulting s.r.l. s.u. (in seguito, “Titolare”), con sede legale in Via L. Ariosto 10, 20900 Monza (MB), P.iva 02994950968, Tel. (+39)0392848437, e-mail: info@emtem.com, in qualità di Titolare del trattamento, La informa ai sensi dell’art. 13, Regolamento UE n. 2016/679 (in seguito, “GDPR”) e dell’art. 13, D.Lgs. n. 196/03 (in seguito “Codice Privacy”) che i Suoi dati saranno trattati con le modalità e per le finalità seguenti:

1. Origine, finalità e modalità del trattamento cui sono destinati i dati

I dati personali trattati sono quelli da Lei forniti volontariamente:
a) per l’iscrizione alla newsletter inserendo la Sua e-mail nell’apposito campo sul sito web,
b) per la richiesta di maggiori informazioni compilando gli appositi campi sul sito web,
c) in occasione dell’invio del curriculum tramite la pagina dedicata sul sito web,
e verranno trattati esclusivamente per, rispettivamente,
a) inviarle periodicamente la newsletter informativa contenente anche materiale informativo, anche a contenuto commerciale/promozionale, dei prodotti, delle iniziative e degli eventi della nostra Società;
b) risponderLe relativamente al quesito inserito sulla pagina dedicata del sito web,
c) seguire le finalità connesse alla valutazione e alla selezione dei candidati.

I Suoi Dati Personali sono trattati esclusivamente a fronte del consenso rilasciato tramite specifica applicazione della spunta prevista sulla pagina del sito web in accordo a quanto richiesto dall’Art. 6 paragrafo 1 del GDPR.

2. Modalità del trattamento

Il Trattamento dei Suoi dati personali sarà improntato a principi di correttezza, liceità e trasparenza, tutelando la Sua riservatezza ed i Suoi diritti ed avverrà mediante strumenti e secondo procedure aziendali idonee a garantirne la sicurezza e la riservatezza. 
Le modalità di Trattamento dei dati a Lei riferibili prevederanno l'utilizzo di strumenti manuali, informatici e telematici, con logiche strettamente correlate alle finalità sopra indicate.
Il trattamento dei Suoi dati personali è realizzato secondo le operazioni indicate all’art. 4 punto 2) del GDPR e precisamente: raccolta, registrazione, organizzazione, strutturazione, conservazione, adattamento, modifica, estrazione, consultazione, uso, cancellazione e distruzione dei dati. 

3. Esclusivamente per quanto riferito al punto c) - Categorie particolari di dati personali trattati 

Tra i dati raccolti potrebbero essere presenti dati personali rientranti nelle categorie particolari, di cui all’Art. 9, paragrafo 1 del GDPR, quali dati personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale nonché dati genetici, dati relativi alla salute e alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona.

Per tale motivo, il trattamento delle categorie di dati sopra indicati è effettuato in accordo a quanto previsto dall’Art. 9, paragrafo 2, lettera a) del GDPR che prevede il consenso esplicito da parte dell’interessato (come indicato al punto 1), al trattamento dei dati personali sopra indicati per le finalità connesse alla valutazione e alla selezione dei candidati.

4. Durata del trattamento

Il Titolare del trattamento conserva e tratta i dati personali per il tempo strettamente necessario ad adempiere alle finalità sopra indicate.
Esclusivamente per quanto riferito al punto c), i dati personali saranno conservati per un periodo non superiore a 24 mesi dalla loro ricezione o dal loro ultimo aggiornamento.

5. Natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati

Il conferimento dei dati personali è facoltativo, tuttavia il Suo rifiuto a fornirli o a prestare il consenso al trattamento determinerà unicamente per il Titolare l’impossibilità di trattare i Suoi dati e conseguentemente, di perseguire le finalità indicate al punto 1.

6. Categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili.

I suoi dati personali saranno trattati esclusivamente da dipendenti e/o collaboratori del Titolare nominati Responsabili o persone autorizzate al trattamento, nel rispetto di quanto previsto dalla legge anche con riguardo alle misure di sicurezza a protezione e salvaguardia dei Suoi dati.
Il Titolare potrà comunicare i Suoi dati personali a quei soggetti legittimati ad accedervi in forza di disposizioni di legge, regolamenti, normative.
I suoi dati non saranno in alcun modo diffusi.

7. Trasferimento dei dati

Il Titolare del trattamento non trasferirà i Suoi dati personali in paesi terzi o a organizzazioni internazionali. 
Tuttavia, si riserva la possibilità di utilizzare servizi in cloud; nel qual caso, i fornitori dei servizi saranno selezionati tra coloro che forniscono garanzie adeguate, così come previsto dall’art. 46 del GDPR. 

8. Diritti dell’interessato

Con riferimento agli artt. 15 (diritto di accesso), 16 (diritto di rettifica), 17 (diritto alla cancellazione), 18 (diritto alla limitazione del trattamento), 20 (diritto alla portabilità), 21 (diritto di opposizione), 22 (diritto di opposizione al processo decisionale automatizzato) del GDPR e all’art. 7 del Codice Privacy, l’interessato può esercitare i suoi diritti scrivendo al Titolare del trattamento all’indirizzo sopra riportato, oppure a mezzo email, specificando l’oggetto della sua richiesta, il diritto che intende esercitare e allegando fotocopia di un documento di identità che attesti la legittimità della richiesta.
Per Sua comodità, si riporta di seguito il contenuto dell’Art. 15 del GDPR.

Art. 15 Diritti di accesso dell’interessato
1. L'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e in tal caso, di ottenere l'accesso ai dati personali e alle seguenti informazioni:
a) le finalità del trattamento;
b) le categorie di dati personali in questione;
c) i destinatari o le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati, in particolare se destinatari di paesi terzi o organizzazioni internazionali;
d) quando possibile, il periodo di conservazione dei dati personali previsto oppure, se non è possibile, i criteri utilizzati per determinare tale periodo;
e) l'esistenza del diritto dell'interessato di chiedere al titolare del trattamento la rettifica o la cancellazione dei dati personali o la limitazione del trattamento dei dati personali che lo riguardano o di opporsi al loro trattamento;
f) il diritto di proporre reclamo a un'autorità di controllo;
g) qualora i dati non siano raccolti presso l'interessato, tutte le informazioni disponibili sulla loro origine;
h) l'esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione di cui all'articolo 22, paragrafi 1 e 4, e, almeno in tali casi, informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l'importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l'interessato.
2. Qualora i dati personali siano trasferiti a un paese terzo o a un'organizzazione internazionale, l'interessato ha il diritto di essere informato dell'esistenza di garanzie adeguate ai sensi dell'articolo 46 relative al trasferimento.
3. Il titolare del trattamento fornisce una copia dei dati personali oggetto di trattamento. In caso di ulteriori copie richieste dall'interessato, il titolare del trattamento può addebitare un contributo spese ragionevole basato sui costi amministrativi. Se l'interessato presenta la richiesta mediante mezzi elettronici, e salvo indicazione diversa dell'interessato, le informazioni sono fornite in un formato elettronico di uso comune.
4. Il diritto di ottenere una copia di cui al paragrafo 3 non deve ledere i diritti e le libertà altrui.

9. Revoca del consenso

Con riferimento all’art.6 del GDPR l’interessato può revocare in qualsiasi momento il consenso prestato senza pregiudicare la liceità del trattamento basata sul consenso prestato prima della revoca.

10. Processi decisionali automatizzati

Il Titolare non effettua trattamenti che consistono in processi decisionali automatizzati sui dati trattati.

11. Estremi identificativi del Titolare

Il Titolare dei suddetti Trattamenti è 
mtm consulting s.r.l. s.u.
Via L. Ariosto 10, 20900 Monza (MB), 
P.iva 02994950968 
Tel. (+39)0392848437
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